La dichiarazione di inservibilità nella retrocessione parziale

La dichiarazione di inservibilità, quale valutazione discrezionale dell’amministrazione rispetto alla quale l’ex proprietario vanta una situazione giuridica soggettiva qualificabile come interesse legittimo, subordina il diritto alla restituzione del bene espropriato.

Infatti, è stato osservato, nella retrocessione parziale, a differenza di quanto avviene nella retrocessione totale, «rispetto ai beni non ancora utilizzati e che l’espropriato avrebbe interesse a riacquistare, può tuttora esercitarsi una valutazione discrezionale circa la convenienza di utilizzarli in funzione dell’opera realizzata» [1].

Il d.P.R. n. 327/2001 prevede oggi, a differenza di quanto previsto dalla l. n. 2359/1865, che sia l’ex proprietario ad attivarsi presso il soggetto beneficiario dell’espropriazione o, qualora tale soggetto non vi provveda, presso l’autorità che ha emesso il decreto di esproprio, al fine di... _OMISSIS_ ...rmale dichiarazione di inservibilità, vale a dire l’indicazione dei «beni che non servono all’esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità e che possono essere ritrasferiti, nonché il relativo corrispettivo» [2].

I soggetti legittimati a chiedere e, sussistendone i presupposti, ottenere la dichiarazione di inservibilità coincidono, evidentemente, con gli espropriati, vale a dire coloro che, a seguito della suddetta dichiarazione, vedono mutare la loro situazione giuridica soggettiva da interesse legittimo alla dichiarazione di inservibilità a diritto soggettivo potestativo alla retrocessione (parziale) [3].

Il beneficiario dell’espropriazione, per evidenti ragioni di economicità nella gestione del patrimonio pubblico, può effettuare la dichiarazione di inservibilità indipendentemente dall’esistenza di una previa richiesta in tal senso da parte dell’ex proprietario, «con ciò facend... _OMISSIS_ ...ermine decadenziale per l’esercizio del diritto alla retrocessione, e mettendosi in condizione di alienare il bene con una procedura di evidenza pubblica in caso di mancato tempestivo esercizio del diritto alla retrocessione». [4]

Circa lo scopo della dichiarazione di inservibilità, la giurisprudenza afferma che l’amministrazione deve accertare che «da un lato, stante la non completa utilizzazione dell’area per la realizzazione dell’opera pubblica, il terreno o la porzione di esso di cui si chiede la retrocessione non sia mai stato destinato all’opera pubblica cui era preordinata l’espropriazione, e, dall’altro, che non serva più all’opera in questione» [5].

Si tratta quindi di valutare, secondo il TAR Lazio, non che il bene espropriato sia utilizzabile per soddisfare qualsivoglia interesse pubblico, ma «se possa essere ancora utilizzato per realizzare quella determinata... _OMISSIS_ ...era pubblica che era stata prevista e progettata al tempo in cui fu adottata la dichiarazione di pubblica utilità dalla quale scaturì il procedimento espropriativo» [6].

Tramite la dichiarazione di inservibilità, hanno affermato le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, «deve accertarsi di volta in volta se, i beni espropriati i quali non abbiano avuto in tutto la prevista destinazione, possano essere ancora utili o meno alla realizzata opera di pubblica utilità, senza peraltro fare esclusivo riferimento alla specifica opera pubblica per la quale l’immobile era stato espropriato prescindendo da tutte quelle esigenze di pubblico interesse sopravvenute medio tempore, ma, al contrario, compiendo le proprie valutazioni discrezionali con riferimento anche al periodo successivo in modo da avere ben presente tutti gli elementi necessari per poter perseguire, in maniera ottimale il fine di pubblico interesse attribuitole dalla legge... _OMISSIS_ ...
Indipendentemente dal progetto esecutivo dell’opera pubblica o di pubblica utilità potrebbe, infatti, risultare da una valutazione discrezionale del beneficiario dell’espropriazione (o, in mancanza, dell’espropriante) che i beni relitti possono essere posti «a servizio dell’opera stessa in funzione pertinenziale a tenore dei principi generali del codice civile (art. 817)» [8].

