L'art. 44 lett. a) D.P.R. 380/2001
Il bene giuridico tutelato dalle norme penali incriminatici in materia di abusivismo edilizio è rappresentato dalla necessità di sottoporre l’attività edilizia al preventivo controllo della pubblica amministrazione, e dall’interesse sostanziale alla tutela del territorio.
L’oggetto giuridico della tutela penale apprestata dall’art. 44 T.U. è l’esigenza di controllo dell’uso edificatorio dei suoli, volto ad ottenere un corretto svolgimento dell’attività edilizia.
Inoltre, le norme incriminatici per detti reati si prefiggono anche l’obiettivo generale di tutelare il regolare sviluppo del territorio comunale, il quale deve avvenire in conformità alle previsioni urbanistiche.
I reati urbanistico-edilizi possono articolarsi in tre macro-categorie:
- quelli in senso stretto, ovvero le fattispecie contemplate dal D.P.R. 380/2001, nella parte in cui disciplina l’attività urbanistico-edilizia;
- quelli in senso lato, discendenti dalla violazione della normativa antisismica e di quella dettata per le opere in conglomerato cementizio armato ed a struttura metallica: ci si riferisce, quindi, alla parte relativa alla normativa tecnica per l’edilizia, dettata sempre dal T.U.;
- quelli edilizi-ambientali, scaturenti dalla violazione della normativa ambientale, nella parte in cui essa fissa delle limitazioni all’attività edilizia [1].
La prima categoria di reati, oggetto della presente trattazione, è quella prevista e sanzionata dall’art. 44 T.U., che disciplina tre distinte ipotesi criminose, cui ricollega sanzioni penali di diversa entità.
- Alla lett. a) esso punisce l’inosservanza:
- delle norme, prescrizioni e modalità esecutive previste dal titolo V del T.U.;
- delle norme contenute nei regolamenti edilizi;
- delle prescrizioni contenute negli strumenti urbanistici;
- delle modalità esecutive fissate dal permesso di costruire.
Come appare evidente, la disposizione in commento configura una tipica ipotesi di norma penale in bianco, poiché descrive i fatti penalmente rilevanti operando un rinvio recettizio ad altre fonti normative per ottenere una descrizione completa del precetto, dovendosi ricorrere "a dati precettivi, tecnici e provvedimentali di fonte extrapenale" [2].
Al fine di individuare le condotte integrative delle fattispecie contravvenzionali succitate, si rende quindi necessaria un’opera ermeneutica diretta a delimitarne l’ambito operativo.
Quanto all’ipotesi di inosservanza delle norme contenute nei regolamenti, la giurisprudenza di legittimità ha più volte ribadito che il dettato di cui alla lett. a) art. 44 T.U., essendo caratterizzato da un contenuto estremamente generico che lo rende potenzialmente idoneo ad essere applicato ad una pluralità indiscriminata di ipotesi, richiede un’attività integrativa dell’interpretazione letterale, che prende le mosse dall’analisi della collocazione sistematica della norma [3].
Ne consegue che le norme, prescrizioni e modalità esecutive cui esso fa riferimento, devono intendersi riferite unicamente a quelle regole di condotta che sono in diretto collegamento con l’attività edilizia.
Più specificamente, esaminando le singole ipotesi previste dall’art. 44 lett. a) T.U.,
[Omissis - versione integrale presente nel testo].
Al riguardo, assume particolare rilievo il posizionamento di un fabbricato, atteso che la sua eventuale collocazione in un luogo diverso da quello indicato nel progetto presentato all’amministrazione comunale integra la fattispecie criminosa in commento, poiché ciò altera il corretto assetto del territorio.
Al contrario, l’omessa esposizione presso il cantiere edile del cartello indicante gli estremi del relativo permesso di costruire non rientra nell’ambito di applicazione dell’art. 44 lett. a) T.U., salvo che ciò sia prescritto espressamente dal regolamento edilizio e dal permesso di costruire.
La norma in esame punisce, oltre all’inosservanza delle prescrizioni del piano regolatore generale, dei piani particolareggiati e degli strumenti urbanistici regionali e nazionali, anche quella delle modalità esecutive contenute nel permesso di costruire, purché tali inosservanze o deviazioni dal titolo siano di tipo qualitativo e non consistano in opere funzionalmente autonome.
