Sulla domanda di retrocessione parziale vige la giurisdizione del G.A.

Sintesi: Spetta al giudice amministrativo conoscere della domanda di retrocessione parziale.

Estratto: «Ciò debitamente precisato e dato preliminarmente atto della spettanza al giudice amministrativo a conoscere della domanda di retrocessione parziale (cfr Cass. Sez. Unite 24 giugno 2009 n. 14805), occorre andare a verificare se sussistono o meno nella specie i presupposti di fatto e di diritto che giustificano il ritrasferimento in capo agli originari proprietari dei beni che non sono serviti alla esecuzione dell’opera oggetto di procedura ablatoria.Com’è noto, in tema di espropriazione di pubblica utilità, si versa in ipotesi di retrocessione parziale, in base all’istituto normativamente definito dagli artt. 60 e 61 della legge fondamentale sulle espropriazioni, la n.2359 del 1865 (ora dall’art.47 del DPR n.327 del 2001) quando uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto ( in tutto o in parte ) la prevista destinazione.Detti fondi possono essere restituiti se la pubblica amministrazione ha manifestato la volontà di non utilizzarli per gli scopi cui l’espropriazione era finalizzata e ciò avviene generalmente all’esito di un procedimento che si conclude con una dichiarazione formale di inservibilità del bene espropriato (Cons. Stato Sez. IV 15/12/2011 n. 6619).Fermo restando che la dichiarazione di inservibilità dei fondi ha una efficacia costitutiva per far insorgere, in linea di massima, il diritto alla restituzione del bene già espropriato ma non utilizzato, ciò che rileva ai fini dell’applicabilità dell’istituto de quo è che la pubblica amministrazione abbia manifestato comunque la volontà di non utilizzare tali immobili, anche a mezzo di acta concludentia e non necessariamente con un atto formalmente dichiarativo della avvenuta inservibilità (Cass. Sezioni Unite 5/6/2008 n. 14826).Ora, in relazione ai profili di fatto e di diritto che connotano la vicenda de qua, è accaduto che in riscontro ad apposita istanza di parte appellante, formulata in data 31/12/1999, il Consorzio ASI di Matera con nota del 28/2/2008 ha sostanzialmente ammesso il fatto che “una parte consistente dei terreni, pari mq 75.000 non è stata utilizzata ai fini industriali dalle precedenti Ditte assegnatarie”, sicché nella specie pur mancando uno specifico provvedimento che dichiari formalmente l’intervenuta non servibilità di parte dei terreni espropriati, non si può negare che si è comunque verificata, per ammissione della stessa P.A, la circostanza di una non integrale utilizzazione dei fondi espropriati.Per tali profili dunque l’evento costitutivo che può dare luogo alla restituzione di parte degli immobili (non avvenuta utilizzazione di parte dei fondi espropriati) si sarebbe senz’altro inverato e ciò legittima di per sé l’azione giudiziaria qui instaurata dalla parte interessata, volta ad ottenere un accertamento positivo della inservibilità di dette aree, quale fase costitutiva del procedimento di riconoscimento del diritto alla retrocessione.»

Sintesi: In ipotesi di di retrocessione c.d.parziale la giurisdizione appartiene al Giudice amministrativo.

Estratto: «In limine, il Collegio è dell’avviso di prescindere da una specifica analisi del punto concernente la titolarità della giurisdizione, perché questa – per le ragioni di cui si dirà subito appresso – appartiene senz’altro al Giudice amministrativo.Negli atti di parte, la questione è discussa con riferimento alla configurazione che la sentenza impugnata ha dato della vicenda controversa, cioè quella di una retrocessione c.d. totale.Si tratta di una configurazione che il Collegio non condivide.Non è contestato che il P.E.E.P. di cui si tratta abbia avuto effettiva attuazione (l’appello del Comune richiama ripetutamente, a questo proposito, le affermazioni contenute alla pag. 2 del ricorso introduttivo delle controparti); sarebbero rimaste però inutilizzate le aree delle appellate, che pertanto ne chiedono la retrocessione.Senonché, quando l'espropriazione di uno o più beni rientri nell'ambito di una più vasta dichiarazione di pubblica utilità, come quella relativa a un piano di edilizia economica e popolare, l'effettiva esecuzione dell'opera pubblica o di interesse pubblico deve essere riferita all'intero complesso dei beni da quest'ultima interessati e non a singoli beni eventualmente rimasti inutilizzati allo scadere dell'efficacia di tale dichiarazione. Ne consegue che la mancata realizzazione di una o più delle opere previste dal piano, per le quali sia stato emesso il decreto di esproprio non fa sorgere il diritto alla retrocessione degli immobili a tal fine ablati, ma solo l'interesse legittimo all'accertamento della inservibilità dei beni, cui consegue il diritto alla restituzione (cfr. Cass. civ., sez. I, 29 novembre 2001, n. 15188).Queste notazioni non mutano quando - come nel caso in oggetto - i beni siano stati acquisiti dall’Amministrazione in forza non di un provvedimento espropriativo, ma di una cessione volontaria, venendo in tal caso in questione uno strumento che, sebbene formalmente negoziale, mantiene la connotazione di atto autoritativo, dato che il fine pubblico può essere perseguito anche attraverso la diretta negoziazione del provvedimento finale (appare inequivoco l’art. 45, comma 4, t.u., e la giurisprudenza è costante; da ultimo, v. Cons. Stato, sez. V, 20 agosto 2013, n. 4179, e ivi riferimenti ulteriori).E neppure mutano quando il carattere parziale della realizzazione dell’opera pubblica abbia concretamente escluso in toto le aree di cui i privati chiedano la restituzione. E’ ben vero che l’art. 47 t.u. parla di ”restituzione della parte del bene … che non sia stata utilizzata” (comma 1; e v. anche comma 3). E su questa dizione fa leva la difesa delle appellate, sottolineando l’area di proprietà di queste ultime sarebbe rimasta per intero inutilizzata. “Cosa sia avvenuto per le abitazioni da realizzare in zona P.E.E.P.” aggiunge “è, ai nostri fini, assolutamente irrilevante” (memoria di costituzione del 19 luglio 2006, pag. 10).Tuttavia, un’interpretazione razionale indice a porre il discrimine tra retrocessione totale e retrocessione parziale in termini, per così dire, oggettivi e non soggettivi. La differenza, cioè, non risiede nel presupposto – a ben vedere, casuale – che il bene del singolo privato non sia stato utilizzato in tutto o in parte, bensì piuttosto nella circostanza che l’opera pubblica o di pubblica utilità non sia stata realizzata o cominciata entro il termine di dieci anni (cfr. art. 46, comma 1, t.u.) ovvero realizzata entro tale termine, ma senza completa utilizzazione dei fondi espropriati.D’altronde, lo stesso art. 60 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 ricollegava la retrocessione a ciò, che, dopo l’esecuzione di un’opera di pubblica utilità, qualche fondo a tal fine acquistato non avesse ricevuto “in tutto o in parte” la preveduta destinazione. E nulla indica che l’art. 47 t.u., che degli artt. 60 e 61 della legge del 1865 ha preso il posto, in un nesso di sostanziale continuità, abbia inteso in qualche modo innovare sotto il profilo specifico.Da quanto sopra esposto deriva che:nella fattispecie, si verte in materia di retrocessione c.d. parziale;la giurisdizione appartiene al Giudice amministrativo;i privati sono titolari di un interesse legittimo;tale interesse deve essere fatto valere nel rispetto delle procedure previste dalla legge (artt. 60 e 61 della legge n. 2359 del 1865; in seguito, art. 47 t.u.), che hanno il loro fulcro nella dichiarazione - da parte del Prefetto prima e della Regione oggi - della inservibilità dei beni rispetto all’opera pubblica da compiere.Nulla di ciò è avvenuto nella presente controversia. Al contrario, il Comune ha depositato documenti (il nuovo P.R.G.) che - con riguardo a due delle tre particelle interessate (744 e 745; nulla si dice della 743) - attestano il permanere dell’interesse pubblico alla destinazione delle aree a parcheggio e viabilità.»

Sintesi: Nella riserva al Giudice Amministrativo della cognizione delle controversie nella materia espropriativa per gli interessi legittimi e per i diritti soggettivi, in base al disposto dell'art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - nel testo dapprima modificato dall'art. 7 della L. 205 del 2000 e poi "manipolato" dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004, vanno ricomprese tutte le ipotesi in cui si controverte sull'espropriazione di un bene, ovvero sulla inutilizzabilità di alcuno dei beni acquisiti.

