Fattispecie incriminatrici: la nozione di rifiuto

Tra gli elementi normativi in ordine ai quali la direttiva reputa necessario dettare le definizioni, non è, tuttavia, dato rinvenire la nozione di rifiuto.

Eppure, una parte cospicua delle infrazioni di cui all’articolo 3 è riferita proprio alla gestione dei rifiuti, che ha fornito ampia materia di intervento alla Corte di Giustizia proprio per le disomogenee interpretazioni che sono state fornite dagli Stati membri in sede di recepimento delle direttive in materia. La nozione di rifiuto è definita dalla direttiva comunitaria 91/156/CEE, che ha modificato la direttiva 75/442/CEE.

Ai sensi della direttiva sopra menzionata, si intende per rifiuto qualsiasi sostanza od oggetto che rientri nelle categorie riportate nell’allegato I della citata direttiva e di cui il detentore si disfi o abbia deciso o abbia l’obbligo di disfarsi.

La Corte Europea di Giustizia, nel sottolineare ripetutamente che l’ambito di a... _OMISSIS_ ...la nozione di rifiuto dipende dal significato del termine “disfarsi” [1], ha osservato che tale nozione è da ritenersi comprensiva anche delle sostanze e degli oggetti suscettibili di riutilizzo economico. Gli Stati membri sono liberi di scegliere le modalità attraverso cui stabilire quando ricorre la decisione di disfarsi, senza tuttavia introdurre presunzioni assolute, che avrebbero l’effetto di restringere indebitamente la nozione di rifiuto e, quindi, abbassare il livello di tutela dell’ambiente [2].

È stato altresì chiarito come non contrasti con le finalità della direttiva 75/442, l’ipotesi secondo cui i residui di produzione possano essere dall’impresa sfruttati o commercializzati, in un processo successivo, sempre che ciò avvenga senza operare trasformazioni preliminari e senza pregiudizio per l’ambiente [3].

Di particolare interesse, anche perché intervengono ulteriormente sulla quest... _OMISSIS_ ...lla assoggettabilità alla disciplina dei rifiuti delle materie suscettibili di riutilizzo, sono le sentenze 15 gennaio 2004 (C-235/02, Saetti/Frediani) e 11 novembre 2004 (C-457/02, Niselli).

In particolare, nella sentenza Saetti/Frediani, la Corte di Giustizia ha precisato che «l’esistenza effettiva di un rifiuto va accertata alla luce dell’insieme delle circostanze, tenendo conto delle finalità della direttiva e in modo da non pregiudicarne l’efficacia».

Nella sentenza Niselli, la Corte ha statuito che è conforme alla direttiva «qualificare un bene, un materiale o una materia prima derivante da un processo di fabbricazione o di estrazione che non è principalmente destinato a produrlo non come rifiuto, bensì come sottoprodotto di cui il detentore non desidera ‘disfarsi’ ai sensi dell’art. 1, lett. A, primo comma, di tale direttiva, a condizione che il suo riutilizzo sia certo e ne... _OMISSIS_ ...cesso produttivo».

Nella medesima sentenza, si ribadisce che «la direttiva 75/442 non suggerisce alcun criterio determinante per individuare la volontà del detentore di disfarsi di una determinata sostanza o di un determinato materiale. In mancanza di disposizioni comunitarie, gli Stati membri sono liberi di scegliere le modalità di prova dei diversi elementi definiti nelle direttive da essi trasposte, purché ciò non pregiudichi l’efficacia del diritto comunitario» in materia di tutela dell’ambiente.

Il recepimento delle direttive in materia di nozione di rifiuto da parte del legislatore italiano è risultato particolarmente travagliato.

L’articolo 1 a) della direttiva 75/442/CE (modificata dalla direttiva 91/156/CEE) è stato originariamente trasposto nel diritto interno dall’art. 6, comma 1, lett. a), del d. lgs. 5 febbraio 1997, n. 22 (cosiddetto decreto Ronchi), laddove elemento cent... _OMISSIS_ ...one di rifiuto era individuato – senza definirlo – nell’atteggiamento del disfarsi ad opera del detentore.

