Interventi di risanamento conservativo nei centri storici (zone A)

Gli indici di edificabilità della zona A sono piuttosto articolati e risentono del problema di regolamentare le situazioni esistenti [1], trattandosi - come detto - di aree necessariamente - e spesso anche totalmente - edificate. Sul punto è necessario distinguere in base al tipo di intervento da realizzare: da un lato si pongono infatti le «operazioni di risanamento conservativo» [2] e dall’altro le «nuove costruzioni» [3].

Il concetto di trasformazione conservativa, alla quale allude la prima parte dell’art. 7, n. 1), deve essere coordinato con l’attuale formulazione del testo unico sull’edilizia, il cui art. 3, riprendendo l’art. 31 della legge 5 agosto 1978, n. 457, definisce al comma 1 i singoli interventi edilizi. Anzitutto, dunque, non sembra dubitabile che costituiscano operazioni di trasformazione conservativa gli interventi di manutenzione ordinaria [4] e straordinaria [5]. Analogamente, si ri... _OMISSIS_ ...rino in questa previsione gli interventi di restauro e risanamento conservativo [6] dal momento che il d.m. 1444/1968 include espressamente «le operazioni di risanamento conservativo» [7] tra le trasformazioni conservative, adottando una formulazione parzialmente diversa da quella del testo unico dell’edilizia, ma ad essa sostanzialmente sovrapponibile.

Seppur con qualche perplessità, si ritiene che possano essere considerate trasformazioni conservative anche gli interventi di ristrutturazione edilizia [8], che non sono oggetto di espressa previsione nel regolamento del 1968. Ed invero, l’alternativa sarebbe annoverare questo tipo tra le nuove costruzioni, alle quali si riferisce espressamente la seconda parte del n. 1).

Sennonché, dal testo unico dell’edilizia emerge senz’altro una netta contrapposizione tra ristrutturazione edilizia e nuova costruzione: ciò vale già sul piano sostanziale [9] e trova pun... _OMISSIS_ ...sul piano formale, dal momento che nel minuzioso comma 1 dell’art. 3 del d.P.R. 380/2001 non c’è alcun elemento che autorizzi a sostenere che un intervento edilizio dotato di autonoma definizione - come appunto la ristrutturazione edilizia - possa essere qualificato in termini di sottospecie di un altro intervento edilizio. Se è così, la contrapposizione tra ristrutturazione e nuova costruzione, avallata dalla legge fondamentale dell’edilizia italiana, deve essere necessariamente estesa ad un provvedimento normativo decisamente più risalente, ma certo non ignorato dai compilatori del testo unico [10].

Da ciò consegue che la ristrutturazione non può trovare posto nella seconda parte del n. 1), che si riferisce espressamente alle nuove costruzioni, ed è quindi giocoforza concludere che essa deve ascriversi alla prima parte della medesima disposizione. In questo senso depongono del resto gli stessi indici di edificabilità dettati dal... _OMISSIS_ ... n. 1), per le operazioni di nuova costruzione, che sembrano dar per scontata l’inesistenza di un organismo edilizio preesistente: le operazioni di ristrutturazione, viceversa, muovono dal presupposto in cui vi sia già un immobile e si intenda trasformarlo.

Anche questo conferma dunque, in ultima analisi, che gli interventi di ristrutturazione edilizia sono assoggettati ai limiti di densità edilizia previsti dal primo periodo dell’art. 7, n. 1), d.m. 1444/1968: nel medesimo senso, del resto, appare orientata anche l’autorevole dottrina che si è occupata incidentalmente della questione [11].

I limiti in parola appaiono piuttosto severi e secondo i primi commentatori mirano a ridurre l’indice di affollamento nelle zone A [12]: in queste parti del territorio comunale, infatti, le operazioni di risanamento conservativo ed le altre trasformazioni conservative, non permettono di superare le preesistenti densità edilizie di... _OMISSIS_ ...ie [13].

