COMUNICAZIONI

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Il terzo condono edilizio disciplinato dall'art. 32 del Decreto Legge n. 269/2003

Rispetto ai precedenti, il terzo condono risulta per alcuni profili più ristretto, dal momento che, relativamente alle nuove costruzioni residenziali, pone un limite complessivo di 3.000 metri cubi ai volumi sanabili, e definisce analiticamente le tipologie di abusi condonabili, introducendo altresì alcuni nuovi limiti all'applicabilità del condono stesso, in aggiunta a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985.

L'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001

L'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, a differenza del condono, è una disciplina di sanatoria "ordinaria" degli abusi edilizi; esso è un procedimento amministrativo a natura vincolata, in cui la Pubblica Amministrazione è priva di qualsivoglia discrezionalità. Ne deriva che essa dovrà limitarsi a verificare che siano rispettati i requisiti della norma per accogliere o denegare l'istanza del proprietario dell'area abusiva ovvero del responsabile dell'abuso.

Il sistema di regole che disciplinano il regime giuridico dei beni demaniali e patrimoniali pubblici

Ai sensi dell’art. 823, comma 1 c.c. i beni appartenenti al demanio pubblico, per qualità e caratteri intrinseci, non possono che essere inalienabili, inusucapibili ed imprescrittibili proprio in funzione del soddisfacimento dell’interesse superiore a cui sono protesi. L’incommerciabilità che ne deriva e la mancanza di potere di acquisto secondo i modi conosciuti dal sistema ordinamentale determinano nella “concessione” l’unica possibilità di riconoscere diritti a favore di terzi su tali beni.

Le forme di tutela dei beni pubblici: competenza e giurisdizione.

Nel panorama legislativo, sia la tutela esecutiva, come forma di difesa amministrativa, sia quella giurisdizionale, che afferma la competenza del giudice amministrativo, sono applicate conformemente sia ai beni demaniali, che a quelli appartenenti al patrimonio indisponibile, ma sono completamente disattese per quelli rientranti nel novero del patrimonio disponibile.

Il procedimento di dismissione immobiliare: la sdemanializzazione

Il concetto di dismissione del patrimonio pubblico può essere introdotto come procedimento prodromico non solo dell’attività di alienazione del bene, ma anche di tutte le altre conseguenze previste e regolarizzate dal legislatore, quali ad esempio l’espropriabilità o la sua usucapibilità, che fanno capo alla sdemanializzazione patrimoniale.

La gestione del patrimonio disponibile ed il fenomeno del "federalismo demaniale"

La gestione dei beni annoverati come disponibili è sottoposta alle regole di diritto privato, in effetti questi beni possono essere sottratti al loro impiego senza alcuna particolare procedura, in modo particolare se non sono stati destinati a specifici fini istituzionali la libertà d’impiego è caratterizzata soltanto da eventuali procedure di evidenza pubblica per ciò che concerne la scelta del contraente, altrimenti sono asserviti ai comuni contratti di locazione e comodato.

Le concessioni demaniali marittime: rilievi e criticità secondo le “raccomandazioni comunitarie”

Il Consiglio di Stato afferma con rigore e puntualità l’espunzione dal nostro ordinamento della proroga della concessioni demaniali marittime e la conformità al diritto attraverso l’uso della gara pubblica per la scelta del contraente. Vengono così definitivamente recepiti i principi di cui alla direttiva 2006/123/CE, che, armonizzata con l’ordinamento nazionale, estende i principi di trasparenza ed imparzialità non solo alle concessioni di beni, ma anche a quelle di servizi.

Il c.d. Decreto Tremonti: come cambiano i concetti di privatizzazione e valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico

Il “Decreto Tremonti” e il decreto legislativo sul “Federalismo demaniale”, sono permeati dalle buone intenzioni del legislatore conformi all’idea di vuotare il debito di conoscenza del patrimonio immobiliare pubblico, raggiungere un quadro organico di interventi legislativi nelle singole materie, puntare alla valorizzazione implementando la produttività secondo le diverse realtà territoriali.

La tutela storico-artistica dei beni culturali ed archeologici

La tutela storico-artistica di un bene culturale non protegge un’opera dell’ingegno dell’autore, ma un’oggettiva testimonianza materiale di civiltà, la quale, nella sua consistenza effettiva e attuale, ben può risultare da interventi successivi e sedimentati nel tempo, tali da dar luogo ad un manufatto storicamente complesso e comunque parzialmente diverso da quello originario.

L’imposizione di un vincolo indiretto sui beni culturali ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs. 42/2004

L’imposizione di un vincolo indiretto ai sensi dell’art. 45 del D.Lgs. 42/2004 (con le modalità procedimentali di cui ai successivi articoli 46 e 47), pur essendo rimesso alla discrezionalità dell’Amministrazione, soggiace ai limiti rappresentati dalla razionalità e dalla logicità dell’azione amministrativa.

L'individuazione dei beni da sottoporre all'imposizione di un vincolo artistico, storico, archeologico o etnoantropologico

La valutazione in ordine all'esistenza di un interesse culturale (artistico, storico, archeologico o etnoantropologico) particolarmente importante, tale da giustificare l'imposizione del relativo vincolo ai sensi degli artt. 13, comma 1, e 10, comma 3, lett. a), del d.lgs. 22 gennaio 2004, n. 42, è prerogativa esclusiva dell'Amministrazione preposta alla gestione del vincolo.

Esercizio del potere espropriativo nel caso dei beni culturali

Nel caso di bene culturale, la pubblica finalità che giustifica l’esercizio del potere ablatorio è rappresentato dalla migliore fruizione del bene vincolato medesimo. Ai sensi dell’articolo 95, comma 1, D.Lgs. n. 42/2004, i beni culturali vincolati possono essere espropriati «quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorare le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica dei beni medesimi».

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