Autotutela e natura giuridica della d.i.a.; l'annullamento regionale della «super d.i.a.»

Impostazione del problema

Due problematiche assai controverse, tra loro connesse, sono state quelle della natura giuridica della d.i.a. e della possibilità per la P.A. di adottare provvedimenti di autotutela riferiti alla d.i.a stessa.

Il problema nasceva perché l’ordinamento contemplava (e annovera ancora oggi) delle disposizioni che dichiarano applicabili anche alla d.i.a. norme sull’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo espresso.

Ci si riferisce in particolare:
a) all’art. 38, co. 2-bis, T.U., introdotto dal D. Lgs. n. 301/2002, che prevede l’estensione del regime sanzionatorio degli interventi eseguiti in base a permesso di costruire annullato anche alle opere eseguite con «super d.i.a.» in caso di accertamento dell’inesistenza dei presupposti per la formazione del titolo;
b) all’art. 39, co. 5-bis, T.U., aggiunto anch’esso dal D. L... _OMISSIS_ ..., che prevede l’applicabilità delle norme sull’annullamento del titolo edilizio da parte della Regione agli interventi edilizi eseguiti con «super d.i.a.» non conformi a prescrizioni degli strumenti urbanistici o dei regolamenti edilizi o comunque in contrasto con la normativa urbanistico-edilizia vigente al momento della scadenza del termine di trenta giorni dalla presentazione della d.i.a.;
c) all’art. 19, co. 3, della legge n. 241/1990, che, dopo aver regolato i poteri inibitori e conformativi della P.A., prevedeva che fosse «fatto comunque salvo il potere dell’amministrazione competente di assumere determinazioni in via di autotutela, ai sensi degli articoli 21-quinquies e 21-nonies» della legge n. 241/1990, che regolano rispettivamente la revoca e l’annullamento d’ufficio del provvedimento amministrativo. Quest’ultima previsione, frutto della sostituzione dell’art. 19 della legge n. 241/1... _OMISSIS_ ... d.l. n. 35/2005, era stata successivamente «confermata» dal legislatore con riferimento alla s.c.i.a., visto che non era stata espunta nella versione dell’art. 19 introdotta dal d.l. n. 78/2010, ma, come si avrà modo di vedere, è stata di recente modificata dall’art. 6, co. 1, lett. a), della legge n. 124/2015: in buona sostanza, il legislatore ha eliminato ogni riferimento all’art. 21-quinquies e ha modificato la norma rinviando non più alle «determinazioni in via di autotutela» ma alle «condizioni» di cui all’art. 21-nonies».

La questione che si poneva era la seguente: come mai il legislatore considera applicabili delle previsioni dettate per il provvedimento amministrativo ad un istituto come la d.i.a. che, per definizione, «sostituisce», e perciò «elimina» il provvedimento?

Ebbene, prima che il legislatore intervenisse a risolvere il problema per ... _OMISSIS_ ...poste che erano state date alla domanda che si è appena posta erano state principalmente due, e dipendevano dal diverso modo di intendere la natura giuridica della d.i.a..

Le tesi «pubblicistiche»

In questo filone si collocavano quelle teorie che si caratterizzavano per cercare l’aggancio ad un qualche provvedimento abilitativo espresso o tacito che si sarebbe formato a seguito della presentazione della d.i.a., e si basavano sull’idea di una P.A. che si collocava in una posizione di supremazia rispetto al privato, con cui il potere amministrativo dialogava attraverso il procedimento, che rappresentava il luogo ideale di confronto tra l’interesse pubblico e quello del soggetto che voleva intraprendere l’attività. Coerentemente, allora, queste teorie ritenevano che l’autotutela sulla d.i.a. avrebbe dovuto configurarsi come annullamento o revoca di questa fattispecie autorizzatoria.

Volen... _OMISSIS_ ...assare in rassegna queste teorie, secondo una prima ricostruzione la d.i.a. avrebbe dato origine ad un procedimento amministrativo che si concludeva con un’autorizzazione implicita di natura provvedimentale, in modo non dissimile dal silenzio assenso. Detta autorizzazione implicita sarebbe stata data dal mancato esercizio del potere inibitorio nel termine previsto dalla legge, che pertanto avrebbe dovuto essere visto come un caso di silenzio significativo.

