Il mutamento di destinazione d’uso

La modificazione del parametro urbanistico della destinazione d’uso in alcuni interventi è totalmente inibita (manutenzione straordinaria), in altri è permessa entro certi limiti (restauro e risanamento conservativo), mentre per altri ancora può essere il connotato peculiare (ristrutturazione e nuova costruzione).

Il problema del mutamento di destinazione d’uso degli immobili ha assunto un rilievo via via crescente nel corso degli ultimi decenni, tanto che, come si vedrà, anche il legislatore è dovuto intervenire sul punto: progressivamente, accanto al controllo sulla morfologia delle opere si è sviluppato così anche quello sull’uso effettivo che viene fatto della costruzione.

Questo perché, ad una variazione della destinazione d’uso potrebbe corrispondere una modifica degli standard necessari, che sono commisurati dal D.M. n. 1444/1968 e dagli strumenti urbanistici, proprio in ragione delle possibili destinazi... _OMISSIS_ .... Si pensi all’ipotesi in cui in un locale destinato ad abitazione si inizi ad esercitare un’attività commerciale: aumenta ad es. il traffico, c’è bisogno di maggiori parcheggi, ecc..

Ecco perché è necessario innanzitutto che in sede di pianificazione urbanistica siano definite le destinazioni che ogni singola zona del territorio preso in considerazione può assumere e i possibili usi che possono essere fatti degli immobili siti in tale ambito territoriale. Questa è la destinazione d’uso c.d. urbanistica, che è generica e trova specificazione nelle prescrizioni che accompagnano il singolo titolo edilizio, che contiene la destinazione d’uso c.d. edilizia riferita al singolo edificio a cui esso si riferisce.

Quella che rileverà sarà proprio quest’ultima, e sarà necessario che l’amministrazione vigili sul suo rispetto, proprio per il suddetto legame tra destinazione d’uso e standard urbanistici.|... _OMISSIS_ ...Il problema che da sempre è al centro del dibattito dottrinale e giurisprudenziale è quello del regime del mutamento di destinazione d’uso, in particolare dei casi in cui sia necessario richiedere il titolo edilizio, e quale tipologia di titolo sia necessaria, e sembra che su alcuni punti possa ritenersi raggiunta una sostanziale concordia.

Partendo da questi punti fermi, è chiaro che il mutamento di destinazione d’uso va individuato in concreto sulla base della destinazione indicata nell’ultimo titolo edilizio, della tipologia dell’immobile e le attitudini funzionali che il bene stesso viene ad acquisire attraverso l’esecuzione dei nuovi lavori.

Esso, ovviamente, può essere autorizzato soltanto se la nuova destinazione non risulti in contrasto con lo strumento urbanistico o incompatibile con le caratteristiche della zona, non essendo concepibile che la P.A. autorizzi un cambio d’uso abusivo.

... _OMISSIS_ ...uogo, deve ritenersi che, in assenza di specifici divieti da parte dello strumento urbanistico, siano ammesse non solo le destinazioni d’uso espressamente consentite per la zona in cui è situato l’immobile, ma anche quelle che, pur non essendo contemplate, si pongano in termini complementari rispetto a quelle disciplinate. Ciò significa che:
a) qualora la destinazione d’uso edilizia sia l’unica prevista dallo strumento urbanistico, essa rimarrà immutabile, salva la possibilità di adottarne un’altra compatibile, se non espressamente vietata;
b) qualora per la zona siano indicate più destinazioni d’uso possibili, la destinazione d’uso edilizia potrà essere sostituita con qualunque altra di queste e con altre compatibili, sempre se non espressamente vietate.

In terzo luogo, gli unici mutamenti di destinazione d’uso giuridicamente rilevanti, per cui si pone l’interrogativo della necessità o m... _OMISSIS_ ...ntivo titolo edilizio, sono quelli tra categorie funzionalmente autonome dal punto di vista urbanistico, posto che nell’ambito delle stesse categorie catastali possono aversi mutamenti di fatto, ma non diversi regimi urbanistico-contributivi, stanti le sostanziali equivalenze dei carichi urbanistici nell’ambito della medesima categoria. Pertanto il problema del necessario controllo da parte della P.A. e del titolo abilitativo richiesto, dovrebbe porsi soltanto per i primi, non invece per i secondi, che, in quanto giuridicamente irrilevanti, non dovrebbero necessitare di alcun titolo edilizio.

