Natura giuridica dell’atto di diffida
Risulta dominante la qualificazione della manifestazione di volontà contenuta nella diffida ad adempiere come negozio unilaterale recettizio, che produce cioè effetto dal momento in cui perviene a conoscenza della controparte, il debitore o chi lo rappresenta (art. 1334 c.c.) [1]: la sua disciplina positiva, gli interessi che essa tende a soddisfare, l’effetto a essa ricollegato, sembrano togliere ogni dubbio circa la correttezza di questa affermazione [2].
La diffida costituisce l’esercizio di una facoltà o potere, che la legge attribuisce alla parte adempiente di un contratto a prestazioni corrispettive, la quale, dichiarando di avere ancora interesse all’adempimento fino al termine fissato nella diffida, si impegna a non richiedere né l’adempimento né la risoluzione prima di tale termine [3], tutelando in tal modo anche l’interesse del debitore ad avere un tempo sufficiente per a...
_OMISSIS_ ...ri tempo, essa modifica il contenuto del contratto, in quanto sostituisce, quale termine di adempimento, un termine nuovo a quello previsto, esplicitamente o implicitamente, nel contratto [4].
Mentre la semplice richiesta di adempiere non sarebbe vincolante, perché la volontà del creditore potrebbe mutare in ogni momento utile, nella diffida ad adempiere si reputa necessario che il diffidante rimanga legato alla sua dichiarazione, che ha un carattere impegnativo, perché da essa discende l’effetto risolutivo del rapporto [5].
La natura negoziale della diffida trova peraltro conferma nel confronto tra essa e due istituti, la costituzione in mora e la clausola risolutiva espressa.
Come la costituzione in mora [6], la diffida consiste in una intimazione ad adempiere, fatta per iscritto dal creditore al debitore, ma, mentre nel primo caso la volontà del creditore sarebbe del tutto irrilevante ai fini del verificarsi degli eff...
_OMISSIS_ ...uo;istituto, che scaturiscono direttamente dalla legge, nella diffida l’effetto risolutivo è diretta conseguenza della manifestazione di volontà del soggetto [7].
Invece, la clausola risolutiva espressa presenta un meccanismo simile alla diffida, quanto al rapporto causa ed effetto: dichiarazione della parte, risoluzione del contratto. Perciò, stante la sicura natura negoziale della manifestazione volitiva dell’art. 1456, secondo comma, c.c., sarebbe contraddittorio negare tale natura anche alla diffida ad adempiere [8]. Trattandosi di un negozio unilaterale tra vivi a contenuto patrimoniale, valgono inoltre anche per essa le norme generali che regolano la formazione e la validità dei contratti, in quanto applicabili (art. 1324 c.c.).
Secondo un diverso orientamento la dichiarazione del diffidante, contenente l’intimazione ad adempiere non avrebbe natura negoziale, ma sarebbe un atto giuridico in senso stretto. Questa...
_OMISSIS_ ... resta tuttavia minoritaria, perché le si confuta che la natura negoziale della dichiarazione non è incompatibile con gli ulteriori requisiti, quali la gravità, e, per chi lo considera presupposto essenziale, l’imputabilità dell’inadempimento, anche se estranei ad una espressa pattuizione tra le parti [9].
Peraltro, la tematica della riconduzione della diffida entro la categoria del negozio piuttosto che dell’atto giuridico in senso stretto è un discorso che rimanda all’analisi dei margini di governabilità degli effetti lasciati all’intimante: anzitutto per quanto concerne la questione della revocabilità della diffida o della prorogabilità del termine (aspetti su cui ritornerò in seguito) [10].
Legittimazione attiva e passiva
Legittimata a proporre la diffida è la parte non inadempiente, secondo quanto si ricava dalla disposizione dell’art. 1454 c.c., in quanto titolare esclusiva della facoltà volta a tut...
