REVOCAZIONE

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La proprietà privata e l'espropriazione per pubblica utilità

Nell'ordinamento italiano, la proprietà consiste nel diritto di godere e di disporre di una bene in modo pieno ed esclusivo, pur nei limiti indicati dalla legge; a determinate condizioni, però, la Pubblica Amministrazione dispone del potere di imporre un sacrificio alla proprietà, in nome del perseguimento di un vantaggio per la collettività

L'espropriazione prima del Testo Unico

Il codice civile emanato nel 1865 ha recepito questa impostazione e ha introdotto l'istituto espropriativo per l'utilità collettiva in termini simili a quelli adoperati dallo Statuto; l'esercizio del potere ablativo, tuttavia, veniva limitato a casi eccezionali, in ossequio ad una concezione della proprietà quale diritto di derivazione quasi sacra, frutto di lunghi conflitti per la conquista della tutela della potestà dominicale

La proprietà nel codice civile e nella Costituzione

La proprietà non è un istituto di creazione costituzionale, ma riceve dalla Costituzione una triplice tutela: viene inserita nella carta costituzionale come un diritto di primaria importanza; la sua disciplina viene riservata alla legge; si prevede la possibilità di espropriazione, ma solamente a condizione che venga corrisposto un adeguato indennizzo.

L'espropriazione e il D.P.R. 327/2001

Il procedimento espropriativo è stato articolato in fasi fondamentali: l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio; la dichiarazione di pubblica utilità; la determinazione dell'indennità; l'emanazione del decreto di esproprio.

L'espropriazione e il D.Lgs. 302/2002

Il decreto legislativo 27 dicembre 2002, n. 302, è intervenuto a modificare la disciplina delle espropriazioni delineata dal Testo Unico a distanza di pochi mesi dalla sua emanazione, al fine principalmente di garantire la massima rapidità delle procedure e di agevolare l'istituto dell'immissione in possesso.

La proprietà in ambito sovranazionale

La Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali, c.d. CEDU, firmata a Roma il 4 novembre 1950 e resa esecutiva con legge 4 agosto 1955 n. 848, e il suo Protocollo addizionale sottoscritto in data 20 marzo 1952, insegnano – in modo analogo alla nostra Costituzione – che l'Amministrazione può acquisire il diritto di proprietà solamente attraverso l'emanazione di un formale provvedimento amministrativo.

Causa fondante la retrocessione totale

Il principale elemento di differenziazione tra retrocessione totale e parziale è dato dalla causa a fondamento. La qualifica non va dunque riferita agli immobili espropriati, bensì al grado del loro utilizzo: la retrocessione parziale può riguardare un intero suolo espropriato, quella totale interessare solo parte dei suoli dichiarati di pubblica utilità. Si conferma, in tal modo, che quello che conta è non tanto l’oggetto quanto i diversi presupposti dell'una e dell'altra forma di retrocessione

La retrocessione: esecuzione dell'opera

Il legislatore del t.u. ha aderito a quegli orientamenti giurisprudenziali minoritari che parificavano l’inizio dei lavori alla completa realizzazione dell’opera, senza considerare che tale concessione di favore alla pubblica amministrazione avrebbe dovuto essere accompagnata dalla verifica del permanere dell’utilità pubblica. La giurisprudenza prevalente, invece, non riteneva sufficiente il mero inizio dei lavori, richiedendo che ne fossero realizzate almeno le strutture essenziali.

Retrocessione totale: la tutela giurisdizionale

Si tratta di un diritto che sorge automaticamente una volta che, passati dieci anni, decade la dichiarazione di pubblica utilità, di fronte al quale l’amministrazione espropriante si trova in una situazione di mera soggezione all’iniziativa del titolare del diritto medesimo. Identica situazione giuridica soggettiva è riconosciuta, in ipotesi di retrocessione parziale, in capo all’espropriato il quale abbia richiesto e ottenuto dal beneficiario dell’espropriazione l’indicazione dei beni relitti.

La retrocessione parziale

A differenza dell’ipotesi della retrocessione totale, la retrocessione parziale si ha quando l’opera è stata realizzata, ma non sono stati utilizzati tutti i beni espropriati, nel senso che alcuni di essi non hanno ricevuto la destinazione prevista. In questo caso, si è dunque di fronte non a una mancata tempestiva realizzazione, come nel caso della retrocessione totale, ma di un’opera realizzata in termini quantitativamente ridotti rispetto a quelli in origine previsti.

Gli adempimenti procedurali nella retrocessione parziale

Con la legge generale sulle espropriazioni per pubblica utilità, ai fini dell’esercizio del diritto di retrocessione parziale, non era previsto che l’espropriato si attivasse presso l’ente espropriante. Spettava infatti a quest'ultimo pubblicare l’elenco dei beni che, non servendo più all’eseguimento dell’opera pubblica, erano in condizione di essere rivenduti. Oggi, il procedimento di retrocessione ha inizio ad istanza della parte interessata, individuata espressamente nell'espropriato.

La dichiarazione di inservibilità nella retrocessione parziale

La dichiarazione di inservibilità subordina il diritto alla restituzione del bene espropriato. Si tratta di valutare non se il bene espropriato sia utilizzabile per soddisfare qualsivoglia interesse pubblico, ma se possa essere ancora utilizzato per realizzare quella determinata e specifica opera pubblica che era stata prevista quando fu avviato il processo di espropriazione. La dichiarazione di inservibilità è sottoposta ad una limitazione temporale: la previsione di termine della realizzazione

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