Sintesi: A fronte di una asserita inutilizzazione solo parziale del terreno interessato dall'opera pubblica, la situazione soggettiva del privato è qualificabile in termini di interesse legittimo, non già di diritto soggettivo, in quanto il diritto alla retrocessione parziale nasce solo ed in quanto l'Amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione del privato è, appunto, di interesse legittimo), abbia dichiarato che quei fondi più non servono all'opera pubblica; manifesti sono, dunque, i profili legati all'esercizio di una pubblica funzione e al perseguimento dell'interesse pubblico, il che radica, anche sotto tale profilo, la giurisdizione davanti al G.A.

Estratto: «1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.47 del DPR n.327/2001, l’eccesso di potere e l’arbitrarietà.2. Il Collegio ritiene in primo luogo di evidenziare che la questione proposta è ricompresa nell'ambito della giurisdizione di questo Tribunale in base al disposto dell'art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - nel testo dapprima modificato dall'art. 7 della L. 205 del 2000 e poi "manipolato" dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 - che ha riservato al Giudice Amministrativo la cognizione delle controversie nella materia espropriativa per gli interessi legittimi e per i diritti soggettivi, in cui vanno ricompresse tutte le ipotesi in cui si controverte sull'espropriazione di un bene, ovvero sulla inutilizzabilità di alcuno dei beni acquisiti (TAR Abruzzo, 6.4.2001, n. 344; TAR Campania, Napoli, 15.5.2001, n.2102; TAR Piemonte, 21.12.2002, n.2099; 12.11.2003, n.1586). La giurisdizione sulla controversia in esame, inoltre, deve ritenersi radicata presso il G.A. non soltanto alla luce del citato art. 34, ma anche in considerazione del fatto che, a fronte di una asserita inutilizzazione solo parziale del terreno interessato dall'opera pubblica, la situazione soggettiva del privato è qualificabile in termini di interesse legittimo, non già di diritto soggettivo, in quanto il diritto alla retrocessione parziale nasce solo ed in quanto l'Amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione del privato è, appunto, di interesse legittimo) abbia dichiarato che quei fondi più non servono all'opera pubblica (Cass. SS. UU. 8 marzo 2006 n. 4894). Manifesti sono, dunque, i profili legati all'esercizio di una pubblica funzione e al perseguimento dell'interesse pubblico, il che radica, anche sotto tale profilo, la giurisdizione davanti al G.A. (TAR Toscana, 29.3.2004, n.876).»

Sintesi: La domanda di retrocessione totale spetta alla cognizione del giudice ordinario.

Estratto: «15. In una situazione come quella descritta, secondo quanto afferma la giurisprudenza della Suprema Corte, si determina una situazione di giuridica inutilizzabilità del bene che attribuisce al privato il diritto soggettivo di pretenderne la retrocessione totale, ai sensi dell’art. 63 della citata legge n. 2359 del 1865.
[...omissis...]

Sintesi: Secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidato, formatosi in vigenza dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e reiterato in relazione all'art. 46 del D.P.R. n. 327 del 2001, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato, sussistendo, in tale ipotesi di retrocessione un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario.

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell'espropriazione vanta un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.

Sintesi: Il criterio del riparto della giurisdizione, fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto o interesse legittimo) che assegna al giudice ordinario la domanda di retrocessione totale ex art. 63 della legge n. 2359 del 1865 e al giudice amministrativo quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità ex artt. 60 e 61 della legge n. 2359 del 1865, si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta.

Sintesi: Qualora le domande di retrocessione totale e parziale siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano applicazione i principi di logica processuale per cui, nella materia di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite o strettamente connesse aventi ad oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi.

Estratto: «2.2. Va, quindi, osservato, quanto alla giurisdizione, “che secondo l'orientamento giurisprudenziale consolidato, formatosi in vigenza dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e reiterato in relazione all'art. 46 del D.P.R. n. 327 del 2001, che riproduce nella sostanza il testo della disposizione della legge fondamentale sugli espropri, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall’amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell'ipotesi di retrocessione un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario (in tal senso, tra le tante, cfr. Cass., SS.UU., 5 giugno 2008 n. 14826, Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2008 n. 5956, 4 luglio 2008 n. 3342, 19 febbraio 2007 n. 874; 8 luglio 2003 n. 4057 nonché TAR Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2009 n. 2206 e TAR Veneto, Sez. I, 24 aprile 2009 n. 1254).Il proprietario espropriato, invero, nella fattispecie della retrocessione totale, è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati acquisiti al patrimonio disponibile dell'amministrazione espropriante allorché questa non abbia portato a compimento l'opera pubblica.Detta conclusione risulta confermata anche a seguito delle pronunce rese dalla Corte costituzionale in data 6 luglio 2004 n. 204 e 28 luglio 2004 n. 281 in relazione all'art. 34, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera b) della legge 21 luglio 2000 n. 205.Pertanto, per effetto di tali pronunce di incostituzionalità, le controversie in materia di diritto alla retrocessione totale ex art. 63 della legge n. 2359 del 1865, attualmente ex art. 46 del D.P.R. n. 327 del 2001, già pacificamente devolute all'Autorità giudiziaria ordinaria, devono nuovamente ritenersi estranee alla giurisdizione amministrativa.”.Al contrario, “sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell'espropriazione vanta un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.In argomento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 14805 del 24 giugno 2009, risolvendo un conflitto di giurisdizione tra il Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d'Appello di Napoli ed il Tribunale amministrativo regionale della Campania, ha affermato che in tema di retrocessione di beni espropriati, a seguito dell'introduzione della giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa da parte dell'art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e prima dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001, il criterio del riparto della giurisdizione, fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto o interesse legittimo) che assegna al giudice ordinario la domanda di retrocessione totale ex art. 63 della legge n. 2359 del 1865 e al giudice amministrativo quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità ex artt. 60 e 61 della legge n. 2359 del 1865, si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta.Qualora le stesse siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano invece applicazione i principi di logica processuale per cui, nella materia di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite o strettamente connesse aventi ad oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi. In tal caso logicamente prioritaria è la verifica dei presupposti della retrocessione parziale, ovvero dell'avvenuta realizzazione, anche parziale, dell'opera pubblica, in mancanza della quale il giudice amministrativo, rigettata la relativa domanda, deve estendere l'accertamento all'esistenza del diritto alla retrocessione totale, pronunciando anche sul risarcimento del danno da mancata utilizzazione del fondo, ai sensi dell'art. 35 del decreti legislativo n. 80 del 1998”.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice civile allorché sia chiesta in giudizio la retrocessione totale di un'area, in quanto viene rivendicato il diritto soggettivo del privato alla restituzione dell'immobile inutilmente trasferito al soggetto pubblico; infatti, in caso di retrocessione ex art. 63 della legge n. 2359/1865, il proprietario è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che lo abilita ad agire innanzi al giudice ordinario, e non al T.A.R., per chiedere la pronuncia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del bene espropriato.

Estratto: «L’eccezione di giurisdizione formulata dal Comune resistente è fondata.Invero, secondo il costante orientamento giurisprudenziale, al quale il Collegio ritiene di aderire, sussiste la giurisdizione del giudice civile allorché sia chiesta in giudizio la retrocessione totale di un'area, in quanto viene rivendicato il diritto soggettivo del privato alla restituzione dell'immobile inutilmente trasferito al soggetto pubblico; infatti, in caso di retrocessione ex art. 63 della legge n. 2359/1865, il proprietario è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che lo abilita ad agire innanzi al giudice ordinario, e non al T.A.R., per chiedere la pronuncia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del bene espropriato (Cons. Stato, IV, 4/7/2008, n. 3342; TAR Venezia, I, 24/4/2009, n. 1254; TAR Lazio, Latina, I, 24/1/2011, n. 37; TAR Lazio, Roma, II, 4/2/2011, n. 1034; TAR Toscana, I, 6/11/2006, n. 5079).»

Sintesi: Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall'Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell'ipotesi di retrocessione totale un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario.

Estratto: «Con riferimento all’azione proposta dagli altri ricorrenti, il Collegio, in adesione alla corrispondente eccezione sollevata dalla difesa della resistente Amministrazione, deve dichiarare il proprio difetto di giurisdizione.Rientra, difatti, nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall'Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell'ipotesi di retrocessione totale un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario. Il proprietario espropriato, invero, nella fattispecie della retrocessione totale, è titolare di uno "ius ad rem" di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati acquisiti al patrimonio disponibile dell'Amministrazione espropriante allorché questa non abbia portato a compimento l'opera pubblica o il bene espropriato non risulti utilizzato per la realizzazione della stessa.»

Sintesi: La retrocessione parziale rientra nella sfera cognitiva e decisoria del giudice amministrativo.