A tal proposito, occorre ricordare che una specifica disciplina del «mutamento di destinazione d’uso urbanisticamente rilevante» è dettata dal legislatore all’art. 23-ter T.U., introdotto dall’art. 17, co. 1, lett. n), del d.l. n. 133/2014.

Questa disposizione definisce il mutamento di destinazione d’uso c... _OMISSIS_ ... forma di utilizzazione dell’immobile o della singola unità immobiliare diversa da quella originaria, ancorché non accompagnata dall’esecuzione di opere edilizie» (co. 1), precisando anche che per individuare la destinazione d’uso di un fabbricato o di una unità immobiliare occorre prendere in considerazione quella prevalente in termini di superficie utile (co. 2) e ripudiando così ogni distinzione tra destinazioni principali, accessorie e complementari, presente nelle varie legislazioni regionali.

L’art. 23-ter T.U., inoltre, dispone che il cambio d’uso deve ritenersi urbanisticamente rilevante soltanto qualora all’edificio o all’unità immobiliare sia assegnata una diversa categoria di destinazione funzionale tra le seguenti: a) residenziale; b) turistico-ricettiva; c) produttiva e direzionale; d) commerciale; e) rurale.

In merito alle singole categorie che si sono appena menzionate è s... _OMISSIS_ ...che:
a) la destinazione residenziale può essere articolata tra abitazioni e abitazioni collettive, nelle quali rientrano le residenze speciali per anziani, i collegi, e i conventi;
b) la destinazione turistico-ricettiva annovera, oltre gli alberghi, le pensioni e i camping, anche le strutture ricreative che richiedono grandi superfici e che, se fossero assimilate al commerciale, rischierebbero una tendenziale riconversione in strutture di vendita (es. i cinema, le sale convegni, i centri benessere, le palestre, le discoteche e i stabilimenti balneari);
c) la destinazione produttiva può comprendere, oltre alle industrie e ai laboratori per la produzione di beni, l’artigianato di servizio non integrabile con la residenza (carrozzerie, lavanderie industriali), i depositi (di merci e di mezzi) e le strutture di vendita all’ingrosso;
d) la destinazione terziario-direzionale contempla le attività direzionali (sedi di enti e società pubbl... _OMISSIS_ ... le attività di servizio alle imprese ed alle persone (studi professionali) e le strutture specializzate per servizi privati (cliniche, scuole e centri di formazione), mentre non vi rientrano attività religiose e di culto;
e) la destinazione commerciale può comprendere, oltre alle strutture di vendita (negozi e supermercati), anche i pubblici esercizi (bar, ristoranti) e l’artigianato di servizio non molesto (lavanderie, officine di riparazioni auto, calzolai) integrabile con la residenza;
f) la destinazione a zona agricola non può restringersi alla sola coltivazione del fondo, perché essa preclude soltanto gli insediamenti residenziali tout court; di conseguenza, dovrebbero ritenersi ammissibili tutte quelle attività integrative e aggiuntive o migliorative che non si pongano insanabilmente in contrasto con la zona e con la sua vocazione agricola.

Preliminarmente, è opportuno chiarire che il passaggio da una categoria all’altra tr... _OMISSIS_ ...te dall’art. 23-ter T.U. è di sicuro rilevante ai fini di questa stessa norma, ma potrebbe in concreto non esserlo in punto di obbligo di reperimento degli standard ai sensi del D.M. n. 1444/1968 oppure ai fini del versamento del contributo di costruzione, poiché alcune categorie che sono considerate autonome dall’art. 23-ter T.U. possono essere considerate equiparate ad altri fini.

Particolarmente rilevante, in secondo luogo, è l’assimilazione della categoria produttiva e di quella direzionale, poiché quest’ultima veniva in passato considerata unitamente alla commerciale; in sede di conversione del d.l. n. 133/2014, invece, è stata eliminata l’assimilazione tra la categoria residenziale e quella turistico-alberghiera, che il testo originario del decreto legge aveva considerava unitariamente alla lettera a) e che sono state successivamente distinte alle lettere a) e a-bis).

