REATI FINANZIARI

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La convenzione sulla protezione degli interessi finanziari della Unione Europea

Il quadro normativo fornisce diversi strumenti per la lotta a irregolarità e frodi contro il bilancio comunitario; l’esperienza concreta dimostra però che, pur essendo molte le indagini penali transnazionali in questo campo, alcuni di tali strumenti sono poco conosciuti dalle autorità giudiziarie nazionali o addirittura ignorati; a questo, in alcuni casi si sommano problemi di trasposizione nel diritto interno della normativa comunitaria, nel senso che non tutti gli strumenti sono stati attuati

Analisi della Convenzione PIF (Protezione degli Interessi Finanziari)

L’origine della Convenzione PIF deve farsi risalire all’art. K.3 del Trattato di Maastricht del 7 febbraio 1992 che ha istituito l'Unione Europea. Il suo scopo è indicato nello stesso preambolo dell’atto, laddove gli Stati Membri della U.E., parti contraenti della Convenzione, manifestano la volontà che le loro rispettive legislazioni penali nazionali contribuiscano efficacemente alla tutela degli interessi finanziari dell'Unione. La Convenzione si apre peraltro con una definizione di frode

La convenzione PIF: persone giuridiche, competenza territoriale, estradizione

Il principio sancito dall’art. 3 sulle responsabilità penali dei dirigenti delle imprese ha comportato una significativa svolta in diritto penale, avendo aperto la strada negli ordinamenti interni all’affermazione delle responsabilità da reato degli enti, in apparente contraddizione con un principio storico del diritto penale. L’affermazione del ruolo fondamentale delle imprese nel sistema delle finanze comunitarie si trova nel preambolo della Convenzione, a dimostrazione della sua importanza

Convenzione per la protezione degli interessi finanziari della UE: la cooperazione

La cooperazione giudiziaria tra gli Stati membri si sta sviluppando come il terreno dove si tende a realizzare quello spazio giuridico e giudiziario europeo comune. La Convenzione non può che ribadire la necessità della Cooperazione tra Stati quando un'ipotesi di frode riguarda almeno due Stati membri ed afferma che la cooperazione può avvenire, per esempio, attraverso la assistenza giudiziaria, l’estradizione, il trasferimento dei procedmenti o l’esecuzione delle sentenze pronunciate all’estero

La convenzione PIF: "Ne bis in idem"

Anche la Convenzione PIF, così come Convenzioni analoghe, riconosce il principio del “ne bis in idem”, un principio generale del diritto penale secondo cui una stessa persona non può essere giudicata due volte per lo stesso fatto, neppure in due Stati diversi. Il dibattito non può non riferirsi anche alla norma dell’articolo 54 della Convenzione di Schengen, su cui si è anche formata giurisprudenza della Corte di Giustizia. Punto problematico è quello del concetto di provvedimento definitivo.

Adesione ed entrata in vigore della Convenzione PIF

La Convenzione impone alcuni obblighi di comunicazione agli Stati Membri. In primo luogo, un obbligo di comunicazione alla Commissione Europea delle norme con cui hanno attuato la Convenzione stessa; inoltre la Convenzione richiede agli Stati di definire le informazioni da scambiarsi tra loro e con la Commissione nonché le modalità di trasmissione. Le comunicazioni hanno rilievo in quanto da esse decorrono dei termini rilevanti. Il primo Stato ad avere comunicato l’attuazione è stato la Germania

Attuazione della Convenzione PIF in Italia: la legge 300/2000

La legge non solo apportato modifiche al codice penale e di procedura penale introducendo nuove figure di reato e nuovi strumenti processuali, ma ha anche operato come legge delega, affidando al governo il compito di scrivere norme attuative in materia di responsabilità degli enti sulla base di linee guida indicate nella legge stessa. La L. 300 non attua soltanto la Convenzione PIF, il suo primo protocollo e il protocollo sulla interpretazione della Corte di Giustizia, ma anche altre Convenzioni

Osservazioni sull’efficacia della protezione degli interessi finanziari della U.E. nell’ordinamento italiano

La Commissione Europea ha vigilato sulla attuazione della Convenzione PIF nei vari ordinamenti nazionali degli Stati Membri. Tale potere trova legittimazione nell’art. 10 della Convenzione stessa, che fa obbligo agli Stati Membri di comunicare alla Commissione Europea i testi delle normative nazionali di attuazione della Convenzione. La Commissione ha redatto e redige poi dei rapporti sullo stato della attuazione. Ad oggi, la Commissione ha redatto due rapporti, uno nel 2004 e uno nel 2008.

Attuazione della PIF in Italia: l'art. 640 bis

La questione attiene alla natura del reato di frode, se si tratti di un reato autonomo o di una mera ipotesi aggravata del reato di truffa di cui all’art. 640 c.p. Come è evidente, la questione è di non poco conto perché in tale ultimo caso, l'aggravante potrebbe essere bilanciata, in sede di condanna, dalle circostanze attenuanti, anche generiche, e la pena massima scenderebbe drasticamente da 6 anni di reclusione a 3 anni. Alla fine ha prevalso la seconda ipotesi, indebolendone la deterrenza.

Il futuro della protezione degli interessi finanziari della U.E.

L’entrata in vigore del Trattato di Lisbona nel dicembre 2009 ha rappresentato una significativa innovazione nell’ambito del diritto comunitario. Una delle più rilevanti novità è la previsione dell'istituzione dell’Ufficio del Procuratore Europeo con un ambito d'azione specifico: la protezione degli interessi finanziari della U.E.. Questo settore si conferma di ogni innovazione nel diritto “penale comunitario”. In quale modo il Procuratore Europeo potrà operare è, al momento, ancora non definito