Catasto e fiscalità immobiliare

Nel nostro Paese gran parte delle imposte immobiliari sono calcolate con riferimento alle basi imponibili catastali, circostanza che evidenzia intrinsecamente la rilevanza del ruolo delle Commissioni censuarie in esame, quale Organo giurisdizionale speciale deputato dall’Ordinamento all’approvazione delle tariffe d’estimo.

Come è noto, l’attuale sistema catastale è articolato nei due Catasti, terreni e fabbricati, con archivi alfanumerici autonomi, le cui informazioni sono georeferenziate alle basi cartografiche. Tra le informazioni conservate, oltre a quelle descrittive dei caratteri fisici e localizzativi degli immobili, sono presenti quelle di natura economica, costituite dalle rendite catastali delle unità immobiliari urbane e dei redditi dei terreni, la cui finalità originaria principale è stata quella di fornire una base di riferimento perequata per l'applicazione delle imposte sul reddito delle persone fisiche e giuridiche derivanti dal possesso di beni immobili. A questo utilizzo, a partire dagli anni ’90 del secolo scorso, si è aggiunto quello dell’imposta patrimoniale sugli immobili, indipendentemente dalle diverse denominazioni assunte nel tempo (ISI, ICI, IMU,TASI).

Tuttavia già in passato la “rendita catastale” era stata utilizzata da diverse normative per risalire ad un valore convenzionale degli immobili, attraverso modalità estimative assimilabili alla “capitalizzazione del reddito”. Tra queste rilevano: [Omissis - versione integrale presente nel testo]

Attualmente l’applicazione del meccanismo di valutazione automatico di cui all’art. 52 del D.P.R. n. 131/1986 è stata limitata al caso di trasferimenti aventi ad oggetto immobili ad uso abitativo e relative pertinenze, laddove i contraenti siano persone fisiche che non agiscano nell'esercizio di attività commerciali, artistiche o professionali, ed alle successioni e donazioni per ogni tipologia immobiliare.

I valori determinati in base alle rendite catastali, rivalutate con appositi coefficienti, identificano i limiti del potere di rettifica dei valori dichiarati da parte dell'Ufficio impositore.

A decorrere dal 1° gennaio 2004, la legge 24 dicembre 2003, n. 350 - al fine di determinare la base imponibile delle imposte di registro, ipotecarie e catastali - ha stabilito una rivalutazione nella misura del 10% della rendita catastale. Successivamente, a partire dal 31/07/2004, per effetto della legge 30 luglio 2004 n. 191, di conversione del D.L. 12 luglio 2004, n. 168, recante interventi urgenti per il contenimento della spesa pubblica, la maggiorazione del 10% è stata portata al 20%, ad eccezione degli acquisti di immobili da destinare a prima casa di abitazione.

La legge n. 662/1996 ha previsto quindi ulteriori rivalutazioni, differenziate anche in relazione alle diverse epoche di riferimento degli estimi catastali vigenti (1978-79, per i terreni, e 1989-89, per i fabbricati). Più precisamente:
- all’art. 3, comma 48, un aumento del 5% delle rendite catastali delle unità immobiliari urbane;
- all’art. 3, comma 50, un aumento dell’80% del reddito dominicale e del 70% del reddito agrario dei terreni ai soli fini delle imposte dirette;
- all’art. 3, comma 51, un aumento del 25 % del reddito dominicale dei terreni ai fini della valutazioni automatiche sopradescritte.

Il meccanismo di valutazione automatica trova altresì applicazione ai fini dell'imposta delle successioni e donazioni con i seguenti coefficienti moltiplicatori:
- 110, per la prima casa;
- 120, per le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali A e C (esclusi quelli di categoria A/10 e C/1);
- 140, per le unità immobiliari appartenenti alle categorie catastali B;
- 60, per le unità immobiliari appartenenti alla categoria A/10 (uffici e studi privati) e alle categorie del gruppo D;
- 40,8 per le unità immobiliari appartenenti alla categoria C/1 (negozi e botteghe) ed alle categorie del gruppo E.

I suddetti coefficienti moltiplicatori si applicano al valore della rendita iscritta in catasto, aumentata del 5% per effetto della disposizione di cui alla legge n. 662/1996, art. 3, comma 48.

Per i terreni agricoli, o comunque non edificabili, il valore imponibile si determina, invece, moltiplicando per 90 il reddito dominicale, rivalutato del 25%.

Oltre che per le suddette finalità, come già sottolineato, le basi reddituali catastali sono utilizzate anche per l'applicazione dell'I.M.U. e della TASI (subentrate all’I.C.I., imposta comunale Immobili, istituita con D.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, a sua volta anticipata dall'I.S.I., imposta straordinaria sugli immobili. In particolare, per i fabbricati iscritti in catasto, la base imponibile è determinata applicando alla rendita catastale vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutata del 5%, i seguenti moltiplicatori:

- 160, per gli immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo A, esclusa la categoria A/10, e nelle categorie C/2, C/6 e C/7;
- 140, per gli immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo B e nelle categorie C/3, C/4 e C/5;
- 80, per gli immobili di categoria D/5;
- 80, per gli immobili di categoria A/10;
- 65, per gli immobili censiti nelle categorie catastali del gruppo D, ad eccezione della categoria D/5;
- 55, per gli immobili di categoria C/1.

L’articolo 13, comma 2, del D.L. n. 201/2011, dispone che il presupposto oggettivo dell’imposizione IMU è costituito dal possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli.
Per i terreni agricoli, la base imponibile IMU è definita, applicando un moltiplicatore, pari a 135, al reddito dominicale risultante in catasto al 1° gennaio del periodo di imposta, rivalutato del 25%. Per i terreni agricoli, condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali (IAP) iscritti nella relativa gestione previdenziale, è prevista l’applicazione di un moltiplicatore ridotto, fissato in misura pari a 75 (coefficiente, da ultimo fissato dall’articolo 1, comma 707, dalla legge 27 dicembre 2013, n. 147 (stabilità 2014).
Il decreto legge 24 gennaio 2015, n. 4, convertito con modificazioni con legge 24 marzo 2015, n. 34, ha ripristinato forme di esenzione e agevolazione per l’IMU dovuta per i terreni agricoli. La legge di stabilità 2016, ha abrogato i commi da 1 a 9-bis dell’articolo 1 del decreto-legge 24 gennaio 2015, n. 4, stabilendo, a regime, a decorrere dall’anno 2016: 1) l’esenzione, in generale, dall’imposta municipale propria (IMU) sulla base dei criteri individuati dalla circolare del Ministero delle finanze n. 9 del 14 giugno 1993, pubblicata nel supplemento ordinario n. 53 alla Gazzetta Ufficiale n. 141 del 18 giugno 1993; 2) l’esenzione per i terreni agricoli: [Omissis - versione integrale presente nel testo].