Estratto: «B.2. La sig. G. ha peraltro chiesto "la retrocessione totale della proprietà espropriata e non utilizzata del sig. Diego Castoro" (pari a mq 3322 della particella 385 al foglio 185).In riferimento a tale azione si pone una questione di giurisdizione, visto che le Sezioni unite della Cassazione, comunemente richiamate nelle sentenze amministrative che si sono occupate della materia, hanno affermato che "in caso di retrocessione totale gli espropriati sono titolari di uno ius ad rem di carattere potestativo a contenuto patrimoniale, che consente loro di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati" (sentenza 5 giugno 2008 n. 14826).Tale conclusione invero dovrebbe essere verificata alla luce del disposto dell'articolo 133, primo comma, lettera g), del decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 sia perché, in radice, l'attribuzione alla giurisdizione esclusiva esclude l'operatività del criterio di riparto fondato sulla causa petendi sia perché il lato riferimento ad "atti… riconducibili, anche mediatamente, all'esercizio di un pubblico potere, delle pubbliche amministrazioni in materia di espropriazione per pubblica utilità", con la sola espressa eccezione delle controversie "riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità" induce a riflettere sul legame, anche mediato, tra la retrocessione e il precedente decreto di espropriazione.Nella fattispecie concreta, però, la questione può essere trascurata, poiché la richiesta avanzata in ricorso deve essere ricondotta nell'alveo della retrocessione parziale, rientrante indubbiamente nella sfera cognitiva e decisoria del giudice amministrativo (di recente: T.A.R. Marche, 9 marzo 2012, n. 181, T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. II, 19 giugno 2012, n. 1081).È pacifico in giurisprudenza che la retrocessione sia "parziale" quando, pur essendo stata eseguita l'opera pubblica o di pubblica utilità, emerga che uno o più fondi espropriati non hanno ricevuto, in tutto o in parte, la prevista destinazione. È necessario, dunque, che l'opera o l'intervento dichiarato di pubblica utilità sia stato parzialmente realizzato, ma lasciando inutilizzati (in tutto o in parte) dei terreni già di proprietà privata che, dunque, in ragione di ciò possono essere chiesti in restituzione, previa dichiarazione di inservibilità (in concreto riscontrabile nella delibera consiliare 10 febbraio 2010 n. 30, non smentita da fatti o atti successivi) (T. A. R. Emilia Romagna, Parma, 15 maggio 2008, n. 241; T.A.R. Campania, Salerno, Sez. II, 23 marzo 2012, n. 536).L’esame della documentazione in atti (in particolare del decreto di espropriazione del Sindaco di Altamura datato 3 novembre 1983) e le stesse deduzioni delle parti evidenziano come il provvedimento ablativo incidente sulla proprietà del sig. Castoro s'inquadrasse in un’espropriazione coinvolgente una serie di ditte e di terreni compresi nel piano di zona "167" e fosse finalizzato all'attuazione di un programma costruttivo di edilizia pubblica nel comprensorio “Via Selva", settori S1 e S2, programma che deve presumersi realizzato. Infatti, la stessa ricorrente afferma che le particelle 2767 e 3031 (riguardo alle quali, come già visto, ha chiesto il risarcimento degli danni "per l'avvenuta occupazione illegittima ed illegittima trasformazione di altro suolo") sono state "oggetto di effettiva edificazione da parte dello IACP di Bari" (pagina 4 del ricorso).»

Sintesi: Rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato dall’Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, in quanto si configura in tale ipotesi un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene, mentre sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande giudiziali aventi ad oggetto la retrocessione parziale, perché in tale situazione il proprietario vanta un mero interesse legittimo all’accertamento dell’inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.

Estratto: «Dispone l’art. 46 del d.P.R. n. 327 del 2001, in tema di «retrocessione totale», che “se l’opera pubblica o di pubblica utilità non è stata realizzata o cominciata entro il termine di dieci anni … ovvero se risulta anche in epoca anteriore l’impossibilità della sua esecuzione, l’espropriato può chiedere … che siano disposti la restituzione del bene espropriato e il pagamento di una somma a titolo di indennità”, mentre il successivo art. 47, in tema di «retrocessione parziale», dispone che “quando è stata realizzata l’opera pubblica o di pubblica utilità, l’espropriato può chiedere la restituzione della parte del bene, già di sua proprietà, che non sia stata utilizzata. In tal caso, il soggetto beneficiario della espropriazione … indica i beni che non servono all’esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità e che possono essere ritrasferiti, nonché il relativo corrispettivo”. Precisato che l’applicazione dell’istituto della retrocessione non resta inibita dal fatto che il suolo sia stato ceduto volontariamente nell’ambito della procedura ablatoria anziché acquisito alla mano pubblica a mezzo di decreto di espropriazione, come codificato ora dall’art. 45 del d.P.R. n. 327 del 2001 ma già previsto dalla disciplina previgente (v., tra le altre, TAR Emilia-Romagna, Parma, 15 maggio 2008 n. 241), la giurisprudenza ha ripetutamente affermato – sia con riferimento alla pregressa normativa di cui alla legge n. 2359 del 1865 sia con riferimento alla sopraggiunta normativa di cui al d.P.R. n. 327 del 2001 – che rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario le controversie aventi ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato dall’Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, in quanto si configura in tale ipotesi un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene, e che, invece, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande giudiziali aventi ad oggetto la retrocessione parziale, perché in tale situazione il proprietario vanta un mero interesse legittimo all’accertamento dell’inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate (v., ex multis, TAR Lazio, Sez. II, 4 febbraio 2011 n. 1034; TAR Toscana, Sez. III, 15 luglio 2011 n. 1201), riparto di giurisdizione rimasto inalterato anche in presenza delle nuove forme di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa quali risultanti dalla ridefinizione del loro ambito di operatività effettuata dalle pronunce della Corte costituzionale n. 204/2004 e n. 191/2006, ed ora recepite nelle ipotesi di cui all’art. 133, lett. f) e g), cod.proc.amm. (v. TAR Lazio, Latina, 24 gennaio 2011 n. 37). Nella circostanza, invero, pur invocando la giurisdizione del giudice amministrativo nell’assunto che l’implicita dichiarazione di inservibilità dell’area accrediterebbe la riconducibilità del caso alla fattispecie (retrocessione parziale) in cui l’Amministrazione valuta discrezionalmente se permangono ragioni di pubblico interesse per l’ulteriore conservazione del bene residuo, resta decisivo e assorbente di ogni altra considerazione – ad avviso del Collegio – il rilievo che la domanda di restituzione investe l’intera area a suo tempo ceduta all’Amministrazione comunale, e ciò nel dichiarato presupposto che non si è realizzata, neppure in parte, l’opera cui era preordinata l’espropriazione (in data 26 luglio 2012 è stata anche depositata dal ricorrente una perizia giurata ad ulteriore sostegno della tesi della mai avvenuta esecuzione dell’intervento relativo al verde pubblico attrezzato). L’azione esperita, quindi, non può che qualificarsi – al di là del nomen iuris utilizzato – come azione di retrocessione totale dell’area per mancata attuazione della prevista opera di pubblica utilità, posto che, se fosse fondata la domanda giudiziale, il ricorrente avrebbe titolo al ritrasferimento del bene quale era stato a suo tempo ceduto, secondo lo schema di cui all’art. 46 del d.P.R. n. 327 del 2001. Donde l’ascrivibilità della questione alla giurisdizione del giudice ordinario, chiamato a vagliare la sussistenza di tutti i presupposti della “retrocessione totale”, anche per quanto attiene alla qualificazione giuridica della cessione dell’area in precedenza intervenuta.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del G.A. in ipotesi di retrocessione parziale.

Estratto: «Deve essere preliminarmente affermata la giurisdizione di questo Tribunale, atteso che, alla luce della documentazione prodotta, la domanda di parte ricorrente può essere qualificata come di retrocessione parziale. È pacifico in giurisprudenza che la retrocessione sia “parziale” ogni volta che il soggetto espropriato richieda, in tutto o in parte, la retrocessione dei beni espropriatigli per la realizzazione di un’opera pubblica che sia stata solo parzialmente realizzata. È necessario, dunque, che l’opera o l’intervento dichiarato di pubblica utilità sia stato parzialmente realizzato, ma lasciando inutilizzati (in tutto o in parte) dei terreni già di proprietà privata che, dunque, in ragione di ciò possono essere chiesti in restituzione, previa dichiarazione di inservibilità ad opera del soggetto beneficiario della espropriazione o, in caso di inerzia dello stesso, dell’autorità che ha emesso il decreto di esproprio. È pur vero che, nel caso in esame, è la stessa ricorrente ad affermare che “le aree espropriate risultano ancora libere ed inutilizzate, oltre che in evidente stato di degrado e di abbandono” e ciò potrebbe fare pensare ad un’ipotesi di retrocessione totale, in quanto le opere la cui realizzazione era prevista sulla proprietà dei sig.ri Averoldi non sono mai state nemmeno iniziate. Ciononostante, un più approfondito esame della documentazione in atti evidenzia come dette opere facessero parte di un più ampio e complesso piano particolareggiato, denominato “Mocasina”. Se, dunque, per verificare se ci si trovi in presenza di un’ipotesi di retrocessione totale o parziale è necessario fare riferimento alla dichiarazione di pubblica utilità che ha condotto all’esproprio, per verificare se le opere oggetto di tale dichiarazione siano state completamente omesse ovvero siano state realizzate solo in parte, nel caso di specie si deve fare riferimento al complesso delle opere pubbliche previste dal piano particolareggiato “Mocasina”, le quali risultano realizzate, anche se non con riferimento a quegli impianti sportivi la cui esecuzione era prevista sulla proprietà Averoldi.»

