OBBLIGAZIONI

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Il termine della diffida ad adempiere

Poiché questo è previsto a favore del debitore, va calcolato dal momento in cui la diffida è da lui ricevuta, e non dalla spedizione, salvo che il creditore non abbia indicato un diverso momento. È importante stabilire questo momento, specie se le due parti sono distanti. Se si adottasse invece il criterio per il quale il decorso del termine indicato in diffida si computa dal giorno in cui la dichiarazione fu emessa, il debitore si vedrebbe ridotto il tempo utile per eseguire la prestazione

Diffida ad adempiere: proroga e difetto dei requisiti

La letteratura ha ritenuto che il termine non può essere abbreviato per iniziativa del solo creditore, sul presupposto che il debitore, dal momento in cui gli viene notificata la diffida col termine più lungo, può aver deciso di utilizzare tutto il tempo concesso, creandosi un’aspettativa verso quel termine. La dottrina maggioritaria ha pure escluso che il creditore possa unilateralmente allungare il termine dopo la scadenza, poiché la scadenza crea un’immediata risoluzione del rapporto tra loro

Diffida ad adempiere: la risoluzione di diritto del contratto

Gli effetti che scaturiscono dall’intimazione della diffida ad adempiere ex art. 1454 c.c. si possono suddividere in due categorie. La prima è quella relativa agli effetti immediati, che vengono in essere non appena la diffida è conosciuta dal diffidato. L’altra categoria concerne invece il c.d. effetto dilazionato, finale e principale che le è proprio, che si realizza solo quando scade il congruo termine fissato nell’intimazione, senza che il debitore abbia adempiuto alla sua prestazione.

Diffida ad adempiere: giudizio di accertamento e risarcimento del danno

L’effetto risolutorio della diffida non impedirà alla parte inadempiente di trasferire la contestazione dal piano stragiudiziale a quello giudiziale e cioè di ricorrere al giudice per la verifica dei presupposti e delle condizioni necessarie cui la risoluzione ex art. 1454 c.c. è connessa. Il soggetto passivo potrà contestare che l’effetto si sia prodotto sotto molteplici aspetti. Se le contestazioni saranno respinte, sarà accertato che la risoluzione si è prodotta fin dalla scadenza del termine

Diffida ad adempiere: posizione dell'intimante e revoca

La giurisprudenza muove da un’impostazione che valorizza l’efficacia della diffida ad adempiere come istituto dotato di un’estrema flessibilità, finalizzato alla conservazione del sinallagma contrattuale, consentendo così al creditore soddisfatto di impedire che il contrasto con la controparte giunga alle estreme conseguenze. In questo senso l’istituto ex art 1454 c.c. viene visto come un incentivo diretto a sollecitare il ravvedimento del debitore pur dopo la scadenza del termine di adempimento

La rinuncia agli effetti della diffida

Il caso della rinuncia è diverso da quello della revoca della diffida, poiché qui ci si chiede non se la risoluzione del contratto possa essere impedita dalla revoca di uno dei suoi presupposti, ma se, una volta avvenuta la risoluzione, la parte che l’ha determinata possa rinunciarvi, cancellandone così gli effetti. La giurisprudenza sino al 2009 ammertteva la rinunciabilità degli effetti della diffida, cioè il principio della libera disponibilità dell’effetto risolutivo da parte del contraente

Il destinatario di una diffida ad adempiere

Il termine controdiffida è utilizzato per indicare due atti diversi: una diffida intimata dal diffidato stesso a chi gli aveva già, a sua volta, comunicato la diffida, nonché l’atto con il quale il debitore intimato contesta il fondamento o la validità della diffida ricevuta. Nel primo caso è semplicemente una diffida ad adempiere, nel secondo ci si riferisce invece a un'ampia rete di avvisi ed atti con cui il debitore segnala di volta in volta l’incongruità del termine assegnato dal creditore

La diffida ad adempiere: profili generali ed istituto

La diffida ad adempiere si colloca nell’ambito di un rimedio generale di difesa dei contraenti, qual è la risoluzione del contratto. Questa ricorre quando il programma contrattuale non è più in grado di assicurare il soddisfacimento degli interessi dei contraenti o a causa del comportamento delle parti o a causa di eventi a loro non imputabili e non prevedibili. Il c.c. regolamenta tra casi di risoluzione del contratto: per inadempimento, per impossibilità sopravvenuta, per eccessiva onerosità.

Origine storica e funzione della diffida ad adempiere

L’introduzione nell’ordinamento della diffida ad adempiere risale all'adozione del codice nel 1942. Essa si colloca nel quadro dell’ampliamento delle ipotesi di risoluzione di diritto, in un assetto in cui l’atto di scambio assume un’importanza più accentuata e le incertezze della risoluzione giudiziale ostacolano la mobilità delle risorse, e dove è di particolare interesse poter contare in ogni momento sulla disponibilità di una merce o di altro bene che era oggetto della prestazione pattuita

Art. 1454 c.c. e tipologie contrattuali: i contratti sinallagmatici

La funzione svolta dalla diffida ad adempiere rende questo istituto applicabile ai contratti sinallagmatici, cioè ai contratti con prestazioni corrispettive, bilaterali (art. 1453 cc) oppure plurilaterali (art. 1459 cc). Nei contratti a prestazioni corrispettive sorgono contemporaneamente nell’una e nell’altra parte obblighi e diritti a prestazioni reciproche, collegate tra loro da un rapporto di interdipendenza. Gli altri contratti sono detti unilaterali, o con prestazioni di una sola parte.

Art. 1454 c.c. e tipologie contrattuali: i contratti a titolo gratuito e la donazione

Anzitutto viene da chiedersi se il contraente non inadempiente possa avvalersi della diffida ad adempiere anche nel caso dei contratti a titolo gratuito. Deve ritenersi consentito il recesso a tutela dell’interesse della parte delusa, non perché vi sia un grave inadempimento ma perché non si può rimanere obbligati senza limiti temporali ad un contratto a titolo gratuito in cui i mezzi di esecuzione non sono stati somministrati. Il mandatario sarà dunque tutelato dal diritto di recedere

Art. 1454 c.c. e tipologie contrattuali: contratti con comunione di scopo e contratti collegati

L’interrogativo circa l’estendibilità dell’istituto ex art. 1454 c.c. può porsi anche con riferimento ad altri rapporti contrattuali. Si pensi ai contratti plurilaterali con comunione di scopo ove la valutazione deve incentrarsi sulla gravità della mancata proporzionalità fra la partecipazione ai vantaggi derivanti dal perseguimento dello scopo comune ed i sacrifici effettivamente sostenuti da ciascuna parte. A tale categoria si applicano le stesse regole valevoli per la risoluzione giudiziali

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