Il Protocollo sulla interpretazione della Corte di Giustizia

Lo scopo Il protocollo sulla interpretazione in via pregiudiziale da parte della Corte della Convenzione PIF è una conseguenza logica, seppure non necessaria, dell’art. K3 del Trattato di Maastricht, ed in particolare del suo comma 2 lett.c), secondo cui le Convenzioni elaborate sulla base dello stesso articolo (come appunto quella PIF) potevano prevedere la competenza della Corte di Giustizia ad interpretarne le disposizioni e a risolvere le controversie connesse alla loro applicazione.

L’art. 35 del Trattato sulla Unione Europea, come derivante dalle modifiche apportate dal Trattato di Amsterdam, ribadisce lo stesso concetto, lasciando al singolo Stato membro la scelta se accettare tale giurisdizione e la determinazione delle modalità con cui i suoi organi giurisdizionali potranno adire la Corte per ottenere l’interpretazione.

Emerge qui in maniera chiarissima il ruolo limitato della Corte in quello che, fino al Trattato... _OMISSIS_ ...a il Terzo Pilastro della UE e le differenze rispetto al suo ruolo in quello che era il Primo Pilastro.

Il motivo di tale limitazione è del tutto evidente: come si è già avuto modo di spiegare altre volte nel presente scritto, gli strumenti di Terzo Pilastro erano decisi con metodo intergovernativo; in sostanza, quindi, per mero accordo degli Stati Membri che hanno sempre considerato le norme di diritto penale come una delle principali espressioni della propria sovranità.

Era, quindi, del tutto impensabile che gli Stati accettassero di conferire alla Corte, in relazione a tali atti, gli stessi poteri che la stessa aveva nel Primo Pilastro, quale, per esempio, il potere di controllo sulla legittimità degli stessi.

Tutt’al più gli Stati Membri potevano accettare una mera interpretazione da parte della Corte sulle norme convenzionali in materia penale, lasciando oltretutto la scelta se avvalersi o meno di tale possibilit... _OMISSIS_ ... con cui farlo sempre ai singoli Stati.

Gli Stati membri decisero quindi di allegare alla Convenzione PIF uno specifico protocollo [1] che riprendeva tali concetti e determinava in concreto le modalità con cui la Corte dovesse essere adita.


Modalità per adire la Corte di Giustizia Innanzi tutto, il Protocollo in questione precisa, all’art.1, che tale competenza interpretativa della Corte di Giustizia riguarda la Convenzione PIF e il primo protocollo, cioè quello, per così dire, sulla corruzione concluso il 27.9.1996 ed appena esaminato sopra. Non poteva essere compreso in tale previsione anche il Secondo protocollo per ovvi motivi, essendo stato adottato nel giugno 1997, in epoca quindi successiva al presente documento.

Peraltro, come si vedrà, sarà lo stesso protocollo a richiamare il presente atto e a renderlo quindi applicabile alle proprie disposizioni.

L’art. 2 prevede le modali... _OMISSIS_ ...Stati membri possono adire la Corte per ottenere l’interpretazione sulle disposizioni degli atti in questione. In primo luogo, la competenza della Corte non è automatica, ma la sua accettazione dipende esclusivamente dalla volontà degli Stati che, con una dichiarazione presentata all’atto della firma del protocollo o successivamente, possono dichiarare di accettare la competenza della Corte sull’interpretazione pregiudiziale delle norme degli atti normativi in questione.

Inoltre ciascuno Stato membro che abbia accettato la competenza della Corte ha avuto la possibilità di scegliere in che modo adire la stessa; il protocollo lascia infatti a ciascuno Stato la scelta se fare adire la Corte a questi fini solo dalla giurisdizione più elevata all’interno del proprio sistema giudiziario, l’organo giudiziario, cioè, le cui decisioni non sono soggette ad alcun ricorso giurisdizionale di diritto interno, oppure da ogni organo giurisdiz... _OMISSIS_ ...etto Stato, e quindi anche dalle giurisdizioni di primo grado.