L’ultima ipotesi citata configura la fattispecie c.d. di difformità parziale dal permesso di costruire, che si verifica quando l’opera eseguita in difformità dal progetto approvato conserva la stessa entità e le strutture essenziali, presentando modifiche non sostanziali, che non incidano, cioè, sulla volumetria, funzione o destinazione del bene.
La giurisprudenza ha ricondotto a questa categoria gli aumenti di cubatura o di superficie di scarsa consistenza, nonché le variazioni relative a parti accessorie che non abbiano specifica rilevanza e non siano suscettibili di utilizzazione autonoma [5].
Si tratta, quindi, di una categoria residuale, desumibile a contrario da quella di totale difformità o di variazione essenziale.
Difatti, essa differisce notevolmente dall’ipotesi di difformità totale, che, ai sensi dell’art. 31 T.U., comporta "la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche tipologiche, planuvolumetriche o di utilizzazione da quello oggetto del permesso stesso, ovvero l’esecuzione di volumi edilizi oltre i limiti indicati nel progetto e tali da costituire un organismo edilizio o parte di esso con specifica rilevanza ed autonomamente utilizzabile".
In tale caso si è in presenza, quindi, di un aliud pro alio, che si configura quando "i lavori riguardino un’opera diversa per conformazione, struttura, destinazione o ubicazione rispetto a quella assentita ovvero allorché vengano realizzati volumi oltre i limiti del progetto approvato. In quest’ultimo caso però l’opera abusiva deve presentare il duplice requisito dell’autonoma utilizzabilità e della specifica rilevanza. Per l’autonoma utilizzabilità non si richiede però che la struttura difforme sia separata da quella assentita, ma solo che sia suscettibile di un uso diverso o indipendente da quell’opera utilizzata ( ad esempio trasformazione di un sottotetto in mansarda)" [6].
La distinzione tra le due categorie in esame non ha rilievo meramente teorico, riverberandosene gli effetti sul piano sanzionatorio.
Difatti, solo le ipotesi di difformità parziale ricadono nell’ambito applicativo dell’art. 44 lett. a) T.U., configurando, invece, la difformità totale una delle fattispecie previste dalla lett.b) della medesima norma, con conseguente applicazione della più grave sanzione penale ivi contemplata.
Pertanto, si presenta essenziale l’esatta individuazione dei casi di difformità parziale, per la cui configurazione, come già specificato, è necessario sia che l’opera venga eseguita in difformità dal progetto approvato, mantenendo, però, la stessa entità e le strutture essenziali, sia che le difformità siano modeste, al punto da non alterare il complesso dell’opera, la sua volumetria, la funzione o la destinazione.
Sono state enucleate, in via giurisprudenziale [7], le seguenti ipotesi di difformità parziale:
- divergenza, per eccesso o per difetto, della superficie e della volumetria, di non rilevante entità e tale da non alterare in misura sensibile la natura dell’opera realizzata rispetto a quella assentita;
- realizzazione di una scala quadrata con spostamento della sua allocazione;
- mutamento dell’ utilizzazione di alcuni vani della costruzione, realizzato con opere murarie non previste in progetto;
- localizzazione di un fabbricato in un luogo diverso da quello indicato nel progetto, ove non comporti una violazione relativa al corretto assetto del territorio;
- costruzione di un tetto ad un’altezza di colmo superiore a quella prevista nel progetto approvato, ma conforme agli strumenti urbanistici.
Costituisce, invece, ipotesi intermedia tra la difformità totale e parziale, sanzionata dall’art. 44 lett. a) T.U., al di fuori delle ipotesi di cui all’art. 32 T.U., co. 3, l’intervento in variazione essenziale [8].
Il dato strutturale della succitata ipotesi criminosa è rinvenibile nell’art. 32 T.U., ai sensi del quale "fermo restando quanto disposto dal comma 1 dell’articolo 31, le regioni stabiliscono quali siano le variazioni essenziali al progetto approvato, tenuto conto che l’essenzialità ricorre esclusivamente quando si verifica una o più delle seguenti condizioni:
- mutamento della destinazione d’uso che implichi variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 97 del 16 aprile 1968;
- aumento consistente della cubatura o della superficie di solaio da valutare in relazione al progetto approvato;
- modifiche sostanziali di parametri urbanistico-edilizi del progetto approvato ovvero della localizzazione dell’edificio sull’area di pertinenza;
- mutamento delle caratteristiche dell’intervento edilizio assentito;
- violazione delle norme vigenti in materia di edilizia antisismica, quando non attenga a fatti procedurali".
