Occupazioni illegittime e testo unico espropri

Quasi contemporaneamente al nuovo riparto di giurisdizione, il delicato istituto delle occupazioni illegittime veniva sconvolto anche da un altro intervento normativo, non meno problematico di quello poc’anzi succintamente ricordato. Nell’aprire la stagione dei “testi unici misti”[1], infatti, la legge di semplificazione del 1998 inseriva l’espropriazione tra le materie da riordinare[2] ed il Governo si avvaleva della facoltà di demandarne la redazione al Consiglio di Stato[3].

Quest’ultimo si metteva presto al lavoro e già nel 2001 veniva adottato il testo unico in materia di espropriazioni per pubblica utilità[4]. Si trattava complessivamente di un evento di grande impatto su tutta la materia espropriativa, ma è soprattutto in tema di occupazioni illegittime che tale impatto poteva dirsi sconvolgente[5]: nell’art. 43 del testo unico, infatti, esse trovavano quella regolamentazione normativa che in precedenza non... _OMISSIS_ ...uto.

Nel complesso, la soluzione tentata dall’art. 43[6] era molto simile a quella del vigente art. 42-bis[7]. Nel dichiarato intento di adeguare l’ordinamento nazionale alla Convenzione EDU[8] eliminando l’occupazione appropriativa ed usurpativa[9], si attribuiva alla p.a. «il potere di emanare un atto di acquisizione dell’area al suo patrimonio indisponibile (con la peculiarità che non viene meno il diritto al risarcimento del danno), in base ad una valutazione discrezionale, sindacabile in sede giurisdizionale»[10].

Il fenomeno, noto come “acquisizione coattiva sanante”, poteva aver luogo anche in sede giudiziale[11] ed in tal caso si parlava di “acquisizione giudiziale”. In mancanza dell’atto acquisitivo, invece, il bene rimaneva nella proprietà del precedente titolare, in chiara opposizione al previgente meccanismo pretorio che attribuiva il bene alla p.a. in forza della... _OMISSIS_ ...di trasformazione: come affermato con insistenza da costante giurisprudenza amministrativa, quindi, in mancanza di provvedimento di acquisizione il bene rimaneva in proprietà del privato, a prescindere da qualsiasi attività materiale della p.a. e segnatamente a prescindere dalla realizzazione dell’opera pubblica[12].

Al di là delle intenzioni del legislatore - encomiabili almeno in un’ottica di certezza - l’art. 43 mostrava ben presto notevoli profili tecnici ampiamente discutibili e per tutto il periodo in cui rimaneva in vigore sollevava perplessità, metteva in difficoltà la giurisprudenza[13] ed attirava critiche dottrinali[14].

Tra tutte, merita anzitutto di essere ricordata - per i suoi notevoli riflessi pratici - la questione della retroattività della disposizione[15], che vedeva ancora una volta una fiera contrapposizione tra giudice ordinario e amministrativo.

Quest’ultimo, in particolare, att... _OMISSIS_ ...uo;art. 43 la natura di norma processuale e per questo riteneva di poterne fare applicazione anche in caso di procedure illegittime anteriori all’entrata in vigore del testo unico, in virtù del principio per il quale tempus regit actum[16]: in tal modo, il Consiglio di Stato evitava dunque di dare applicazione agli istituti creati dalla Corte di cassazione, che a Palazzo Spada erano stati sì applicati[17], ma senza troppo entusiasmo[18].

Viceversa, la Suprema Corte riteneva che il citato art. 43 seguisse il regime temporale dettato dal successivo art. 57 e quindi non avesse natura retroattiva, con la conseguenza che per tutte la fattispecie antecedenti continuava a trovare applicazione l’istituto - di sua creazione - dell’espropriazione sostanziale[19].

Se peraltro si considera che, come già anticipato, un’ampia fetta delle occupazioni illegittime poteva essere giudicata sia dal giudice ordinario che dal giudi... _OMISSIS_ ...vo, si vede bene dove conducesse il contrasto tra le supreme magistrature: la stessa lite, infatti, poteva essere intentata davanti al giudice amministrativo e risolta in virtù dell’art. 43 o instaurata davanti al giudice ordinario e decisa secondo le regole pretorie tradizionali.

L’altro profilo critico dell’art. 43 che non può essere passato sotto silenzio riguarda i suoi molteplici profili di dubbia legittimità costituzionale. Il primo di essi - e forse il più radicale - introduceva l’ennesimo sconvolgimento della disciplina delle occupazioni illegittime intervenuto a cavallo tra XX e XXI secolo, stavolta però derivante da un intervento non legislativo, bensì giurisprudenziale e segnatamente della Corte EDU.