TRASFERIMENTO E ACQUISTO DEI DIRITTI REALI - TITOLO - RETROCESSIONE - DICHIARAZIONE DI INSERVIBILITÀ
La retrocessione parziale presuppone l'adozione, da parte dell'amministrazione, di un provvedimento dichiarativo dell'inservibilità del bene espropriato di cui si chiede la restituzione.
In tema di retrocessione, in mancanza di una dichiarazione formale da parte della P.A., l'Autorità giudiziaria non può accertare l'inservibilità, stante la natura discrezionale della valutazione della p.a. in ordine all'esistenza o meno di un rapporto di utilità tra il relitto e l'opera compiuta.
La dichiarazione di inservibilità deve essere resa mediante pubblicazione da parte dell’espropriante dell’avviso indicante i beni che non servono più all’esecuzione dell’opera pubblica ovvero, in alternativa, mediante decreto del Prefetto; essa non può essere sostituita da un accertamento dell’autorità giudiziaria, involgendo un giudizio discrezionale dell’autorità amministrativa in ordine all’esistenza o meno di un rapporto di utilità tra il relitto e l’opera compiuta, anche in ragione di una semplice accessorietà o dipendenza.
Alla luce del disposto dell’art. 47 DPR 327/2001 compete all'autorità che ha emesso il decreto di esproprio determinare, su richiesta dell’espropriato, la parte del bene espropriato che non serve più per la realizzazione dell'opera pubblica o di pubblica utilità.
La pubblicazione dell'avviso indicante i beni che, non dovendo più servire all’esecuzione dell'opera pubblica, sono in condizione di essere rivenduti ( ex art. 61 L. n. 2359/18659), implica dichiarazione di inservibilità degli stessi.
Nella retrocessione parziale, rispetto ai beni non ancora utilizzati e che l'espropriato avrebbe interesse riacquistare, può ancora esercitarsi una valutazione discrezionale circa la convenienza di utilizzarli in funzione dell'opera realizzata, sicchè tali beni possono essere restituiti solo se la P.A. abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell'opera nel suo complesso.
In difetto di una individuazione amministrativa dei “relitti”, il cui accertamento non è surrogabile da una pronuncia giurisdizionale, l’azione prematuramente proposta innanzi al giudice amministrativo diretta ad ottenere la retrocessione parziale del bene non può che risultare inammissibile.
Il diritto alla retrocessione parziale nasce solo se ed in quanto l’amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione del privato è di interesse legittimo), abbia emesso un provvedimento dichiarativo dell'inservibilità del bene espropriato di cui si chiede la restituzione.
In ipotesi di retrocessione parziale i beni possono essere restituiti solo se la P.A. abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell'opera nel suo complesso, come si evince dall'art. 61 della L. n. 2359/1865.
Si versa nell'ipotesi di retrocessione parziale quando uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto la prevista destinazione; detti fondi possono essere “ restituiti “ solo se la p.a. abbia formalmente manifestato la volontà di non utilizzarli per gli scopi cui l'espropriazione era finalizzata, non essendo peraltro necessario che il relativo atto contenga un'espressa qualificazione di inservibilità o un riferimento all'articolo 61 della legge n. 2359 del 1865.
Nel caso di retrocessione parziale, di cui all’art. 60 della L. n. 2349/1865 (ora art. 47 del d.P.R. 327/2001), i beni espropriati possono essere restituiti solo se la P.A. abbia formalmente manifestato la volontà di non utilizzarli per gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata.
Il diritto ad ottenere la retrocessione parziale nasce comunque solo se ed in quanto l’amministrazione con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione soggettiva del privato è di interesse legittimo), abbia dichiarato che quell’area non serve più all’opera pubblica.
Al fine di concretizzare l’ipotesi della retrocessione parziale non è sufficiente la sola scadenza del termine di durata della dichiarazione di pubblica utilità, ma deve concorrere necessariamente anche l’effettiva inservibilità dei beni, così come valutata discrezionalmente dall’amministrazione, con riguardo all’insussistenza di alcuna utilità degli stessi in rapporto all’opera pubblica programmata e quindi realizzata.
L’adozione di delibere finalizzate a dare esecuzione ai lavori di completamento delle opere programmate (e non di opere diverse), costituisce di per sé elemento escludente la situazione di inservibilità dei beni residui, rilevante ai fini della retrocessione parziale.
