Indennità di esproprio e indennizzo da occupazione illegittima: il pregiudizio non patrimoniale

quo;altra importante differenza tra l’indennità da esproprio e l’indennizzo qui in esame deriva dal fatto che quest’ultimo comprende un elemento ulteriore rispetto al valore venale del bene, dichiaratamente finalizzato a tenere indenne il proprietario dal «pregiudizio [...] non patrimoniale» e di norma[1] «forfettariamente liquidato nella misura del misura del dieci per cento del valore venale del bene»[2].

Il significato pratico di questa previsione, in estrema sintesi, è quello di elevare l’indennizzo ex art. 42-bis al di sopra dell’indennità dovuta per l’espropriazione legittima. Si tratta di una scelta matura e responsabile, che senz’altro tiene conto della lunga esperienza giuridica italiana in tema di occupazioni illegittime, che ha mostrato fasi alterne nel rapporto tra indennità e risarcimento del danno.

Al principio del regime dell’espropriazione sostanzial... _OMISSIS_ ...l risarcimento del danno era nettamente superiore all’indennità, la quale era uscita in vario modo abbattuta dai complessi interventi di riforma degli anni ’70[3]. Di ciò prendeva atto il legislatore degli anni ’90, il quale, per esigenze di finanza pubblica molto sentite in quegli anni[4], tentava di estendere anche al risarcimento del danno l’abbattimento disposto con il decreto Amato per l’indennità di esproprio.

La Corte costituzionale, però, censurava l’opzione dell’esatta parificazione, sollecitando una differenziazione tra i due emolumenti. È significativo che il legislatore abbia risposto alla Consulta quantificando il risarcimento del danno nella misura dell’indennità di esproprio aumentata del 10% e che la Corte costituzionale abbia accettato questa scelta, ammettendone la sopravvivenza fino al 2007.

Con l’entrata in vigore del testo unico l’art. 43 tornava a parlare di v... _OMISSIS_ ..., contrapponendosi al complesso regime dell’indennità di esproprio, ancora incentrata su valori abbattuti. Nel 2007, però, la Consulta accoglieva finalmente la questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 d.P.R. 327/2001[6] ed il legislatore, nel prenderne repentinamente atto, quantificava l’indennità di esproprio per le aree edificabili in misura pari al valore venale[7].

Si tratta di una tappa fondamentale del nostro cammino perché tornava a galla quell’«abnorme»[8] parificazione tra espropriazione legittima ed illegittima che la stessa Corte costituzionale aveva già avuto modo di criticare nel 1996[9].

Durante l’interregno tra art. 43 e art. 42-bis, poi, tale parificazione si aggravava con la sostanziale estensione del criterio del valore venale anche alle aree non edificabili[10]: di conseguenza, se il legislatore avesse ripreso la scelta tecnica dell’art. 43 e commisurato il nuov... _OMISSIS_ ... valore venale del bene, per l’amministrazione sarebbe risultato davvero del tutto indifferente procedere all’espropriazione legittima o occupare il bene e poi acquisirlo coattivamente, con grave lesione ad un ampio spettro di principi costituzionali e di regole di buonsenso[11].

Merita dunque condivisione la scelta di introdurre una maggiorazione del 10% rispetto al valore venale, già annunciata dai primi commentatori della sentenza 293/2010 - che l’avevano giustamente ritenuta «coraggiosa»[12] - ed attuata dal legislatore del 2011 in occasione della riformulazione dell’acquisizione coattiva sanante.

Ciò che desta stupore, dunque, non è la maggiorazione in sé, dal momento che una lacuna di questo tipo avrebbe aggravato i dubbi di legittimità costituzionale dell’art. 42-bis. Piuttosto, una prima perplessità potrebbe derivare dal riferimento al «valore venale» puro e semplice e non al valo... _OMISSIS_ ...ai sensi del comma 3, che è richiamato per la quantificazione del pregiudizio patrimoniale e del risarcimento del danno, ma non del pregiudizio non patrimoniale.

Ad avviso di chi scrive, la scelta tecnica non deve essere sopravvalutata, dal momento che una stima svincolata dai parametri del d.P.R. 327/2001 sarebbe irragionevole ed equivoca. Nonostante la formulazione legislativa, dunque, si ritiene che il 10% debba essere calcolato sul valore venale che viene in rilievo ai fini della quantificazione del pregiudizio patrimoniale ed in questo senso sembra già orientata la nuova giurisprudenza amministrativa[13].

Del resto, ad oggi appare assai difficile ammettere ipotesi di risarcimento del danno inferiore all’indennità di esproprio, che a sua volta è in evidente fase di convergenza verso il valore venale del bene.

Soprattutto, però, ciò che appare singolare è la scelta di qualificare la maggiorazione in termini di liqui... _OMISSIS_ ...aria del pregiudizio non patrimoniale sofferto dal privato, ritenuta «cosa del tutto inusitata»[14] e dunque «vera novità»[15] dai primi commentatori della norma.

Sul punto non può essere sottaciuto che, nel presente momento storico, il danno non patrimoniale è al centro di profondissima rivisitazione giurisprudenziale, che porta con sé violenti contraccolpi e gravi incertezze. Sulla scorta delle celeberrime “sentenze gemelle” del 2003[16] e delle ancor più note “sentenze di San Martino” di cinque anni più tardi[17] si può ricordare che l’art. 2059 c.c. ammette il risarcimento del danno non patrimoniale nei soli casi determinati dalla legge[18], ma che la lettura costituzionalmente orientata della norma impone di risarcire il danno non patrimoniale anche nei casi in cui sia «prodotto dalla lesione di diritti inviolabili della persona riconosciuti dalla Costituzione»[19].

