42-bis: l’indennizzo per il pregiudizio patrimoniale

La voce principale dell’indennizzo che deve essere corrisposto al privato in occasione dell’acquisizione coattiva sanante è costituita dal pregiudizio patrimoniale da lui subito. Ai sensi del comma 3 dell’art. 42-bis, tale indennizzo corrisponde normalmente al «valore venale del bene utilizzato per scopi di pubblica utilità»[1].

La soluzione del valore venale si pone in linea di continuità con la consolidata tradizione giurisprudenziale[2]. Per vero, nel vigore del regime dell’espropriazione sostanziale, due degli episodici interventi legislativi che avevano implicitamente avallato l’istituto pretorio erano stati finalizzati a quantificare il risarcimento del danno per le occupazioni già perfezionate in misura notevolmente inferiore al valore venale.

Dapprima, con la l. 549/1995 il legislatore aveva tentato di estendere alle occupazioni antecedenti al 1992 il regime dell’indennità da espropria... _OMISSIS_ ..., ridotto proprio nel 1992 al criterio della semisomma ex l. 2892/1885[3]: tuttavia questa scelta era stata rapidamente censurata dalla Corte costituzionale[4].

Con la l. 662/1996, allora, la completa parificazione all’indennità di esproprio era stata sostituita da una parificazione incrementata del 10% e riferita alle sole occupazioni anteriori al 1996[5]: diversamente dalla precedente, questa scelta veniva inizialmente ritenuta costituzionalmente legittima[6] e confermata dal testo unico[7], dal quale la Corte costituzionale la espungeva soltanto nel 2007[8], sulla scia delle condanne inflitte all’Italia dalla Corte EDU. In estrema sintesi, quindi, la sanatoria dell’occupazione illegittima ha sempre richiesto la corresponsione del valore venale del bene occupato, con la sola eccezione dei rapporti giuridici anteriori al 1996 ed esauriti tra il 1996 ed il 2007.

È dunque sulla scia di una tradizione decisamente consolidat... _OMISSIS_ ...3 dell’art. 42-bis dispone anzitutto l’erogazione del controvalore del fondo.

Sul piano tecnico, la norma eredita quasi letteralmente il comma 6, lett. a), del previgente art. 43[9]. Per vero, l’art. 42-bis riprende dalla normativa previgente anche la clausola di sussidiarietà rispetto ad altre disposizioni di legge. I primi commenti all’art. 43 riferivano l’inciso alla possibile adozione di leggi ispirate da eccezionali esigenze di finanza pubblica, ricordando però che anche le leggi di questo tipo devono rispettare i principi dettati dalla Consulta[10].

Se è così, però, la clausola appare oggi anacronistica, dal momento che un abbattimento dell’indennizzo, anche se eccezionale, mostrerebbe ben più di un profilo di dubbia costituzionalità: questo anche senza contare che, da un punto di vista tecnico, un’eventuale norma derogatoria prevarrebbe sia per il principio di specialità che per quello... _OMISSIS_ ...on la conseguenza che l’inciso, oltre che equivoco, appare oggi del tutto superfluo.

Comunque sia, il nucleo fondamentale dell’indennizzo è costituito dal valore venale del bene: l’autorità competente ad adottare il provvedimento acquisitivo è dunque tenuta anzitutto a stimare il valore che il bene avrebbe in una libera contrattazione di mercato.

In passato si è discusso a lungo su quale sia il momento in cui deve essere stimato il bene[11]. La fattispecie considerata infatti, non è puntiforme, coinvolgendo numerosi passaggi giuridici e fattuali, che peraltro si possono articolare diversamente a seconda delle singole figure di patologia espropriativa. Nel corso del tempo, la questione ha avuto risposte diverse ed il contrasto non sembrava del tutto sopito neppure al termine dell’esperienza giuridica dell’art. 43.

Nel vigore dell’espropriazione sostanziale, anzitutto, la giurisprudenza maggio... _OMISSIS_ ...lievo al momento di consumazione del fatto illecito commesso dalla p.a., che si perfezionava con l’irreversibile trasformazione del bene, o con la cessazione dell’occupazione legittima, se successiva[12]: questo momento assumeva dunque importanza, oltre che come dies a quo della prescrizione del diritto al risarcimento[13], anche ai fini della stima del valore venale bene[14] e ciò anche nell’ipotesi di occupazione usurpativa che desse luogo ad una condanna monetaria[15].