Ciò significa che, prima di procedere ad interventi di questo tipo, devono essere calcolate la densità edilizia e la densità fondiaria esistenti, le quali verranno a costituire gli indici di edificabilità rispettivamente fondiario e territoriale. Se dunque un’ideale zona A, che potremmo chiamare ad esempio Città Vecchia, è composta da dieci fondi di 1000 mq ciascuno, su ognuno dei quali risulta edificato un immobile di 100 mc, si ricava che l’indice fondiario di ciascun lotto è pari a 0,1 mc/mq e che l’indice territoriale di zona è pari a 1 mc/mq: questi indici dovranno essere applicati ad ogni operazione di trasformazione conservativa, applicando opportunamente l’equazione fondamentale della densità edilizia.

L’espressa previsione della densità fondiaria accanto a quella territoriale, peraltro, non deve sottovalutata. Ed invero, se il Ministro dei lavori pubblici avesse prescritto il solo mantenimento... _OMISSIS_ ...territoriale - come senz’altro avrebbe potuto fare - avrebbe implicitamente concesso il trasferimento di cubatura da un fondo all’altro. Siano infatti X e Y due dei fondi dell’ipotizzata Città Vecchia: evidentemente, l’abbattimento dell’immobile insistente sul fondo X e di quello insistente sul fondo Y, con contestuale erezione di un edificio di 200 mc sul solo fondo X, non altera in alcun modo la densità di zona, che è indifferente alla collocazione dei singoli volumi. Tuttavia, un’operazione di questo tipo incide senz’altro sulla densità fondiaria, eccedendo in particolare l’indice fondiario preesistente sul fondo X, per cui non risulta concretamente assentibile.

Da quanto detto discende che, in buona sostanza, le operazioni di trasformazione conservativa nelle zone A non possono creare nuovi volumi, se non con contestuale ed equivalente demolizione nell’ambito del medesimo lotto. Infatti, ogni increm... _OMISSIS_ ...a comporta un’alterazione degli indici di edificabilità, con la conseguenza che la nuova densità edilizia non potrà essere pari a quella anteriore all’intervento, se non si è proceduto al contempo ad un intervento demolitivo.

Questo principio trova peraltro un ulteriore aggravio nella stessa prima parte del n. 1) dell’art. 7, laddove si precisa che gli indici preesistenti devono essere computati «senza tener conto delle soprastrutture di epoca recente prive di valore storico-artistico» [14].

Trattandosi di centro storico, non è detto che esistano immobili che integrano entrambi i requisiti, cioè che siano allo stesso tempo recenti e privi di pregio. La villa ricostruita secondo l’originaria architettura settecentesca dopo il crollo accidentale, ad esempio, è senz’altro recente, ma non è detto che sia priva di pregio. Il torrione altomedievale diroccato ed assediato dalla vegetazione, al contrario, p... _OMISSIS_ ... privo di pregio, ma non si potrà in alcun modo ritenere recente.

In definitiva, non è detto che nel centro storico vi siano immobili che sono al contempo recenti e privi di valore storico-artistico. Se esistono, però, la loro permanenza non può sopravvivere alle operazioni di trasformazione conservativa, perché gli indici di edificabilità sono spinti verso il basso dalle sconvenienti caratteristiche tipologiche degli immobili di questo tipo. Si assuma cioè che l’immobile insistente sul fondo Z dell’ipotizzata Città Vecchia sia stato edificato appena l’anno scorso: tale immobile non può essere computato ai fini del calcolo di densità fondiaria, che quindi risulta pari a zero, con l’effetto che il fondo Z è sostanzialmente inedificabile.

Si tratta dunque di conseguenze di non poco momento e talvolta persino paradossali. Infatti l’imposizione di un indice di edificabilità inferiore al dato reale ha il singolare ef... _OMISSIS_ ...ndo fare meccanica applicazione dell’equazione della densità edilizia, gli immobili più recenti e degradati rischiano di essere sottratti persino a quelle operazioni che potrebbero aumentarne il valore architettonico.

La soluzione a questo paradossale risultato passa allora per la seconda parte del medesimo n. 1) dell’art. 7, che contempla la possibilità che nelle zone A siano ammessi degli interventi di nuova costruzione, ai quali sembra opportuno dedicare un’apposita trattazione.

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