Effetti della mancata impugnazione della dichiarazione di p.u. dell'opera

Sintesi: La mancata impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità non impedisce, di per sé, l’impugnazione degli atti successivi, presupponenti la stessa (come il decreto di asservimento coattivo), ma rende inammissibili tutte le censure relative alle scelte progettuali operate e, quindi, correlate alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera così come progettata, con la conseguenza che l’approvazione del progetto, divenuta inoppugnabile, rende automaticamente legittimi tutti gli atti successivi, attuativi delle scelte progettuali contenute nel progetto dichiarato di pubblica utilità.

Estratto: «Deve essere preliminarmente respinta l’eccezione di inammissibilità e/o improcedibilità del ricorso, atteso che la mancata impugnazione della dichiarazione di pubblica utilità non impedisce, di per sé, l’impugnazione degli atti successivi, presupponenti la stessa (come il decreto di asservimento coattivo), ma rende inammissibili tutte le censure relative alle scelte progettuali operate e, quindi, correlate alla dichiarazione di pubblica utilità dell’opera così come progettata, con la conseguenza che l’approvazione del progetto, divenuta inoppugnabile, rende automaticamente legittimi tutti gli atti successivi, attuativi delle scelte progettuali contenute nel progetto dichiarato di pubblica utilità.»

Sintesi: La declaratoria d'illegittimità derivata come noto postula necessariamente l’impugnazione congiunta o comunque l’annullamento dell’atto presupposto, e in ogni caso la sua non inoppugnabilità.

Estratto: «La declaratoria di illegittimità derivata come noto postula necessariamente l’impugnazione congiunta o comunque l’annullamento dell’atto presupposto, e in ogni caso la sua non inoppugnabilità (principio pacifico in dottrina e giurisprudenza; cfr. Consiglio di Stato, sentenza n. 6101 del 2002); nel caso di specie, viceversa, la delibera n.477 del 2012 è divenuta inoppugnabile per la ricorrente, per le ragioni illustrate.»

Sintesi: Il ricorso avverso il provvedimento che rigetta l'istanza di alienazione dell'area occupata con immobile abusivo in corso di condono, ai sensi dell'art. 32, comma 5, l. 47/1985, è inammissibile se non viene impugnata la previa delibera di alienazione a terzi dell'area medesima.

Estratto: «Visto, il ricorso notificato il 15 maggio 2004 e depositato il successivo 11 giugno, con cui la sig.ra C.G. - premesso di avere presentato istanze in data 28.11.1992, modificata con altra in data 6.3.1993, aventi ad oggetto l’alienazione di terreno comunale occupato da parte di fabbricato per il quale era stata presentata domanda di condono edilizio – ha impugnato il provvedimento descritto in epigrafe, col quale il Comune di Campoli Appennino ha comunicato il rigetto della predetta istanza con la motivazione che la richiesta è in contrasto con l’art. 32 L. 47/85 posto che la superficie alienabile non può superare tre volte l’area occupata dal fabbricato abusivo pari a mq 3,00;(omissis)Considerato, altresì, che il ricorso è inammissibile anche per omessa impugnazione degli atti presupposti e, in particolare, della deliberazione n. 23 del 6.12.2003 con cui il Consiglio comunale ha deliberato di alienare il mappale 660 (ex 149) al sig. M.D.;»

Sintesi: E' inammissibile per carenza di interesse il ricorso giurisdizionale volto contro la concessione demaniale se è inammissibile quello avverso il parere presupposto, dato che l'annullamento della prima non varrebbe a rimuovere la situazione sfavorevole già determinata dal secondo.

Estratto: «Ciò non risulta peraltro avvenuto perché il ricorso avverso il succitato parere del Comitato portuale è inammissibile in quanto non è stato notificato a nessuno dei due contro interessati rispetto a tale atto, ossia il raggruppamento provvisorio composto da Impresa di Costruzioni G.M. s.p.a...
[...omissis...]

