Diffida ad adempiere: giudizio di accertamento e risarcimento del danno

Il giudizio di accertamento L’effetto risolutorio della diffida non impedirà alla parte inadempiente di trasferire la contestazione dal piano stragiudiziale a quello giudiziale e cioè di ricorrere al giudice per la verifica dell’effettiva sussistenza dei presupposti e delle condizioni necessarie cui la risoluzione ex art. 1454 c.c. è connessa [1].

Il soggetto passivo potrà contestare che l’effetto si sia prodotto sotto molteplici aspetti [2]: o negando in fatto il proprio inadempimento; o allegando di essersi trovato in una situazione di fortuita impossibilità definitiva o temporanea ad adempiere; o invocando la scarsa importanza del proprio inadempimento [3]; o contestando la congruità del termine che gli è stato concesso in diffida; o contestando la validità della diffida dal punto di vista formale e sostanziale; o allegando che l’intimante era a sua volta inadempiente.

Va aggiunto che se quelle contestazioni saran... _OMISSIS_ ...rà anche accertato che la risoluzione si è prodotta fin dalla scadenza del termine [4].

L’unilateralità della diffida ad adempiere non esclude dunque il controllo giurisdizionale, che però risulta solo posteriore ed eventuale: il giudice si limiterà ad accertare lo scioglimento del contratto senza più accordare alcuna dilazione o chance al debitore per il ripristino del rapporto obbligatorio leso dall’inadempimento.

È un accertamento volto al passato, avendo per oggetto una situazione, l’inadempimento contrattuale, cristallizzatasi per effetto degli atti di iniziativa del diffidante (intimazione e monizione) e le determinazioni negative del diffidato che non intende aderire alle sollecitazioni provenienti dal creditore: è sostanzialmente un accertamento svolto in funzione di una ricostruzione storica della vicenda da cui lasciar discendere le dovute conseguenze giuridiche.

Da ciò ne consegue l’irrilev... _OMISSIS_ ...trascorso dalla scadenza dell’intimazione ai fini dell’ottenimento di una pronuncia che accerti l’avvenuta risoluzione, poiché «il decorso di un notevole lasso di tempo tra il termine fissato per l’adempimento e l’iniziativa giudiziale del diffidante non comporta la cessazione degli effetti della diffida, dovendosi l’accertamento operare con riferimento alla situazione verificatasi alla scadenza del termine» [5].

Il risarcimento del danno a favore della parte adempiente In caso di risoluzione del contratto conseguente all’inosservanza del termine fissato nella diffida ad adempiere, la parte adempiente ha diritto al risarcimento del danno in base al disposto dell’art. 1453 c.c. [6] disciplinante l’azione generale di risoluzione per inadempimento. Tuttavia, «ai fini dell’accertamento della sussistenza del danno e del nesso eziologico tra questo e l’inadempimento, occorre far... _OMISSIS_ ...ltanto al termine fissato nella diffida e non a quello previsto nel contratto o altrimenti convenuto tra le parti» [7].

Così argomentando, la Cassazione ritiene che, con la concessione al debitore di un ulteriore termine per adempiere, il contraente fedele manifesti l’irrilevanza del ritardo nell’adempimento già accumulato e pertanto sani l’illiceità del ritardo maturato fino a quel momento; così la diffida ha l’effetto di rimettere in termini il debitore, e, secondo la Corte, se l’inadempimento perdura oltre il termine il debitore è tenuto a risarcire il c.d. danno da risoluzione, ma non il danno derivante dal ritardo pregresso; se invece il debitore ottempera all’intimazione ed adempie prima della scadenza eviterà sia la risoluzione sia il risarcimento.

Di avviso contrario è quella dottrina per la quale la parte inadempiente deve sempre rispondere dei danni derivanti dal ritardo, orm... _OMISSIS_ ...r cui «il termine della diffida non cancella e non sana il precorso ritardo, essendo fissato solo in relazione alla risoluzione» [8]: intimando al debitore l’esecuzione della prestazione, il creditore manifesta interesse per essa dichiarandosi disposto ad accettarla in seguito, ma con ciò non si vuole interpretare la diffida come sanatoria dell’inadempimento pregresso. Questo perché secondo il sistema normativo vengono separati gli ambiti, rispettivamente, della risoluzione del contratto e del risarcimento del danno.

Sebbene i due rimedi possono a volte abbinarsi, tuttavia vi può essere risoluzione senza risarcimento e, viceversa, risarcimento senza risoluzione. Da ciò consegue che, anche dove l’ordinamento neghi la possibilità di risolvere il contratto, come avviene in pendenza del termine fissato in diffida, debbano rimanere salvi i principi sul risarcimento del danno contrattuale, che impongono che il debitore sia responsab... _OMISSIS_ ...rdo nell’adempimento (art. 1218 c.c.).

Questo danno è rappresentato dalla lesione dell’interesse all’esecuzione del contratto [9]. Il risarcimento comprende il danno emergente e il lucro cessante.

Il lucro cessante è l’incremento patrimoniale che il creditore avrebbe conseguito se il contraente infedele avesse eseguito anche lui la sua prestazione (il valore delle reciproche prestazioni è di solito relativo al valore di mercato, salvo il creditore provi che per lui la controprestazione ha un valore superiore). Si determina effettuando una differenza di valore tra la prestazione inadempiuta e il valore della prestazione dovuta dalla parte non inadempiente al netto delle spese (es. oneri fiscali) [10].

Il creditore ha anche diritto al risarcimento del danno emergente che per esempio è costituito dalle spese sostenute in conseguenza dell’inadempimento [11], dal danneggiamento dei beni aziendali per p... _OMISSIS_ ...ttosa, dal risarcimento dovuto a terzi (poiché a causa della mancata esecuzione del contratto la parte non inadempiente potrebbe non essere stata in grado di rispettare gli impegni contrattuali assunti con altri), ecc.. I danni emergenti vanno determinati con riferimento ai vari momenti in cui essi si producono.

Sia il lucro cessante che il danno emergente vanno poi liquidati secondo il valore attuale della moneta.

Sarà il danneggiato a provare il danno risarcibile; e pretendendo il risarcimento del danno consistente nel mancato guadagno dovrà provare la differenza di valore tra prestazione e controprestazione. Mentre sul danneggiante incombe l’onere di provare i fatti che incidono negativamente sull’ammontare del danno e l’entità della loro incidenza.

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