È del tutto evidente come la prima possibilità snatura ancora di più il significato del ricorso e limita enormemente il ruolo della Corte, considerando che il rinvio in questione dovrebbe essere un rinvio pregiudiziale.

Limitare la possibilità di ricorrere alla Corte solo da parte dell’organo giudiziario più elevato di un singolo Stato, l’equivalente della nostra Corte di Cassazione, equivale ad escludere da tale possibilità tutte le giurisdizioni inferiori che, storicamente, sono sempre state le più attive nel ricorrere alla Corte, anche nelle materie di Terzo Pilastro, ed hanno permesso alla Corte stessa di elaborare sentenze che, in alcuni casi, hanno contribuito al processo di integrazione europea più ancora di singoli atti legislativi. Inoltre, è lecito chiedersi che senso abbia limitare solo all’ultimo grado di giudizio la possibilità di proporre un ricors... _OMISSIS_ ...pretazione pregiudiziale.

L’interpretazione pregiudiziale, come insegna anche l’esperienza formatasi sotto l’art. 234 del Trattato CE nell’ambito del Primo Pilastro dove tale strumento è ugualmente previsto ma con ben altra efficacia, viene normalmente richiesta nel corso del giudizio di primo grado, spesso addirittura all’inizio dello stesso, proprio per avere subito dalla Corte quella interpretazione del diritto comunitario necessaria per risolvere successivamente la controversia.

Consentire la possibilità di ricorso solo a livello di Corti Supreme significa invece che nel singolo procedimento si saranno già avute una o due sentenze potenzialmente errate perché basate su una interpretazione del diritto comunitario su cui la Corte non ha ancora avuto la possibilità di pronunciarsi ed appare una soluzione che rappresenta una contraddizione palese con la natura “pregiudiziale” del ricorso in questio... _OMISSIS_ ...F| L’art. 4 del protocollo precisa poi che, dal punto di vista procedurale, si applicano il protocollo sullo Statuto della Corte di Giustizia e il regolamento di procedura della Corte stessa.


L’attuazione nell’ordinamento italiano Anche questo protocollo, come già detto in precedenza, è stato attuato dall’Italia con la legge 300 del 2000 sopra citata.

L’attuazione è avvenuta con l’art. 12 della legge 300 del 2000 che costituisce, per questa parte, una legge delega, attribuendo al Governo il compito di emanare un decreto legislativo per disciplinare le modalità di ricorso alla Corte ai questi fini.

Ciò significa, in primo luogo, che l’Italia ha accettato la competenza della Corte per l’interpretazione pregiudiziale delle norme della Convenzione PIF e protocolli, circostanza che, alla luce delle considerazioni sopra compiute, non era automatica e, teoricamente, neppure sc... _OMISSIS_ ...ogni Stato la facoltà di comportarsi al riguardo come meglio avesse ritenuto.

Ulteriore elemento positivo dell’attuazione da parte dell’Italia è il fatto che, ai sensi dell’art. 12 lett a) della legge 300 del 2000, è evidente che il nostro Paese ha adottato la soluzione che consente a ogni organo giurisdizionale di adire la Corte per ottenere l’interpretazione pregiudiziale, consentendo quindi la possibilità di ricorso anche alle giurisdizioni inferiori e non limitandolo solo alla Corte di Cassazione.

La scelta è del tutto coerente con il nostro sistema giuridico basato, come noto, sul sistema del c.d. “sindacato diffuso” anche per il controllo della legittimità delle leggi interne, per cui ogni organo giurisdizionale può adire la Corte Costituzionale per fare verificare se una norma sia conforme o meno ai principi costituzionali.

Era del tutto logico, quindi, che lo stesso sistema venisse ... _OMISSIS_ ...er l’interpretazione delle norme comunitarie degli strumenti giuridici del Terzo Pilastro.