Sintesi: Verificatasi la decadenza dalla facoltà di impugnazione delle delibere di approvazione del progetto (con valenza di variante urbanistica) e di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera, deve dichiararsi inammissibile il ricorso avverso il provvedimento di occupazione d’urgenza formulato per motivi d'illegittimità nei confronti non già del predetto provvedimento, ma esclusivamente dei pregressi, presupposti atti deliberativi non ritualmente impugnati e non più impugnabili per decorso del termine.

Estratto: «2.1.- Con il ricorso n. 3270/1997, invero, l’interessata – certamente conscia di essere decaduta dalla facoltà di impugnazione delle delibere comunali di approvazione del progetto (con valenza di variante urbanistica) e di dichiarazione di pubblica utilità dell’opera – ha censurato il provvedimento di occupazione d’urgenza formulando, però, motivi di illegittimità nei confronti non già del predetto provvedimento, ma esclusivamente dei pregressi, presupposti atti deliberativi non ritualmente impugnati e non più impugnabili per decorso del termine: è ben vero, sotto un profilo sostanziale, che l’art. 1, V comma della legge n. 1/1978 dispone[va] (all’epoca) che quando le opere ricadono su aree che dal piano regolatore generale non sono destinate a pubblici servizi, la deliberazione del Consiglio comunale di approvazione del progetto costituisce adozione di variante al piano stesso e deve essere sottoposta - ai fini della sua piena efficacia ed operatività - all'approvazione delle competenti autorità regionali, con l'osservanza della procedura prescritta dagli artt. 6 segg. della legge n. 167/1962 (con la conseguenza che senza tale approvazione l'adozione del progetto non produce l'effetto di variare la previsione del piano e, pertanto, tutti gli atti relativi alla procedura espropriativa, ivi compresa la parte del provvedimento di adozione del progetto dove si dichiara l'indifferibilità ed urgenza dell'opera, sono viziati di illegittimità): ma è altresì vero, sotto un profilo formale (prevalente, ex lege, su quello sostanziale) che l’illegittimità degli atti deliberativi di cui trattasi – ove, in spregio all’art. 1 della legge n. 1/1978 cit., la variante urbanistica (assorbita dal provvedimento di approvazione del progetto) è stata adottata dalla Giunta comunale e non risulta approvata dalla Regione - doveva essere fatta valere tempestivamente, entro il termine decadenziale decorrrente dal 12.4.1997, allorquando all’odierna ricorrente è stata notificata (a mani del figlio Luciati Claudio: cfr. doc. 7 del Comune) la nota comunale di pari data con la quale si avvertiva che “il progetto per la sistemazione della strada di collegamento fra la SP n. 6 Dir e la SS n. 16 Dir Adriatica, progetto approvato con delibera di GC n. 5 del 21.1.1997 e progetto preliminare approvato con delibera di CC n. 76 del 16.12.1996 integrata con delibera CC n. 5 del 6.2.1997” era depositato, unitamente agli elaborati del piano, presso il Comune.La (anteriore) conoscenza degli atti pregiudizievoli e, conseguentemente, la mancata, tempestiva impugnazione degli stessi risulta, peraltro, ulteriormente avvalorata dal fatto che con racc. A.R. 22.5.1997 indirizzata al Comune la ricorrente, evidenziando che la propria abitazione sarebbe risultata, secondo il tracciato elaborato, “pressoché priva di accesso alla nuova struttura viaria”, aveva chiesto che l’innesto sulla strada statale “fosse spostato di una cinquantina di metri verso ovest”.Donde l’evidente inammissibilità del proposto gravame.»

Sintesi: La mancata impugnazione dell’atto impositivo del vincolo, come della dichiarazione di pubblica utilità, preclude la possibilità di farne valere l’illegittimità derivata in sede di impugnativa del provvedimento finale o dei successivi atti della sequenza procedimentale, trattandosi di atti direttamente lesivi.

