L'attribuzione della cittadinanza italiana agli stranieri

Le diverse ipotesi di acquisto della cittadinanza

L’Italia è uno dei Paesi che, in ambito europeo, ha la normativa più severa per l’attribuzione della cittadinanza agli stranieri.

Tale normativa — principalmente dettata dalla legge 5 febbraio 1992, n. 91 e dal relativo regolamento di esecuzione di cui al d.P.R. 12 ottobre 1993, n. 572 — è fondata sullo jus sanguinis, che, in linea generale, comporta l’acquisto della cittadinanza per trasmissione diretta della stessa da parte di madre e/o padre italiani. È invece previsto solo in ipotesi marginali l’acquisto jure soli, in base al quale è cittadino colui che nasce nel territorio dello Stato.

La legislazione italiana peraltro consente la doppia o tripla cittadinanza, salva ovviamente la verifica, da parte dell’interessato, che l’ordinamento dello Stato d’origine lo permetta e non richieda piuttosto la rinuncia alla cittadinanza di origine (c.d. principio di rispetto della sovranità degli Stati).

La disciplina è molto complessa. Schematicamente può dirsi che la distinzione fondamentale è quella tra le ipotesi di acquisto automatico della cittadinanza, le ipotesi di acquisto per concessione e le ipotesi di acquisto volontario.


1) Ipotesi di acquisto automatico.

a. Per nascita, se almeno uno dei genitori è cittadino italiano;

b. per nascita nel territorio dello Stato italiano, se entrambi i genitori sono ignoti o apolidi, ovvero se il figlio non segue la cittadinanza dei genitori secondo la legge dello Stato al quale questi appartengono (ad es. Cuba);

c. per riconoscimento o dichiarazione giudiziale di filiazione durante la minore età del figlio (se ciò avviene a maggiore età raggiunta, il figlio conserva il proprio stato di cittadinanza, ma entro un anno dal riconoscimento/dichiarazione giudiziale può eleggere la cittadinanza determinata dalla filiazione);

d. per adozione, quando un minore straniero viene adottato da un cittadino italiano (con la trascrizione del provvedimento straniero di adozione nei registri dello stato civile);

e. per i figli minori di chi acquista a qualsiasi titolo la cittadinanza italiana (purché sussista la potestà genitoriale) i quali diventano automaticamente cittadini italiani se conviventi con il genitore, salva la possibilità di rinunciarvi al raggiungimento della maggiore età, se in possesso di altra cittadinanza.


2) Ipotesi di acquisto per concessione (mediante decreto del Presidente della Repubblica, sentito il Consiglio di Stato, su proposta del Ministro dell’Interno), previa domanda da parte dell’interessato.

La cittadinanza, ai sensi dell’art. 9, comma 1, della legge n. 91 del 1992 n. 91, e successive modifiche e integrazioni, può essere concessa:

  • allo straniero del quale il padre o la madre o uno degli ascendenti in linea retta di secondo grado sono stati cittadini per nascita o che è nato nel territorio della Repubblica e, in entrambi i casi, vi risiede legalmente da almeno tre anni (art. 9, comma 1, lett. a);

  • allo straniero maggiorenne adottato da cittadino italiano che risiede legalmente nel territorio italiano da almeno cinque anni successivamente all’adozione (art. 9, comma 1, lett. b);

  • allo straniero che ha prestato servizio, anche all’estero, per almeno cinque anni alle dipendenze dello Stato italiano (art. 9, comma 1, lett. c);

  • al cittadino di uno Stato UE se risiede legalmente da almeno quattro anni nel territorio italiano (art. 9, comma 1, lett. d)

  • all’apolide e al rifugiato che risiede legalmente da almeno cinque anni nel territorio italiano (combinato disposto dell’art. 9, comma 1, lett. e) con l’art. 16, comma 2, quest’ultimo equipara lo straniero riconosciuto rifugiato dallo Stato italiano all’apolide ai fini della concessione della cittadinanza);

  • allo straniero che risiede legalmente da almeno dieci anni nel territorio italiano (art. 9 comm.1, lett. f) c.d. naturalizzazione.


Il successivo art. 9, comma 2, stabilisce che la cittadinanza può essere concessa “allo straniero quando questi abbia reso eminenti servizi all’Italia, ovvero quando ricorra un eccezionale interesse dello Stato”. In questo caso, la procedura è più complessa in quanto la proposta è del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro degli affari esteri e il decreto del Presidente della Repubblica deve essere preceduto oltre che dal parere del Consiglio di Stato anche dalla previa deliberazione del Consiglio dei Ministri.

Il coniuge di cittadino italiano può acquistare la cittadinanza, ai sensi dell’art. 5 della legge n. 91 del 1992, dopo due anni di residenza legale e convivenza successivi al matrimonio nel territorio nazionale, oppure dopo tre anni nel caso di residenza all’estero.


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Il vincolo matrimoniale deve essere esistente al momento del riconoscimento della cittadinanza, pena il rigetto della domanda.