Sintesi: Il diritto alla retrocessione parziale, che radica la giurisdizione del giudice ordinario, nasce solo se, con determinazione provvedimentale discrezionale, l’amministrazione abbia dichiarato che i beni non servono alla realizzazione dell’opera pubblica. In assenza, in merito al silenzio della P.A. a fronte di istanza di retrocessione parziale, sussiste la giurisdizione del G.A.

Estratto: «Preliminarmente, dev’essere vagliata la questione di giurisdizione, sollevata in sede di discussione, alla camera di consiglio del 6 luglio 2011, dalla difesa dell’amministrazione comunale.L’art. 47, del T.U. dell’espropriazione, prevede che:“1. Quando è stata realizzata l'opera pubblica o di pubblica utilità, l'espropriato può chiedere la restituzione della parte del bene, già di sua proprietà, che non sia stata utilizzata. In tal caso, il soggetto beneficiario della espropriazione, con lettera raccomandata con avviso di ricevimento, trasmessa al proprietario ed al Comune nel cui territorio si trova il bene, indica i beni che non servono all'esecuzione dell'opera pubblica o di pubblica utilità e che possono essere ritrasferiti, nonché il relativo corrispettivo.2. Entro i tre mesi successivi, l'espropriato invia copia della sua originaria istanza all'autorità che ha emesso il decreto di esproprio e provvede al pagamento della somma, entro i successivi trenta giorni.3. Se non vi è l'indicazione dei beni, l'espropriato può chiedere all'autorità che ha emesso il decreto di esproprio di determinare la parte del bene espropriato che non serve più per la realizzazione dell'opera pubblica o di pubblica utilità.”La situazione giuridica soggettiva di cui è titolare il proprietario espropriato rispetto all’esercizio del potere previsto dall’art. 47 del T.U. n° 327/2001 è di interesse legittimo, rientrando la valutazione di inservibilità dei beni residui nella sfera della discrezionalità amministrativa.Il diritto alla retrocessione parziale, che radica la giurisdizione del giudice ordinario, nasce solo se, con determinazione provvedimentale discrezionale, l’amministrazione abbia dichiarato che i beni non servono alla realizzazione dell’opera pubblica.Il proprietario non è titolare di una situazione di diritto soggettivo finché non sia intervenuta la dichiarazione di inservibilità di cui all’art. 47 del d.P.R. n° 327/2001.Nel caso in esame, non essendo intervenuta la dichiarazione di inutilizzabilità dei beni di cui si controverte, i ricorrenti non sono titolari di diritto soggettivo alla retrocessione parziale, azionabile davanti al giudice ordinario.Va, pertanto, affermata, ai sensi dell’art. 7 e dell’art. 133, comma primo, lett. g) del codice del processo amministrativo, la giurisdizione del giudice amministrativo in ordine all’odierna controversia, concernente il mancato esercizio del potere contemplato dall’art. 47 del T.U. N° 327/2001.»

Sintesi: Tanto in caso di domanda di retrocessione totale, quanto in ipotesi di domanda di retrocessione parziale, la giurisdizione spetta al giudice amministrativo per le cause iniziate dopo l'entrata in vigore della L. n. 2005 del 2000 e sino all'entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001.

Estratto: «Venendo a trattare dell'appello incidentale condizionato proposto dai F., concernente la domanda subordinata di retrocessione degli immobili di via S. n. 9, ritiene la Corte che trattasi di domanda rientrante nella giurisdizione del giudice amministrativo (Cass., sez. un. 14805/2009).Le Sezioni Unite hanno infatti stabilito che tanto in caso di domanda di retrocessione totale, quanto in ipotesi di domanda di retrocessione parziale, la giurisdizione spetti comunque al giudice amministrativo per le cause iniziate dopo l'entrata in vigore della L. n. 2005 del 2000 e sino all'entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001.Essendo la L. n. 205 del 2000 entrata in vigore il 10/8/2000, la domanda in esame - introdotta con atto di citazione notificato l'1/12/2000 - rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo.»

Sintesi: In tema di retrocessione di beni espropriati, il criterio di riparto della giurisdizione - fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto od interesse legittimo), che assegna al G.O. la domanda di retrocessione totale ex art. 63 l. n. 2359 del 1865 ed al G.A. quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità ex art. 60 e 61 l. n. 2359 cit., si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta.

Sintesi: Qualora le domande di retrocessione totale e parziale siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano applicazione i principi di logica processuale per cui, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause unite e/o strettamente connesse aventi od oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del g.o., limitate ai diritti soggettivi.

Estratto: «2. In via pregiudiziale, sussiste la giurisdizione del giudice adito; è sufficiente richiamare il recente arresto della Suprema Corte (Cass., sez. un., 24 giugno 2009, n. 14805), alla cui stregua, in tema di retrocessione di beni espropriati, a seguito dell’introduzione della giurisdizione amministrativa esclusiva in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa da parte dell'art. 34 d.lgs. n. 80 del 1998 e prima dell’entrata in vigore d.P.R. n. 327 del 2001, il criterio di riparto della giurisdizione - fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto od interesse legittimo), che assegna al G.O. la domanda di retrocessione totale art. 63 l. n. 2359 del 1865 ed al G.A. quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità art. 60 e 61 l. n. 2359 cit., si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta; qualora le stesse, come nel caso di specie, siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano invece applicazione i principi di logica processuale per cui, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause unite e/o strettamente connesse aventi od oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del g.o., limitate ai diritti soggettivi.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice civile allorché sia chiesta in giudizio la retrocessione totale di un’area; ciò in quanto in tale ipotesi il proprietario è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che lo abilita ad agire innanzi al giudice ordinario, e non al T.A.R., per chiedere la pronuncia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del bene espropriato.

Estratto: «Con l’ultima censura, posta a sostegno della richiesta di retrocessione dell’area ai sensi dell’art. 63 della legge n. 2359/1865, l’istante afferma che la scadenza del termine finale dei lavori e la mancata tempestiva realizzazione dell’opera costituiscono i presupposti per la retrocessione totale, anche ai fini della quale si rende necessaria la declaratoria di avvenuta decadenza della dichiarazione di pubblica utilità.La suddetta domanda è inammissibile per difetto di giurisdizione (sono quindi fondati i dubbi sulla giurisdizione al riguardo manifestati, con memoria di replica depositata in giudizio il 9/4/2011, da Autostrade per l’Italia s.p.a.).Secondo il costante orientamento giurisprudenziale, al quale il Collegio ritiene di aderire, sussiste la giurisdizione del giudice civile allorché sia chiesta in giudizio la retrocessione totale di un’area, in quanto viene rivendicato il diritto soggettivo del privato alla restituzione dell’immobile inutilmente trasferito al soggetto pubblico; infatti, in caso di retrocessione ex art. 63 della legge n. 2359/1865, il proprietario è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che lo abilita ad agire innanzi al giudice ordinario, e non al T.A.R., per chiedere la pronuncia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione del bene espropriato (Cons. Stato, IV, 4/7/2008, n. 3342; TAR Venezia, I, 24/4/2009, n. 1254; TAR Lazio, Latina, I, 24/1/2011, n. 37; TAR Lazio, Roma, II, 4/2/2011, n. 1034; TAR Toscana, I, 6/11/2006, n. 5079).»

Sintesi: Della retrocessione parziale conosce il GA; ciò non soltanto alla luce del citato art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - nel testo dapprima modificato dall'art. 7 della L. 205 del 2000 e poi "manipolato" dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 ma anche in considerazione del fatto che, a fronte di una asserita inutilizzazione solo parziale del terreno interessato dall'opera pubblica, la situazione soggettiva del privato è qualificabile in termini di interesse legittimo, non già di diritto soggettivo.

