Presupposti oggettivi della messa alla prova del minore

Sotto il profilo oggettivo, occorre premettere che punto di partenza per l’analisi dell’istituto della messa alla prova è il fatto che il minore sia entrato nel circuito penale a seguito della commissione di un reato e che quindi vi sia stata una notitia criminis .
Deve ritenersi dunque prioritario l’accertamento circa la responsabilità penale del soggetto, in ragione della natura di misura penale attribuibile alla messa alla prova e della necessità di contemperare la sua applicazione con la salvaguardia ed il rispetto del principio di legalità e della presunzione di non colpevolezza.
Secondo i principi generali del diritto penale infatti, dovrebbe essere escluso che il minore possa subire le coercizioni derivanti dalla sottoposizione al progetto di intervento, senza che gli sia stato attribuito con certezza il fatto in contestazione, anche perché, in tale caso, la prova risulterebbe arbitraria e lesiva delle garanzie d’intangibili... _OMISSIS_ ...individuale proprie di uno stato di diritto .

Va quindi rilevata la sussistenza di un fatto penalmente rilevante e la commissione di tale fatto da parte dell’imputato, in assenza di cause di giustificazione.
La giurisprudenza di merito però, ha talvolta espresso una posizione parzialmente difforme circa la necessità dell’attribuzione del fatto al minore per la sottoposizione alla prova. Sono stati addotti, a giustificazione di tale differente orientamento, due argomenti, uno di tipo formale, e l’altro di tipo sostanziale.
Per ciò che concerne il primo argomento, bisogna notare come, all’interno dell’art. 28 d.P.R. 448/1988, non si faccia alcun riferimento all’accertamento della responsabilità del minore: nulla si statuisce in proposito, e anzi, non si esclude che, in caso di accoglimento dell’impugnazione dell’ordinanza di sospensione del processo, o anche nell’udienza che seguisse... _OMISSIS_ ...ivo della prova, il collegio possa pronunciare sentenza di proscioglimento nel merito.
Dal punto di vista sostanziale, invece, bisogna rilevare che la prevalenza riconosciuta dalla legge alle esigenze di sviluppo della personalità del minore può essere intesa nel senso della subordinazione di ogni altro principio, sia penalistico che processualistico, ai fini della realizzazione dell’obiettivo educativo.

Questa interpretazione, se da una parte è funzionale agli obiettivi educativi del processo minorile, dall’altra espone al rischio di abusi nell’applicazione della prova e di una eccessiva arbitrarietà nel giudizio.
Risulta preferibile, quindi, una ricostruzione dell’istituto più conforme alla prima tesi, che presuppone cioè una attribuzione il più possibile certa del fatto in contestazione in capo al minore, in linea con i principi generali del diritto. Facilita tale attribuzione del resto anche la partecipazione del... _OMISSIS_ ...rova, la quale difficilmente potrebbe essere proficua se conseguenza di una condanna per un fatto che il minore ritiene di non aver commesso.
Un’inevitabile rischio, intrinsecamente presente all’interno di tale istituto, conseguenza dell’adesione all’interpretazione più conforme ai principi generali del diritto, è che essa vada a contrastare con il principio della presunzione di non colpevolezza, previsto all’interno della Carta costituzionale.

A norma dell’art. 27 comma secondo della Costituzione infatti, nessuno può essere considerato colpevole se la sentenza di condanna non è passata in giudicato, mentre, nel nostro caso, si arriva ad affermare la responsabilità penale del minore prima del raggiungimento di tale termine processuale. Pertanto, i provvedimenti interlocutori privativi, o comunque condizionanti, l’esercizio del diritto di libertà, come anche la messa alla prova, secondo la parte della dottrin... _OMISSIS_ ...a tale tesi, vanno considerati eccezionali, devono essere legalmente previsti, devono avere una applicazione quantitativamente limitata, e devono presupporre dei seri indizi di colpevolezza a carico dei destinatari.
La soluzione accolta dal legislatore di non formalizzare, in un atto, la responsabilità del minore deriverebbe dunque, non da un deficit normativo, ma da una scelta politico-legislativa, dettata dalla volontà di sottrarre il minore all’effetto stigmatizzante che una espressa pronuncia di responsabilità avrebbe inevitabilmente su di lui e che potrebbe vanificare gli effetti positivi cui è finalizzata l’applicazione della misura .

