Applicazione delle norme sulle distanze tra costruzioni in caso di abusi edilizi

VINCOLI ED EDIFICABILITÀ --> VINCOLI URBANISTICI E LEGALI --> DISTANZE --> ABUSI EDILIZI

L’inderogabilità delle distanze tra fabbricati, in ragione del peculiare e inderogabile interesse pubblico sotteso, vige pure nei confronti delle costruzioni abusive. Ciò vale sempre, tranne per le costruzioni abusive successive alla realizzazione di edifici muniti di regolare titolo, senza possibilità di deroga alcuna.

Gli edifici abusivi non possono essere tenuti in considerazione nel calcolo delle distanze, neanche se sono stati realizzati prima degli edifici regolarmente assentiti; il criterio di prevenzione temporale non è suscettibile di applicazione proprio in relazione alle opere edilizie abusivamente realizzate sul fondo di pertinenza di un soggetto e tenute in conto ai fini del calcolo delle distanze con il proprietario frontistante.

L'abuso edilizio, allorquando occorra valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere, di per sé, rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare.

In tema di illegittimo rilascio di permesso di costruire va verificato se il provvedimento risulti adottato in violazione della norma di diritto pubblico in tema di distanze, nel senso che il nuovo manufatto si ponga in contrasto con le finalità di tutela dell'interesse pubblico al quale il DM 1444/1968 è teleologicamente orientato.

L’Amministrazione comunale deve senza indugio emanare i provvedimenti sanzionatori, volti se del caso alla rimozione delle opere che risultino abusive (anche su sollecitazione proprio del vicino): fin quando però i manufatti abusivi continuino ad esistere, di essi si deve tenere conto in sede di applicazione delle distanze.

Le distanze legali non possano essere misurate tenendo conto anche delle opere abusive confinanti.

È illegittimo l'ordine di demolizione di costruzioni che, in violazione delle distanze secondo le norme vigenti al momento della loro realizzazione, tali non siano più alla stregua delle norme vigenti al momento della decisione, salvo, ove ne ricorrano le condizioni, il diritto al risarcimento dei danni prodottisi medio tempore, ossia di quelli conseguenti alla illegittimità della costruzione nel periodo compreso tra la sua costruzione e l'avvento della nuova disciplina.

L'eliminazione delle vedute abusive può essere realizzata non solo mediante la demolizione delle porzioni immobiliari per mezzo delle quali si realizza la violazione di legge lamentata, ma anche attraverso la predisposizione di idonei accorgimenti che impediscano di esercitare la veduta sul fondo altrui, come l'arretramento del parapetto o l'apposizione di idonei pannelli che rendano impossibile il prospicere e l'inspicere in alienum.

Le distanze fra le costruzioni sono predeterminate con carattere cogente in via generale ed astratta, in considerazione delle esigenze collettive connesse ai bisogni di igiene e di sicurezza, di guisa che al giudice non è lasciato alcun margine di discrezionalità nell'applicazione della disciplina in materia per equo contemperamento degli appositi interessi. Pertanto, in caso di costruzione realizzata senza l'osservanza delle distanze legali o regolamentari, il giudice deve ordinare incondizionatamente la riduzione in pristino, ancorché questa possa incidere sulle parti dell'edificio regolari.

In caso di violazione delle distanze legali tra le costruzioni è irrilevante l'accertamento della dannosità in concreto, essendo sufficiente verificare, tenuto conto del principio dell'autonomia negoziale, se siano state o meno rispettate le distanze contrattualmente previste.

Una volta accertata la violazione delle distanze legali, la responsabilità del progettista può essere esclusa soltanto dimostrando che l'opera che non rispetta le distanze suddette non era conforme al progetto.

La sanabilità delle opere lesive delle distanze dai confini ed edifici dei fondi limitrofi deve escludersi limitatamente alle distanze prescritte dagli strumenti urbanistici locali, in quanto le norme in tema di distanze degli strumenti urbanistici locali, non sono derogabili, perché dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica.

Una SCIA è di per sé inidonea a sanare la violazione delle norme sulle distanze dagli edifici.

Ai fini dell'osservanza delle norme sulle distanze fra immobili, è irrilevante l'eventuale carattere abusivo dell'edificio preesistente, costituendo questo comunque una entità materiale, come tale da considerare in sede di rilascio della concessione edilizia per il nuovo edificio.

L’abuso edilizio, allorquando occorra valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere, di per sé, rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare e quindi il mancato rispetto delle distanze legali non rileva se l’immobile di riferimento è abusiva.

La condanna alla demolizione, nel caso di accertata violazione delle distanze legali, non comporta la necessità di ulteriore acquisizione in ordine al danno. Neppure il rilascio di provvedimento che, dal punto di vista amministrativo ed urbanistico, assenta l'edificazione può avere effetto scriminante rispetto alla consumata violazione del diritto del terzo a non veder violate, in proprio sfavore, le norme sulle distanze.

