L'attività amministrativa che segue alla presentazione della d.i.a. (art. 23 T.U.)

Una volta ricevuta la d.i.a., lo sportello unico dell’edilizia dovrà comunicare all’interessato il nominativo del responsabile del procedimento, entro dieci giorni, ai sensi dell’art. 20 T.U., dettato per il permesso di costruire, ma analogicamente applicabile anche alla d.i.a., sussistendo le medesime esigenze di assicurare all’interessato la partecipazione al procedimento.

Si aprirà a questo punto un procedimento amministrativo volto al controllo della completezza e regolarità documentale, la sussistenza dei fatti e delle condizioni giuridiche legittimanti l’inizio dell’attività attestate per mezzo della denuncia e della relazione allegata e la conformità del progetto con le disposizioni che disciplinano i presupposti e i requisiti dell’intervento.

Tale potere di controllo si caratterizza per essere doveroso, in quanto volto ad assicurare la necessaria presenza della P.A. in veste di garante estern... _OMISSIS_ ...à e puntuale, visto che ogni dichiarazione deve essere assoggettata a specifica verifica e si deve escludere la possibilità di un controllo a campione. Diversamente, non si vedrebbe il senso per il privato di attendere i trenta giorni per l’inizio dell’attività e si ingenererebbe un rischio di disparità di trattamento tra i denuncianti che hanno presentato una d.i.a. sottoposta a verifica e che sono stati messi in condizione di eliminare le cause di una futura condotta illecita e quelli che hanno presentato d.i.a. non controllata a cui non viene data tale possibilità.

Il fatto che l’istituto della d.i.a. si fondi sulla responsabilità del denunciante implica che la denuncia produca effetti soltanto nei limiti di quanto dichiarato, e sulla base della correttezza intrinseca di quanto evincibile dal suo stesso contenuto e dalla documentazione allegata: in sede di controllo, dunque, la P.A. dovrà controllare la correttezza e la coerenza delle ... _OMISSIS_ ... della documentazione, ma non si potrà pretendere che la stessa proceda ad interventi correttivi o interpretativi.

Nel caso in cui il controllo dia esito positivo, si discute sulla necessità di adottare un provvedimento espresso, e sul punto l’orientamento dominante ritiene di dover dare una risposta negativa, qualificando il controllo in esame come ad effetto provvedimentale solo eventuale.

Si rileva, infatti, che soltanto nell’ipotesi di riscontro negativo il relativo atto assumerà valore provvedimentale esterno, perché, anche ammettendo che la P.A. formalizzi l’esito positivo del controllo con l’adozione di un atto amministrativo, questo si sostanzierà in un mero referto degli esiti dell’intervenuta verifica, destinato a rilevare ai fini interni e come indicatore del comportamento nella specie tenuto dall’Amministrazione, senza che pertanto possa parlarsi di atto avente contenuto provvedimentale.
... _OMISSIS_ ...aso in cui il riscontro dia esito negativo, si avrà sicuramente l’adozione di un atto amministrativo, che l’art. 23, co. 6, T.U. identifica in un divieto di intraprendere l’attività, facendo salva la facoltà per l’interessato di ripresentare la denuncia, opportunamente emendata con le modifiche e le integrazioni necessarie per renderla conforme alla normativa edilizia.

Si ha quindi una prima differenza con l’art. 19 della legge n. 241/1990, che, fin dalla sua prima formulazione, prevede che la P.A., se possibile, prima di adottare il provvedimento inibitorio, debba invitare il privato a conformare l’attività, assegnando un termine non inferiore a trenta giorni: si tratta del c.d. potere conformativo, il cui esercizio, peraltro, ai sensi del successivo art. 21, co. 1, è precluso in caso di dichiarazioni mendaci o di false attestazioni.

Altro dato normativo di cui tener conto è l’art. 3, co. 3, del D.P... _OMISSIS_ ..., che è da reputare ancora vigente, e prevede il c.d. invito alla regolarizzazione: qualora la denuncia del privato non sia regolare o completa, la P.A. ne deve dare comunicazione al denunciante entro dieci giorni, indicando le cause di irregolarità o di incompletezza.

È controverso se queste norme siano applicabili alla d.i.a. edilizia oppure no, e, ad avviso di chi scrive, la risposta è negativa per i poteri conformativi, e positiva per l’invito alla regolarizzazione.