E' la dichiarazione d'inservibilità del bene espropriato per la realizzazione di opera pubblica e non utilizzato ad avere valenza costitutiva, per i soggetti espropriati o per i loro aventi causa, del diritto soggettivo alla retrocessione.
La domanda di retrocessione parziale (sia ai sensi dell’articolo 60 L. n. 2359/1865, sia ai sensi dell'articolo 48 del testo unico degli espropri), presuppone che l’amministrazione, nell’esercizio di un potere discrezionale, abbia formalmente manifestato la volontà di non utilizzare uno o più fondi espropriati per gli scopi cui l'espropriazione era finalizzata (dichiarazione di insolvibilità).
La domanda di retrocessione parziale (sia ai sensi dell’articolo 60 dell’originaria legge sulle espropriazioni n. 2359 del 1865, sia ai sensi dell'articolo 48 del testo unico degli espropri), presuppone che l’amministrazione, nell’esercizio di un potere discrezionale, abbia formalmente manifestato la volontà di non utilizzare uno o più fondi espropriati agli scopi cui l'espropriazione era finalizzata.
Fermo restando l’obbligo giuridico di provvedere sull’istanza del privato, la c.d. dichiarazione d'inservibilità, come atto conseguente all'iniziativa dell'espropriato e prodromico alla restituzione dei beni che, compresi nell'originario provvedimento espropriativo, non siano stati effettivamente utilizzati dall'Amministrazione, condizionata all'accertamento del presupposto, costituito dalla dichiarazione da parte dell'Autorità espropriante, della sopravvenuta inutilizzabilità, ha natura di interesse legittimo, il cui esercizio non risolve la precedente espropriazione, ma pone soltanto le condizioni di un nuovo trasferimento con effetto ex nunc.
Dalla dichiarazione d'inservibilità (espressa o comunque implicita, una volta ammessa tale manifestazione di potestà implicita), la posizione sostanziale del proprietario espropriato si converte in diritto soggettivo potestativo alla retrocessione (c.d. ius ad rem), tutelabile dinanzi al giudice ordinario.
In ipotesi di retrocessione parziale i fondi possono essere restituiti se la pubblica amministrazione ha manifestato la volontà di non utilizzarli per gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata e ciò avviene generalmente all’esito di un procedimento che si conclude con una dichiarazione formale di inservibilità del bene espropriato.
Per giurisprudenza consolidata il diritto alla retrocessione parziale dei beni non utilizzati per la realizzazione dell’opera pubblica nasce solo se ed in quanto l’amministrazione, con valutazione discrezionale, al cospetto della quale la posizione soggettiva del privato è di interesse legittimo, abbia dichiarato che il fondo non serve più all’opera pubblica.
In ipotesi di retrocessione parziale i fondi possono essere restituiti se la pubblica amministrazione ha manifestato la volontà di non utilizzarli per gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata e ciò avviene generalmente all’esito di un procedimento che si conclude con la dichiarazione formale d'inservibilità del bene espropriato.
La retrocessione parziale si ha quando, dopo l'esecuzione totale o parziale dell'opera, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione. La posizione giuridica soggettiva attiva nasce solo se e in quanto l'Amministrazione, nel compimento di una valutazione discrezionale in ordine alla quale il privato è titolare di un mero interesse legittimo, abbia dichiarato che quei fondi più non servono all'opera pubblica.
Ai sensi della legge 25 giugno 1865, n. 2359, i beni possono essere restituiti solo se la P.A. abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell'opera nel suo complesso, come si evince dall'art. 61 della Legge.
La restituzione delle aree espropriate (ma non utilizzate) ai destinatari di un provvedimento espropriativo può avvenire soltanto a seguito di espressa richiesta da parte degli stessi di retrocessione parziale, sulla quale intervenga una positiva valutazione dell'Amministrazione espropriante circa la sua possibile realizzazione, a norma dell'art. 47 del D.P.R. 327/2001. Ne consegue che tali beni possono essere restituiti, dietro corrispettivo, solo se la p.a. abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell'opera nel suo complesso.
Deve essere disattesa la domanda di retrocessione (parziale) del bene qualora non risulti essere stato attivato dagli istanti il procedimento ai fini della dichiarazione di inservibilità, quale necessario adempimento al fine di poter ottenere la retrocessione del terreno in questione.
