I diritti di informazione e consultazione sindacale

La materia dei diritti sindacali trova, già prima della promulgazione dello Statuto dei lavoratori, una regolamentazione contrattuale ed in esso trova conferma.

La trasposizione di questi diritti alla fonte legislativa non vuole sostituire la disciplina negoziale, ma darvi un supporto. Ed in linea con questa sono numerosi i riferimenti testuali dello Statuto (art. 20, co. 1 e 4; art. 21, co. 2; art. 23, co.2; indirettamente anche art. 24, co. 1; art. 30): la nuova regolamentazione si struttura lasciando spazio alla dinamica negoziale, «atteggiandosi a strumento di pressione supplementare a disposizione dei sindacati per la stipulazione del contratto collettivo» .

Passando ora ad analizzare in concreto quelli che sono i diritti sindacali attribuiti dal legislatore alle rappresentanze dei lavoratori in azienda bisogna partire dal presupposto rappresentato dal principio di libertà sindacale enunciato al primo comma dell’art. 39 Cost., che trova concreta attuazione, in relazione ai luoghi di lavoro, nei titoli II e III dello Statuto.
L’art. 14 recita infatti: «Il diritto di costituire associazioni sindacali, di aderirvi e di svolgere attività sindacale, è garantito a tutti i lavoratori all'interno dei luoghi di lavoro». E ad esso seguono una serie di norme che ribadiscono l’operatività di tale principio, imponendo al datore di lavoro di astenersi dal tenere condotte che possano lederlo.
L’intero titolo III dello Statuto dei lavoratori, applicabile alle imprese individuate ex art. 35, è dedicato allo svolgimento dell’attività sindacale ed a come essa si estrinseca nei luoghi di lavoro; costituisce un quid pluris rispetto alla libertà sindacale in azienda e comporta a carico del datore di lavoro un obbligo di cooperazione, anche a discapito delle ragioni tecnico produttive dell’impresa.

Dopo l’enunciazione della possibilità di costituire RSA quindi, lo Statuto prosegue elencando i diritti che ad esse sono attribuiti e li articola in quelli che spettano alla RSA come organismo, e quelli invece propri dei suoi dirigenti, fatta sempre salva la facoltà di stabilire modalità d’esercizio degli stessi diversi da quelli previsti nella normativa in questione, mediante la contrattazione collettiva.
I medesimi diritti e le medesime facoltà vengono poi estesi dagli art. 4 e 5 della parte I dell’Accordo Interconfederale del 20 dicembre 1993 anche alle RSU e ai suoi dirigenti. Parlando dei diritti attribuiti agli organismi di rappresentanza nel loro complesso, l’art. 20 dispone che «i lavoratori hanno diritto di riunirsi, nella unità produttiva in cui prestano la loro opera». Si tratta dunque di un diritto la cui titolarità spetta in astratto a tutti i lavori, ma a cui corrisponde un potere di iniziativa nell’indizione di tali riunioni che singolarmente o in maniera congiunta fa capo a ciascuna RSA, con ordine del giorno, e limitatamente a materie di interesse sindacale e del lavoro. Possono aver luogo durante l’orario di lavoro nel limite di dieci ore annue, o fuori da esso e riguardare la generalità dei lavoratori o solo gruppi di essi. Previo preavviso al datore di lavoro, sarà consentita la partecipazione anche di dirigenti esterni del sindacato.
Allo stesso modo la RSU costituita nel luogo di lavoro dai sindacati legittimati potrà procedere alla convocazione dell’assemblea.

In tal modo anche i lavoratori non appartenenti ai sindacati possono partecipare ed essere parte attiva, seppur in misura limitata, dell’elaborazione delle politiche sindacali e contrattuali nell’azienda.