Si b... _OMISSIS_ ...sto proposito, che le Sezioni Unite hanno cura di usare sempre l’espressione «diritti inviolabili», senza mai accontentarsi del semplice rilievo costituzionale dei diritti lesi, né della previsione da parte della Convenzione EDU o dei relativi Protocolli[20].

Di conseguenza, per ammettere il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto per la lesione del diritto di proprietà non sarebbe di per sé sufficiente far leva sul suo riconoscimento da parte dell’art. 42 Cost. e dell’art. 1 del primo Protocollo addizionale alla Convenzione EDU, dovendosi accertare se la proprietà costituisca «un diritto inviolabile della persona» e quindi sussista l’«ingiustizia costituzionalmente qualificata» di cui parlano le sentenze di San Martino.

Si tratterebbe di un’operazione interpretativa evidentemente complessa e potenzialmente fonte di grandi incertezze. Ciò nondimeno, la giurisprudenza... _OMISSIS_ ... dell’interregno, sulla scorta della Corte EDU[21], era già giunta ad ammettere la risarcibilità «di tutti i danni patrimoniali e non patrimoniali»[22] mostrandosi sensibile alle esigenze della vittima dell’illegittima occupazione, le cui sofferenze possono essere ben lungi dall’esaurirsi nel pregiudizio patrimoniale.

Si pensi ad esempio al proprietario che, in conseguenza dell’illecito commesso dalla p.a., venga a perdere - temporaneamente o definitivamente - la propria dimora: abitare in un ambiente confortevole, infatti, è imprescindibile condizione di dignità della persona umana, e poiché la dignità è senz’altro un valore costituzionalmente inviolabile[23], il risarcimento del danno non patrimoniale sofferto da chi si veda occupare illegittimamente la prima casa appare davvero a portata di mano.

Di tutto questo sembra in parte consapevole il legislatore nel momento in cui qualifica la maggiorazi... _OMISSIS_ ...termini di indennizzo forfetizzato per il pregiudizio non patrimoniale subito dal privato. In tal modo, infatti, sembra mirare a proteggere l’art. 42-bis da ben due criticità con una stessa previsione.

Da un lato, cioè, si è detto che la maggiorazione appariva costituzionalmente doverosa, in quanto la stessa Corte costituzionale ha già censurato, in passato, la parificazione economica dell’atto lecito con l’atto illecito: la maggiorazione, da questo punto di vista, contribuisce a sedare almeno in parte i dubbi di legittimità costituzionale della nuova norma. Il fatto che questo sia l’intento primario del legislatore, peraltro, sembra confermato dall’ammontare della maggiorazione in parola, che coincide esattamente con quella che aveva permesso al comma 7-bis dell’art. 5-bis d.l. 333/1992 di sfuggire all’incostituzionalità che aveva colpito il comma 6: la scelta della stessa percentuale, in altre parole, potrebbe es... _OMISSIS_ ...a sufficiente garanzia di costituzionalità.

Al contempo, però, la correlazione al pregiudizio non patrimoniale parrebbe finalizzata ad evitare che l’amministrazione, dopo l’acquisizione coattiva, possa essere condannata a risarcire il danno non patrimoniale sofferto dal privato e non soddisfatto nel provvedimento ex art. 42-bis.

Sennonché, una simile lettura sembrerebbe tornare a confondere l’indennizzo con il risarcimento e quindi l’atto lecito con l’illecito. Ad avviso di chi scrive, infatti, l’uso del termine “indennizzo” sottende la qualificazione della condotta acquisitiva in termini di atto lecito.

Trattandosi di atto lecito, però, non era necessario che l’indennizzo fosse scomposto in altrettante voci rapportate agli specifici pregiudizi sofferti dal privato: il legislatore, cioè, avrebbe anche potuto limitarsi a prescrivere un indennizzo pari al 110% del valore ven... _OMISSIS_ ...tificare in alcun modo la maggiorazione del 10% rispetto all’indennità di esproprio. Il fatto che nell’art. 42-bis si senta il bisogno di riferire una parte dell’indennizzo al pregiudizio patrimoniale e l’altra a quello non patrimoniale, allora, rivela qual è il vero destinatario della norma, che non sono gli operatori né la giurisprudenza interna[24], bensì la Corte EDU[25].

È soltanto nei confronti di quest’ultima, infatti, che la scomposizione dell’indennizzo può avere un senso: nei riguardi della cittadinanza il legislatore non era tenuto a giustificarsi, e per proteggere la norma dagli orientamenti più severi della Consulta sarebbe bastata la maggiorazione in sé e per sé.

In estrema sintesi, quindi, l’espressa considerazione del pregiudizio non patrimoniale sofferto dal proprietario è coerente solo in parte con la profonda riflessione che da qualche anno sta riguardando il danno non patr... _OMISSIS_ ...anto dovuto per un atto lecito, infatti, l’indennizzo e le sue singole voci potevano anche rimanere prive di giustificazione.

Se il legislatore ha sentito il bisogno di riferire una parte dell’indennizzo al danno patrimoniale ed un’altra a quello non patrimoniale, ciò non è per esigenze di diritto interno, bensì di diritto internazionale. Il significato ultimo della scomposizione, allora, è un tentativo di salvare l’Italia dalle condanne che la Corte EDU potrebbe infliggere se ritenesse che il pregiudizio non patrimoniale sofferto dal proprietario non viene indennizzato, con la speranza che la misura forfetizzata del 10% del valore venale, che a suo tempo ha salvato la seconda novella del decreto Amato dall’incostituzionalità, possa ora salvare l’Italia da nuove condanne per violazione della Convenzione EDU[26].