Non può essere negata una retrocessione quando l’inservibilità delle aree da retrocedere - rispetto ai fini della realizzazione dell'opera pubblica per la quale le stesse furono espropriate - sia stata accertata con sentenza passata in giudicato.
La “dichiarazione di inservibilità” è presupposto specificamente richiesto nella sola ipotesi di sopravanzo dei fondi non completamente utilizzati per il completamento di un’opera pubblica mentre per gli insediamenti privati è “inapplicabile l'istituto della retrocessione parziale”.
La retrocessione presuppone un provvedimento dell’Amministrazione volto a dichiarare l’inservibilità del bene per lo scopo che ne ha determinato l’espropriazione, o comunque la manifestazione di tale volontà, anche a mezzo di acta concludentia, con valenza costitutiva del diritto alla restituzione del bene già espropriato, ma non utilizzato.
La retrocessione parziale dei beni espropriati è subordinata ad una determinazione amministrativa di inservibilità dei fondi espropriati all’opera pubblica e, solo dopo che sia stata emanata la formale dichiarazione di inservibilità, gli espropriati sono titolari, come per la retrocessione totale, di un diritto soggettivo, lo jus ad rem, che consente loro di agire per chiedere la restituzione dei beni espropriati e non utilizzati.
Nella ipotesi di retrocessione parziale dei relitti il proprietario espropriato non è titolare di una posizione di diritto soggettivo tutelabile innanzi all'A.G.O. finché non sia intervenuta la dichiarazione di inservibilità. Una volta che sia stata emessa la dichiarazione di inservibilità, quindi (e che si sia così esaurito il residuo potere discrezionale dell’Amministrazione, a fronte del quale la posizione del privato espropriato ha una consistenza di interesse legittimo), la posizione del soggetto che voglia riavere indietro i beni ha consistenza di diritto soggettivo, tutelabile innanzi al giudice ordinario. Cioè la dichiarazione di inservibilità dei fondi ha una efficacia costitutiva per far sorgere, in linea di massima, il diritto alla restituzione del bene già espropriato ma non utilizzato, perché ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'istituto de quo è che la pubblica amministrazione abbia manifestato comunque la volontà di non utilizzare tali immobili.
La retrocessione totale e quella parziale sono due istituti molto differenti quanto a presupposti sostanziali e a disciplina procedimentale. La retrocessione parziale presuppone un provvedimento dell'Amministrazione volto a dichiarare l'inservibilità del bene per lo scopo che ne ha determinato l'espropriazione, o comunque la manifestazione di tale volontà, anche a mezzo di acta concludentia, con valenza costitutiva del diritto alla restituzione del bene già espropriato, ma non utilizzato. In altri termini, la dichiarazione di inservibilità dei beni all'opera pubblica è il frutto di una valutazione discrezionale dell'amministrazione, di fronte alla quale il privato vanta una posizione di interesse legittimo; il diritto soggettivo alla retrocessione parziale dei beni nasce soltanto se la stessa amministrazione abbia dichiarato, appunto, che quei beni non servono più all'opera pubblica.
La retrocessione parziale (già prevista dagli artt. 60 e 61 della legge n. 2359 del 1865 ed ora dall’art. 47 del d.P.R. n. 327 del 2001), si configura quando, dopo l’esecuzione totale o parziale dell’opera pubblica, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione. In tali casi, sorge in capo al proprietario del bene espropriato un interesse legittimo pretensivo ad ottenerne la restituzione, subordinato ad una valutazione discrezionale dell’Amministrazione circa l’attuale utilità del bene alla realizzazione dell’interesse pubblico.
La retrocessione parziale dei beni si configura quando, dopo l’esecuzione totale o parziale dell’opera pubblica, alcuni dei fondi espropriati non abbiano ricevuto la prevista destinazione e rispetto ad essi può ancora esercitarsi una valutazione discrezionale circa la convenienza di utilizzarli in funzione dell’opera realizzata, sicché tali beni possono essere restituiti solo se l’Amministrazione abbia dichiarato che essi non servono più alla realizzazione dell’opera nel suo complesso. La dichiarazione di inservibilità dei fondi ha, dunque, una efficacia costitutiva per far sorgere, in linea di massima, il diritto alla restituzione del bene già espropriato ma non utilizzato, perché ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'istituto de quo è che la pubblica amministrazione abbia manifestato comunque la volontà di non utilizzare tali immobili.
