L'ordinanza cautelare "propulsiva" e il permanere dell'interesse del ricorrente

Sintesi: Le vicende conseguenti all’emanazione di una ordinanza cautelare c.d. «propulsiva» non incidono sulla perdurante sussistenza dell’interesse del ricorrente (sia emesso un successivo atto positivo o negativo), perché l’esame della legittimità dell’atto impugnato continua pur sempre a rilevare, per ciò che riguarda i complessivi rapporti tra le parti, le eventuali responsabilità, le spese del giudizio.

Estratto: «4. Rileva preliminarmente la Sezione che il gravame risulta ammissibile e procedibile, pur se l’appellante mira a rimuovere la statuizione di annullamento (disposta dal TAR) della concessione impugnata in primo grado, che aveva il termine finale di efficacia alla data del 15 ottobre 2010.
[...omissis...]

Sintesi: L’adozione non spontanea dell’atto con cui la P.A. dà esecuzione ad un’ordinanza cautelare non comporta la revoca del provvedimento in precedenza sospeso e ha una rilevanza meramente provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se quel provvedimento sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia condiviso dalla P.A. al punto tale da indurla a ritirare l’atto già sospeso e sostituirlo con uno nuovo senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento.

Estratto: «Tale soluzione sconta, evidentemente, il rigetto della azione di accertamento del silenzio/assenso pretesamente formatosi sulla domanda di installazione, causa l’inerzia del Comune protrattasi per oltre 90 giorni decorrenti dalla acquisizione, in sede di esecuzione dell’ordinanza cautelare 2089/11 del Consiglio di Stato, delle osservazioni di Wind (il che avrebbe comportato, in tesi, improcedibilità dell’azione impugnatoria per carenza di interesse sopravvenuta). Va infatti escluso che la mera sopraggiunta riattivazione del procedimento in sede cautelare possa avere determinato improcedibilità del ricorso principale.Come è noto, l’adozione non spontanea dell’atto con cui l’Amministrazione dà esecuzione ad un’ordinanza cautelare non comporta la revoca del provvedimento in precedenza sospeso e ha una rilevanza meramente provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se quel provvedimento sia o meno legittimo, salvo il caso in cui il contenuto della motivata ordinanza cautelare sia condiviso dall’Amministrazione al punto tale da indurla a ritirare l’atto già sospeso e sostituirlo con uno nuovo senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento, il che non può evidentemente avvenire “per silentium”; pertanto, con l’emanazione della sentenza che definisce il giudizio in senso sfavorevole al ricorrente, l’ordinanza cautelare di accoglimento e gli atti ad essa collegati vengono meno con effetto retroattivo – perdendo ab initio il loro fondamento giuridico; ove invece sopravvenga una sentenza favorevole al ricorrente (caso di specie), gli atti adottati medio tempore restano assorbiti negli effetti propri della sentenza e nel giudicato che sulla stessa si viene a formare, acquisendo il carattere della stabilità, ovviamente nei limiti delle statuizioni in essa contenute. (v. ex multis TAR Emilia-Romagna, Parma, 12 novembre 2001 n. 914 e 6.6.2006 n.293). La circostanza allora che l’Amministrazione abbia nella fattispecie provveduto in esecuzione della statuizione cautelare, e cioè in adempimento di un ordine giudiziale, induce a considerare la nuova attività come condizionata, non certamente quale espressione del potere di autotutela dell’organo che ha agito.E ciò vale sia per la riapertura del procedimento mediante comunicazione dei motivi ostativi, sia per il successivo silenzio serbato sulle osservazioni. In particolare quest’ultimo, non potendo considerarsi espressione di autotutela (anche per la inconfigurabilità di un esercizio implicito e silente del potere di autotutela), autonoma rispetto all’obbligo di esecuzione dell’ordinanza cautelare, non può produrre effetti eccedenti tale esecuzione, come la ricorrente pretende invocando il silenzio-assenso. La sospensione cautelare disposta dal Consiglio di Stato (n. 2089/11) risulta infatti espressamente finalizzata a valutare o rivalutare in contraddittorio “l’effettiva disponibilità, nelle immediate vicinanze dell’area prescelta, di aree alternative idonee alla localizzazione”, il tutto però “senza pregiudizio di interessi pubblici pur sempre rilevanti quali la tutela di un bene culturale” (il complesso della Casiglia), il che non può evidentemente essere assicurato da una localizzazione automaticamente conseguente ad un silenzio soltanto fittiziamente significativo. Pertanto tale effetto, invocato dalla ricorrente, eccederebbe i limiti della tutela cautelare concessa, né sarebbe coperto da un autonomo esercizio di autotutela.»