Nondimeno, la norma fa salve le divers... _OMISSIS_ ...ntenute nelle leggi regionali, le quali dunque possono prevedere diverse categorie di destinazione d’uso oppure scorporare o accorpare quelle già previste dalla disciplina statale, ad es. distinguendo la categoria produttiva da quella direzionale o assimilando quella residenziale alla turistico-ricettiva.

Se questo è il significato che logicamente dovrebbe essere attribuito alla clausola di salvezza con la quale esordisce il comma 1 dell’art. 23-ter T.U., non è ben chiara, allora, la portata del primo periodo del comma 3 della medesima disposizione, che è stato introdotto in sede di conversione e impone alle Regioni di adeguare la propria legislazione ai principi contenuti nel medesimo art. 23-ter T.U. entro novanta giorni dalla sua entrata in vigore e che, decorso tale termine (da ritenersi meramente ordinatorio), le disposizioni contenute nella norma in commento «trovano applicazione diretta».

Invero, se, come si è ... _OMISSIS_ ... della clausola di riserva le Regioni sono libere di definire categorie funzionali diverse da quelle previste dall’art. 23-ter T.U. e di accorparle o suddividerle, non si vede quali disposizioni di principio possano essere tratte dalla norma in commento, se non, probabilmente, quella del comma 2, che reca il modo con il quale deve essere individuata la destinazione d’uso, dando prevalenza a quella prevalente in termini di superficie utile.

L’art. 23-ter, co. 3, secondo comma, T.U., prevede infine che il mutamento di destinazione d’uso all’interno delle stesse categorie funzionali, così come individuate dal legislatore statale e/o regionale sia sempre consentito.

Anche in questo caso, però, vengono fatte salve le diverse previsioni contenute nelle leggi regionali e negli strumenti urbanistici comunali, che potranno, dunque, dettare disposizioni che limitano il passaggio all’interno della stessa categ... _OMISSIS_ ... (ad es. all’interno della categoria commerciale il legislatore regionale o il pianificatore potrebbe vietare il passaggio da commercio all’ingrosso a commercio al dettaglio, o viceversa); è da credere, peraltro, che gli strumenti urbanistici potranno provvedere in tal senso anche nell’ipotesi in cui la legislazione regionale nulla abbia disposto, perché, diversamente opinando e ritenendo che il Comune debba aspettare che la Regione si esprima, si sarebbe al cospetto di un’interpretazione in contrasto con il principio di sussidiarietà verticale.

Gli strumenti urbanistici comunali, invece, non possono incidere sull’individuazione e sull’estensione delle categorie funzionali, perché tale prerogativa è riservata soltanto al legislatore (nazionale e) regionale: ciò si ricava dalla diversa formulazione delle clausole di riserva previste nei co. 1 e 3, secondo periodo, dell’art. 23-ter T.U., nei quali, rispettivamente, e... _OMISSIS_ ...laquo;salva diversa previsione da parte delle leggi regionali» e facendo «salva diversa previsione da parte delle leggi regionali e degli strumenti urbanistici comunali», definendo chiaramente le prerogative riservate al legislatore regionale e al pianificatore.

Il d.l. n. 133/2014, sotto questo profilo, sembrerebbe aver avallato quell’autorevole orientamento dottrinale che riteneva che lo strumento urbanistico comunale generale non avrebbe potuto discostarsi dalle «macrocategorie» disciplinate dalla legge e dal D.M. n. 1444/1968 ed essersi assestato su una posizione più rigida rispetto alla giurisprudenza.

Un’importante pronuncia del Consiglio di Stato, infatti, aveva ritenuto che il Comune, nell’esercizio della propria potestà di pianificazione del territorio, avrebbe potuto individuare categorie di destinazione d’uso ulteriori e diverse rispetto a quelle predefinite dalla legislaz... _OMISSIS_ ...e regionale, osservando che tale interpretazione era quella che appariva maggiormente in linea con la maggiore autonomia riconosciuta anche ai Comuni nel nuovo assetto delle competenze derivante dalla modifica del Titolo V della Costituzione apportate dalla l. cost. n. 3/2001, e, segnatamente, con la potestà regolamentare riconosciuta agli Enti locali dall’art. 117, co. 6, Cost. nelle materie di competenza, alla quale ben può assimilarsi l’attività di pianificazione urbanistica.

Anche success...