Al comma 2 l’articolo in esame prosegue specificando che "non possono ritenersi comunque variazioni essenziali quelle che incidono sulla entità delle cubature accessorie, sui volumi tecnici e sulla distribuzione interna delle singole unità abitative".
Relativamente al profilo sanzionatorio della fattispecie in esame, occorre distinguere tra gli interventi riconducibili in via principale all’art. 44 lett. a) T.U., da quelli previsti dall’art. 32 co. 3 T.U., ovvero ricadenti su immobili vincolati o situati in zone protette e considerati in totale difformità dal permesso, ai sensi e per l’effetto degli artt. 31 e 44 T.U.
La giurisprudenza penale ha ritenuto sussistente la prima fattispecie nell’ipotesi di modificazione del posizionamento del fabbricato sull’area di pertinenza, allorché incida sui parametri urbanistici individuati nel piano regolatore generale, così come anche nel caso di mutamento della destinazione d’uso comportante variazione del carico urbanistico, ove queste ipotesi siano previste dalla legge regionale variazioni essenziali [9].
Più precisamente, la Suprema Corte ha specificato che "la modifica della localizzazione dell’edificio integra una variazione essenziale rispetto al progetto, laddove sia realizzata una traslazione tale da determinare lo spostamento del fabbricato su un’area totalmente o pressoché totalmente diversa da quella originariamente prevista" [10].
In tal caso, infatti, si rende necessaria una nuova valutazione della compatibilità del progetto coi parametri urbanistici e con la considerazione dell’area da parte dell’amministrazione.
In assenza del nuovo permesso scatterebbe la sanzione penale di cui alla lett. b) art. 44 T.U., e la sanzione amministrativa di cui all’art. 31 T.U.
Invece, sono considerati interventi in totale difformità quelli in variazione essenziale effettuati su immobili sottoposti a vincolo storico, artistico, architettonico, archeologico, paesistico e ambientale, o rientranti in parchi o aree protette nazionali o regionali [11].
In particolare, l’apertura di luci e finestre su immobili sottoposti a vincolo paesistico e ambientale, in difformità dal permesso di costruire, costituisce variazione essenziale ai sensi dell’art. 32 T.U., punita dall’art. 44 lett. c) T.U..
Da ultimo, giova sottolineare che le previsioni di cui all’art. 44 lett. a) T.U. si applicano anche ad alcune ipotesi di mutamento d’uso funzionale o formale.
La destinazione d’uso incide sulla connotazione del bene, ed è finalizzata a precisi scopi di interesse pubblico, di pianificazione e di attuazione di questa.
Essa costituisce una fondamentale connotazione dell’immobile, legata agli scopi di interesse pubblico perseguiti dalla pianificazione, che implementa il bene sotto l’aspetto funzionale, precisando le destinazioni di zona fissate dagli strumenti urbanistici sulla base delle differenti infrastrutture del territorio.
In tali ipotesi, si considera applicabile la sanzione amministrativa di cui all’art. 31 T.U. e quella penale di cui all’art. 44 lett. a) T.U. soltanto nel caso in cui risultino violate, attraverso il mutamento della destinazione d’uso funzionale o formale, le prescrizioni di zona del piano per incompatibilità con esse della nuova destinazione, e ove vengano violati gli standards recepiti dagli strumenti urbanistici o dai regolamenti edilizi [12].
Al riguardo, la Corte di Cassazione ha recentemente specificato che
[Omissis - versione integrale presente nel testo].
Diversamente, rientra nel campo di applicazione dell’art. 44 lett. b) T.U. l’opera in cui il mutamento della destinazione d’uso prevista in progetto venga effettuato durante l’attività costruttiva del fabbricato mediante lavori che attribuiscono all’organismo edilizio globalmente considerato caratteristiche differenti di utilizzazione.