Ancora nel vigore dell’art. 43, una parte della giurisprudenza seguiva l’insegnamento della Suprema Corte e dava rilievo al momento dell’irreversibile trasformazione del bene, ovvero a quello della cessazione dell’occupazione legittima, se successiva. Nel 2010, però, insisteva ancora in questo senso soltanto una parte della giurisprudenza siciliana[16].

Conformemente a quanto avvertito in dottrina[17], invece, l’orientamento ... _OMISSIS_ ...ia nella giurisprudenza peninsulare[18] che in quella siciliana[19], commisurava il danno risarcibile al valore del bene al momento del provvedimento acquisitivo. Quest’ultima opzione escludeva la necessità della rivalutazione monetaria, da ritenersi invece essenziale se il bene è stimato alla data dell’occupazione illegittima[20].

L’art. 42-bis si innesta dunque in un panorama giurisprudenziale in cui la tesi maggioritaria riteneva già corretto stimare il bene al momento dell’adozione del provvedimento. Tale conclusione appare supportata anche da alcune non trascurabili differenze tra la nuova disposizione ed il previgente art. 43, a cominciare dall’intervenuta distinzione tra risarcimento ed indennizzo.

Ed invero, da quanto già osservato in precedenza discende che l’indennizzo, diversamente dal risarcimento, non ha come presupposto un danno da atto illecito, bensì un pregiudizio sofferto in corri... _OMISSIS_ ... atto lecito: da un punto di vista concettuale, allora, è evidente che il pregiudizio da indennizzare non può precedere l’adozione del provvedimento, per la semplice ragione che è il provvedimento stesso a cagionare il pregiudizio al privato, cioè la perdita della proprietà del bene con effetto ex nunc.

Se è così, sembrerebbe oggi indubitabile che il bene debba essere stimato al momento dell’adozione del provvedimento acquisitivo, o meglio ancora nel corso dell’istruttoria propedeutica a tale provvedimento, come la giurisprudenza più attenta rilevava già nel contesto normativo previgente[21].

Il primo dato da acquisire ai fini della quantificazione dell’indennizzo dovuto al privato è dunque il valore di mercato del bene nel momento di adozione del provvedimento acquisitivo. A questa stima si deve peraltro procedere con alcuni importanti correttivi, in larga parte mutuati dall’art. 43. Come il comma 6, le... _OMISSIS_ ...uo;ultima disposizione[22], infatti, il comma 3 dell’art. 42-bis richiama i commi 3, 4, 5, 6 e 7 dell’art. 37 del testo unico[23].

Le prime quattro disposizioni si occupano del concetto di edificabilità che viene in rilievo a fini espropriativi[24]: il richiamo del comma 3, in particolare, estende anche alle figure patologiche di occupazione illegittima la limitazione dell’edificabilità alle «possibilità legali ed effettive di edificazione»[25], che è la formula su cui fa leva la giurisprudenza per dare alla c.d. “edificabilità di fatto” una rilevanza meramente suppletiva[26]. I beni illegittimamente occupati, dunque, devono essere stimati come edificabili soltanto se gli atti di pianificazione urbanistica consentono un’attività edilizia[27], anche se parziale[28].

Laddove lo strumento urbanistico non consenta alcuna edificazione, invece, il bene dovrà essere stimato come inedificabile, a ... _OMISSIS_ ...uo;edificabilità di fatto, anche se ciò finisce per contraddire il principio di integralità del risarcimento, perché è indubbio che il mercato apprezzi la vocazione edificatoria del bene. In tal caso, comunque, il valore di mercato va considerato tenendo conto di tutti i possibili usi del bene e non soltanto dell’utilizzo per scopi agricoli.

Nel vigore dell’art. 43, ciò costituiva un’importante differenza tra espropriazione legittima ed occupazione illegittima. All’epoca, infatti, era pacifico che l’indennità di esproprio delle aree non edificabili dovesse essere quantificata sulla base criteri estimativi agricoli, effettivi o presunti, ai sensi di quanto disposto dall’art. 40 del testo unico[29]: gli usi diversi da quello agricolo erano dunque irrilevanti ai fini dell’espropriazione legittima, attesa l’unanimità della giurisprudenza nel negare l’esistenza di un tertium genus tra aree edificabili ... _OMISSIS_ ...e[30].