Il legislatore, pertanto, ritenne indispensabile emanare una norma di interpretazione autentica, l’art. 14 del d. lg. 138/2002, conv. in lg. 178/2002, che, tuttavia, ad avviso della Corte Europea di Giustizia, appariva suscettibile di sottrarre alla disciplina dei rifiuti materiali che invece corrispondevano alla definizione di rifiuto contenuta nell’art. 1 lett. a della direttiva 75/442. In particolare, si censurava l’interpretazione secondo cui, ai fini dell’esclusione dall’ambito dei rifiuti, sarebbe sufficiente che il materiale sia o possa essere riutilizzato in qualunque ciclo di produzione o di consumo, vuoi in assenza di trattamento preventivo e senza arrecare danni all’ambiente, vuoi previo trattamento ma senza che occorra una operazione di recupero ai sensi dell’allegato II B della d... _OMISSIS_ ....

La Corte Europea di Giustizia, con la sentenza 18 dicembre 2007 (Causa C-263/05), ha, sul punto, accolto il ricorso per inadempimento, proposto, ai sensi dell’art. 266 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea, dalla Commissione contro la Repubblica italiana, per avere adottato e mantenuto in vigore l’art. 14 del d.l. n. 138 del 2002. In tale pronunzia, la Corte, dopo aver ribadito ancora una volta che il termine “disfarsi”, e quindi la nozione di rifiuto, non possono essere interpretati in senso restrittivo [punto 33], ha precisato, tra l’altro, che «in determinate situazioni, un bene, un materiale o una materia prima che deriva da un processo di estrazione o di fabbricazione che non è principalmente destinato a produrlo può costituire non tanto un residuo, quanto un sottoprodotto, del quale il detentore non cerca di “disfarsi” […] ma che intende sfruttare o commercializzare [... _OMISSIS_ ...ni ad esso favorevoli, in un processo successivo, a condizione che tale riutilizzo sia certo, senza trasformazione preliminare e intervenga nel processo di produzione o di utilizzazione».

Nel prosieguo della pronuncia la Corte ha affermato che «se per tale riutilizzo occorrono operazioni di deposito che possono avere una certa durata, e quindi rappresentare un onere per il detentore nonché essere potenzialmente fonte di quei danni per l’ambiente che la direttiva mira specificamente a limitare, esso non può essere considerato certo ed è prevedibile solo a più medio o lungo termine, cosicché la sostanza di cui trattasi deve essere considerata, in linea di principio, come rifiuto».

Nel frattempo, nel 2006, erano sopravvenuti alcuni elementi di novità, più apparenti che reali.

Sul versante comunitario, il 15 maggio 2006, entrava in vigore la direttiva 2006/12/CE (Direttiva del Parlamento Europeo e del Cons... _OMISSIS_ ...l sostituire ed abrogare la precedente direttiva 75/442/Ce e le successive modifiche, lasciava sostanzialmente invariati i precetti, le definizioni e le nozioni del precedente assetto normativo.

Quanto al diritto interno, invece, il legislatore, nel contesto di una sistemazione della disciplina della materia ambientale, avvenuta con il d. lgs. 152 del 3 aprile 2006 (cosiddetto Testo Unico sull’Ambiente), all’art. 183 di tale decreto, introduceva, nell’ambito della nozione di rifiuto, le categorie, non contemplate dalle direttive comunitarie, di sottoprodotto e di materia prima secondaria, sottratte alla disciplina prevista per i rifiuti.

Successivamente, nel 2008, l’art. 183 del d. lgs. 152 del 2006 subiva delle modifiche per effetto dell’art. 2, comma 20, del decreto legislativo 16 gennaio 2008, n. 4.

Tuttavia, la nozione di rifiuto contenuta nel testo unico sull’ambiente, pur se nella sua ... _OMISSIS_ ...ore alle modifiche del 2008, cadeva sotto la scure della Corte Costituzionale, con la sentenza del 12 gennaio 2010 (dep. 28.1.2010), nr. 28.

In tale pronunzia, la Corte rilevava come la norma censurata introducesse una “presunzione assoluta”, laddove «la normativa comunitaria fa leva anche su fatti estrinseci e sui comportamenti dei soggetti produttori ed utilizzatori e non si arresta pertanto alla mera indicazione della natura intrinseca del materiale. Per effetto della presunzione assoluta, al giudice è inibito l’accertamento in fatto delle circostanze in cui si è formato il materiale e che hanno caratterizzato la gestione dello stesso, una volta prodotto. Tale preclusione si pone in contrasto con l’esigenza, derivante dalla disciplina comunitaria, di verificare in concreto l’esistenza di un rifiuto o di un sottoprodotto».

