Articolo 42-bis dPR 327/2001: l'avvenuta modifica del bene

uo;utilizzo di un bene immobile per scopo di pubblico interesse non basta per consentire alla p.a. di adottare il provvedimento di acquisizione ex art. 42-bis. Il comma 1 della nuova disposizione, infatti, richiede espressamente che tale bene, in assenza di un di un valido ed efficace provvedimento di esproprio o dichiarativo della pubblica utilità, sia stato «modificato»[1].

Invero, la manipolazione del bene aveva una ruolo di primo piano già nel vigore dell’espropriazione indiretta e tale ruolo non veniva perduto né con l’avvento dell’art. 43, né con la sua espunzione ad opera della Consulta. Nel contesto dei diversi regimi, però, il requisito è stato declinato in modo variabile: la necessità di una manipolazione rimaneva senz’altro pacifica, ma il grado di manipolazione richiesto di volta in volta per impedire la restituzione del bene andava incontro a sensibili oscillazioni.

Nel vigore dell’... _OMISSIS_ ...sostanziale, anzitutto, la Suprema Corte faceva riferimento alla trasformazione «radicale»[2] o «irreversibile»[3] del bene, sintetizzando così l’insegnamento della sentenza Bile[4]. Nella prassi, però, l’esatta individuazione del momento in cui la trasformazione poteva mostrare tali connotati era sembrata tutt’altro che agevole[5].

Nel contesto del d.P.R. 327/2001, dunque, l’art. 43 aveva preso nettamente le distanze dall’insegnamento della Corte di cassazione e degradato l’irreversibile trasformazione a semplice «modifica», la quale costituiva comunque un’attività di manipolazione[6], seppur differente da quella pretesa in precedenza dalla giurisprudenza di legittimità.

Durante l’interregno tra art. 43 e art. 42-bis, come già sottolineato[7], una parte della giurisprudenza aveva mostrato qualche esitazione a disporre la restituzione del bene in pre... _OMISSIS_ ...uo;irreversibile trasformazione[8]. L’art. 42-bis, dal canto suo, recupera letteralmente la formulazione dell’art. 43, ereditandone per l’effetto anche l’elaborazione dottrinale e giurisprudenziale.

Sul punto si può allora incominciare rifacendosi alla giurisprudenza formatasi nel vigore dell’art. 43 per rintracciare il fondamento logico del presupposto in questione. A prima vista si potrebbe ritenere che il significato della manipolazione sia quello di individuare un punto oltre il quale il bene non può più essere restituito, perché la sua trasformazione è così radicale ed irreversibile che il bene, nella sua originaria conformazione, non esiste più in rerum natura.

Sennonché, la giurisprudenza più recente appare condivisibilmente incline a ritenere che, di per sé, la restituzione del bene e la relativa rimessione in pristino siano sempre possibili[9]. Nei casi in cui la trasformazione è radicale, allor... _OMISSIS_ ...è un altro e segnatamente quello dell’ingente costo che la p.a. dovrebbe sopportare per ripristinare il bene e renderlo nello stato in cui era[10].

Ciò sposta l’attenzione sul piano economico ed aiuta a comprendere il vero significato del presupposto della manipolazione: essa viene in rilievo non nella misura in cui impedisce la restituzione del bene, bensì nella misura in cui accerta l’avvenuto investimento di risorse pubbliche[11]. Ordinare la restituzione di un bene che la p.a. ha modificato per poterlo utilizzare, cioè, significherebbe determinare un doppio spreco di risorse pubbliche: da un lato sarebbe vano l’investimento per realizzare l’opera; d’altro lato la p.a. dovrebbe sopportare nuove spese per riportare l’opera allo status quo[12].

Ecco allora perché sia la ricordata giurisprudenza di legittimità che il legislatore del 2001 e quello del 2011 si sono orientati nel senso di fissa... _OMISSIS_ ...inima di manipolazione: per bassi livelli d’investimento, infatti, la restituzione comporta uno spreco minimo, ma tale spreco diventa sempre meno tollerabile man mano che aumenta l’entità dell’intervento posto in essere dall’amministrazione.