Sintesi: Se il giudice sospende in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e la P.A. vi si adegua, emanando un atto consequenziale al contenuto dell’ordinanza cautelare, non si verifica improcedibilità del ricorso, né cessazione della materia del contendere; se, invece, a seguito dell’ordinanza cautelare la P.A. effettua una nuova valutazione ed adotta un provvedimento espressione di una nuova volontà di provvedere, che costituisce un nuovo giudizio, autonomo ed indipendente dall’esecuzione della pronuncia cautelare, il ricorso avverso il precedente provvedimento impugnato diventa improcedibile.

Estratto: «4. In via preliminare va dichiarata l’improcedibilità del gravame originario, nella parte in cui ha ad oggetto la nota della Capitaneria di Porto di Gaeta prot. n. 10607 del 14 giugno 2005: ciò, attesa la sua sostituzione ad opera della nota della predetta Capitaneria prot. n. 8986, pervenuta il 25 maggio 2006, impugnata con i motivi aggiunti. Vero è che quest’ultima è stata emanata dalla P.A. a seguito e per effetto dell’ordinanza “propulsiva” (n. 760/2005), con cui era stata accolta l’istanza cautelare formulata con l’atto introduttivo del giudizio avverso la succitata nota prot. n. 10607 del 14 giugno 2005: deve però ritenersi che l’attività dispiegata dalla Capitaneria di Porto successivamente a detta ordinanza cautelare, pur se in esecuzione di questa, sia sfociata in una nuova definizione dell’assetto degli interessi, attraverso l’espressione di una nuova volontà provvedimentale della P.A., in quanto tale, idonea a determinare la sopravvenuta carenza di interesse in parte qua alla decisione del ricorso originario.4.1. Il punto necessita di un approfondimento.4.2. Secondo una recente giurisprudenza, nel processo amministrativo, i nuovi atti posti in essere dalla P.A. in esecuzione di un’ordinanza cautelare propulsiva non sono mai idonei a determinare la cessazione della materia del contendere o la sopravvenuta carenza di interesse all’impugnazione, in quanto sono comunque destinati ad essere superati dalla definizione del giudizio di merito: invero, tali atti, posti in essere doverosamente per ottemperare ad una pronuncia che è dotata di immediata esecutività, non fanno venir meno, da un lato, l’interesse della P.A. a vedere accertata la legittimità del proprio originario operato, e dall’altro lato, l’interesse del ricorrente a farne affermare, invece, l’illegittimità almeno a fini risarcitori (C.d.S., Sez. IV, 2 marzo 2011, n. 1364). Altra giurisprudenza (T.A.R. Toscana, Sez. II, 2 aprile 2010, n. 911; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. I, 10 luglio 2007, n. 837) ha, tuttavia, ritenuto di dover differenziare due ipotesi: se il giudice sospende in sede cautelare gli effetti di un provvedimento e la P.A. vi si adegua, emanando un atto consequenziale al contenuto dell’ordinanza cautelare, non si verifica improcedibilità del ricorso, né cessazione della materia del contendere; se, invece, a seguito dell’ordinanza cautelare la P.A. effettua una nuova valutazione ed adotta un provvedimento espressione di una nuova volontà di provvedere, che costituisce un nuovo giudizio, autonomo ed indipendente dall’esecuzione della pronuncia cautelare, il ricorso avverso il precedente provvedimento impugnato diventa improcedibile.4.3. In adesione a quest’ultimo orientamento, deve ritenersi che nella vicenda ora in esame, dopo la sospensiva “propulsiva”, la P.A. abbia effettuato una nuova istruttoria, basata sul cd. contraddittorio procedimentale con la richiedente, per effetto della comunicazione ex art. 10-bis della l. n. 241/1990 e della conseguente memoria presentata dalla società: orbene, tale ulteriore attività procedimentale è sfociata nell’espressione di una nuova volontà provvedimentale ad opera della Capitaneria di Porto, sebbene con il medesimo contenuto (negativo) della precedente, originariamente gravata. Ciò risulta comprovato dalla lettura del nuovo atto di diniego, impugnato con i motivi aggiunti, che è motivato diversamente e più ampiamente rispetto al diniego originario, in quanto prende in considerazione e confuta anche gli argomenti esposti a proprio favore dalla società richiedente con la memoria ex art. 10-bis cit.: cosa che – ovviamente – il diniego gravato con l’atto introduttivo del giudizio non aveva potuto fare, in quanto emesso in difetto del contraddittorio procedimentale instaurato per effetto del cd. preavviso di rigetto ex art. 10-bis della l. n. 241 cit.. Si deve, dunque, concludere che il diniego di cui alla nota della Capitaneria di Porto di Gaeta prot. n. 8986, pervenuta il 25 maggio 2006, abbia sostituito in toto quello di cui alla nota prot. n. 10607 del 14 giugno 2005 e che, pertanto, la società ricorrente non possa più vantare nessun interesse alla decisione del ricorso originario, nella parte in cui (i primi due motivi) è rivolto avverso l’indicata nota del 14 giugno 2005.»