Estratto: «1.Con il ricorso in esame parte ricorrente lamenta la violazione dell’art.43 Cost., dell’art.66 della Legge n.2359/1865, dell’art.34 del Decr. Legisl. n.80/1998, dell’art.7 della Legge n.205/2000, nonché l’eccesso di potere.2. Il Collegio ritiene in primo luogo di evidenziare che la questione proposta è ricompresa nell'ambito della giurisdizione di questo Tribunale in base al disposto dell'art. 34 del D. Lgs. 31 marzo 1998 n. 80 - nel testo dapprima modificato dall'art. 7 della L. 205 del 2000 e poi "manipolato" dalla nota sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 - che ha riservato al Giudice Amministrativo la cognizione delle controversie nella materia espropriativa per gli interessi legittimi e per i diritti soggettivi, in cui vanno ricompresse tutte le ipotesi in cui si controverte sull'espropriazione di un bene, ovvero sulla inutilizzabilità di alcuno dei beni acquisiti (TAR Abruzzo, 6.4.2001, n. 344; TAR Campania, Napoli, 15.5.2001, n.2102; TAR Piemonte, 21.12.2002, n.2099; 12.11.2003, n.1586). La giurisdizione sulla controversia in esame, inoltre, deve ritenersi radicata presso il G.A. non soltanto alla luce del citato art. 34, ma anche in considerazione del fatto che, a fronte di una asserita inutilizzazione solo parziale del terreno interessato dall'opera pubblica, la situazione soggettiva del privato è qualificabile in termini di interesse legittimo, non già di diritto soggettivo, in quanto il diritto alla retrocessione parziale nasce solo ed in quanto l'Amministrazione, con valutazione discrezionale (al cospetto della quale la posizione del privato è, appunto, di interesse legittimo) abbia dichiarato che quei fondi più non servono all'opera pubblica (Cass. SS. UU. 8 marzo 2006 n. 4894). Manifesti sono, dunque, i profili legati all'esercizio di una pubblica funzione e al perseguimento dell'interesse pubblico, il che radica, anche sotto tale profilo, la giurisdizione davanti al G.A. (TAR Toscana, 29.3.2004, n.876).»

Sintesi: A seguito della dichiarazione di inservibilità (espressa o comunque implicita), la posizione sostanziale del proprietario espropriato si converte in diritto soggettivo potestativo alla retrocessione (c.d. ius ad rem) tutelabile innanzi al G.O.

Estratto: «- che per giurisprudenza consolidata, nel caso di espropriazione di più immobili appartenenti a diversi proprietari o di più porzioni di immobili appartenenti al medesimo titolare, ai fini della retrocessione delle aree eventualmente rimaste inutilizzate, la valutazione dell'effettiva esecuzione dell'opera pubblica o di interesse pubblico deve essere compiuta con riferimento all'intero complesso dei beni interessati dalla dichiarazione di pubblica utilità, con la conseguenza che, quando l'opera programmata non abbia poi in concreto riguardato qualcuno di tali fondi o porzioni (anche se coincidenti con l’intera superficie espropriata in danno di un singolo proprietario) ma sia stata comunque eseguita anche se in termini ridotti, la loro mancata utilizzazione non fa sorgere il diritto alla retrocessione, direttamente tutelabile avanti al giudice ordinario, vantando il proprietario della o delle aree non utilizzate un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità dei beni, cui soltanto consegue il diritto alla restituzione (Cassazione civile , sez. un., 11 novembre 2009, n. 23823, id. 29 novembre 2000 n.1231, T.A.R. Puglia Lecce III 15 gennaio 2010 n.169, T.A.R. Emilia-Romagna Bologna sez I, 20 marzo 1998, n.125);- che, pertanto, l’utilizzo soltanto di una parte dei suoli di cui alla dichiarazione di pubblica utilità derivante da un P.I.P., poi decaduto, determina nei confronti dei proprietari dei suoli rimasti inutilizzati anche se coincidente con l’intera superficie espropriata in loro danno, una posizione di interesse legittimo alla retrocessione parziale, consistente nell’accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate, da tutelarsi nelle forme del silenzio-rifiuto di cui all’art. 117 c.p.a., (già art 21-bis l.1034/1971), venendo in rilievo la scelta discrezionale dell’Amministrazione al mantenimento della parte residua per ragioni di pubblico interesse (ex multis T.A.R. Lazio Latina 2 luglio 2010 n.1044, T.A.R. Puglia Bari sez I 17 agosto 2010, n.3401);- che come prospettato dalla difesa delle ricorrenti, tale dichiarazione di inservibilità della porzione di bene non utilizzata, deve essere richiesta dai soggetti interessati e formare oggetto di formale espressa dichiarazione (C.G.A.S. 28 dicembre 2005 n.983) la quale può però essere anche implicita, in base a comportamenti o attività sintomatiche della definitiva decisione di non utilizzare quella parte dei beni per l’opera pubblica, come nelle deliberazioni con cui l’Autorità espropriante destini a vendita o a permuta i suddetti fondi per scopi diversi dalle programmate iniziative di tipo industriale e relative infrastrutture (Cassazione civile, sez. un. 5 giugno 2008, n. 14826, T.A.R. Puglia Lecce III 15 gennaio 2010, n.169);- che una volta ammessa tale manifestazione di potestà implicita, dalla dichiarazione di inservibilità (espressa o comunque implicita), la posizione sostanziale del proprietario espropriato si converte in diritto soggettivo potestativo alla retrocessione (c.d. ius ad rem) tutelabile inanzi al G.O. (ex multis Cassazione sez unite 8 marzo 2006 n.4894, id. 5 giugno 2008, n.14826, id. sez I 7 agosto 2001, n.10894, Consiglio di Stato sez IV, 4 luglio 2008, n.3342, T.A.R. Lazio Latina 4 luglio 2007 n.478)»

Sintesi: L’istituto della c.d. retrocessione totale sussiste allorché l’opera di cui si è dichiarata la pubblica utilità non sia stata eseguita e siano scaduti i termini per la sua esecuzione; in tali ipotesi, il proprietario ha un diritto soggettivo alla restituzione dei terreni espropriatigli, tutelabile avanti all’a.g.o. a cui spetta anche determinare il corrispettivo del trasferimento.

Estratto: «Secondo la costante giurisprudenza della Suprema Corte, “l’istituto della c.d. retrocessione totale sussiste allorché l’opera di cui si è dichiarata la pubblica utilità non sia stata eseguita e siano scaduti i termini per la sua esecuzione; in tali ipotesi, il proprietario ha un diritto soggettivo alla restituzione dei terreni espropriatigli, tutelabile avanti all’a.g.o. a cui spetta anche determinare il corrispettivo del trasferimento” (Cass., SS.UU., 24.6.2009, n. 14805; id., 5.6.2008, n. 14826; id., 8.3.2006, n. 4894).»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell'espropriazione vanta un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.

Estratto: «5. - Al contrario, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell'espropriazione vanta un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.In argomento le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 14805 del 24 giugno 2009, risolvendo un conflitto di giurisdizione tra il Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d'Appello di Napoli ed il Tribunale amministrativo regionale della Campania, ha affermato che in tema di retrocessione di beni espropriati, a seguito dell'introduzione della giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia ed espropriativa da parte dell'art. 34 del decreto legislativo n. 80 del 1998 e prima dell'entrata in vigore del D.P.R. n. 327 del 2001, il criterio del riparto della giurisdizione, fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto o interesse legittimo) che assegna al giudice ordinario la domanda di retrocessione totale ex art. 63 della legge n. 2359 del 1865 e al giudice amministrativo quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità ex artt. 60 e 61 della legge n. 2359 del 1865, si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta.Qualora le stesse siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano invece applicazione i principi di logica processuale per cui, nella materia di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite o strettamente connesse aventi ad oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi. In tal caso logicamente prioritaria è la verifica dei presupposti della retrocessione parziale, ovvero dell'avvenuta realizzazione, anche parziale, dell'opera pubblica, in mancanza della quale il giudice amministrativo, rigettata la relativa domanda, deve estendere l'accertamento all'esistenza del diritto alla retrocessione totale, pronunciando anche sul risarcimento del danno da mancata utilizzazione del fondo, ai sensi dell'art. 35 del decreti legislativo n. 80 del 1998.»

Sintesi: Qualora le domande di retrocessione totale e parziale siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano applicazione i principi di logica processuale per cui, nella materia di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite o strettamente connesse aventi ad oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi.

Estratto: «5. - Al contrario, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell'espropriazione vanta un mero interesse legittimo all'accertamento dell'inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.
[...omissis: vedi sopra...]

Sintesi: Rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall'Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell'ipotesi di retrocessione un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario.

