La giurisprudenza della CEDU sul diritto di asilo

È un problema divenuto particolarmente evidente con la sentenza della Corte Europea dei diritti dell’Uomo di Strasburgo, depositata il 28 febbraio 2008, con cui è stato accolto il ricorso proposto, per la violazione dell’art. 3 CEDU, dal cittadino tunisino Saadi nei confronti dello Stato italiano, in relazione al provvedimento di espulsione con riconsegna al Paese di origine, emesso nei suoi confronti ai sensi dell’art. 3 d.l. 27 luglio 2005, n. 144 (articolo recante «Nuove norme in materia di espulsione degli stranieri per motivi di prevenzione del terrorismo»).

Il Saadi, accusato anche in Italia di far parte di una cellula terroristica islamica (procedimento in fase di appello dopo l’assoluzione in primo grado), era stato condannato in contumacia, da un tribunale militare tunisino, alla pena di venti anni di reclusione per il reato di terrorismo.

Dopo il rigetto, da parte delle autorità italiane, della ... _OMISSIS_ ...i asilo per motivi politici, basata sul rischio di sottoposizione a tortura e trattamenti inumani in caso di consegna alla Tunisia, il Saadi aveva allora chiesto ed ottenuto in via cautelare, dalla Corte di Strasburgo, la sospensione dell’efficacia del decreto di consegna alle autorità tunisine.

La sentenza del 28 febbraio ha riconosciuto, a carico dell’Italia, la violazione dell’art. 3 CEDU, ai sensi del quale «Nessuno può essere sottoposto a torture né a pene o trattamenti inumani o degradanti»: e ciò in quanto l’espulsione di un soggetto da uno Stato può rilevare agli effetti di tale divieto, quando lo Stato ricevente adotta metodi di tortura e/o trattamenti disumani (ponendosi quindi l’espulsione come un antecedente causale idoneo ad esporre l’individuo al rischio di tali trattamenti).

La Corte ha, dunque, affermato all’unanimità che, pur senza sottovalutare le gravi difficoltà che g... _OMISSIS_ ...rano nel proteggere le rispettive comunità dagli attacchi terroristici, la protezione accordata dall’art. 3 CEDU deve essere assoluta, con il conseguente divieto di espellere o estradare “chiunque” corra il rischio, nel paese di ricezione, di essere sottoposto a trattamenti inumani: indipendentemente, quindi, dalla gravità della eventuale condotta delittuosa tenuta dal soggetto espulso, e/o dalla sua pericolosità.

Secondo la Corte, la protezione accordata dall’art. 3 CEDU è maggiore di quella riconosciuta dagli articoli 32 e 33 della Convenzione ONU sulla condizione dei rifugiati: con la conseguente impossibilità di operare un bilanciamento, come invece sostenuto nel corso del giudizio dall’Italia e dal Regno Unito – tra il rischio di sottoposizione dell’espulso a trattamenti inumani o degradanti, e le esigenze connesse alla lotta al terrorismo internazionale, alla salvaguardia della sicurezza dei cittadini degli ... _OMISSIS_ ...i, esigenze desumibili dai comportamenti ascritti al soggetto espulso. Questi ultimi, pertanto, restano irrilevanti nell’accertamento di una eventuale violazione dell’art. 3 CEDU, appunto per il carattere assoluto della protezione accordata da tale disposizione. Tali principi hanno trovato puntuale conferma nella giurisprudenza di Strasburgo [1].

La forza precettiva e l’assolutezza del principio affermato oggettivamente pongono un problema di coordinamento con le disposizioni introdotte in materia nell’ordinamento italiano, in attuazione di quanto stabilito in sede comunitaria (d.lgs. 19 novembre 2007, n. 251, e succ. mod. «Attuazione della direttiva 2004/83/CE, recante norme minime sull’attribuzione, a cittadini di Paesi terzi o apolidi, della qualifica di rifugiato o di persona altrimenti bisognosa di protezione internazionale, nonché norme minime sul contenuto della protezione riconosciuta»): in tali disposizion... _OMISSIS_ ...ne chiaramente delineato proprio il “bilanciamento” criticato dalla Corte di Strasburgo, secondo parametri non omogenei con quelli del principio di “protezione assoluta” ex art. 3 CEDU, sancito dalla sentenza Saadi.

Infatti, il d.lgs. 251/2007 e succ. mod., in attuazione della direttiva 2004/83, ha non solo individuato gli elementi che possono dar luogo allo status di rifugiato (atti persecutori indicati nell’art. 7, riconducibili a motivi di razza, religione, nazionalità ecc. come indicato nell’art. 8), ma ha anche introdotto (art. 1 lett. g) la figura della «persona ammissibile alla protezione sussidiaria», ovvero del «cittadino straniero che non possiede i requisiti per essere riconosciuto come rifugiato ma nei confronti sussistono fondati motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, o, nel caso di un apolide, se ritornasse nel Paese nel quale aveva precedentemente la dimora abituale, ... _OMISSIS_ ...ischio effettivo di subire un grave danno come definito dal presente decreto».