3) Ipotesi principali di acquisto “volontario”.

a) Per discendenza, da parte dello straniero o apolide con padre, madre o ascendente in linea retta di secondo grado cittadini italiani per nascita, se ricorrono i requisiti previsti dall’art. 4, comma 1, della legge n. 91 del 1992, ovvero:

α. se l’interessato presta effettivo servizio militare per lo Stato italiano e dichiara preventivamente di voler acquisire la cittadinanza italiana;

β. se assume pubblico impiego alle dipendenze dello Stato, anche all’estero, e dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana;
 

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b) Per nascita in Italia (art. 4, comma 2), da parte dello straniero che vi abbia risieduto legalmente senza interruzione fino alla maggiore età, se entro e non oltre il compimento del diciannovesimo anno dichiara di voler acquistare la cittadinanza italiana. La residenza legale ininterrotta normalmente è provata sulla base dell’iscrizione anagrafica, ma con apposita circolare il Ministero dell’Interno ha precisato che eventuali brevi interruzioni dell’iscrizione non possono comportare, di per sé, il rigetto della domanda, purché sia dimostrata la presenza effettiva dalla nascita sul territorio dello Stato attraverso la presentazione di idonea documentazione (ad esempio, certificati medici o scolastici). La dichiarazione di volontà deve essere resa all’ufficiale di stato civile.



4) Differenze di disciplina tra le varie ipotesi di acquisto della cittadinanza. In particolare: naturalizzazione e acquisto jure matrimonii

Fra le diverse ipotesi d’acquisito della cittadinanza italiana fin qui descritte vi sono notevoli differenze.

In particolare, nella “naturalizzazione”, cioè nell’acquisto per residenza, non si configura un diritto soggettivo a diventare cittadino italiano. Il termine usato dalla legge è, infatti, “concessione”, poiché rileva il preminente interesse dello Stato ad includere o meno un nuovo membro nella propria comunità nazionale. Il potere esercitato dall’Amministrazione in relazione a queste istanze è, dunque, altamente discrezionale ed è rivolto all’accertamento dell’interesse pubblico generale, della disponibilità, da parte dell’interessato, di mezzi idonei a garantire la sua autosufficienza economica e la capacità di soddisfare gli obblighi di solidarietà familiari.

Nell’acquisto della “cittadinanza per matrimonio”, invece, si configura in capo al richiedente un vero e proprio diritto soggettivo (TAR Lazio, 27 maggio 2011, n. 4801)...


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Per i criteri di riparto di giurisdizione (tra giudice ordinario e giudice amministrativo) delle controversie in materia di diritto di cittadinanza si rinvia al successivo paragrafo 5.


5) Procedura di accertamento della cittadinanza italiana

La procedura di accertamento della cittadinanza italiana, riguarda chi, nato all’estero da almeno un genitore cittadino italiano, necessita solo della verifica relativa al possesso della cittadinanza italiana, acquistata automaticamente alla nascita, ma non riconosciuta per la mancata trascrizione nei registri dello stato civile in Italia. Il provvedimento di accertamento (attestazione di possesso della cittadinanza italiana) ha pertanto efficacia retroattiva.

La procedura può essere promossa attraverso l’Ambasciata italiana, in caso di residenza all’estero, o presso il Comune di effettiva dimora, se il richiedente si trova già in Italia. Un’apposita disposizione del Ministero dell’Interno ha precisato che i discendenti dei cittadini italiani per nascita in possesso di un valido permesso di soggiorno, indipendentemente dalla durata dello stesso o dal titolo per il quale è stato concesso, devono essere temporaneamente iscritti nei registri anagrafici del Comune nel quale intendono stabilire la propria residenza, proprio al fine d’inoltrare la domanda di accertamento dall’Italia. Il solo possesso di un visto turistico e di copia della dichiarazione di presenza (nel caso di accordi bilaterali che consentano l’ingresso in esenzione del visto) sono, dunque, sufficienti ai fini dell’iscrizione anagrafica (vedi Circolare del Ministero dell’Interno 13 giugno 2007, n. 32).


6) Presentazione della domanda.

Nelle diverse ipotesi sono previste, rispettivamente, regole differenti per la presentazione della domanda di cittadinanza. In particolare:

1) l’istanza per naturalizzazione e matrimonio (e nelle ipotesi di cui all’art. 4, comma 1, della legge n. 91 del 1992) deve essere presentata presso l’ufficio cittadinanza della Prefettura territorialmente competente in base alla residenza del richiedente. La Prefettura cura l’istruttoria della domanda e la inoltra al Ministero dell’Interno, previo rapporto informativo della Questura. Il Ministero, a sua volta, chiede il parere del Consiglio di Stato: se il parere è favorevole, il Ministero emana il decreto di concessione che deve essere firmato dal Presidente della Repubblica. Il decreto viene trasmesso alla Prefettura, per la notifica all’interessato tramite il Comune di residenza.

Il cittadino straniero al quale è stata concessa la cittadinanza...