L’art. 21 prosegue imponendo al datore di lavoro di consentire lo svolgimento, fuori dall’orario di lavoro, di referendum «sia generali che per categoria, su materie inerenti all'attività sindacale, indetti da tutte le rappresentanze sindacali aziendali», e, aggiungiamo, dalla rappresentanza sindacale unitaria, «tra i lavoratori, con diritto di partecipazione di tutti i lavoratori appartenenti alla unità produttiva e alla categoria particolarmente interessata». Un potere che spetta quindi alle RSA, per far emergere l’opinione dei lavoratori, in maniera solo congiunta, in modo tale [Omissis - versione integrale presente nel testo].
Inoltre il datore di lavoro dovrà porre a disposizione delle RSA, e quindi secondo la lettera convenzionale anche della RSU, spazi appositi, in luoghi accessibili a tutti i lavoratori, dove queste possano affiggere «testi e comunicati inerenti materie di interesse sindacale e del lavoro»(art. 25 St. Lav.) e nelle unità produttive con almeno 200 dipendenti «un idoneo locale comune all'interno dell'unità produttiva o nelle immediate vicinanze di essa» per l’esercizio delle loro funzioni e in maniera permanente. In caso di richiesta RSA e RSU avranno comunque diritto a usufruire di un locale idoneo per le loro riunioni anche quando i dipendenti siano in numero inferiore.

Per quanto riguarda, invece, le figure dei dirigenti degli organismi sindacali in questione, sono previste tutele particolari per quanto riguarda licenziamenti e trasferimenti per evitare che siano resi oggetto di discriminazione per il ruolo che ricoprono.

In particolare per il trasferimento dall’unità produttiva è necessario il previo nulla osta dell’associazione sindacale di appartenenza(art. 22 St. Lav.).

I dirigenti hanno poi diritto a permessi retribuiti, che variano in relazione alle dimensioni dell’impresa, per l’espletamento del loro mandato, e a permessi non retribuiti «per la partecipazione a trattative sindacali o a congressi e convegni di natura sindacale, in misura non inferiore a 8 giorni all'anno». A seconda dei casi, per la fruizione del permesso, sarà necessario dare comunicazione scritta al datore di lavoro 24 ore o 3 giorni prima.

Una serie di diritti ulteriori traggono origine da fonti diverse dallo Statuto, abbiano esse natura legale o contrattuale.

In particolare rilevanti risultano i diritti di informazione e consultazione sindacale: grazie al loro esercizio le oo.ss. hanno la possibilità di partecipare attivamente anche alla gestione dell’impresa in fasi delicate, e di incidere ancora una volta quindi sullo svolgersi dei singoli rapporti di lavoro.

Per lungo tempo questi diritti vengono disciplinati essenzialmente in via convenzionale: in diversi settori il contratto collettivo, nella sua parte obbligatoria, prevede una disciplina organica ed estesa (che presenta tratti comuni) dell’informazione e consultazione sindacale, su argomenti di rilevante interesse per l’organizzazione aziendale e l’andamento occupazionale dell’impresa, come il ricorso al lavoro straordinario, ristrutturazioni, scorpori, esternalizzazioni e fusioni.

Il protocollo del 1993 in particolare richiama espressamente questi diritti prevedendo che siano svolte «procedure di informazione, consultazione, verifica o contrattazione previste dalle leggi, dai CCNL, dagli accordi collettivi e dalla prassi negoziale vigente, per la gestione degli effetti sociali connessi alle trasformazioni aziendali quali le innovazioni tecnologiche, organizzative e i processi di ristrutturazione che influiscono sulle condizioni di sicurezza, di lavoro e di occupazione, anche in relazione alla legge sulle pari opportunità».

