Il c.d. «trasferimento di volumetria» o asservimento intersoggettivo

Da quanto detto in precedenza si può agevolmente comprendere che l’esigenza sottesa all’asservimento è quella di permettere al proprietario di concentrare in un unico progetto tutta la volumetria a sua disposizione, o comunque una volumetria superiore a quella che, in condizioni normali, potrebbe essere sviluppata da un unico appezzamento di terreno [1].

Peraltro, nella prassi accade di frequente che il proprietario abbia interesse a concentrare nel fondo da edificare non solo la volumetria generata dai propri terreni, ma anche quella dei terreni altrui. Ciò può accadere ad esempio quando il vicino, che pure dispone di una certa volumetria, non ha intenzione di edificare: in tal caso nulla esclude che il proprietario si accordi con lui per sfruttare la volumetria di questi, in modo da aggiungere al proprio immobile la cubatura di cui dispone il vicino [2].

Così tratteggiato, il fenomeno in parola è assai vicino all’a... _OMISSIS_ ...laterale, del quale si è discusso in precedenza. In questa seconda ipotesi, però, normalmente non si parla di asservimento, bensì di cessione di cubatura o - con espressione ritenuta più appropriata [3] - trasferimento di volumetria [4].

Da quanto detto consegue che si tratta di un istituto che ricorre allorché il vicino trasferisce al proprietario, in tutto o in parte, la volumetria assentibile sul proprio fondo, «così che quest’ultimo possa sommare i propri diritti di edificazione a quelli acquisiti, in ogni caso nel rispetto dei limiti posti dalle norme urbanistiche e regolamentari edilizie vigenti» [5].

Il fenomeno non è previsto dalla legislazione statale e normalmente è ignorato anche da quella regionale - con le dovute eccezioni [6] - eppure è frequentemente ammesso dai pianificatori e pacificamente avvallato dalla giurisprudenza anche laddove le norme tecniche comunali non ne facciano menzione [7].
... _OMISSIS_ ...iò perché, ancora una volta, l’interesse pubblico sotteso dalla pianificazione urbanistica si riduce al rispetto della densità edilizia prestabilita, rimanendo invece irrilevante la concreta posizione in cui vengono edificati gli immobili assentibili in una certa zona [8].

Alcuni fattori [9] - tra i quali spicca l’assenza di una previsione di legge [10] - hanno determinato un certo imbarazzo nella copiosa dottrina che si è occupata dell’argomento [11], che ha lungo a faticato e fatica tuttora per giungere ad un inquadramento del fenomeno unitario e convincente [12].

In effetti non si può negare che l’istituto sia fonte di gravi perplessità. Tuttavia, si può subito osservare che le difficoltà si annidano principalmente nel rapporto tra proprietario e vicino, al quale il Comune rimane tendenzialmente estraneo. Ed invero, la copiosa letteratura che si è occupata di questo delicato istituto tradisce spesso fin dal titolo ... _OMISSIS_ ...tenzione di confrontarsi con i rapporti di diritto civile che intercorrono tra i due privati, il cui inquadramento sembra in effetti tutt’altro che agevole. Non di rado, inoltre, l’intenzione di trascurare i profili pubblicistici è espressa a chiare lettere, proprio per far posto alle questioni privatistiche, ritenute più problematiche [14] e per questo più meritevoli d’attenzione.

Ai fini della nostra analisi, viceversa, i profili che vengono in rilievo sono essenzialmente pubblicistici e richiedono di essere affrontati con il taglio operativo del quale si è dato conto in apertura [15]. Da questo punto di vista è opportuno sottolineare ancora una volta la stretta analogia che intercorre tra il normale asservimento unilaterale ed il fenomeno in discorso, che potremmo chiamare asservimento intersoggettivo [16]. A ben guardare, infatti, le due fattispecie non si distinguono sul piano qualitativo, bensì su quello quantitativo, potendo... _OMISSIS_ ...squo;asservimento intersoggettivo costituisce un quid pluris rispetto all’ asservimento unilaterale.