E tra i danni gravi rilevanti ai fini del riconoscimento della protezione sussidiaria, è richiamata «la tortura o altra forma di pena o trattamento inumano o degradante ai danni del richiedente nel suo Paese di origine» (cfr. art. 14 lett. b del d.lgs).

Nell’impianto del d.lgs. 251/2007 dunque i comportamenti delittuosi e, in generale, la pericolosità dello straniero non appaiono irrilevanti per la concessione o il mantenimento, in suo favore, dello status di rifugiato o di protezione sussidiaria, in particolare, se si sia reso responsabile della commissione dei delitti indicati nell’art. 10 commi 2 e 3 ovvero se, ai sensi dell’art. 12, sulla base di una valutazione individuale, «sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero costituisce un pericolo per la sicurezza dello Stato»; ovvero quando «lo str... _OMISSIS_ ...sce un pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica, essendo stato condannato con sentenza definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera a), del codice di procedura penale».

Allo stesso modo, lo status di protezione sussidiaria è escluso non solo in caso di commissione dei delitti indicati all’art. 16, lett. a), b) e c), ma anche quando sussistono fondati motivi per ritenere che lo straniero «costituisca un pericolo per la sicurezza dello Stato o per l’ordine e la sicurezza pubblica» (art. 16, lett. d).

La protezione internazionale è dunque esclusa, ai sensi del d.lgs. 251/2007, e succ. mod. non solo nelle ipotesi in cui lo straniero abbia commesso gravi reati o sia da ritenere pericoloso per la sicurezza dello Stato, ma anche qualora la valutazione di pericolosità attenga (solo) all’ordine e alla sicurezza pubblica (valutazione che, tra l’altro, postula unicamente... _OMISSIS_ ... dello status di rifugiato l’esistenza di una condanna irrevocabile per uno dei reati ex art. 407 comma 2 c.p.p.), secondo quanto previsto nella direttiva 2004/83).

Appare evidente che un bilanciamento delle diverse opzioni legislative passa attraverso l’istmo necessitato della qualità del sistema probatorio funzionale al riconoscimento del valore assoluto tutelato.

Nelle decisioni in tema di art. 3 CEDU è stata riconosciuta anche la possibilità di basarsi su elementi acquisiti di propria iniziativa e di conferire rilievo nell’apprezzamento della situazione di un determinato Paese, a rapporti redatti da organizzazioni umanitarie indipendenti, quali Amnesty International, ovvero a ricerche governative, ritenute più attendibili delle assicurazioni dello Stato terzo, anche se quest’ultimo aveva aderito a trattati internazionali sulla salvaguardia dei diritti fondamentali dei prigionieri.

Poiché in forza de... _OMISSIS_ ...07, è lo straniero richiedente la protezione internazionale a dover presentare ogni elemento utile a sostegno della domanda (cfr. art. 3 comma 1) è prevista la possibilità di ritenere “veritieri” anche gli aspetti rappresentati dal richiedente e non suffragati da prova, qualora egli “abbia compiuto ogni ragionevole sforzo per circostanziare la domanda”, sia risultato per il resto attendibile, ecc. (cfr. art. 3, comma 5), anche alla luce (comma 3 dello stesso art. 3) «di tutti i fatti pertinenti che riguardano il Paese d’origine al momento dell’adozione della decisione in merito alla domanda, comprese, ove possibile, le disposizioni legislative e regolamentari del Paese d’origine e relative modalità di applicazione».

Appare evidente come l’ampio spettro delle fonti di prova e la forza intrinseca di ciascuna di esse all’interno di ogni singolo caso richiedono alla Corte un particolare sforzo ... _OMISSIS_ ...momento in cui l’affermazione della violazione o meno della regola di diritto viene sostanzialmente affermata in base ad una analisi critica degli elementi di fatto.

Ne è dimostrazione la decisione assunta dalla Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Nnyanzi v. the United Kingdom [2].

Intervenendo ancora in questa materia la Corte ha ritenuto, in questo caso, insussistente la dedotta possibilità di trattamenti inumani o degradanti, in violazione dell’art. 3 della CEDU in una ipotesi di rigetto della richiesta di asilo politico da parte di un cittadino ugandese da parte della Gran Bretagna. La Corte in questa occasione ha fondato le sue valutazioni sugli elementi di fatto che caratterizzano in generale la condizione degli oppositori politici in Uganda, dedotta anche da rapporti degli U.S.A., e dal pregresso trattamento riservato all’istante dalle autorità ugandesi prima dell’abbandono dello Stato di origine.