In tal caso, infatti, si rende necessario un nuovo permesso di costruire, in assenza del quale scattano le sanzioni amministrative e penali succitate.
Si applica, invece, la previsione di cui all’art 44 lett. c) T.U. nel caso il cui tale mutamento in totale difformità dal permesso di costruire venga realizzato su immobili sottoposti a vincoli storico-artistici o paesaggistico-ambientali [14], con alterazione degli standards urbanistici.
L'art. 44 lett. b) D.P.R. 380/2001 - ATTIVITÀ EDIFICATORIA IN TOTALE DIFFORMITÀ O IN ASSENZA DEL PERMESSO DI COSTRUIRE
L’art. 44 lett b) T.U. punisce con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da 5.164 a 51.645 euro l’esecuzione dei lavori in totale difformità o assenza del permesso, o la prosecuzione degli stessi nonostante l'ordine di sospensione, salvo che il fatto costituisca più grave reato e ferme restando le sanzioni amministrative.
L’ipotesi di reato delineata si configura come speciale rispetto a quella di cui alla lettera a) del medesimo articolo.
La ratio posta a fondamento è quella di garantire un effettivo controllo pubblico preventivo sull’intero territorio, inteso come autonomo bene giuridico, mediante un assetto razionale complessivo ed un’equilibrata coesistenza di valori materiali, culturali e sociali recepiti negli strumenti urbanistici. Di talché "restano assoggettate a permesso di costruire anche le attività che, pur non integrando interventi edilizi in senso stretto, comportano comunque una modificazione permanente dello stato materiale e della conformazione del suolo per adattarlo ad un impiego diverso da quello che gli è proprio" [15].
Ne consegue che la nozione di costruzione va intesa in senso ampio, ricomprendendo tutti quei manufatti che, comportando una trasformazione urbanistica ed edilizia del territorio comunale e non avendo il carattere di assoluta precarietà, alterano lo stato dei luoghi, essendo destinati a durare nel tempo [16].
Il reato in esame ha natura permanente, ma la relativa consumazione perdura fino alla cessazione dell’attività abusiva [17].
L’ipotesi di esecuzione dei lavori in totale difformità dal permesso di costruire è equiparata a quella in cui il titolo, seppur rilasciato, sia stato in precedenza annullato, dichiarato decaduto, o sia divenuto inefficace per effetto del decorso dei termini. Allo stesso modo, un intervento eseguito in base a d.i.a. che non rientri tra quelli assentibili con tale titolo abilitativo, ma necessiti di permesso di costruire, deve essere qualificato come abusivo, non potendosi ritenere che la mera presentazione della d.i.a. esclude la configurabilità del reato [18].
Alla difformità totale va inoltre equiparata, come accennato nel precedente capitolo, l’ipotesi di variazione essenziale, la quale, però, non si limiti alla modificazione delle cubature accessorie, dei volumi tecnici o della distribuzione intera delle singole unità abitative, secondo quanto disposto dall’art. 32, co. 2, T.U.
Tanto premesso, al fine di delimitare l’ambito applicativo della contravvenzione in esame, occorre leggerla in combinato disposto con gli artt. 10 e 3 T.U.
È infatti il primo di questi a specificare quali sono gli interventi per i quali è prescritto il permesso di costruire, ovvero:
- interventi di nuova costruzione;
- interventi di ristrutturazione urbanistica;
- interventi di ristrutturazione edilizia che portino ad un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente, e che comportino aumento di unità immobiliari, modifiche del volume, della sagoma, dei prospetti o delle superfici, ovvero che, limitatamente agli immobili compresi nelle zone omogenee A, comportino mutamenti della destinazione d’uso.
Resta salva la possibilità riconosciuta alle Regioni di prevedere ulteriori casi, in relazione all’incidenza delle opere sul territorio e sul carico urbanistico [19].
L’individuazione delle tre succitate tipologie di intervento è operata dall’art. 3 T.U.
Esso, al comma 1 lett. e), considera interventi di nuova costruzione:
- la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l'ampliamento di quelli esistenti all'esterno della sagoma esistente, fermo restando, per gli interventi pertinenziali, quanto previsto alla lettera e. 6);
- gli interventi di urbanizzazione primaria e secondaria realizzati da soggetti diversi dal Comune;
- la realizzaz...