Corollari di tale impostazione erano l’assimilazione della denuncia ad un’istanza di parte che dava impulso ad un procedimento amministrativo e il riconoscimento in capo al denunciante di una posizione giuridica soggettiva di interesse legittimo pretensivo, poiché, non diversamente da quanto accadeva prima dell’introduzione della d.i.a. per coloro che potevano intraprendere l’attività soltanto una volta che fosse stato loro rilasciato l’atto di assenso espresso, egli a... _OMISSIS_ ...ealizzare l’intervento edilizio soltanto se a monte vi era il titolo abilitativo tacito che si forma in virtù del mancato esercizio del potere inibitorio da parte della P.A..

Questo modo di concepire il meccanismo della d.i.a. era stato minoritario prima del d.l. n. 35/2005 e aveva trovato una compiuta elaborazione in due sentenze del T.A.R. Veneto, che erano arrivate alla conclusione per cui la d.i.a. «si comporta[va] allo stesso modo della vecchia autorizzazione tacita» argomentando dalla lettera dell’art. 4, co. 14, del d.l. n. 398/1993 conv. in legge n. 493/1993 che prevedeva che «[…] ai fini degli adempimenti necessari per comprovare la sussistenza del titolo abilitante all’effettuazione» delle opere edilizie «[tenevano] luogo delle autorizzazioni le copie delle denunce di inizio attività da cui [risultavano] le date di ricevimento delle denunce stesse, nonché l’elenco di quanto prescritto ... _OMISSIS_ ...edare i progetti delle trasformazioni e le attestazioni dei professionisti abilitati» e pertanto avevano finito col qualificare la d.i.a. come titolo edilizio vero e proprio.

Conclusione che veniva suffragata, secondo i giudici amministrativi veneti, dall’art. 23, co. 5, T.U. che ribadisce la previsione appena vista e dai già citati artt. 38, co. 2-bis, e 39, co. 5-bis, T.U..

Secondo il T.A.R. Veneto – e in questo assunto si coglieva il legame tra il modo di concepire l’autotutela sulla d.i.a. e la natura giuridica della d.i.a. stessa – queste ultime due disposizioni, equiparando d.i.a. e permesso di costruire, presupponevano che il titolo d.i.a. potesse essere annullato, tanto dalla P.A. quanto dal G.A., e non se ne sarebbe visto il senso se non attribuendo al mancato esercizio del potere inibitorio il significato di tacito assenso alla realizzazione delle opere.

Aderendo all’indirizzo pr... _OMISSIS_ ... come si vedrà ricostruiva la d.i.a. come mero atto privato (ed è stato successivamente condiviso dall’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato e dal legislatore), la P.A. non avrebbe potuto disporre di questi poteri, e neppure avrebbe avuto senso attribuirglieli, perché sarebbe stato sufficiente l’intervento repressivo.

L’impostazione appena delineata era rimasta tuttavia minoritaria fino all’entrata in vigore del d.l. n. 35/2005, che, invece di fornire chiarimenti sul punto, alimentava ulteriormente il dibattito, introducendo il richiamo ai poteri di revoca e di autotutela, la cui problematicità era già stata intuita in Parlamento, in sede di conversione del d.l. n. 35/2005 e da cui il T.A.R. Abruzzo riteneva di poter ricavare un avallo del legislatore alla tesi che configurava la d.i.a. come titolo abilitativo implicito.

Era evidente, infatti, che, nel momento rinviava a delle norme che parlano di annullamento e d... _OMISSIS_ ...ovvedimenti amministrativi, il legislatore presupponeva che a monte vi fosse qualcosa da annullare o da revocare e che questo quid non potesse che essere un provvedimento amministrativo, che nel caso della d.i.a. era dato proprio dall’autorizzazione tacita che si formava per il mancato esercizio nel termine previsto dalla legge del potere inibitorio.

Il ragionamento finiva quindi col considerare la d.i.a. non come uno strumento di liberalizzazione dell’attività privata, ma piuttosto di semplificazione procedimentale, veniva prima seguito da una copiosa giurisprudenza amministrativa di primo grado e poi avallato da più decisioni successive anche del Consiglio di Stato, che richiamavano anche il percorso argomentativo del T.A.R. Veneto.