Quest’ultimo si ha qualora la P.A. riscontri una mera incompletezza della documentazione allegata alla d.i.a. che non sia tale da determinare la carenza dei requisiti e dei presupposti cui la legge subordina l’esercizio dell’attività, e la sua ratio è quella di evitare l’adozione di un provvedimento inibitorio, che, invero, in questi casi sarebbe sproporzionata, e assai probabilmente viziata da eccesso di potere.

L’art. 3, c... _OMISSIS_ .... n. 300/1992, in altre parole, è applicabile alla d.i.a. edilizia in quanto espressione del principio generale di conservazione del procedimento amministrativo, ricavabile dall’art. 6 della legge n. 241/1990, che, nell’indicare i compiti del responsabile del procedimento, alla lettera b) prevede che egli possa «... richiedere la rettifica di dichiarazioni o istanze erronee o incomplete…».

I termini del discorso cambiano con riferimento ai provvedimenti conformativi, che non possono essere adottati in caso di d.i.a. edilizia poiché l’art. 23, co. 6, T.U., prevede un rimedio specifico che è la ripresentazione della d.i.a. e sarebbe irragionevole immaginare l’applicabilità sia di questo meccanismo sia l’esercizio dei poteri conformativi.

Questa considerazione era di per sé sufficiente, in passato, ad escludere la possibilità di concepire con riferimento alla d.i.a. edilizia l’esercizio d... _OMISSIS_ ...mativi da parte della P.A., poiché la previsione nell’art. 19 della legge n. 241/1990 di tale potestà amministrativa trovava la sua giustificazione nel fatto che nei vari modelli di d.i.a. che nel corso del tempo sono stati disciplinati dallo stesso art. 19, il potere inibitorio della P.A. poteva intervenire su un’attività già intrapresa, cosa che invece non accadeva e non accade nella d.i.a. edilizia.

Si deve osservare, nondimeno, che questa tesi ha ricevuto una definitiva conferma con l’introduzione nel nostro sistema della s.c.i.a. ad opera del d.l. 78/2010: oggi, infatti, l’art. 19 della legge n. 241/1990 regola un istituto diverso dalla d.i.a. edilizia, e non è concepibile estendere analogicamente a quest’ultima le peculiari norme sul procedimento che segue alla presentazione della s.c.i.a., tra cui, appunto, anche i poteri conformativi.

Passando al potere inibitorio, esso si risolverà in un divieto di ini... _OMISSIS_ ...ttività edilizia, e non pare possa essere messo in dubbio il suo carattere vincolato, vista la formulazione letterale dell’art. 23, co. 6, T.U.: «il dirigente o il responsabile del competente ufficio comunale, ove … sia riscontrata l’assenza di una o più delle condizioni stabilite, notifica all’interessato l’ordine motivato di non effettuare il previsto intervento». Ancora una volta, l’utilizzo dell’indicativo presente è sintomatico della volontà del legislatore di concepire l’esercizio del potere inibitorio come un dovere per la P.A., svincolato da ogni apprezzamento discrezionale.

Ciò esclude che esso possa essere ricondotto al potere di autotutela, e comporta, da un lato, che contro il provvedimento inibitorio non possano essere dedotte censure attinenti al vizio di eccesso di potere, e, dall’altro, che la motivazione richiesta dall’art. 23, co. 6, T.U. non debba essere particolarm... _OMISSIS_ ...ta, essendo a tal sufficiente il mero richiamo alla non conformità dell’intervento alla normativa urbanistica vigente o la mancanza di disponibilità del bene o la mancata allegazione della documentazione richiesta dalla legge (salvo il problema, di cui si è dato conto sopra, della possibilità o meno per la P.A. di adottare provvedimenti conformativi).

Nell’esercitare il proprio potere inibitorio, infatti, la P.A. non è tenuta a tener conto dell’affidamento del privato, che, peraltro, mancando qualsivoglia attività pubblica precedente su cui esso possa fondarsi, non è neppure configurabile e pertanto non sarà nemmeno necessaria una specifica motivazione in ordine alla comparazione dell’interesse pubblico alla rimozione dell’attività oggetto di d.i.a. con quello del privato alla conservazione dell’attività stessa.