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Secondo il successivo art. 27: «l’acquisto della cittadinanza italiana ha effetto dal giorno successivo a quello in cui è stato prestato il giuramento, ai sensi di quanto disposto dagli articoli 10 e 15 della legge 5 febbraio 1992, n. 91, anche quando la trascrizione del decreto di concessione avviene in data posteriore».

Nel Messaggio del Ministero degli Affari esteri n. 303/32508 del 9 novembre 2001 (Chiarimenti esplicativi delle disposizioni di cui al d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396, recante il Regolamento per la revisione e la semplificazione dello stato civile) è stato precisato che «la prestazione del giuramento è un atto condizionale e sostanziale ai fini dell’acquisto della cittadinanza: essa deve, quindi, essere iscritta, come ogni altro atto preordinato a tale acquisto, nel registro degli atti di cittadinanza , ai sensi del d.m. 22 maggio 1992 (formula n. 81) e dell’ art. 10 della legge 5 febbraio 1992, n. 91».

È noto, d’altra parte, che il giuramento è un atto personalissimo, incompatibile con l’istituto della rappresentanza (vedi, per tutte: Cass. 19 marzo 1996, n. 2299 in www.Italgiure.giustizia.it) e dotato di alto contenuto simbolico (vedi, tra le tante, Corte cost. sentenza n. 334 del 1996 in www.cortecostituzionale.it).

Si pone, allora, il problema delle persone incapaci psichicamente che non sono in grado di prestare consapevolmente il giuramento per l’acquisto della cittadinanza italiana.

A tale questione, nell’assenza di una specifica normativa...


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Il Giudice per arrivare alla suddetta conclusione ha fatto, innanzi tutto, riferimento a Cons. Stato, sez. I, 13 marzo 1987, parere n. 261/85, secondo cui la condizione di infermità di mente in cui versa l’interdetto se, da un lato, non preclude la presentazione della domanda da parte del tutore quale rappresentante dell’interessato, dall’altro, costituisce un legittimo impedimento che non rende necessario il giuramento prescritto dall’art. 10, della legge n. 91 del 1992.

Da tale parere il Giudice ha tratto la conseguenza che se, conformemente all’interpretazione data dal Consiglio di Stato, l’interdetto può acquistare la cittadinanza anche senza aver prestato giuramento, allora la stessa disciplina può valere nel caso di amministrazione di sostegno quando il beneficiario versa in condizioni di infermità psichica del tutto analoghe a quelle dell’interdetto.

Ovviamente, si tratta solo di una interpretazione giurisprudenziale che, per quanto dotta e convincente, non risolve definitivamente il problema.

Basti pensare – facendo le debite differenze – che, a fine gennaio 2013, i giornali hanno riportato la notizia del rifiuto dal sindaco di Vigonovo (Venezia) di dare la cittadinanza ad un operaio marocchino che, pur vivendo in Italia da 21 anni, non è mai andato a scuola di italiano e quindi non è stato in grado di leggere il foglio con le poche righe predisposte dall’ufficiale dell’anagrafe per il giuramento.

Comunque, per tornare ai disabil...


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Tale norma, per effetto della ratifica della Convenzione (avvenuta con legge 3 marzo del 2009, n.18), è pienamente operativa nell’ordinamento interno.


A) Domanda per nascita in Italia e residenza legale ininterrotta, da presentare entro un anno dalla maggiore età:

  • documento di identità in corso di validità;

  • titolo di soggiorno del richiedente (in caso di periodi di interruzione nel titolo di soggiorno, il richiedente potrà presentare documentazione che attesti comunque la permanenza in Italia, ad esempio certificazione scolastica, medica e altro, vedi Circ. Min. Int. n. 22 del 7 novembre 2007);

  • copia integrale dell’atto di nascita del richiedente;

  • certificato storico di residenza (in caso d’iscrizione anagrafica tardiva del minore presso un Comune italiano, occorre presentare documentazione che attesti comunque la sua permanenza in Italia nel periodo antecedente tale iscrizione);

  • ricevuta di versamento del contributo di € 200,00, da effettuare su conto corrente postale.


B) Documenti da presentare per la procedura diretta all’accertamento di cittadinanza per nascita da parte dei discendenti di cittadino italiano:

  • Estratto dell’atto di nascita dell’avo italiano emigrato all’estero, rilasciato dal Comune italiano di nascita;

  • atti di nascita, tradotti e legalizzati, di tutti i discendenti in linea retta, compreso del richiedente;

  • atto di matrimonio dell’avo italiano emigrato all’estero, tradotto e legalizzato se formato all’estero;

  • atti di matrimonio dei suoi discendenti, in linea retta, compreso dei genitori del richiedente;

  • certificato rilasciato dalle competenti autorità dello Stato estero di emigrazione, attestante che l’avo italiano non acquistò la cittadinanza dello stato estero di emigrazione anteriormente alla nascita dell’ascendente interessato;

  • certificato attestante che né gli ascendenti in linea retta, né il richiedente hanno mai rinunciato alla cittadinanza italiana, rilasciato al funzionario dello stato civile dalla competente autorità consolare italiana.