Sintesi: La mancata rituale impugnazione del provvedimento di vincolo rende inammissibile il gravame per difetto di interesse, con cui il ricorrente si duole, sotto il profilo sostanziale, dell'illegittimità degli atti impugnati proprio in relazione alla irragionevolezza e al difetto di proporzionalità della scelta localizzativa - scelta tuttavia già espressa stante la perdurante efficacia dell’inoppugnata deliberazione resa intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione.

Estratto: «2.1. Con il ricorso in epigrafe, come integrato da motivi aggiunti, l’istante lamenta l’illegittimità del procedimento espropriativo di cui alla dichiarazione di pubblica utilità approvata con deliberazione della Giunta della Provincia di Bari n. 122/2005, sia sotto il profilo procedimentale, quanto alla negazione del “giusto procedimento” e all’insufficiente motivazione dell’occupazione d’urgenza, sia in riferimento all’asserita irragionevolezza della localizzazione dell’opera pubblica, in contrasto con piano di lottizzazione da lungo tempo approvato.Come ammesso dalla stessa ricorrente, la scelta del contestato tracciato viario risulta già contenuta nella deliberazione del Comune di Bari C.C. n. 112 del 15 luglio 2002 di adozione della variante al PRG ai sensi e per gli effetti dell’art. 16 c. 3 L.R. 11 maggio 2001, n. 13, rimasta del tutto inoppugnata, contenente sia il piano particellare di esproprio (allegato n. 13) sia l’elenco delle ditte da espropriare (allegato n. 14).E’ pertanto con tale deliberazione, avente valore di vincolo preordinato all’esproprio, che il Comune di Bari ha già provveduto ad individuare con precisione la localizzazione degli interventi, con portata direttamente ed immediatamente lesiva degli interessi dei proprietari, tra cui la ricorrente, dei beni da espropriare.Costituisce principio pacifico, in seno al procedimento espropriativo, che la mancata impugnazione dell’atto impositivo del vincolo, come della dichiarazione di pubblica utilità, preclude la possibilità di farne valere l’illegittimità derivata in sede di impugnativa del provvedimento finale o dei successivi atti della sequenza procedimentale, trattandosi di atti direttamente lesivi (ex multis T.A.R. Piemonte 21 maggio 2010, n. 2438; Consiglio di Stato sez. IV 15 maggio 2008, n. 2246).La mancata rituale impugnazione del suddetto provvedimento di vincolo rende pertanto inammissibile il gravame per difetto di interesse, poiché la ricorrente si duole, sotto il profilo sostanziale, della illegittimità degli atti impugnati proprio in relazione alla irragionevolezza e al difetto di proporzionalità della scelta localizzativa - che a suo dire avrebbero potuto condurre l’autorità espropriante ad una diversa scelta del tracciato viario - scelta tuttavia già espressa stante la perdurante efficacia dell’inoppugnata deliberazione C.C. n. 112/2002, resa intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione.Invero, è innegabile che, nell’ambito del procedimento ablatorio, l’ordinamento riconosce e valorizza le garanzie partecipative dei proprietari espropriandi sia in riferimento alla fase iniziale di apposizione del vincolo, sia a quella di dichiarazione della pubblica utilità (sia essa esplicita od implicita) in considerazione dell’ampia discrezionalità di cui dispone l’Amministrazione nella localizzazione, oltre che della lesività dell’effetto finale, consistente nella definitiva privazione del diritto di proprietà (ex multis Consiglio di Stato sez VI 11 febbraio 2003, n. 736; id. IV 30 luglio 2002, n. 4077; id. IV 26 settembre 2001 n. 5070; id. IV 15 maggio 2008 n. 2249; id. IV 29 luglio 2008 n. 3760; T.A.R. Puglia - Bari sez III 24 giugno 2010, n. 2665).L’art. 11 del vigente t.u. in materia di espropriazioni per pubblica utilità, approvato con d.p.r. 8 giugno 2001 n. 327, coerentemente del resto con il fondamentale arresto dell’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato 19 giugno 1986 n. 6, richiede sia garantita mediante la formale comunicazione dell'avviso di avvio del procedimento, la possibilità di interloquire con l'amministrazione procedente sulla localizzazione dell’opera e, quindi, sull'apposizione del vincolo, prima della dichiarazione di pubblica utilità, indifferibilità ed urgenza e, quindi, dell'approvazione del progetto definitivo (ex multis Consiglio Stato, sez. IV, 29 luglio 2008, n. 3760).2.2. Proprio in considerazione delle suesposte finalità del contraddittorio procedimentale, la ricorrente risulta del tutto sfornita di un interesse attuale a coltivare le doglianze inerenti la negazione del proprio apporto partecipativo, non potendo allo stato più conseguirne alcuna utilità, in virtù dell’attuazione, mediante la impugnata deliberazione della Giunta della Provincia di Bari n. 122/2005, di una scelta progettuale da tempo compiutamente definita, in danno della stessa ricorrente.L’intervenuta intangibilità per la ricorrente della suddetta scelta determina quindi ex ante la radicale inutilità dell’invocato contraddittorio procedimentale (Consiglio di Stato sez. IV 10 giugno 2006, n. 3608) in quanto teso a contestare una scelta resa intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione del presupposto vincolo preordinato all’esproprio.2.3. Peraltro, osserva il Collegio per mera completezza che la scelta del tracciato di un’opera viaria stradale costituisce manifestazione di un giudizio di merito dell'Amministrazione, anche perché implicante la valutazione di profili attinenti alla maggiore o minore onerosità delle diverse soluzioni tecnicamente prospettabili; di conseguenza detta scelta, involgendo il merito dell'agire amministrativo, è insindacabile da parte del giudice amministrativo, se non sotto i profili della manifesta illogicità e irrazionalità (ex multis T.A.R. Piemonte sez. II 4 dicembre 2009, n. 3235; T.A.R. Lombardia Milano sez. II 9 dicembre 2008, n. 5734) non configurabili nella fattispecie.»