Proprio per questi motivi, è pacifico che la sospensione del processo non può essere disposta quando si è in presenza di una causa di proscioglimento immediato ai sensi dell’art. 129 c.p.p o dei presupposti per emettere una sentenza conclusiva ai sensi degli artt. 425 (sentenza di non luogo a ... _OMISSIS_ ...9 (sentenza di non doversi procedere) c.p.p.
Anche il dubbio sulla responsabilità penale o sull’esistenza di condizioni di procedibilità o di cause estintive del reato comporta il proscioglimento, precludendo la sospensione ex art. 28; così come la messa alla prova è preclusa ogni qual volta sussistano i presupposti per l’emanazione di un provvedimento di archiviazione e quando sussistano cause di non punibilità .
Sulla scorta di queste considerazioni, ci si è anche chiesti se un presupposto della sottoposizione del minore alla prova sia anche la piena confessione dell’imputato: in questo modo, dal punto di vista formale, verrebbe vanificata l’obiezione circa la violazione della presunzione di non colpevolezza, e dal punto di vista sostanziale, si garantirebbe maggiormente l’intrapresa, da parte del minore, di un percorso educativo di maturazione, di cui la confessione costituirebbe il primo inequivocabile atto.
... _OMISSIS_ ...la giurisprudenza maggioritarie però, ritengono non necessaria la confessione ai fini della concessione della messa alla prova, sia perché tale requisito non è richiesto dalla legge, sia perché l’introduzione di tale presupposto renderebbe l’istituto incompatibile col diritto di difesa dell’imputato .


Tipologia di reati per cui è applicabile la messa alla prova


Con riferimento alla tipologia di reati, in relazione ai quali è possibile applicare la messa alla prova, non c’è alcuna limitazione di sorta.
Le iniziali perplessità sono state superate dalla Corte Costituzionale, nella sentenza 412 del 1990 , che ha dichiarato infondata la questione di legittimità costituzionale, in relazione all’art. 3 Cost., a carico degli artt. 28 e 30, nella parte in cui non prevedevano, per i reati puniti con la pena dell’ergastolo, l’applicabilità della sospensione del processo e della messa al... _OMISSIS_ ...
L’assenza di preclusioni, coerente con le indicazioni della legge delega e con la ratio dell’istituto, si poteva desumere, secondo la Corte, dal tenore letterale dello stesso art. 28 comma 1, il cui primo periodo, nell’enunciare il «generale potere discrezionale del giudice» di disporre la messa alla prova, tace significativamente «in ordine ad eventuali limiti all’esercizio del predetto potere». Tali indicazioni della Consulta sono state poi recepite dal legislatore, che ha modificato il primo comma dell’art. 28, aggiungendo alla previsione relativa alla durata della prova la menzione esplicita dell’ergastolo, accanto alla reclusione. L’intento di tale orientamento è quindi quello di chiarire che la gravità del reato non è preclusiva dell’applicazione dell’istituto.

L’assoluta preminenza attribuita dalla legge alla finalità rieducativa della misura in esame ha c... _OMISSIS_ ...tti, l’estensione dell’applicazione dell’istituto anche ai reati particolarmente efferati.
Tuttavia, se la gravità del reato non preclude, in astratto, l’applicazione della messa alla prova, secondo parte dell dottrina, l’entità del fatto per cui si procede dovrebbe essere valutata in relazione alla concreta possibilità dell’istituto di perseguire lo scopo educativo, dal momento che, quanto più grave è il reato, tanto più improbabile dovrebbe ritenersi la possibilità di ravvedimento del reo, vista la profonda lacerazione che si è venuta a creare, e che difficilmente può essere colmata con uno strumento come la messa alla prova ; così come, tale strumento, potrebbe essere, sempre secondo tale tesi, inutile in caso di reati di scarsissimo rilievo, i quali possono non essere affatto il sintomo di una personalità deviante, ma solo di un incidente di percorso nella vita del minore.