In questo quadro il legislatore interviene con il d.lgs. n. 25/2007, che in attuazione della direttiva europea 2002/14/CE, rafforza i diritti di informazione e consultazione sindacale previsti dalla contrattazione collettiva, dotandoli dunque di rango legislativo e non solo convenzionale e presidiandoli con apposite sanzioni amministrative. Questo si prefigge lo scopo di individuare «il quadro generale in materia di diritto all'informazione ed alla consultazione dei lavoratori nelle imprese o nelle unità produttive situate in Italia» (art. 1, co. 1) che abbiano più di 50 dipendenti. Stabilisce poi che le modalità di tale partecipazione siano espressamente disposte dalla contrattazione collettiva «in modo tale da garantire comunque l'efficacia dell'iniziativa, attraverso il contemperamento degli interessi dell'impresa con quelli dei lavoratori e la collaborazione tra datore di lavoro e rappresentanti dei lavoratori, nel rispetto dei reciproci diritti ed obblighi» (art. 1, co. 2).
Chiarisce nel contempo sia la nozione di informazione (trasmissione di dati da parte del datore di lavoro ai rappresentanti dei lavoratori finalizzata alla conoscenza ed all’esame di questioni attinenti all’attività d’impresa) sia quella di consultazione (ogni forma di confronto, scambio di opinioni e dialogo tra rappresentanti dei lavoratori e datore di lavoro su questioni attinenti all’attività d’impresa) (art. 2). La prima è volta anche a rendere possibile e preparare la seconda (art. 4, co. 4) ed oggetto sono l’andamento recente e quello prevedibile dell’impresa, nonché la sua situazione economica, la struttura e l’andamento prevedibile dell’occupazione, oltre che, in caso di rischio per i livelli occupazionali, le relative misure di contrasto, le decisioni suscettibili di comportare rilevanti cambiamenti dell’organizzazione del lavoro (art. 4, co. 3).
Una deroga a questi obblighi è comunque prevista nel caso in cui sussistano comprovate esigenze tecniche, organizzative e produttive di natura tale da creare notevoli difficoltà al funzionamento dell’impresa o da arrecarle danno (art. 5 co. 2). Inoltre, vi è il divieto in capo ai rappresentanti dei lavoratori e agli esperti che eventualmente li assistono di rivelare a terzi [Omissis - versione integrale presente nel testo].

Il legislatore italiano ha introdotto all'art. 7 un articolato sistema sanzionatorio in caso di violazioni dei rispettivi obblighi commesse da parte dei datori di lavoro, dei rappresentanti dei lavoratori o degli esperti che li assistano investendo la Direzione territoriale del lavoro dei relativi compiti di vigilanza ed irrogazione.
Oltre alla disciplina di carattere generale specifiche disposizioni normative prevedono espressamente nel nostro ordinamento l’obbligo del datore di lavoro di avviare una procedura di informazione e consultazione con le rappresentanze sindacali in relazione a determinati specifici istituti quali il ricorso alla cassa integrazione guadagni ordinaria e straordinaria, procedure di mobilità, ferie collettive, trasferimento di azienda o di un ramo d’azienda, somministrazione di lavoro, al lavoro “a chiamata”, lavoro notturno.

Sempre a livello europeo la direttiva n. 98/59/CE sui licenziamenti collettivi ha introdotto nella specie una serie di vincoli procedimentali all’esercizio dei poteri imprenditoriali, funzionali all’attuazione di quei diritti di informazione e consultazione, a favore dei rappresentanti dei lavoratori in azienda, la cui attivazione è obbligatoria nell’imminenza di eventi, quali appunto il licenziamento collettivo, che possono comportare mutamenti definitivi dei rapporti di lavoro.
L’informazione e la consultazione, invero, sono volte a consentire, da un lato la presentazione di proposte costruttive in merito almeno alla possibilità di evitare o ridurre i licenziamenti collettivi e di attenuarne le conseguenze nonché, dall’altro, la presentazione di eventuali osservazioni all’Autorità pubblica competente; i rappresentanti dei lavoratori si trovano quindi nelle condizioni più favorevoli al perseguimento dello scopo stabilito dalla direttiva.

La Corte di Giustizia Europea ha chiarito che il diritto all’informazione e alla consultazione va esercitato tramite i rappresentanti dei lavoratori, atteso che il diritto è concepito a vantaggio dei lavoratori intesi come collettività e presenta, pertanto, natura collettiva.