Ed invero, laddove il proprietario intenda asservire un fondo di sua proprietà sarà solamente tenuto a dimostrare di esserne proprietario. Alla luce della pacifica ammissibilità dell’asservimento unilaterale, infatti, rientra tra le facoltà dominicali anche quella di concentrare la volumetria assentibile su uno soltanto dei propri fondi, come già si è dimostrato in precedenza.

Analogamente, laddove intenda asservire il fondo altrui, il proprietario dovrà provare il consenso di colui che può validamente disporre dello ius aedificandi sull’area asservita. In merito alle forme di manifestazione del consenso altrui, però, dottrina e giurisprudenza hanno mostrato qualche incertezza, dando luogo ad una questione tuttora discussa, ma che onestamente sembra sopravvalutata.

Ad avviso di chi scrive, alle origini de... _OMISSIS_ ...a si intravede un orientamento della giurisprudenza amministrativa che, richiamandosi in modo acritico a pronunce ormai risalenti [17], seguita tuttora a imporre all’amministrazione di verificare che sia intervenuto un atto negoziale privatistico tra proprietario e vicino [18].

Si tratta di arresti interessanti perché sembrano introdurre un insanabile frattura tra asservimento unilaterale ed intersoggettivo, come rilevato dagli studi più approfonditi svolti su questo argomento [19]. Ed invero, dall’uso del termine negozio - di altissimo contenuto tecnico-giuridico [20] - si potrebbe dedurre che per l’amministrazione non è sufficiente accertare che il proprietario abbia ottenuto il consenso del vicino, dovendosi spingere fino a pretendere l’allegazione di un contratto in senso tecnico [21].

Proseguendo in questa direzione ci si potrebbe chiedere perché occorre il contratto laddove sarebbe sufficiente il consenso di e... _OMISSIS_ ...tti privati. Ebbene, la soluzione appare obbligata: posto che il contratto non può essere la fonte dell’asservimento, che si verifica solo con il provvedimento amministrativo [22], evidentemente il contratto costituisce un presupposto di quest’ultimo. Se è così, allora, l’amministrazione sembra costretta ad addentrarsi nel settore del diritto privato per accertare che il contratto esista e quindi non sia nullo.

In tutta franchezza, si tratta di conseguenze inaccettabili. Le difficoltà si pongono non tanto sul piano formale - laddove viene in soccorso la Suprema Corte, che non ritiene necessaria la forma scritta per il contratto in parola [23] - quanto piuttosto sul piano funzionale. Ed invero, costringendo il Comune ad accertare che il contratto non sia affetto da vizi causali, gli si addosserebbe quell’onere di qualificazione giuridica del negozio di diritto privato dal quale non riesce a districarsi neppure la dottrina civi... _OMISSIS_ ...eduta.

In generale, l’accertamento dell’esistenza di un contratto complicherebbe a dismisura l’istruttoria comunale ed è questo il primo argomento che impone di espungere l’atto negoziale dai presupposti dell’asservimento intersoggettivo.

Ed invero, dal confronto con la corrispondente figura dell’asservimento semplice si ricava in particolare che la necessaria allegazione del contratto subordinerebbe l’asservimento intersoggettivo a prove del tutto estranee alla logica dell’istituto.

Se infatti si tiene a mente che in sede di asservimento unilaterale la giurisprudenza non richiede nessun atto formale - ritenendo pacificamente che l’asservimento si formi da sé [24] - diventa davvero difficile sostenere che invece, a fronte di un asservimento intersoggettivo, ricorrono esigenze talmente straordinarie da imporre addirittura la produzione di un contratto in senso giuridico.
... _OMISSIS_ ...er razionalizzare l’istituto sembra allora opportuno rifarsi ai principi che governano il procedimento di rilascio del permesso di costruire.

Sul punto, la giurisprudenza è pacificamente orientata nel senso che l’amministrazione non è tenuta ad accertare l’esistenza di un diritto reale in capo al richiedente, essendo sufficiente la mera disponibilità del bene [25]. Da ciò si ricava qual è il vero oggetto dell’istruttoria comunale, che deve accertare che il titolo abilitativo non sia adottato invito domino, cioè contro la volontà di colui che può disporre del bene.