Estratto: «3. – Preliminarmente il Collegio deve scrutinare la questione di giurisdizione in ordine alla domanda proposta dalle ricorrenti.Anzitutto occorre individuare la normativa applicabile al caso di specie. E’ vero che la procedura espropriativa fu avviata precedentemente all’entrata in vigore del D.P.R. 8 giugno 2001 n. 327 (testo unico delle espropriazioni), purtuttavia la questione sottoposta all’esame del Collegio ha ad oggetto la retrocessione dei beni non espropriati, procedura (nuova rispetto a quella espropriativa ormai conclusa e) mai avviata dall’Ente competente a farlo per come lamentato dalle ricorrenti proprio con l’azione proposta in questa sede: quindi la controversia è disciplinata ratione temporis dal D.P.R. n. 327 del 2001.Quest’ultimo, in materia di retrocessione, stabilisce:- all'art. 46 (retrocessione totale) che "Se l'opera pubblica non è stata realizzata o cominciata entro il termine di dieci anni, decorrente dalla data in cui è stato eseguito il decreto di esproprio, ovvero se risulta anche in epoca anteriore l'impossibilità della sua esecuzione, l'espropriato può chiedere che sia accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e che siano disposti la restituzione del bene espropriato e il pagamento di una somma a titolo di indennità";- al successivo art. 47 (retrocessione parziale) che "Quando è stata realizzata l'opera pubblica o di pubblica utilità, l'espropriato può chiedere la restituzione della parte del bene, già di sua proprietà, che non sia stata utilizzata. In tal caso il soggetto beneficiario dell'espropriazione (...) indica i beni che non servono all'esecuzione (...) e che possono essere trasferiti, nonché il relativo corrispettivo".4. - Va, quindi, osservato, quanto alla giurisdizione, che secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato, formatosi in vigenza dell'art. 63 della legge 25 giugno 1865 n. 2359 e reiterato in relazione all'art. 46 del D.P.R. n. 327 del 2001, che riproduce nella sostanza il testo della disposizione della legge fondamentale sugli espropri, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall'Amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell'ipotesi di retrocessione un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario (in tal senso, tra le tante, cfr. Cass., SS.UU., 5 giugno 2008 n. 14826, Cons. Stato, Sez. IV, 4 dicembre 2008 n. 5956, 4 luglio 2008 n. 3342, 19 febbraio 2007 n. 874; 8 luglio 2003 n. 4057 nonché TAR Campania, Napoli, Sez. V, 29 aprile 2009 n. 2206 e TAR Veneto, Sez. I, 24 aprile 2009 n. 1254).Il proprietario espropriato, invero, nella fattispecie della retrocessione totale, è titolare di uno ius ad rem di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati acquisiti al patrimonio disponibile dell'amministrazione espropriante allorché questa non abbia portato a compimento l'opera pubblica.Detta conclusione risulta confermata anche a seguito delle pronunce rese dalla Corte costituzionale in data 6 luglio 2004 n. 204 e 28 luglio 2004 n. 281 in relazione all'art. 34, comma 1, del decreto legislativo 31 marzo 1998 n. 80, come sostituito dall'art. 7, lettera b) della legge 21 luglio 2000 n. 205.Pertanto, per effetto di tali pronunce di incostituzionalità, le controversie in materia di diritto alla retrocessione totale ex art. 63 della legge n. 2359 del 1865, attualmente ex art. 46 del D.P.R. n. 327 del 2001, già pacificamente devolute all'Autorità giudiziaria ordinaria, devono nuovamente ritenersi estranee alla giurisdizione amministrativa.»

Sintesi: Anche alla luce delle sentenze della Corte costituzionale in data 6 luglio 2004, n. 204 e 28 luglio 2004, n. 281, le controversie in materia di diritto alla retrocessione totale ex art. 63 della l. n. 2359 del 1865, attualmente ex art. 46 del d.p.r. n. 327 del 2001, già pacificamente devolute all’autorità giudiziaria ordinaria, devono nuovamente ritenersi estranee alla giurisdizione amministrativa.

Sintesi: Sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell’espropriazione vanta un mero interesse legittimo all’accertamento dell’inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.

Sintesi: Il criterio del riparto della giurisdizione, fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto o interesse legittimo) che assegna al giudice ordinario la domanda di retrocessione totale e al giudice amministrativo quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità, si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta. Qualora le stesse siano proposte congiuntamente ed alternativamente, la giurisdizione spetta al G.A., il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi.

Estratto: «Così riassunte le posizioni delle parti e prima di affrontare la questione sulla giurisdizione, va precisato che la controversia è disciplinata ratione temporis dal d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327 (testo unico delle espropriazioni).L’art. 46 (retrocessione totale) stabilisce che “Se l’opera pubblica non è stata realizzata o cominciata entro il termine di dieci anni, decorrente dalla data in cui è stato eseguito il decreto di esproprio, ovvero se risulta anche in epoca anteriore l’impossibilità della sua esecuzione, l’espropriato può chiedere che sia accertata la decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e che siano disposti la restituzione del bene espropriato e il pagamento di una somma a titolo di indennità”.Il successivo art. 47 (retrocessione parziale) stabilisce che “Quando è stata realizzata l’opera pubblica o di pubblica utilità, l’espropriato può chiedere la restituzione della parte del bene, già di sua proprietà, che non sia stata utilizzata. In tal caso il soggetto beneficiario dell’espropriazione…indica i beni che non servono all’esecuzione …e che possono essere trasferiti, nonché il relativo corrispettivo”.Va, quindi, osservato, quanto alla giurisdizione, che secondo orientamento giurisprudenziale consolidato, formatosi in vigenza dell’art. 63 della l. n. 2359 del 1865 e reiterato in relazione all’art. 46 del d.p.r. n. 327 del 2001, che riproduce nella sostanza il testo della disposizione della legge fondamentale sugli espropri, rientra nella giurisdizione del giudice ordinario la controversia avente ad oggetto la retrocessione totale del bene espropriato e non utilizzato nei termini dall’amministrazione per lo scopo per il quale il provvedimento ablatorio era stato adottato, sussistendo nell’ipotesi di retrocessione un vero e proprio diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene inutilmente espropriato, come tale tutelabile davanti al giudice ordinario (in tal senso, tra le tante, cfr. Cons. Stato, sez. IV, 4 dicembre 2008, n. 5956; IV, 4 luglio 2008, n. 3342; IV, 19 febbario 2007, n. 874; 8 luglio 2003, n. 4057; Cass. Sez. unite, 5 giugno 2008, n. 14826; TAR Campania, Napoli, sez. V, 29 aprile 2009, n. 2206; TAR Veneto, sez. I, 24 aprile 2009, n. 1254; TAR Puglia, Bari, II, n. 2742 del 2005). Il proprietario espropriato, invero, nella fattispecie della retrocessione totale, è titolare di uno “ius ad rem” di carattere potestativo di contenuto patrimoniale, che gli consente di agire dinanzi al giudice ordinario per chiedere la pronunzia di decadenza della dichiarazione di pubblica utilità e la restituzione dei beni espropriati acquisiti al patrimonio disponibile dell’amministrazione espropriante allorché questa non abbia portato a compimento l’opera pubblica.Detta conclusione risulta confermata anche a seguito delle pronunce rese dalla Corte costituzionale in data 6 luglio 2004, n. 204 e 28 luglio 2004, n. 281 in relazione all’art. 34, comma 1, del d. lgv. 31 marzo 1998, n. 80, come sostituito dall’art. 7, lettera b) della l. 21 luglio 2000, n. 205. Pertanto, per effetto di tali pronunce di incostituzionalità, le controversie in materia di diritto alla retrocessione totale ex art. 63 della l. n. 2359 del 1865, attualmente ex art. 46 del d.p.r. n. 327 del 2001, già pacificamente devolute all’autorità giudiziaria ordinaria, devono nuovamente ritenersi estranee alla giurisdizione amministrativa (in tal senso, cfr., TAR Puglia, Bari, II, n. 2742 del 2005).Al contrario, sussiste la giurisdizione del giudice amministrativo, sulle domande aventi ad oggetto la retrocessione parziale perché, in tal caso, il soggetto beneficiario dell’espropriazione vanta un mero interesse legittimo all’accertamento dell’inservibilità delle aree espropriate ma non interamente utilizzate.Quanto alla sentenza della Cassazione sez. unite n. 14805 del 24 giugno 2009, invocata da entrambe le parti in causa a sostegno delle rispettive ed opposte tesi sulla giurisdizione, essa, risolvendo un conflitto di giurisdizione tra il Tribunale regionale delle acque pubbliche presso la Corte d’Appello di Napoli e la decisione del Tribunale amministrativo regionale della Campania, ha affermato che in tema di retrocessione di beni espropriati, a seguito dell’introduzione della giurisdizione esclusiva in materia urbanistico – edilizia ed espropriativa da parte dell’art. 34 del d. lgv. n. 80 del 1998 e prima dell’entrata in vigore del d.p.r. n. 327 del 2001, il criterio del riparto della giurisdizione, fondato sulla natura della posizione soggettiva lesa (diritto o interesse legittimo) che assegna al giudice ordinario la domanda di retrocessione totale ex art. 63 della l. n. 2359 del 1865 e al giudice amministrativo quella di retrocessione parziale anteriore alla dichiarazione di inservibilità ex artt. 60 e 61 della l. n. 2359 del 1865, si applica solo se ciascuna domanda venga autonomamente proposta.Qualora le stesse siano proposte congiuntamente ed alternativamente, trovano invece applicazione i principi di logica processuale per cui, nella materia di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause riunite o strettamente connesse aventi ad oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi. In tal caso logicamente prioritaria è la verifica dei presupposti della retrocessione parziale, ovvero dell’avvenuta realizzazione, anche parziale, dell’opera pubblica, in mancanza della quale il giudice amministrativo, rigettata la relativa domanda, deve estendere l’accertamento all’esistenza del diritto alla retrocessione totale, pronunciando anche sul risarcimento del danno da mancata utilizzazione del fondo, ai sensi dell’art. 35 del d.lgv. n. 80 del 1998.La sentenza citata si riferisce, quindi, ad ipotesi di domanda giudiziale avente ad oggetto tanto la retrocessione totale che quella parziale.»