Non avevano invece avuto seguito in giurisprudenza invece le tesi che ricollegavano l’effetto legittimante non ad una fattispecie autorizzatoria tacita, ma alla d.i.a. stessa, che da atto pri... _OMISSIS_ ... trasformata in atto oggettivamente amministrativo. Questa «trasmutazione» sarebbe stata ricollegabile o al mancato esercizio del potere inibitorio nel termine previsto dalla legge, che avrebbe avuto l’effetto di «rivestire» la d.i.a. di forma amministrativa, o, secondo altra prospettazione, direttamente alla previsione legislativa, secondo cui la denuncia ha l’effetto di sostituire in tutto e per tutto il provvedimento.

Meritava di essere segnalata, infine, l’opinione di chi giungeva a ricostruire la d.i.a. come atto oggettivamente e soggettivamente amministrativo, posto in essere dal privato nell’esercizio di un munus publicus. Secondo questa impostazione, l’introduzione del meccanismo della denuncia non aveva fatto venir meno l’importanza della verifica dei presupposti che legittimavano lo svolgimento dell’attività, ma più semplicemente aveva comportato uno spostamento del soggetto che e... _OMISSIS_ ... controllo, il quale veniva demandato non più all’ufficio tecnico comunale, ma al cittadino interessato e, in materia edilizia, al tecnico asseverante, che, sotto la sua responsabilità, ne certificava i risultati.

Il privato finiva in questo modo col realizzare con la sua attività un proprio interesse, che era diverso per natura da quello della P.A., ma con questo coincidente nei fini ultimi, in modo tale che l’interesse privato finiva con l’essere un mezzo per il soddisfacimento dell’interesse pubblico.

Questa tesi, che indubbiamente era la più «radicale» di quelle viste sinora, aveva l’indubbio pregio di enfatizzare la ratio stessa dell’istituto della d.i.a., ovvero il principio di autoresponsabilità del privato, ma non veniva poi sviluppata, probabilmente a causa dei suoi punti deboli.

A parte il rilievo per cui non era chiaro quale fosse l’interesse pubblico con cui sa... _OMISSIS_ ...te quello privato (forse quello della semplificazione delle procedure?), destava perplessità la conclusione a cui si sarebbe arrivati seguendo questo ragionamento, in quanto il privato avrebbe finito per esercitare una pubblica funzione nei confronti di se stesso, esito che era difficilmente concepibile sul piano logico e anche giuridico.

Condivisibile era poi la critica secondo cui la cura dell’interesse pubblico nel modello della d.i.a. non era affidata al denunciante, che agiva per un fine schiettamente egoistico, ma ancora alla P.A. e ai suoi poteri di controllo, inibitori e di autotutela.

Critiche alle tesi pubblicistiche; la d.i.a. come atto privato.

Il fatto che all’interno del «filone pubblicistico» vi fossero delle ricostruzioni che, sia pure in modi diversi, tentavano di affrancare il modello della d.i.a. dal silenzio assenso evidenziava il punto debole dell’orientamento giurisprudenzia... _OMISSIS_ ...iva la denuncia alla stregua di un’istanza volta al conseguimento di un titolo autorizzativo tacito, ossia l’assimilazione di due istituti che hanno finalità distinte.

Un’articolata critica alla tesi provvedimentale era stata mossa dal Consiglio di Stato nell’importante decisione n. 717/2009, che, prima di soffermarsi sulle differenze tra i due istituti, sottolineò come l’assimilazione della d.i.a. al silenzio assenso non teneva conto del dato letterale dell’art. 19 della legge n. 241/1990, norma da cui emergeva ed emerge in maniera chiara la volontà del legislatore di contrapporre nettamente la s.c.i.a. e, in passato, la d.i.a. al provvedimento amministrativo, mediante un vero e proprio meccanismo sostitutivo.

Ne consegue che per effetto della previsione della d.i.a. la legittimazione del privato all’esercizio dell’attività non è più fondata su un atto di consenso della P.A., secondo lo schem... _OMISSIS_ ...effetto, ma trova la sua fonte direttamente nella legge, secondo lo schema norma-fatto-effetto.

Il modello della d.i.a. si caratterizza insomma per l’eliminazione dell’intermediazione del potere autorizzatorio della P.A., che interviene con il suo potere di verifica non più per emanare un atto di assenso all’esercizio dell’attività, ma per controllare la corrispondenza di quanto dichiarato dall’interessato rispetto ai canoni normativi stabiliti per l’attività in questione.

Una volta accolta questa ricostruzione, diventa palese l’impossibilità di assimilare la d.i.a. al silenzio assenso, che...