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La presente opera nasce con l’intento di analizzare nel dettaglio la
seconda fase del procedimento espropriativo identificata dalla
dichiarazione di pubblica utilità, scoprendo, oltre alle disposizioni
normative previste nel d.p.r. n. 8 giugno 2001 n. 327, il testo unico
in materia di espropriazione per pubblica utilità, la sua natura
giuridica e i suoi effetti.
Per raggiungere siffatto obiettivo è necessario partire dalla
definizione del provvedimento finale che conclude il procedimento
espropriativo ovvero dal decreto di esproprio, il quale rappresenta un
atto amministrativo appartenente alla categoria dei provvedimenti
ablatori a carattere reale, il cui fine si riversa nella sottrazione ad
un soggetto privato e, in taluni casi, ad un soggetto di diritto
pubblico, della proprietà o del possesso di un determinato bene mobile
o immobile o, ancora, di altra utilitas per motivi di interessi
generali, dietro corresponsione di una somma di denaro a titolo di
indennizzo. Si tratta, cioè, di un provvedimento che, sebbene diretto
ad incidere negativamente sulla sfera giuridica del destinatario, non
ha intenti punitivi, ma rappresenta, piuttosto, uno strumento
indispensabile per il bene della collettività perché consente la
realizzazione di opere pubbliche o di pubblica utilità, assicurando,
allo stesso tempo, una qualche forma di ristoro per il privato che
sopporterà l’esercizio di un potere diretto ad incidere sul più sacro e
inviolabile dei diritti patrimoniali, ovvero sul diritto di proprietà.
A tal fine, per addivenire ad una corretta ed equilibrata
espropriazione per pubblica utilità, ovvero ad un’espropriazione che
sia il frutto di un giusto e proporzionato bilanciamento degli
interessi pubblici (la realizzazione di opere pubbliche o di pubblica
utilità) e privati (la tutela del diritto di proprietà) l’ordinamento
giuridico predispone un procedimento amministrativo che individua
tre momenti fondamentali per l’emanazione del decreto di esproprio: la
previsione dell’opera da realizzare nello strumento urbanistico
generale, o in un atto di natura ed efficacia equivalente, accompagnata
dal vincolo preordinato all'esproprio apposto sul bene da espropriare;
la dichiarazione di pubblica utilità; la determinazione (anche in via
provvisoria) dell’indennità di esproprio.
In realtà più che di tre momenti si dovrebbe parlare di autentici
presupposti per la legittima emanazione del decreto di esproprio.
Si tratta di presupposti che, al contempo, identificano delle vere e
proprie fasi autonome e connesse di un unico procedimento espropriativo.
In questo quadro autonomia e connessione identificano un ossimoro in
grado di far comprendere in che modo tutte le fasi del fasi del
procedimento espropriativo (apposizione del vincolo preordinato
all’esproprio, dichiarazione di pubblica utilità e determinazione
dell’indennità di esproprio) siano, allo stesso tempo, fasi distinte,
capaci, cioè, di giungere all’emanazione di un provvedimento
impugnabile, ma funzionalmente connesse e, quindi, intimamente
correlate e inscindibili tra loro, sicché la mancanza di una comporta
la decadenza o l’inefficacia dell’altra o, ancora, l’impossibilità di
procedere oltre.
Invero di queste tre fasi solo le prime di due vengono analizzate.
Si tratta di una scelta che nasce dalla consapevolezza che l’opera ha
ad oggetto la fase dichiarativa la quale, oltre a rappresentare una
garanzia per il privato che subisce l’espropriazione, identifica la
fase centrale e fondamentale di tutta la procedura espropriativa,
diventando, così, un passaggio obbligato senza il quale non è possibile
procedere all’emanazione del decreto di esproprio.
Essa rappresenta il perno intorno al quale ruota tutto il procedimento
espropriativo, in cui la pubblica utilità dell’opera assume forma e
sostanza, sicché senza di essa non vi sarebbe espropriazione per
pubblica utilità, perché non vi sarebbe una pubblica utilità che
legittimerebbe un provvedimento amministrativo diretto alla
sottrazione, dietro corresponsione di una somma di denaro a titolo di
indennizzo, ad un soggetto privato e, in taluni casi, ad un soggetto di
diritto pubblico, della proprietà o del possesso di un determinato bene
mobile o immobile o, ancora, di altra utilitas per motivi di interessi
generali.
Dalla definizione si evince, pertanto, che il provvedimento
espropriativo non si limita ad incidere sul più sacro e inviolabile dei
diritti di natura patrimoniale, ma ha anche diretta incidenza sulla
progettazione delle opere pubbliche e, di conseguenza, sull’urbanistica.
In questo percorso di analisi si giunge alla consapevolezza che la
dichiarazione di pubblica utilità identifica il diaframma che si
frappone tra l’urbanistica e la programmazione e che consente la
trasformazione del territorio mediante la realizzazione di opere
pubbliche o di pubblica utilità, il cui beneficiario finale è la
collettività.
Pertanto, al fine di comprendere la concreta relazione che lega
l’espropriazione, la programmazione e l’urbanistica, è necessario
analizzare nel dettaglio le prime due fasi del procedimento
espropriativo, tralasciando l’ultima il cui obiettivo, non secondario,
consiste nel garantire al privato che subisce l’espropriazione un equo
indennizzo che funga da ristoro per il pregiudizio subito.
Nell’opera la fase diretta alla dichiarazione di pubblica utilità viene
presentata come la sede naturale in cui ponderare e bilanciare le
esigenze pubbliche e private, in modo tale che le prime siano
perseguite secondo i canoni della regola aurea elaborata dal ROMAGNASI.
Un ottimo parametro per verificare la proporzionalità della procedura
espropriativa è rappresentato dal vaglio della qualità e della quantità
di spazio riservato dall’amministrazione alla partecipazione del
privato nel procedimento amministrativo.
Per questo motivo nel testo vengono ampiamente analizzate tutte le
norme del testo unico in materia di espropriazione per pubblica utilità
poste a garanzia del principio del contraddittorio inteso come
strumento di difesa del privato e mezzo istruttorio per la pubblica
amministrazione.
Una volta stabilite le regole generali non bisogna dimenticare le
eccezioni, ovvero le ipotesi in cui le stesse regole subiscono una
deroga dovuta alla peculiarità del settore di riferimento.
Per questo motivo non si possono trascurare le varianti speciali della
fase dichiarativa disciplinate dalle singole discipline tecniche di
settore e, in particolare, quelle dirette a disciplinare
l’espropriazione dei beni pubblici e dei beni culturali,
l’espropriazione per la realizzazione dei progetti relativi alle
infrastrutture strategiche e agli insediamenti produttivi;
l’espropriazione per la realizzazione dell’edilizia residenziale
pubblica e, infine, l’espropriazione per la realizzazione degli
impianti di telecomunicazione.
In definitiva, della dichiarazione di pubblica utilità viene data un
immagine tesa a evidenziarne gli effetti, la natura e i profili
procedimentali, attraverso un meccanismo capace di far emergere la
centralità dell’istituto per il procedimento espropriativo e per la
realizzazione degli interessi pubblici, l’importanza del rispetto delle
garanzie privatistiche, senza tralasciare il sistema di regole e
deroghe che in un ottica globale mette insieme espropriazione,
programmazione e urbanistica.