Orbene, ad avviso di chi scrive non v’è ragione per non estendere questo principio anche al delicato istituto del quale ci si occupa e concludere quindi nel senso che il Comune è tenuto ad accertare non tanto l’esistenza di un contratto, quanto piuttosto del consenso del vicino.

La differenza tra contratto e consenso non è trascu... _OMISSIS_ ...ere l’allegazione del contratto significa infatti far gravare sui privati e sull’amministrazione una serie inaccettabile di oneri formali e sostanziali, come già si è sottolineato. Il consenso, al contrario, può essere provato in molti modi, ad esempio attraverso un atto unilaterale proveniente dal vicino, con il quale quest’ultimo si limiti appunto a manifestare il proprio consenso all’asservimento del proprio fondo: un atto di questo tipo non è certo un contratto, ma ciò nondimeno appare sufficiente per dimostrare il consenso del vicino e quindi per dar luogo all’effetto di asservimento, come del resto ritenuto dalla giurisprudenza della Suprema Corte [26].

Analogamente, non sembra vi sia ragione di dubitare del consenso del vicino laddove questi sottoscriva l’istanza di permesso di costruire: in questo caso, in effetti, un vero e proprio contratto può anche mancare, ma la prova del consenso può dirsi raggiunta e per ... _OMISSIS_ ...ce anche qui l’effetto di asservimento.

Il contratto, in definitiva, rimane nell’alveo dei rapporti tra privati, che possono anche essere celati agli occhi dell’amministrazione perché non rilevano a fini pubblicistici, tant’è che si esclude pacificamente che il Comune sia vincolato dagli eventuali negozi di cessione della cubatura intervenuti tra i privati [27]: ciò che conta è il consenso, che può ben essere provato senza l’allegazione del contratto.

Qualora quest’ultimo sia viziato, poi, i privati potranno reagire nella sede deputata alla risoluzione dei rapporti interprivatistici, cioè in sede civile, ma la sorte del contratto non spiegherà alcun effetto sul titolo abilitativo dell’attività edilizia.

Il Comune, infatti, avrà agito correttamente ogniqualvolta avrà verificato il consenso di colui che può disporre dell’area, non rilevando a fini pubblici gli eventuali successiv... _OMISSIS_ ...del giudice civile, se non nei limiti in cui possono giustificare un atto di autotutela.

Del resto, autorevole dottrina interpreta l’orientamento tradizionale della giurisprudenza amministrativa focalizzando l’attenzione non tanto sul contratto quanto piuttosto sul consenso [28]. Ad avviso di chi scrive, si tratta di un’opinione un po’ forzata ma tutto sommato condivisibile, essendo verosimile che la persistente menzione dell’atto negoziale sia ormai poco più che un retaggio linguistico.

Può essere utile osservare, inoltre, che quei legislatori regionali che riconoscono l’istituto evitano accuratamente la qualificazione contrattuale o negoziale dell’atto d’obbligo, pur soffermandosi sull’istituto fino al punto di imporne la trascrizione [29].

Infine - e per concludere su questo punto - si è detto che nel 2009 l’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato ha convincenteme... _OMISSIS_ ...l principio di prevalenza della realtà sostanziale sulle formali manifestazioni del consenso da parte dei privati.

Nel caso di specie si trattava per vero di un’ipotesi di asservimento unilaterale, ma non sembra tecnicamente corretto comprimere indebitamente la portata della decisione, anche alla luce dell’autorevolezza del giudice da cui promana.

La verità è che l’Adunanza Plenaria ha fatto tesoro del moderno principio per il quale le regole dettate da esigenze puramente formali devono cedere il passo alla realtà sostanziale dei fatti [30]. Applicando questo principio alla disciplina dell’asservimento, allora, non si vede più alcuna ragione per giustificare il rigetto dell’istanza edilizia sorretta dal consenso di tutti i titolari dello ius aedificandi, anche se manifestato al di fuori di un contesto negoziale.

Chiarito tutto questo in relazione al consenso, si può osservare che anche con rigua... _OMISSIS_ ...requisiti dell’asservimento intersoggettivo si riscontra una certa similitudine tra questa figura e l’asservimento unilaterale.

Analoga, anzitutto, è la regola per la quale occorre che le aree sian...

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