La convenzione PIF: "Ne bis in idem"

Anche la Convenzione PIF, così come Convenzioni analoghe quale quella di Schengen all’art. 54, riconosce il principio del “ne bis in idem”, un principio generale del diritto penale secondo cui una stessa persona non può essere giudicata due volte per lo stesso fatto, neppure in due Stati diversi.

Il principio viene articolato nella Convenzione in una serie di previsioni: in primo luogo vi è la precisazione secondo cui tale principio opera in presenza di “provvedimenti definitivi”.

Questo pone già una serie di problemi interpretativi perché nei sistemi processualpenalistici di ciascuno Stato Membro (ed è sempre bene ricordare che la U.E. si compone di 27 Stati Membri e 29 sistemi giuridici – contemplando il Regno Unito anche il sistema scozzese e irlandese che differiscono da quello dell’Inghilterra e Galles - tra loro diversi) esistono una varietà di provvedimenti per definire i procedimenti ... _OMISSIS_ ...cetto di “provvedimento definitivo” può variare da uno all’altro.

Inoltre, l’articolo 7 comma 1 della Convenzione prevede che il principio del ne bis in idem si applichi, in caso di sentenza di condanna, “purché la pena eventualmente applicata sia stata eseguita, sia in fase di esecuzione o non possa più essere eseguita in base alla legislazione dello Stato che ha pronunciato la condanna”.

Il dibattito sul “ne bis in idem” non può non riferirsi anche alla norma dell’articolo 54 della Convenzione di Schengen, su cui si è anche formata giurisprudenza della Corte di Giustizia.

Punto problematico è proprio quello del concetto di “provvedimento definitivo”.

In particolare, la Corte nelle cause riunite C-187/01 e C-385/01 doveva stabilire se tale concetto potesse valere anche nei confronti di provvedimenti di chiusura di un procedimento adottati da un p... _OMISSIS_ ...ro anziché da un giudice al termine di un dibattimento. Nella specie, in particolare, si discuteva di due procedimenti in Germania e in Belgio. Nel primo, le autorità tedesche volevano iniziare un procedimento penale nei confronti di un soggetto che era già stato sottoposto a procedimento penale in Olanda e lo aveva estinto con un rito che prevedeva una sorta di “transazione” col Pubblico Ministro in base alla quale il soggetto aveva accettato di pagare una sanzione pecuniaria.

Nel secondo caso, il Belgio voleva procedere nei confronti di un soggetto tedesco che era già stato giudicato in Germania, per un reato commesso in Belgio. In Germania l’imputato aveva definito il procedimento con una sorta di “patteggiamento” a seguito del quale il Pubblico Ministero aveva archiviato il caso.

Ora, la Corte, adita in via pregiudiziale sull’interpretazione dell’art. 54 della Convenzione di Schengen, ha ritenuto... _OMISSIS_ ...i i casi l’azione penale era stata definita in base ad una decisione emessa da una autorità incaricata di amministrare la giustizia penale nell’ordinamento interessato e la procedura di estinzione era stata comunque subordinata a degli obblighi in qualche modo sanzionatori a carico dell’imputato che, seppure a seguito di accordi con l’ufficio del Pubblico Ministero, aveva comunque pagato delle somme pecuniarie. Di conseguenza la Corte ha ritenuto che la condotta dell’imputato in entrambi i casi fosse stata sanzionata e che il provvedimento di chiusura del procedimento fosse equiparabile ad un provvedimento definitivo.

Successivamente, la Corte ha avuto modo di precisare che il principio del ne bis in idem si applica anche nei confronti delle sentenze dichiarazione di prescrizione (si veda in questo ultimo senso Corte di Giustizia in caso C-467/04).

Altro punto di rilievo riguarda il concetto di identità dei fat... _OMISSIS_ ...iudizio.

Anche su questo, la Corte nella stessa decisione C-467/04 ha precisato che l’unica interpretazione possibile del concetto di “medesimi fatti” è riferirsi alla identità di fatti materiali, “intesi come esistenza di un insieme di circostanze concrete inscindibilmente collegate tra loro”.

Sono però anche previste deroghe al principio del ne bis in idem, come formulato sopra, in particolare:


se i fatti della sentenza straniera sono avvenuti in realtà in tutto in parte sul territorio dell’altro Stato Membro che invoca la non applicabilità del ne bis in idem (purché non siano avvenuti in parte nel territorio dello Stato Membro che ha pronunciato la sentenza);
se i fatti rappresentano anche illeciti contro la sicurezza o contro altri interessi essenziali di tale Stato membro (si potrebbe ipotizzare, per esempio, una frode iva con documenti falsi in materia di... _OMISSIS_ ...vendite di apparecchi per la difesa);
se i fatti oggetto della sentenza straniera sono stati commessi da un pubblico ufficiale dello Stato Membro che invoca la non applicabilità del ne bis in idem, in violazione dei doveri di ufficio.

Il tutto, ovviamente, a condizione che il procedimento contro la persona nello Stato Membro che ha poi emesso la sentenza non sia iniziato a richiesta dell’altro Stato che pretende poi di non applicare il ne bis in idem, oppure dopo una estradizione concessa da quest’ultimo.

In altre parole, se uno Stato Membro ha creato la condizioni per lo svolgimento del procedimento penale in un altro, non può poi pretendere che non si applichi il principio del ne bis in idem nei confronti della sentenza emessa in quel procedimento.