In sede di risarcimento del danno da occupazione illegittima, invece, il tertium genus veniva riconosciuto, cioè il privato poteva dimostrare che le aree inedificabili erano adibite ad un uso non agricolo ed ottenerne la valutazione in sede di quantificazione del risarcimento del danno[31]: ai criteri estimativi dettati per le aree agricole, dunque, si poteva far ricorso soltanto in ipotesi di mancata prova di un differente utilizzo del bene[32], essendo viceversa illegittima la piana applicazione di tali criteri nell’ipotesi in cui il bene inedificabile potesse essere adibito ad usi diversi da quello agricolo[33].

Durante l’interregno tra art. 43 ed art. 42-bis, però, l’art. 40 veniva in larga parte censurato dai complessi dettami della sentenza 181/2011, della Corte costituzionale[34]. In sede di esame di questa pronuncia abbiamo avuto modo di sostenere che essa ha determinato, tra l’altro, la necessità di ... _OMISSIS_ ... usi non agricoli delle aree inedificabili anche in sede di determinazione dell’indennità di esproprio[35]. A maggior ragione, dunque, tali usi dovranno essere considerati in sede di stima del valore di mercato dell’immobile occupato illegittimamente, laddove non venivano negati neppure nel vigore dell’originario art. 40 del testo unico.

Ai fini della qualificazione dell’area come edificabile o inedificabile, inoltre, il richiamo al comma 4 dell’art. 37 importa l’irrilevanza del vincolo preordinato all’esproprio[36]. In tal caso l’area sarà normalmente considerata edificabile se è edificabile l’area al cui servizio è posta l’opera pubblica[37]. Nel caso in cui fosse illegittimo lo stesso vincolo, però, il relativo annullamento comporta la reviviscenza della pregressa destinazione urbanistica, con la conseguenza che è a quest’ultima che si deve guardare per verificare se l’area è edific... _OMISSIS_ ...].

Per quanto riguarda le aree edificate, il richiamo del comma 3 dell’art. 37 d.P.R. 327/2001 comprende anche il secondo periodo[39], con la conseguenza che il valore di mercato rilevante ai fini dell’indennizzo non può tenere conto delle costruzioni realizzate abusivamente, anche se ciò «potrebbe entrare in conflitto con la giurisprudenza di Strasburgo»[40].

L’art. 42-bis, come del resto l’art. 43, non richiama invece il comma 2 dell’art. 38 del testo unico, che impone di considerare soltanto, in caso di intervento abusivo, l’area di sedime dell’intervento e le eventuali parti non abusive[41]: si tratta peraltro di regola ovvia, della quale si ritiene che si possa fare applicazione anche a prescindere dal concreto richiamo da parte dell’art. art. 42-bis.

Delle aree legittimamente edificate prima dell’occupazione illegittima si dovrà invece tenere conto indip... _OMISSIS_ ...quo;omesso richiamo al comma 1 dell’art. 38, per la semplice ragione che le costruzioni incidono - ed in misura notevole - sul valore venale che viene in rilievo ai fini dell’acquisizione coattiva sanante[42].

Potrebbe semmai discutersi se dare applicazione anche al comma 2-bis del medesimo art. 38, che individua le ipotesi in cui devono essere considerate anche le costruzioni in corso di sanatoria[43]: di per sé, infatti, si tratta di costruzioni abusive, per cui si potrebbe fare applicazione del comma 3 dell’art. 37, espressamente richiamato dall’art. 42-bis; in senso contrario, però, depone l’esigenza di stimare il reale pregiudizio subito dal privato, che in tal caso non può che comprendere anche la perdita delle costruzioni sanabili e non ancora sanate.

Dalle costruzioni realizzate dal proprietario prima dell’occupazione illegittima devono essere distinti gli interventi realizzati dall’aut... _OMISSIS_ ..., dei quali non si deve tener conto in sede di quantificazione dell’indennizzo.

Quest’ultimo è infatti espressamente riferito al pregiudizio patrimoniale sofferto dal privato, ma è fin troppo evidente che l’opera pubblica realizzata a proprie spese dall’amministrazione non costituisce di per sé alcun pregiudizio per il privato.

Della stessa opinione, del resto, si mostrava la giurisprudenza formatasi nel vigore dell’art. 43, per la quale le trasformazi...