Sintesi: E' inammissibile il ricorso avverso il diniego di ampliamento della concessione demaniale marittima se tale ampliamento trova ostacolo in un atto di pianificazione che prevede l'utilizzo comunale dell'area e non è stato tempestivamente impugnato.

Estratto: «Sennonché, il progetto di utilizzo comunale delle aree demaniali marittime, nella parte in cui preclude il rinnovo dell’attuale concessione alla sua naturale scadenza (e dunque - a fortiori - il suo ampliamento) non è stato fatto oggetto di impugnazione, sicché, essendo divenuto inoppugnabile, in questa sede non può conoscersi della censura circa la sua asserita difformità dalle linee guida approvate dalla Regione Liguria con deliberazione G.R. 21.5.2004, n. 512.»

Sintesi: La mancata impugnazione di atti presupposti pregressi non esclude l’interesse del ricorrente di contestare per vizi propri gli atti successivi adottati dall’amministrazione, nella misura in cui producano una lesione nella sfera giuridica del ricorrente.

Estratto: «5. Preliminarmente il Comune resistente eccepisce l’inammissibilità del ricorso in quanto:- non risulterebbero impugnati gli atti presupposti e, segnatamente, la delibera consiliare n. 19 del 4/3/2002 (piano di utilizzo delle aree demaniali marittime ad uso turistico-ricreativo), la delibera di Giunta n. 58 del 13/3/2008 (realizzazione di un tratto di arenile attrezzato per disabili in località Chiaia), determina n. 59 del 11/5/2010 (affidamento in gestione del tratto di spiaggia in concessione in località Chiaia), la nota n. 10289 del 2011 (diffida alla Lumar all’osservanza delle prescrizioni);- la nota n. 15031 del 13/6/2011 (oggetto dell’impugnativa con il ricorso gerarchico) sarebbe atto meramente confermativo;- il ricorso conterrebbe unicamente considerazioni di fatto senza la precisazione dei profili di illegittimità dedotti.Le eccezioni sono prive di fondamento; infatti:- la mancata impugnazione di atti presupposti pregressi non esclude l’interesse del ricorrente di contestare per vizi propri gli atti successivi adottati dall’amministrazione, nella misura in cui producano una lesione nella sfera giuridica del ricorrente;- la nota sindacale conferma e recepisce con ulteriore motivazione le determinazioni dirigenziali precedenti, per cui è da riconoscere la lesività dell’atto impugnato;- l’interesse del ricorrente si concentra sulla decisione di reiezione del ricorso gerarchico, oggetto dell’impugnativa, a prescindere da ogni considerazione sull’ammissibilità di tale rimedio;- il contenuto del ricorso in esame è sufficiente nella misura in cui è possibile desumere dall’atto introduttivo del giudizio i motivi specifici portati a sostegno della domanda di annullamento dell’atto impugnato.»