_OMISSIS_ ...fico interesse, ovvero titolare di un diritto potestativo ad ottenere la prestazione [11]. Il soggetto in questione deve essere capace al momento della spedizione dell’atto, ed una incapacità sopraggiunta potrebbe avere rilievo solo provando che l’intimante l’avrebbe ritirata [12]. Tuttavia, risulta pacifico che, oltre al creditore personalmente, la legittimazione spetti anche al suo rappresentante (volontario o legale). In questo caso si rende necessaria una procura speciale [13].
Quando il soggetto, legittimato attivo, è un ente, di qualsiasi tipo, si possono profilare due diverse visioni: o ritenere che, trattandosi di contratti associativi, la diffida possa essere esercitata dal gruppo su delibera della maggioranza [14], o ritenere, invece, che la diffida debba provenire da chi ne ha l’amministrazione, connettendosi così il potere di notificare la diffida con quelli di rappresentanza organica inerente la carica [15].
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_OMISSIS_ ...quanto riguarda la legittimazione passiva, si è già detto che l’atto ha carattere recettizio e che suo destinatario è il debitore, o chi lo rappresenta.
Se il debitore è un incapace legale, l’atto deve essere comunicato al suo rappresentante legale. Inoltre, la presenza di una incapacità naturale del debitore non rende di per sé l’atto inefficace, ma il creditore è tenuto a fare in modo che la diffida sia ricevuta dal debitore consapevolmente o da chi ne cura gli affari, e questo per un dovere di correttezza che deve sussistere tra le parti [16].
Se, come per il lato attivo, si è in presenza di enti collettivi, la comunicazione della diffida deve essere opportunamente fatta al soggetto munito di rappresentanza legale dell’ente [17].
Se il debitore riceve la diffida mediante il rappresentante del creditore, l’unico interesse dell’intimato è sapere che l’atto risponde esattamente alle in...
_OMISSIS_ ...squo;avente diritto e che non è il frutto di un’arbitraria iniziativa del terzo.
A tal fine, non occorre che il rappresentante esibisca la procura, ma è sufficiente che il debitore sappia che il creditore conferì un incarico ad un terzo, munito dei poteri ex art. 1393 c.c., per spendere il nome della controparte in relazione agli effetti che la diffida è diretta a produrre [18]. Ma, nel caso si sia in presenza di un contratto di patrocinio con un avvocato, non va richiesta un’espressa manifestazione della volontà dell’assistito, perché è un contratto d’opera professionale che ricomprende ogni assistenza verso il cliente ed un eventuale superamento dei limiti dell’incarico troverebbe una sanzione nei rapporti interni tra legale e cliente [19].
È interessante valutare come individuare il legittimato attivo ed il legittimato passivo in alcuni particolari rapporti che le parti instaurano tra di loro.
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_OMISSIS_ ...ndita di cosa altrui la diffida andrà notificata non al vero proprietario, ma al cedente, perché il primo non è parte del contratto, posto che comunque il venditore deve procurare l’acquisto della cosa per il compratore, al quale la proprietà si trasmetterà automaticamente quando il venditore diverrà titolare del diritto alienato (art. 1478 c.c.).
Le medesime osservazioni valgono anche per il preliminare di vendita di cosa altrui, come a suo tempo ho già avuto modo di chiarire [20].
Circa la legittimazione attiva nel caso di un contratto a favore di terzo (art. 1411 c.c.) [21], il terzo, detto beneficiario, non diventa parte del contratto ma acquista un diritto di credito nei confronti del promittente, in virtù del contratto concluso tra lo stipulante (che vuole procurare il vantaggio al terzo) ed il promittente (che è colui che dovrà eseguire la prestazione nei confronti del terzo); per cui il terzo non può notificare la diffida perch...
_OMISSIS_ ...l destinatario dell’adempimento, ma estraneo all’accordo.
Discorso differente va fatto nel contratto per persona da nominare (art. 1401 ss. c.c.), in quanto il nominato, che accetti, diverrà parte e rivestirà la qualifica o di diffidante o di diffidato. Infatti, questo schema prevede che una parte, nella conclusione dell’accordo, si riservi la facoltà di nominare successivamente la persona destinata ad acquistare i dritti e gli obblighi nascenti dal contratto: una volta fatta validamente l’electio amici, la persona nominata assume ex tunc la posizione di contraente.