La retrocessione parziale presuppone un provvedimento discrezionale dell'Amministrazione volto a dichiarare l'inservibilità del bene per lo scopo che ne ha determinato l'espropriazione, o comunque la manifestazione di tale volontà con valenza costitutiva del diritto alla restituzione del bene già espropriato, ma non utilizzato.
Il diritto del privato alla restituzione del bene espropriato rimasto inutilizzato nasce, se e nella misura in cui, vi sia l'emanazione di un atto amministrativo che dichiari l'opera inservibile. Una volta, quindi, che l'opera sia stata realizzata nei termini di legge, sia pure con dimensioni ridotte, tanto da non coinvolgere tutti i beni espropriati, è solo alla PA che spetta il potere di valutare se quel bene, che non è stato utilizzato al fine cui l'esproprio era preordinato, è o meno funzionale all'opera medesima, con un potere sindacabile innanzi al Giudice amministrativo.
L'incompleta realizzazione dell'opera non dà luogo alla retrocessione totale di quelle aree non ancora utilizzate alla scadenza della data fissata per l'ultimazione dell'opera, ma solo alla retrocessione parziale dei relitti e ciò anche nel caso in cui uno di essi venga a coincidere con l'intera superficie espropriata in danno di un singolo proprietario, il quale non è, pertanto, titolare di una posizione di diritto soggettivo tutelabile innanzi all'autorità giudiziaria ordinaria finché non sia intervenuta la dichiarazione di inservibilità di cui alla L. 25 giugno 1865, n. 2359, art. 61.
Solo la dichiarazione di inservibilità dei fondi ha una efficacia costitutiva per far sorgere, in linea di massima, il diritto alla restituzione del bene già espropriato ma non utilizzato, perché ciò che rileva ai fini dell'applicabilità dell'istituto della retrocessione è che la pubblica amministrazione abbia manifestato comunque la volontà di non utilizzare tali immobili.
Il diritto soggettivo alla retrocessione parziale di quei beni che, compresi nel provvedimento espropriativo, non siano stati effettivamente utilizzati in occasione della realizzazione dell'opera pubblica presuppone la dichiarazione da parte della P.A. di tale sopravvenuta inutilità ed ha natura di diritto potestativo, il cui esercizio non risolve la precedente espropriazione, ma soltanto pone condizioni per un nuovo trasferimento con effetto ex nunc dal momento della sentenza costitutiva che, in mancanza di accordo amichevole, tenga luogo alla volontà delle parti, previo accertamento della persistente possibilità del trasferimento stesso, del quale determina il prezzo.
La dichiarazione di inservibilità dei suoli ex art. 47 e ss. d.P.R. n. 327-2001 e 60 e ss. L. n. 2359-1865 costituisce indispensabile valutazione discrezionale preliminare della retrocessione parziale.
Una volta emessa la dichiarazione di inservibilità dei cespiti sottoposti a procedura ablatoria nel caso non siano state realizzate le opere pubbliche per le quali l’amministrazione l’aveva attivata, essendo esaurito il residuo potere discrezionale della p.a., a fronte del quale la posizione del privato espropriato costituisce un interesse legittimo, il soggetto che voglia riavere indietro i beni vanta un diritto soggettivo tutelabile innanzi al giudice ordinario.
La retrocessione parziale dei beni espropriati è subordinata ad una determinazione amministrativa di inservibilità dei fondi espropriati all’opera pubblica, da cui consegue che, solo dopo che sia stata emanata la formale dichiarazione di inservibilità, gli espropriati sono titolari, come per la retrocessione totale, di un diritto soggettivo, lo jus ad rem, che consente loro di agire per chiedere la restituzione dei beni espropriati e non utilizzati.
Nel caso di retrocessione parziale, la restituzione ai proprietari è possibile soltanto se - e nella misura in cui - intervenga a monte un provvedimento amministrativo discrezionale con cui viene dichiarata l’inservibilità dei fondi espropriati rispetto all’opera pubblica. Tale dichiarazione di inservibilità deve essere adottata con provvedimento espresso o comunque con un comportamento provvedimentale chiaro ed inequivoco.
Nell'ipotesi di retrocessione parziale, i fondi espropriati che non hanno ricevuto, in tutto o in parte, la prevista destinazione pubblica possono essere restituiti solo se la P.A. abbia formalmente manifestato la volontà di non util...
Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.