Sintesi: La carenza di interesse al ricorso per mancata impugnazione di un atto presupposto può essere dichiarata in quanto quest’ultimo, sopravvissuto - perché non impugnato - all’annullamento dell’atto a valle, possa, da solo, concretizzare un assetto di interessi tale da ritenere l’eventuale annullamento pronunciato dal Giudice Amministrativo privo di una qualche utilità per parte ricorrente.

Sintesi: E' infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione dell’atto di diffida, il quale non ha possibilità di concretizzare, ex se, un assetto di interessi, essendo diretto a stimolare l’attività del diffidato.

Estratto: «Si può quindi passare a delibare le eccezioni di inammissibilità del ricorso.La prima può essere agevolmente superata perché la carenza di interesse al ricorso per mancata impugnazione di un atto presupposto può essere dichiarata in quanto quest’ultimo, sopravvissuto - perché non impugnato - all’annullamento dell’atto a valle, possa, da solo, concretizzare un assetto di interessi tale da ritenere l’eventuale annullamento pronunciato dal Giudice Amministrativo privo di una qualche utilità per parte ricorrente (sulla nozione di interesse al ricorso, Cons. Stato, AP, 7 aprile 2011, n. 4); l’atto di diffida non ha, invece, possibilità di concretizzare, ex se, un assetto di interessi, essendo diretto a stimolare l’attività del diffidato.Anche la seconda può seguire la stessa sorte, in considerazione della circostanza che l’art. 81 legge fallimentare, di cui l’Ente resistente deduce la violazione, si riferisce alla figura dell’appaltatore e non a quella – ricorrente nel caso di specie – del concessionario di servizi.Deve invece essere accolta la terza, inerente l’inammissibilità del ricorso nella parte in cui ha impugnato il DPRS 270/A del 10 novembre 1953. In particolare, l’aver la società ricorrente intrattenuto trentennali rapporti con l’Ente in forza di apposita concessione priva di interesse la proposizione del ricorso sul punto; infatti, se l’ente fosse inesistente, verrebbe meno ab origine anche la concessione, che costituisce il titolo in base al quale la società ricorrente esercisce i servizi di cui si tratta e possiede i beni finalizzati a tale scopo, ed il cui mantenimento appare essere il fine ultimo del ricorso.»

Sintesi: E' inammissibile il ricorso avverso l'ordine di ripristino dello stato dei luoghi, se meramente consequenziale rispetto ad un diniego di rilascio della concessione richiesta che non è stato impugnato nei termini da parte dell'interessato.