Ci si è poi chiesti, indipendentemente dalla ricostruzione che si intende accogliere a proposi... _OMISSIS_ ...ura del procedimento amministrativo che si apre in seguito alla presentazione della d.i.a., se sia necessaria la comunicazione d’avvio del procedimento al denunciante e ai terzi controinteressati.

A fronte di una ricostruzione che, ritenendo applicabile la disciplina generale della legge n. 241/1990, risponde positivamente, l’opinione assolutamente prevalente in giurisprudenza ritiene non necessario tale adempimento, facendo leva sulle esigenze di celerità e di non aggravamento del procedimento e sulla considerazione per cui il provvedimento inibitorio non determina l’avvio del procedimento, ma la sua conclusione.

In una prospettiva sostanzialistica, che tenga conto anche degli sviluppi giurisprudenziali in tema di comunicazione d’avvio del procedimento e del secondo comma dell’art. 21-octies della legge n. 241/1990, una soluzione appagante potrebbe essere quella di distinguere tra il denunciante e i terzi che p... _OMISSIS_ ... un interesse contrario all’avvio dell’attività.

Se la comunicazione d’avvio si rivela un adempimento che può senza dubbio considerarsi inutile con riferimento al soggetto che presenta la d.i.a., che non può non essere a conoscenza del procedimento a cui lui stesso ha dato impulso, altrettanto non può dirsi per i terzi controinteressati, che partecipando al procedimento potrebbero fornire alla P.A. elementi utili per l’accertamento della presenza di tutti i requisiti richiesti dalla legge per lo svolgimento dell’attività; soluzione questa che, oltre ad agevolare la funzione di controllo della P.A., avrebbe anche il pregio di essere un prezioso strumento di prevenzione del contenzioso.

Sono sorti inoltre dubbi sull’applicabilità alla d.i.a. dell’istituto del preavviso di rigetto, previsto dall’art. 10-bis della legge n. 241/1990, applicabile a tutti i procedimenti ad istanza di parte e consist... _OMISSIS_ ...nicazione da parte della P.A. dei motivi ostativi all’accoglimento della domanda.

L’opinione positiva argomenta a partire dalla necessità di coinvolgere il denunciante, esigenza che nella d.i.a. si sente di più rispetto ad altri istituti, e dalla discussa premessa secondo cui la denuncia sarebbe assimilabile ad un’istanza idonea a dare impulso ad un procedimento che, per effetto del mancato esercizio del potere inibitorio nel termine, si conclude con un titolo abilitativo tacito.

A parte quest’ultimo problema, definitivamente risolto dal d.l. n. 138/2001, si deve notare che l’applicabilità dell’art. 10-bis è stata negata anche da pronunce che hanno configurato la d.i.a. come una peculiare ipotesi di silenzio assenso e che questa impostazione sembra quella preferibile.

Condivisibili sembrano i plurimi argomenti portati a sostegno dell’opinione negativa: l’impossibilità di inquadr... _OMISSIS_ ...ento che viene avviato con la presentazione della d.i.a. possa farsi rientrare tra quelli «ad istanza di parte»; l’impossibilità di conciliare l’istituto del preavviso di diniego col termine ristretto entro il quale la P.A. deve provvedere; la non riconducibilità del provvedimento inibitorio ad un rigetto dell’istanza; l’assenza di parentesi procedimentali produttive di sospensione del termine stesso; la non tassatività delle eccezioni contenute all’ultimo periodo dell’art. 10-bis della legge n. 241/1990; il fatto che la disciplina della partecipazione è regolata dal T.U. in modo più garantista della legge n. 241/1990, che si limita a fissare una garanzia minima e inderogabile per quanto concerne la partecipazione, destinata a cedere il passo a norme, contenute in altre leggi regolanti specifici settori, che prevedano per il privato una tutela specifica maggiore in chiave partecipativa; la salvezza della facoltà di ripresen... _OMISSIS_ ...a.

Quanto al termine per l’esercizio dei poteri inibitori, in passato, ai sensi dell’art. 4, co. 11 e 15, del d.l. n. 398/1993, era di venti giorni, e si era formato un orientamento giurisprudenziale piuttosto singolare, che riteneva che a questo termine si accompagnasse quello di sessanta giorni previsto in via generale dall’art. 19 della legge n. 241/1990.

Questa ricostruzione – che argomentava a partire dal rinvi...