La dichiarazione di inservibilità è, inoltre, sottoposta ad una limitazione temporale che deriva dalla previsione, oggi contenuta nell’art. 46 del t.u. espropri, di un termine per la realizzazione dell’opera. È quanto affermato dai giudici dalla Corte d’Appello di Potenza, secondo i quali «il pronunciamento dell’amministrazione circa la sorte da riservare ai beni non trasformati ha un senso ove l’opera pubblica, pur se eseguita […], possa essere considerata ancora in fieri, nel senso che entro i ... _OMISSIS_ ...ichiarazione di pubblica utilità, l’amministrazione possa compiere una valutazione di postumo utilizzo dei beni espropriati e non trasformati, a perfezionamento dell’opera eseguita.

Il decorso dei termini della dichiarazione di pubblica utilità […] esclude che a posteriori l’amministrazione possa avvalersi della possibilità di un ripensamento, giovandosi di un trattamento più favorevole rispetto all’ipotesi della retrocessione totale, in cui il decorso dei termini di efficacia della dichiarazione di pubblica utilità ingenera di per sé il diritto di chiedere la retrocessione» [9].

Trattandosi di attività discrezionale, il giudice non può sostituirsi all’amministrazione nel valutare se un bene relitto non serva più alla realizzazione dell’opera e, di conseguenza, possa essere ritrasferito. Infatti, «tale giudizio non è sottratto al sindacato del giudice, ma, per definizione, trattasi di ... _OMISSIS_ ...gittimità e non di merito» [10].

È quanto sancito dai giudici della Corte di Cassazione, i quali, a Sezioni Unite, hanno affermato che «l’Autorità giudiziaria non può accertare l’inservibilità dei beni non impiegati, stante la natura discrezionale della valutazione della P.A. in ordine all’esistenza o meno di un rapporto di utilità tra i fondi relitti e l’opera compiuta» [11].

Precisano, però, i giudici della Suprema Corte che nell’ipotesi di una dichiarazione di inservibilità implicita l’autorità giudiziaria «può riconoscere valore equipollente alla dichiarazione formale di inservibilità, ad un comportamento dell’amministrazione dal quale possa desumersi la scelta di ritenerli definitivamente non più necessari alla realizzazione dell’opera per la quale essi furono espropriati».

Ciò avviene, ad esempio, nel caso in cui «i beni non ancora utili... _OMISSIS_ ...stiti da una successiva diversa dichiarazione di pubblica utilità e in funzione di questa vengono espropriati, per la parte in cui ne viene programmata un’utilizzazione diversa da quella di essere impiegati in funzione dell’opera già realizzata, vengono meno insieme sia la possibilità di tornare a considerare l’utilità in funzione della prima opera, sia la necessità della dichiarazione dell’autorità» [12].

Altre ipotesi che la giurisprudenza identifica con una dichiarazione implicita sono sia quella della scadenza del termine per la realizzazione dell’opera [13], sia quella della «delibera dell’ente espropriante di messa in vendita dei beni o dichiarazioni attestanti la volontà di realizzare scopi diversi da quelli che avevano determinato l’esproprio» [14].

Ugualmente avviene nel caso in cui il bene relitto sia stato inserito nel Piano di Alienazione degli immobili Comunali, previst... _OMISSIS_ ...t. 58 del d.l. 25 giugno 2008 n. 112 convertito nella l. 6 agosto 2008 n. 133, al fine della sua dismissione [15].

Sotto l’impero della legge generale sulle espropriazioni per pubblica utilità è stato, invece, escluso che «un certificato attestante l’esistenza di una valutazione in corso rimessa al prefetto circa l’eventuale rettifica del decreto di espropriazione, stante la mancanza di contenuto negoziale impegnativo ai fini della retrocessione», possa essere considerato quale dichiarazione di inservibilità implicita [16].