Sintesi: Alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 404/2004 e n. 191/2006, è da confermare la giurisdizione ordinaria sulla domanda di retrocessione totale. Nelle ipotesi di retrocessione totale del bene espropriato, l’amministrazione pone in essere infatti un comportamento che non è riconducibile all’esercizio di un pubblico potere proprio perché il bene non è stato utilizzato per la realizzazione dell'opera pubblica prevista nella dichiarazione di pubblica utilità, o è stato utilizzato per realizzare un'opera totalmente differente da quella programmata.

Estratto: «5. L'istituto della retrocessione, disciplinato dagli articoli 46-48, d.lgs. 8 giugno 2001, n. 327, attribuisce al cittadino la facoltà di reclamare la restituzione dei beni espropriati quando l'opera pubblica, alla cui realizzazione i suoi beni erano stati destinati, non è stata realizzata o non è più utilizzabile (retrocessione totale) ovvero quando, realizzata l'opera, sia pur parzialmente, i suoi beni non servano alla sua concreta utilizzazione (retrocessione parziale).5.1 Antecedentemente alla previsione da parte dell’art. 34, d.lgs. n. 80/1998 di una giurisdizione esclusiva nella materia espropriativa (ritenuta rientrante nell’urbanistica), la giurisprudenza della Corte di Cassazione era consolidata nel ritenere che nell'ipotesi di retrocessione totale - quando cioè il bene espropriato non sia stato affatto utilizzato per l'opera pubblica prevista nella dichiarazione di pubblica utilità, o per la sostituzione di quest'ultima con un'opera totalmente differente da quella programmata - sussistesse un diritto soggettivo perfetto del proprietario ad ottenere la restituzione del bene (inutilmente) espropriato, tutelabile come tale innanzi al giudice ordinario (Cass. sez. I, 29 novembre 2001, n. 15188; Cass., sez. un., 13 aprile 2000, n. 134; Cass., sez. un., 8 giugno 1998, n. 5619).5.2 Con una recente pronuncia, la Corte di Cassazione, pur senza argomentare sul punto, ha affermato che “anche a seguito dell'entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, “se oggetto della domanda è esclusivamente una retrocessione totale per mancata assoluta attuazione dell'opera di pubblica utilità che si assume come sola causa petendi della domanda, deve ancora affermarsi che spetta al giudice ordinario la cognizione della controversia, come del resto accadeva anche prima dell'entrata in vigore della novella del 1998” (C. Cass., sez. un., 24 giugno 2009, n. 14805).5.3 Il Collegio ritiene che la conclusione della sussistenza della giurisdizione ordinaria sulla domanda di retrocessione totale sia da confermare anche successivamente all’introduzione della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia espropriativa, ad opera prima dell’art. 34, d.lgs. n. 80/1998 e successivamente dell’art. 53, d.P.R. n. 327/2001 e ciò alla luce dei principi affermati dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 404/2004 e n. 191/2006.5.4 Nelle ipotesi di retrocessione totale del bene espropriato, invero, l’amministrazione - la quale è autorizzata a sottrarre il bene al legittimo proprietario solo ed esclusivamente nella misura in cui effettivamente il bene stesso sia utilizzato per il conseguimento dello specifico interesse pubblico fissato con la dichiarazione di pubblica utilità - pone in essere un comportamento che non è riconducibile all’esercizio di un pubblico potere proprio perché il bene non è stato utilizzato per la realizzazione dell'opera pubblica prevista nella dichiarazione di pubblica utilità, o è stato utilizzato per realizzare un'opera totalmente differente da quella programmata.5.5 Per le ragioni esposte la giurisdizione sulla domanda di retrocessione totale appartiene, dunque, al giudice ordinario.»

Sintesi: Allorquando la domanda di retrocessione totale sia proposta congiuntamente ed alternativamente a quella di retrocessione parziale, su cui è pacifica la giurisdizione del giudice amministrativo (rilevando poteri discrezionali autoritativi dell’autorità espropriante), la giurisdizione non trasla al giudice ordinario, ma resta al giudice amministrativo.

Estratto: «4.1- Ciò premesso in ordine al quadro normativo di riferimento, il ricorso, così come articolato, contiene due domande congiunte: una di tutela dell'interesse legittimo ad ottenere, qualora si accerti che parte delle aree siano rimaste inutilizzate, la retrocessione parziale della porzione inutilizzata degli immobili, l’altra di tutela del diritto alla retrocessione totale, qualora, invece, si accerti la mancata realizzazione dell’opera pubblica così come originariamente programmata. Su quest’ultima domanda, sebbene di regola la giurisdizione sia del giudice ordinario (non rilevando alcun potere autoritativo dell'ente espropriante), occorre precisare che allorquando la domanda di retrocessione totale sia proposta, come nella fattispecie in esame, congiuntamente ed alternativamente a quella di retrocessione parziale, su cui è pacifica la giurisdizione del giudice amministrativo (rilevando poteri discrezionali autoritativi dell’autorità espropriante), la giurisdizione non trasla al giudice ordinario, ma resta al giudice amministrativo, trovando applicazione i principi di logica processuale per cui, nelle materie di giurisdizione esclusiva, la decisione su più cause unite e/o strettamente connesse aventi od oggetto, in astratto, diritti ed interessi, spetta al giudice amministrativo, il quale, avendo cognizione su interessi e diritti, ha competenze più ampie rispetto a quelle del giudice ordinario, limitate ai diritti soggettivi (Cassazione civile , sez. un., 24 giugno 2009 , n. 14805).»

Sintesi: Essendo la retrocessione un istituto giuridico previsto nel DPR 327/2001, la relativa cognizione è devoluta, ai sensi dell’art. 53 del medesimo decreto, alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, senza che assuma alcuna rilevanza, ai fini del riparto della giurisdizione, la tradizionale distinzione relativa alla natura della situazione giuridica fatta valere (“causa petendi”), purché, si tratti di controversie riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere dell’Amministrazione.

Sintesi: La generale attribuzione alla giurisdizione del GA delle controversie in materia di espropriazione è da considerarsi avvenuta già a partire dal 10.08.2000, data di entrata in vigore dell’art. 34 del d.lvo n. 80/98, come riformulato dall’art. 7 della L. n. 205/2000; con tale disposizione, il legislatore non ha inteso limitare la materia al solo aspetto normativo della disciplina dell’uso del territorio, ma vi ha fatto rientrare anche gli ulteriori aspetti gestionali, costituiti dall’attuazione dei piani mediante la realizzazione delle scelte urbanistiche e quindi anche gli atti espropriativi nonché gli istituti ad essi correlati, quali la retrocessione.