Sia la giurisprudenza di legittimità nel regime dell’espropriazione sostanziale che il legislatore in sede di redazione degli artt. 43 e 42-bis, dunque, si sono fatti carico di tutelare gli interessi economici dell’amministrazione, ai quali peraltro il legislatore si è mostrato nettamente più sensibile.

Se, infatti, la Suprema Corte richiedeva in passato una trasformazione radicale ed irreversibile, il passaggio al regime del testo unico ha abbassato la soglia minima di manipolazione alla mera modifica del bene, che connota certamente un intervento assai meno invasivo rispetto a quello preteso dalla giurisprudenza di legittimità: questo profilo è stato notato sia dall... _OMISSIS_ ...- talvolta in modo critico[14] - sia dalla giurisprudenza amministrativa[15] e da quella ordinaria[16]. Il fatto che l’art. 42-bis riprenda la formulazione dell’art. 43, poi, evidenzia la volontà del legislatore di confermare il favor principis, optando per rivedere il bilanciamento degli interessi su altri versanti dell’art. 42-bis e segnatamente in sede di quantificazione dell’indennizzo.

Alla luce della rinnovata volontà legislativa di rendere acquisibile il bene anche in virtù di una mera modifica, dunque, recupera importanza la giurisprudenza formatasi nel vigore dell’art. 43, la quale era solita degradare lo stato dell’opera pubblica ed il grado di trasformazione dell’immobile ad una questione di puro fatto, rilevante esclusivamente sul piano della motivazione dell’atto di acquisizione[17].

Anche oggi, quindi, si deve ritenere che il giudice amministrativo possa verificare la legittimità... _OMISSIS_ ...oni amministrative sul grado di manipolazione dell’immobile solamente nei limitati spazi concessi dal sindacato sulla motivazione del provvedimento: laddove la p.a. ritenga che un bene sia stato modificato e per questo ne disponga l’acquisizione, le doglianze del privato potranno determinare l’annullamento del provvedimento soltanto laddove dimostri un vizio motivazionale delle valutazioni amministrative, che per ogni altro verso rimangono insindacabili.

In passato, la giurisprudenza amministrativa di primo grado ha censurato, ad esempio, il provvedimento che non dava conto di alcuna modifica del bene coattivamente acquisito[18]. Il Consiglio di Stato, dal canto suo, ha radicalmente escluso che l’amministrazione possa considerare modificato il bene che ha subito alterazioni soltanto sul piano giuridico, ritenendo che la «“modifica” postuli una immutatio della res, significativa, proprio sotto il profilo materi... _OMISSIS_ ...nque illegittimo, in altre parole, il provvedimento di acquisizione di aree rimaste sostanzialmente nel medesimo stato di fatto nonostante l’occupazione[20].

Viceversa, la scelta di considerare sufficientemente modificato un maniero anche se non ne erano state alterate le facciate e la struttura portante è stata ritenuta incensurabile, perché comunque l’immobile era stato oggetto di interventi minori, legittimamente qualificati in termini di modifica dalla pubblica amministrazione[21].

In punto di qualificazione della modifica, peraltro, appare particolarmente frequente il contenzioso relativo ai parchi, laddove l’intervento dell’autorità assume in effetti dei tratti assai peculiari rispetto alle opere edilizie. La giurisprudenza, tuttavia, è perfettamente consapevole di queste ontologiche peculiarità ed è giunta pertanto ad ammettere l’acquisizione coattiva sanante anche in relazione a tali beni[22] valorizzand... _OMISSIS_ ...me la ripulitura dalla vegetazione spontanea[23], la realizzazione delle strutture d’ingresso[24] e la piantumazione delle essenze arboree[25], che dunque l’amministrazione può legittimamente qualificare in termini di modifica ai fini dell’applicazione dell’art. 42-bis.