I giudici costituzionali ribadivano, infine, la corretta interpretazione del... _OMISSIS_ ...ifiuto, richiamando quanto statuito dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, nel dicembre del 2007, proprio nella controversia promossa in materia dalla Commissione contro lo Stati Italiano: la nozione di rifiuto deve essere accertata alla luce del complesso delle circostanze, tenuto conto della finalità della direttiva ed in modo da non pregiudicarne l’efficacia.

Altro profilo di assoluto rilievo affrontato dai giudici costituzionali è quello relativo agli effetti della declaratoria di illegittimità costituzionale di una norma extrapenale, qual è, appunto, quella, che definisce la nozione di rifiuto, sull’applicabilità delle sanzioni penali previste per la gestione illegale dei rifiuti.

In linea generale, va osservato che non è mai stata oggetto di controversia l’immediata efficacia “in bonam partem” del diritto comunitario, con la conseguente inevitabile disapplicazione delle norme penali interne ev... _OMISSIS_ ...contrasto con la normativa comunitaria più favorevole.

In tale prospettiva, pertanto, il diritto comunitario spiega in maniera incondizionata la sua preminenza sul diritto interno e vincola i giudici alla declaratoria di soccombenza del secondo in favore del primo. La scena muta radicalmente laddove si tratti della possibilità che il diritto comunitaria produca effetti “in malam partem”. La questione assume rilievo allorquando un precetto penale rimandi per la sua integrazione ad elementi extrapenali, la cui definizione ed interpretazione dipenda, appunto, dalla normativa posta dal legislatore comunitario; come accade nel caso della nozione di rifiuto.

Al riguardo, vi è da registrare un orientamento dottrinale che ammette, anche in tal caso, la prevalenza dl diritto comunitario sul diritto penale interno, laddove si tratti di definizioni legali di elementi normativi della fattispecie penale rimessi alla determinazione delle norme... _OMISSIS_ ...iacché in tali ipotesi si tratterebbe di una etero integrazione che inciderebbe soltanto sulla definizione del fatto e non sul precetto, lasciando pertanto intatto il principio di legalità.

Sul punto, la Corte Costituzionale, nella sentenza del 28 gennaio 2010, non lascia spazio a dubbi interpretativi, sposando in pieno la tesi dell’inefficacia “in malam partem” del diritto comunitario in omaggio al principio della retroattività delle legge più favorevole.

«Secondo il disposto dell’art. 2, quarto comma, del codice penale – ribadisce la Corte –, se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza irrevocabile. La legge più mite pertanto retroagisce, secondo il principio del favor rei, che caratterizza l’ordinamento italiano e che oggi trova conferma e copertura e... _OMISSIS_ ...uo;art. 49 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (cosiddetta Carta di Nizza), recepita dal Trattato di Lisbona, modificativo del Trattato sull’Unione europea e del Trattato che istituisce la Comunità europea, entrato in vigore il 1° dicembre 2009. Il citato art. 49 stabilisce: «Se, successivamente alla commissione del reato, la legge prevede l’applicazione di una pena più lieve, occorre applicare quest’ultima».

E tuttavia, i giudici costituzionali, pur avendo doverosamente riconosciuto la prevalenza del diritto – di qualunque fonte esso sia – più favorevole al reo, sentono il dovere di chiarire, in modo altrettanto deciso, che tale premessa non vale a sottrarre il diritto interno al sindacato di costituzionalità dello stesso, sotto il profilo dell’osservanza dei doveri connessi all’adesione dello Stato italiano alla Unione Europea; e ciò anche per evitare l’effetto par... _OMISSIS_ ...ludere ogni efficacia vincolante per il legislatore italiano delle direttive comunitarie.

«Questa Corte ha già chiarito che la retroattività della legge più favorevole non esclude l’assoggettamento di tutte le norme giuridiche di rango primario allo scrutinio di legittimità costituzionale: «Altro (…) è la garanzia che i principi del diritto penale-costituzionale possono offrire agli imputati, circoscrivendo l’efficacia spettante alle dichiarazioni d’illegittimità delle norme penali di favore; altro è il sindacato cui le norme st...