In tema di distanze fra costruzioni, il principio che la scelta di una delle tre soluzioni costruttive (a distanza legale, in aderenza o in appoggio) consentita può essere successivamente mutata, qualora la situazione lo consenta, opera incondizionatamente soltanto allorché la soluzione originariamente adottata sia legittima, e non anche quando la scelta originaria sia in contrasto con la legge ed il legittimo titolare del diritto soggettivo al rispetto delle norme sulle distanze fra le costruzioni agisca in giudizio per l'eliminazione della situazione illegittima.

L'abuso edilizio in sé considerato, e cioè quello per cui l'interessato non abbia neppure fatto domanda di sanatoria o di condono, al momento in cui occorre valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non può essere ex se rilevante ed incidente sulla posizione giuridica di chi abbia diritto di edificare, pena il capovolgimento, e quindi la vulnerazione, di ogni ordinario criterio discretivo delle posizioni giuridiche tra quelle lecite e quelle illecite.

Il difetto di concessione edilizia della costruzione esula dal giudizio che attiene al rispetto della disciplina delle distanze la cui disposizioni attengono alla tutela del diritto soggettivo del privato e, d'altra parte, tale diritto non subisce alcuna compressione per il rilascio della concessione stessa, trattandosi di provvedimento amministrativo che esaurisce la sua rilevanza nell'ambito del rapporto pubblicistico tra l'amministrazione ed il privato che ha realizzato la costruzione.

Le distanze tra costruzioni prescritte dal codice civile e dalle norme regolamentari devono essere osservate anche in relazione a preesistenti edifici realizzati abusivamente.

Il proprietario di una costruzione eseguita in violazione di norme edilizie, mentre è esposto alle sanzioni previste, nel rapporto con la P.A., per dette violazioni, non rimane sprovvisto della tutela approntata a favore della proprietà nel caso di violazione da parte di terzi delle norme che disciplinano tale diritto, fra l'altro in tema di distanze, poiché l'osservanza della legge può essere pretesa anche nel caso in cui il richiedente si trovi, su un piano diverso, in posizione contrastante con altre norme, tanto più che le disposizioni sulle distanze sono giustificate non solo a garanzia degli interessi dei frontisti, ma anche, in una più ampia visione, per il rispetto di una serie di esigenze generali, quali i bisogni di salute pubblica, sicurezza, vie di comunicazione e buona gestione del territorio.

Il diritto di edificare che la legge attribuisce al proprietario dell'area (ovvero a chi ne abbia titolo), qualora non sia legittimamente escluso od impedito dalla norma urbanistica, deve trovare attuazione immediata e piena, tenuto conto che la stessa legge fa salvi soltanto "i diritti" dei terzi, ma non certo le "illiceità edilizie" dei terzi.

L’accertamento del rispetto delle distanze va effettuato sulla base dell’effettivo stato dei fatti e dei luoghi, a prescindere, pertanto, dalla legittimità della costruzione, rispetto alla quale deve essere verificata la permanenza della distanza minima, proprio a tutela di quell’interesse pubblico alla salubrità degli assetti urbanistici, al quale non è possibile derogare.

L'abuso edilizio in ordine al quale non sia stata proposta domanda di sanatoria o di condono al momento in cui occorre valutare la domanda del confinante di edificare sul proprio suolo, non è rilevante, giacché in materia di distanze tra immobili, il diritto di edificare, qualora non sia legittimamente escluso od impedito dalla norma urbanistica, deve trovare attuazione immediata e piena, tenuto conto che la stessa legge fa salvi soltanto "i diritti" dei terzi, ma non certo le "illiceità edilizie" dei terzi.

La verifica della distanza minima legale tra costruzioni non va operata nel momento in cui il cittadino chiede di poter esercitare il proprio jus aedificandi, ma nel momento in cui è stata richiesta la sanatoria dell'illecito edilizio, poiché non appare giustificabile che una valutazione posteriore (quella relativa alla sanabilità dell'abuso), inesistente all'atto del rilascio della concessione edilizia perché non ancora presentata l'istanza dall'interessato, possa pregiudicare, con un sostanziale effetto retroattivo, il diritto anteriormente sorto e realizzatosi.

VINCOLI ED EDIFICABILITÀ --> VINCOLI URBANISTICI E LEGALI --> DISTANZE --> ABUSI EDILIZI --> CONDONO

Nelle controversie fra privati confinanti per violazione delle distanze legali derivanti dell'esecuzione di opere edilizie, la concessione in sanatoria non può incidere sui rapporti fra soggetti privati sicché i vicini confinanti conservano il diritto di ottenere il risarcimento dei danni oppure la riduzione in pristino.