Estratto: «Aderendo ad un tradizionale orientamento della giurisprudenza, l’Amministrazione intimata sostiene che mentre anteriormente alla suddetta dichiarazione di inservibilità delle porzioni immobiliari di cui si chiede la restituzione le relative posizioni soggettive del privato, in quanto correlate a potestà discrezionali, sono configurabili solo come interessi legittimi e dunque tutelabili innanzi al G.A, successivamente a tale dichiarazione sorgerebbe un diritto soggettivo pieno alla restituzione, tutelabile innanzi al giudice ordinario.Tali considerazioni vanno corrette alla luce delle più recenti innovazioni normative.Se, per quanto disposto dall’art. 57, rubricato “Ambito di applicazione della normativa sui procedimenti in corso”, del d.P.R. 327/2001, T.U. sulle espropriazioni successivamente intervenuto, è vero che: “1. Le disposizioni del presente testo unico non si applicano ai progetti per i quali, alla data di entrata in vigore dello stesso decreto, sia intervenuta la dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza. In tal caso continuano ad applicarsi tutte le normative vigenti a tale data”,e perciò nelle situazioni giuridiche indicate trova applicazione, quanto agli istituti di natura sostanziale, la normativa di cui alla legge n. 2359/1865,è altrettanto vero che la inapplicabilità della disciplina contenuta nel T.U. trova la sua ragion d’essere nella diversità della stessa rispetto alla precedente. Tale diversità non sussiste,però, quanto alla disciplina della retrocessione parziale,sicché a questo istituto,in quanto previsto dal T.U.,va applicata la disciplina processuale di cui all’art. 53 del T.U., entrato in vigore il 1 luglio 2003, secondo il quale: “Sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto gli atti, i provvedimenti, gli accordi e i comportamenti delle amministrazioni pubbliche e dei soggetti ad esse equiparati, conseguenti alla applicazione delle disposizioni del testo unico………Resta ferma la giurisdizione del giudice ordinario per le controversie riguardanti la determinazione e la corresponsione delle indennità in conseguenza dell'adozione di atti di natura espropriativa o ablativa”. Ne consegue che, essendo la retrocessione un istituto giuridico previsto nel suddetto T.U., la relativa cognizione sia devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, senza che assuma alcuna rilevanza, ai fini del riparto della giurisdizione, la tradizionale distinzione relativa alla natura della situazione giuridica fatta valere (“causa petendi”), purché, come chiarito dalla Corte Costituzionale, si tratti di controversie riconducibili, anche mediatamente, all’esercizio di un pubblico potere dell’Amministrazione.Giova peraltro ricordare che la generale attribuzione alla giurisdizione del giudice amministrativo delle controversie in materia di espropriazione sia da considerarsi avvenuta già a partire dal 10.08.2000, data di entrata in vigore dell’art. 34 del d.lvo n. 80 del ‘98, come riformulato dall’art. 7 della l. n. 205 del 2000 , in quanto ricomprese nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistico-edilizia e connesse all’esercizio della funzione pubblica, in particolare, all’iniziale esplicazione di poteri espropriativi e alla successiva destinazione dei beni. Dispone, infatti, il secondo comma di tale articolo: “Agli effetti del presente decreto, la materia urbanistica concerne tutti gli aspetti dell'uso del territorio”. Con tale disposizione, il legislatore, secondo la giurisprudenza prevalente, non ha inteso limitare la materia al solo aspetto normativo della disciplina dell’uso del territorio, ossia all’esercizio della potestà di pianificazione territoriale, ma vi ha fatto rientrare anche gli ulteriori aspetti gestionali, costituiti dall’attuazione dei piani mediante la realizzazione delle scelte urbanistiche e quindi anche gli atti espropriativi (Cass. nn. 43 e 494/2000) nonché gli istituti ad essi correlati, quali appunto la retrocessione.»

Sintesi: La retrocessione parziale del bene presuppone la previa adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento dichiarativo dell'inservibilità del bene espropriato di cui si chiede la restituzione, espressione di un potere discrezionale dell’amministrazione tutelabile davanti al giudice amministrativo.

Estratto: «Né il provvedimento impugnato, con cui l’amministrazione ha negato la retrocessione e che si traduce, sostanzialmente, in un diniego dell’istanza di inservibilità dei terreni, risulta fondatamente censurabile sotto i profili dedotti, alla stregua delle considerazioni qui di seguito esposte.Nel caso di specie, siamo in presenza di un P.E.E.P. approvato ai sensi della legge 18 aprile 1962 n. 167, che ha un’efficacia di 18 anni dalla data di approvazione, efficacia che è stata poi prorogata di 2 anni con deliberazione della Giunta comunale n. 12 del 21 gennaio 2003, alla quale faceva seguito la deliberazione della Giunta regionale n. 129 del 17 febbraio 2003, con conseguente scadenza del piano, come specificato nella narrativa che precede, nel marzo del 2005.Ai sensi dell’art. 9, 3° e 5° comma, della legge n. 167/1962, l’approvazione del P.E.E.P. equivale anche a “dichiarazione di indifferibilità ed urgenza di tutte le opere, impianti ed edifici in esso previsti” e “Le aree comprese nel piano rimangono soggette, durante il periodo di efficacia del piano stesso, ad espropriazione”.E, ripetutamente la giurisprudenza ha affermato che l’art. 13 della legge n. 2359/1865, in materia di apposizione di termini per l’espletamento della procedura espropriativa nonché per l’inizio e completamento dei lavori - di cui i ricorrenti hanno lamentato l’inosservanza – non è applicabile alle espropriazioni concernenti l’attuazione dei piani di zona per l’edilizia economica e popolare, essendo detti termini sostituiti ed assorbiti proprio dalle disposizioni che delimitano nel tempo ope legis l’efficacia dei piani stessi.In effetti le finalità di garanzia della effettiva persistenza e della serietà dell’interesse pubblico perseguito con la procedura espropriativa, al cui presidio sono deputati ordinariamente proprio i ricordati termini di cui all’art. 13 citato, è assicurata per quanto attiene l’attuazione dei P.E.E.P. proprio dai termini di efficacia dei piani, fissati direttamente dalla legge.Da tale consolidato indirizzo giurisprudenziale (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 26 aprile 2006 n. 2339; A.P., 23 maggio 1984 n. 11; A.P. 20 dicembre 2002 n. 8; sez. IV, 21 maggio 2004 n. 3315; 25 marzo 2003 n. 1545; 5 luglio 2000 n. 3730; 19 gennaio 1999 n. 41; 17 aprile 1998 n. 675) non vi è motivo per discostarsi.Ciò premesso, nella fattispecie in esame il procedimento espropriativo è stato concluso (sia pure attraverso un atto bilaterale di “definizione bonaria”) molto prima della scadenza dei termini di validità del piano, con la conseguenza che esso risulta intangibile anche dopo la scadenza del termine per il compimento dei lavori, come costantemente riconosciuto dalla giurisprudenza, fin da tempi risalenti (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 15 aprile 1987 n. 232; 7 novembre 2002 n. 6074; sez. VI, 25 marzo 1993 n. 261).Infatti l’inefficacia della dichiarazione di pubblica utilità, che consegue all’inutile scadenza del termine per il compimento dei lavori, non risolve la precedente espropriazione, ma può comportare, semmai, solo la facoltà del proprietario, nel ricorso dei presupposti di legge, di promuovere azione, dinanzi al giudice competente, per ottenere la retrocessione dei beni espropriati (cfr., Cons. Stato, sez. VI, 25 marzo 1993 n. 261 cit.; Cass. Civ. Sez. I, 6 marzo 1992 n. 2715; 21 agosto 1998 n. 8301; 11 novembre 2003 n. 16904; TAR Friuli Venezia Giulia, Trieste, 3 giugno 2005 n. 550).Ciò in quanto il termine finale per l’espropriazione e il termine finale per l’esecuzione dei lavori rispondono a due diverse finalità: 1) il termine del compimento delle procedure espropriative, in attuazione dell’art. 42, comma 3, della Costituzione, ha lo scopo di evitare che i beni di proprietà privata rimangano soggetti alla possibilità di essere espropriati per un tempo indeterminato; 2) il termine per il compimento dei lavori ha la funzione di tutelare l’interesse pubblico alla concreta realizzazione dell’opera pubblica, cioè a dimostrare l’effettiva serietà dell’azione amministrativa. Perciò, solo il termine finale per il completamento del procedimento espropriativo deve ritenersi di natura perentoria, in quanto la fattispecie della mancata ultimazione dell’opera pubblica entro il termine prestabilito, dopo che il decreto di espropriazione è già stato emanato, risulta appositamente disciplinata dall’ordinamento giuridico, in quanto consente al soggetto espropriato di chiedere una pronuncia costitutiva della retrocessione del bene (cfr., TAR Basilicata, 14 febbraio 2006 n. 83; Cons. Stato, sez. II, 1° dicembre 1993 n. 177).).Pertanto, la mancata osservanza del termine per la fine dei lavori produce l’unico effetto – come peraltro avvenuto – di consentire agli ex proprietari di esercitare un’azione per la retrocessione parziale del bene; retrocessione che tuttavia presuppone, come si è detto, la previa adozione, da parte dell’amministrazione, di un provvedimento dichiarativo della inservibilità del bene espropriato di cui si chiede la restituzione, espressione di un potere discrezionale dell’amministrazione tutelabile davanti al giudice amministrativo (cfr., Cons. Stato, sez. IV, 4 luglio 2008 n. 3342).E, nel caso di specie, tale provvedimento non solo non sussiste, si ribadisce, ma con il provvedimento impugnato l’amministrazione ha opposto ai ricorrenti – che avevano chiesto la retrocessione dei beni di cui erano stati espropriati – di avere un concreto interesse a dare attuazione alle previsioni del P.E.E.P. “La Scopaia” realizzando i previsti impianti sportivi e, come emerge dalla narrativa che precede, di tale serio intendimento ha fornito prova.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.