Rapporti con la Convenzione
L’art. 12 rende applicabili una serie di previsioni della
Convenzione PIF ai fatti di riciclaggio di cui all’art. 2 del
Secondo protocollo. In particolare, in virtù di tale rinvio, la
responsabilità penale dei dirigenti delle imprese (art. 3), le norme sulla
estradizione (art. 5) e sulla
cooperazione (art. 6) della Convenzione si applicano anche nei procedimenti per riciclaggio.
Ugualmente si applicano le norme sulla competenza (art. 4 della Convenzione) per assicurare comunque la perseguibilità dei reati quando i fatti riguardano più Stati, sul
ne bis in idem (art. 7) che si applica anche alle persone giuridiche, la possibilità per gli Stati Membri di adottare
norme interne più restrittive (art. 9) nonché la
norma sulla comunicazione da parte degli Stati Membri della attuazione dello strumento internazionale, in questo caso del protocollo in questione (art. 10).
Ruolo della Corte di Giustizia
Poiché, come si è già notato, il
Protocollo sulla interpretazione della Convenzione e protocolli era anteriore alla adozione del Secondo Protocollo in questione, questo documento era formalmente escluso dalle previsioni sul ruolo della Corte di Giustizia, che come si è visto è essenzialmente di interpretazione.
A questa naturale lacuna pone rimedio l’art. 13 del Secondo Protocollo che richiama sostanzialmente quanto già previsto dai precedenti atti già esaminati. La Corte ha quindi un
ruolo meramente interpretativo delle norme del protocollo, e può essere adita in
via meramente facoltativa, in caso di controversia tra Stati membri o con la Commissione sull’interpretazione o applicazione dello stesso, una volta che la controversia non si sia potuta risolvere in sede di Consiglio della Unione.
Il Secondo protocollo prevede però una ulteriore competenza della Corte di Giustizia, in particolare per
responsabilità extracontrattuale in caso di decisioni della Commissione in violazione delle norme sulla protezione dei dati personali o in caso di atti compiuti in sviamento di potere.
Si tratta di una applicazione specifica della competenza generale della Corte in materia di
responsabilità extracontrattuale per danni subiti da terzi ad opera della Commissione Europea, già prevista nel Trattato delle Comunità Europee nelle materie di primo pilastro, ed infatti la norma richiama gli articoli del Trattato istitutivo delle Comunità Europee.
Entrata in vigore
Il meccanismo previsto dall’
art. 16 per l'entrata in vigore del Secondo protocollo è analogo a quello previsto per il Primo, nel senso che esso sarebbe entrato in vigore 90 giorni dopo la ultima notifica di uno degli Stati Membri sulla adozione dello stesso, salvo che in tale data la Convenzione non fosse ancora entrata in vigore; in tale ultimo caso, il Secondo protocollo sarebbe entrato in vigore solo al momento della entrata in vigore della Convenzione.
Nella pratica, tale ultima possibilità non si è verificata poiché la Convenzione fu adottata dagli Stati membri prima del Secondo protocollo. Infatti quest’ultimo è rimasto per lunghissimo tempo non attuato da alcuni Stati membri e, in particolare, proprio dall’Italia che è stato l’ultimo Stato ad adottarlo, con
legge n. 135 del 2008.
Per conoscenza, il Secondo Protocollo fu attuato fin dal 1999 da Regno Unito, nel 2000 dalla Danimarca, dalla Grecia, dalla Spagna e dalla Francia, nel 2001 dal Portogallo, nel 2002 dalla Svezia, dai Paesi Bassi, dall’Irlanda e dal Belgio e nel 2003 dalla Finlandia e dalla Germania.
Ad onor del vero, il fatto che l’Italia sia stato l’ultimo Stato ad adottare il secondo protocollo ha avuto un significato negativo più a
livello formale che di sostanza; il nostro Paese, infatti, aveva sostanzialmente già introdotto nell’ordinamento giuridico molti strumenti previsti dal protocollo, ed in particolare esisteva già una efficace
penalizzazione del riciclaggio, anche se restava parzialmente scoperto il problema della
responsabilità degli enti.
In particolare tale circostanza è stata riconosciuta dalla stessa Commissione, la quale, nel rapporto del 2008 sulla valutazione sulla adozione della Convenzione e dei protocolli, già citato numerose volte, ha riconosciuto che la normativa italiana prevedeva comunque
una forma di responsabilità degli enti anche per riciclaggio, nonostante la mancata adozione del secondo protocollo.
Questo perché l’Italia aveva ratificato nel frattempo la
Convenzione delle Nazioni Unite del 2000 sulla
criminalità organizzata (Convenzione di Palermo) con la
legge 146/2006 che ha introdotto importantissime novità nel sistema penale italiano, tra cui, per esempio, la figura del “
reato transnazionale” e tale adozione aveva, di fatto, colmato alcune lacune derivanti dalla mancata trasposizione del Secondo protocollo.
L’unico rilievo che la Commissione aveva mosso all’Italia, e considerava non coperto neppure dall’approvazione della legge 146 del 2006, era il fatto che, in carenza della adozione del protocollo, sembrava non possibile nel nostro sistema l’adozione del
sequestro per equivalente per il reato di riciclaggio.
Adottato il Secondo Protocollo e attuata nel frattempo la responsabilità degli enti anche per riciclaggio (anche se formalmente con una legge diversa da quella attuativa del Protocollo), quello che sembra invece auspicabile adesso è la trasposizione di una serie di altri atti normativi emanati negli anni successivi dalla Unione Europea nell’ambito del Terzo Pilastro in materia di
cooperazione giudiziaria e di
esecuzione di sequestro e confisca, che fornirebbero all’autorità giudiziaria italiana strumenti ancora più efficaci nella lotta al crimine transnazionale; ci si riferisce, per esempio, alla
Convenzione di assistenza giudiziaria in materia penale del 2000, che prevede tra l’altro la possibilità di utilizzare lo strumento delle
Squadre Investigative Comuni (JIT), e ad una serie di decisioni quadro per la esecuzioni di ordini di sequestro e confisca in altri Stati membri, tutte basate sul
principio del mutuo riconoscimento. [1]
Peraltro, con l’entrata in vigore del
Trattato di Lisbona e nel quadro giuridico delineato dallo stesso, nuove forme di legislazione si affacciano ormai all’orizzonte, e di alcune di esse si sta già avendo esperienza pratica.
Come ricordato anche a proposito del protocollo sulla corruzione, nel marzo 2012 la Commissione ha ormai avanzato una proposta di direttiva in materia di
confisca e congelamento beni che, se adottata, sostituirebbe almeno in parte le decisioni quadro sopra ricordate e non ancora attuate dall’Italia.