E' illegittimo il diniego di condono se l’eventuale sanatoria degli edifici in questione, quantunque localizzati ad una distanza inferiore rispetto a quella consentita, non avrebbe pregiudicato affatto la potenzialità edificatoria del vicino, assente ab origine (nella specie perché il fondo viciniore aveva un larghezza di soli mt.18: sicché il limite minimo di distanza di 10 mt. dal confine, previsto per l’edificazione in zona agricola, precludeva ipso facto la possibilità al vicino di realizzare alcuna costruzione).

Il condono risulta legittimamente rilasciato pur nella violazione delle distanze legali, precisandosi, peraltro, che il suddetto titolo definisce i rapporti tra il proprietario dell’opera abusiva ed il Comune, mentre lascia impregiudicata la possibilità per il vicino, leso dalla violazione delle distanze, di far valere i propri diritti nella competente sede civile.

La legge n. 47/1985 non prevede alcuna limitazione alla facoltà di richiedere la sanatoria per le opere realizzate in contrasto con le norme regolamentari in materia di distanze nelle costruzioni.

La sanabilità delle opere lesive delle distanze dai confini ed edifici dei fondi limitrofi, deve escludersi limitatamente alle distanze prescritte dagli strumenti urbanistici locali, ciò in quanto le norme in tema di distanze degli strumenti urbanistici locali – a differenza di quanto avviene per le prescrizioni in materia di distanze introdotte dal codice civile - non sono derogabili, perché dirette, più che alla tutela di interessi privati, a quella di interessi generali e pubblici in materia urbanistica, nonché ad evitare la creazione di intercapedini antigieniche e pericolose, come tali suscettibili di deroga mediante convenzione tra privati.

Ferma la tutela che i privati possono ottenere presso il giudice civile, l'amministrazione nel concedere un titolo edilizio in sanatoria deve comunque considerare le norme che, anche a tutela dell'interesse pubblico all'ordinato sviluppo edilizio, stabiliscono le distanze dai confini e dalle costruzioni.

Alla regolarizzazione dell’illecito edilizio ex d.l. n. 269/2003, che ha efficacia soltanto sul piano amministrativo e penale, restano ovviamente estranei i diritti dei terzi, i quali possono sempre far valere la violazione delle norme sulle distanze legali e chiedere il risarcimento dei danni o la demolizione delle opere abusive.

L'esser intervenuto un provvedimento di sanatoria di abuso edilizio non comporta la pretermissione del diritto del frontistante proprietario al rispetto delle distanze dai confini, di tal che ogni provvedimento autorizzatorio di un'attività di immutazione del territorio viene rilasciato con la clausola - per vero superflua - della "salvezza dei diritti dei terzi".

Pur in presenza di un provvedimento di condono (nella specie, usufruito da entrambi i proprietari frontisti), il proprietario del fondo contiguo, leso dalla violazione delle norme urbanistiche o delle distanze legali, in presenza dei relativi presupposti ha comunque il diritto di chiedere ed ottenere l'abbattimento o la riduzione a distanza legale della costruzione in ipotesi illegittima.

Nel caso in cui sia leso il diritto dei terzi al rispetto di una distanza minima dal confine, il condono sana la violazione nei rapporti con il comune ma evidentemente non estingue il diritto del proprietario confinante (al rispetto delle distanze prescritte) che potrà farlo valere innanzi all’autorità giurisdizionale competente.

La sanatoria o il condono degli illeciti urbanistici non hanno incidenza nei rapporti fra privati, lasciando impregiudicati i diritti dei confinanti e dei vicini derivanti da eventuali violazioni di distanze legali, pertanto residua in capo al proprietario del fondo o del fabbricato contiguo, leso dalla violazione delle norme poste a tutela delle distanze, il diritto di chiedere ed ottenere la demolizione o la riduzione a distanza legale della edificazione illegittima.

Esplicando i suoi effetti sul piano dei rapporti pubblicistici tra P.A. e privato costruttore, il condono edilizio non ha incidenza nei rapporti tra privati, i quali hanno ugualmente facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria apprestata dall'art. 812 cod. civ. per le violazioni delle distanze previste dal codice civile e dalle norme regolamentari integratrici.

L'eventuale condono edilizio ottenuto, in quanto intercorrente soltanto tra il privato costruttore e la P.A., non priva il vicino (che è terzo) del potere di pretendere l'osservanza della distanza stabilita dallo strumento urbanistico.

Il condono edilizio non sana la violazione delle norme in materia di distanze legali.

VINCOLI ED EDIFICABILITÀ --> VINCOLI URBANISTICI E LEGALI --> DISTANZE --> ABUSO DEL DIRITTO

Una censura volta a denunciare la violazione delle distanze legali non può giammai essere dichiarata inammissibile a cagione della situazione soggettiva in cui si trova il soggetto asseritamente leso, che in passato si sarebbe giovato della interpretazione che oggi avversa: se la violazione sussiste, va dichiarata e la censura volta a denunciarla è ammissibile certamente.
Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.