Sintesi: Se in generale il ritiro dell’atto impugnato produce la conseguenza dell’improcedibilità dell’impugnazione (essendone venuto meno l’oggetto), questa conclusione non è corretta allorché il ritiro sia il frutto di un atto di riesame imposto da un’ordinanza che abbia accolto l’istanza di tutela cautelare.

Estratto: «1. Preliminarmente occorre verificare se vi siano i presupposti per la declaratoria di improcedibilità dell’impugnazione del diniego del 10 novembre 2010.Il problema nasce dal rilievo che, se in generale il ritiro dell’atto impugnato produce la conseguenza dell’improcedibilità dell’impugnazione (essendone venuto meno l’oggetto), questa conclusione non è corretta allorché il ritiro sia il frutto di un atto di riesame imposto da un’ordinanza che abbia accolto l’istanza di tutela cautelare; la doverosa esecuzione dell’ordine del giudice, infatti, non produce né può produrre l’effetto di rendere improcedibile l’impugnazione dato che l’atto con cui è stata data esecuzione all’ordinanza cautelare è un atto avente effetti provvisori e interinali, i cui effetti si producono e si esauriscono nell’ambito del giudizio cautelare e sono condizionati dalla successiva pronuncia sul merito del ricorso, nel senso che, se il ricorso viene accolto, gli effetti dell’atto di riesame favorevole al ricorrente si consolidano, mentre se il ricorso viene respinto si consolidano gli effetti dell’atto impugnato e vengono meno quelli dell’atto di riesame. Nella fattispecie, tuttavia, ritiene il Collegio che questa impostazione non trovi applicazione in quanto il ritiro dell’atto impugnato è avvenuto per ragioni del tutto estranee al giudizio e alle ragioni per cui la sezione aveva disposto il riesame, per cui può ritenersi che il ritiro sia il frutto di una scelta sostanzialmente autonoma e libera del comune di Ponza rispetto alla quale il riesame ordinato dalla sezione ha costituito una mera occasione.»

Sintesi: Allorquando la P.A. agisca dietro impulso di statuizioni cautelari del giudice amministrativo e l’attività provvedimentale costituisca mera esecuzione puntuale di un’ordinanza cautelare di tipo propulsivo, il ricorso è improcedibile per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione.

Estratto: «2.a.- Non sfugge al Collegio che la giurisprudenza ha puntualmente delineato i confini dell’improcedibilità per sopravvenuta carenza d’interesse alla decisione (per un’esaustiva ricognizione vedi la nota ordinanza cautelare n. 3627 del 29 luglio 2005 del Consiglio di Stato Sez. IV), segnatamente allorquando la P.A. agisce dietro impulso di statuizioni cautelari del giudice amministrativo e allorquando vi sia un’attività provvedi mentale successiva costituente mera esecuzione puntuale di un’ordinanza cautelare di tipo propulsivo.Nella specie, tuttavia, ad avviso del Collegio non ricorrono gli estremi per affermare che il provvedimento sopravvenuto sia stato posto in essere in puntuale esecuzione dell’ordine del giudice, bensì è ravvisabile l’adozione di un nuovo provvedimento, idoneo a ridefinire l’assetto degli interessi in gioco (Cons. St. Sez. IV 22 giugno 2004 n. 4397).»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.