Tali affermazioni, che vedon... _OMISSIS_ ...o;applicazione della messa alla prova con riferimento ai reati più gravi, rispecchiano un orientamento giurisprudenziale volto ad una applicazione piuttosto cauta di tale istituto.
Se si guardano, infatti, le statistiche processuali, soprattutto relativamente al periodo appena successivo all’entrata in vigore del nuovo decreto minorile, possiamo notare che la messa alla prova è stata concessa prevalentemente in caso di reati non troppo gravi (in genere reati contro il patrimonio), trattandosi il più delle volte di giovani con situazione familiari difficili e bisognosi di interventi esterni di sostegno ed assistenza.
Questa tesi è stata fatta propria anche dal progetto di riforma della giustizia minorile presentato alla Camera, dal Ministro Castelli, nel 2002.

In tale progetto, infatti, venne proposto di rendere inapplicabile la messa alla prova nei confronti dei reati più gravi come per esempio l’omicidio, l’associazi... _OMISSIS_ ...amorristica, o la violenza sessuale.
La Commissione Giustizia della Camera però, nell’analizzare il progetto, ha espresso notevoli perplessità riguardo a questa impostazione ed ha ritenuto più opportuno collegare la messa alla prova ad una prognosi di recupero, piuttosto che alla gravità del reato addebitato al minore. Il progetto dunque, è stato bocciato dalla Camera dei Deputati.
Questo orientamento, del resto, nel corso degli anni, è stato molto criticato in dottrina, anche perché, analizzando le statistiche relative all’applicazione della messa alla prova, ci si è resi conto che, nella maggior parte dei casi, le messe alla prova più riuscite sono proprio quelle concesse con riferimento ai reati più gravi, in cui c’è una maggiore adesione del minore al progetto e una maggiore consapevolezza del disvalore del fatto compiuto.

In linea con tali affermazioni, non sono mancati coraggiosi provvedimenti giudiziari che, alla luc... _OMISSIS_ ... la decisione di ammissione della prova dovrebbe basarsi principalmente sulla personalità del minore e sulla sua probabile capacità di cambiare il proprio stile di vita, piuttosto che sull’analisi del tipo di reato commesso, hanno disposto la messa alla prova anche di fronte a crimini più gravi, come per esempio l’omicidio.
Un calzante esempio a riguardo, può essere l’ordinanza del 4 febbraio 1995 del tribunale minorile di Palermo , con la quale è stata disposta la sospensione del processo e la messa alla prova, per una durata di tre anni, nei confronti di un ragazzo imputato per i reati di omicidio aggravato, sequestro di persona e furto aggravato.
La motivazione che si legge nell’ordinanza è che «indipendentemente dalla gravità degli episodi criminosi di cui l’imputato si è reso responsabile, gravità che il tribunale ovviamente non ignora, le positive e sostanziali modificazioni intervenute nella sua personalità e la ... _OMISSIS_ ...con cui esso accetta le conseguenze della sua scelta, consigliano il ricorso all’istituto della messa alla prova…».

Tale affermazione conferma che ogni giudice minorile ha il difficile compito di valutare caso per caso la personalità dei ragazzi e la loro disponibilità al cambiamento, alla ricerca dell’utilità reale che ciascuno, a seconda dei propri specifici bisogni, potrebbe trarre da una adeguata opera di assistenza morale e rieducativa .
Anche con riferimento ai reati legati alla criminalità mafiosa ed organizzata, si può notare una notevole diffidenza dei giudici nel concedere la messa alla prova.
Sembra, infatti, un clichè piuttosto consueto quello per cui il “ragazzo della mafia” debba andare in carcere, sia spesso a causa delle condizioni ambientali e familiari di profondo disagio e dalla decisa caratterizzazione malavitosa, sia per la difficoltà di reggere tali situazioni da parte dei servizi s... _OMISSIS_ ...
Un notevole passo in avanti in tale senso è però stato fatto, nel 2005, dalla Corte d’Appello di Caltanissetta , la quale, nei confronti di un ragazzo, nato e cresciuto in un ambiente ad alta densità criminale, sottoposto a processo per il delitto di compartecipazione ad una associazione criminale avente connotazione m...

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