Estratto: «- con l’impugnata determinazione dirigenziale n. 3004 del 19.12.2011 l’amministrazione, premesso che con la nota di cui al prot. n. 45093 del 31.5.2011 è stato comunicato alla ricorrente il definitivo diniego di rilascio della concessione o.s.p. ( con contestuale ordine della rimozione), le ha intimato il ripristino dello stato dei luoghi a seguito dell’accertamento da parte della P.M. in data 20.9.2011 avendo ritenuto l’abusività dell’occupazione per mancanza del relativo titolo concessorio.Da quanto esposto in punto di fatto emerge, pertanto, che il provvedimento impugnato è atto meramente consequenziale del diniego di rilascio della concessione richiesta che non risulta, tuttavia, essere stato impugnato nei termini da parte della società ricorrente.Infatti, dall’esame degli atti di causa è possibile rilevare che, a fronte di un diniego (provvedimento formale notificato a mezzo raccomandata in data 7 giugno 2001) l’impugnazione dello stesso è avvenuta per effetto del ricorso in esame, notificato l’8 marzo 2012, quindi ben oltre i termini decadenziali previsti dall’art. 29 del c.p.a..Giova, altresì rilevare che l’istituto del silenzio assenso, invocato dalla parte istante come applicazione della regola generale dettata dall’art. 20 della legge 241 del 1990, come novellato dalle modifiche introdotte dalla legge n. 80 del 2005, non può essere applicato alla fattispecie in esame. A tal fine il Collegio ritiene di non doversi discostare dal precedente giurisdizionale citato dalla difesa della parte resistente (cfr. TAR Lazio, Sez. II/ter, 11 aprile 2011 n. 3187).Per tutte le considerazioni svolte, il Collegio, in parte, dichiara irricevibile il ricorso ed, in parte, lo respinge perché infondato.»

Sintesi: In sede di apposizione del vincolo espropriativo si consuma il potere discrezionale dell’Amministrazione in ordine alla valutazione dell’opportunità della realizzazione dell’opera e della sua collocazione sul territorio, rendendo conseguentemente meramente esecutivi di tale scelta gli atti conseguenti. Illogicità e non proporzionalità della scelta devono quindi essere dedotte con riferimento all’atto di programmazione urbanistica; in ipotesi di sua mancata impugnazione tali censure devono ritenersi tardive.

Estratto: «Peraltro non è revocato in dubbio che il progetto corrisponda alla previsione della variante urbanistica in parola, alla cui adozione il ricorrente ha partecipato e il cui provvedimento di approvazione non è stato impugnato nemmeno con il ricorso in esame. In conseguenza di ciò, le censure relative alla collocazione del tracciato dell’opera (ed in particolare le doglianze n. 2 e 3), non possono che essere ritenute tardive e, quindi, inammissibili in ragione della già ricordata mancata impugnazione del provvedimento con cui è stato apposto il vincolo preordinato all’esproprio. In tale sede, infatti, si è consumato il potere discrezionale dell’Amministrazione in ordine alla valutazione dell’opportunità della realizzazione dell’opera e della sua collocazione sul territorio, rendendo conseguentemente meramente esecutivi di tale scelta gli atti conseguenti, oggetto del presente ricorso. Illogicità e non proporzionalità della scelta dovevano, dunque, essere dedotte con riferimento all’atto di programmazione urbanistica.»

Sintesi: In presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre, nel secondo caso, l'atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato.

Estratto: «3.1. Come si è anticipato in narrativa, il Comune di Viareggio ritiene in primo luogo che la sentenza del T.A.R. n. 1616/2005 sia meritevole di riforma per non avere i primi giudici rilevato la inammissibilità e l’improcedibilità del ricorso originario, attesa la mancata impugnativa della determinazione n. 2710/2004, con cui il Comune di Viareggio aveva deciso di riammettere alla procedura comparativa di cui all’art. 37, cod. nav. la soc. Azimut Benetti, che ne era stata in un primo momento esclusa.3.1.1. Il motivo è infondato, dal momento che l’oggetto principale del ricorso proposto in primo grado dagli eredi Barsanti (n. 986/2003) era rappresentato innanzitutto dalla decisione in se di avviare la procedura comparativa di cui all’art. 37, cod. nav.Ne consegue che l’atto con cui il Comune aveva riammesso alla procedura selettiva la società Azimut Benetti era legato da un nesso di presupposizione e consequenzialità necessaria agli atti presupposti con cui il Comune aveva adottato (per così dire: ‘a monte’) la decisione di indire la procedura di cui all’art. 37, cod. nav.Ne consegue che l’annullamento in sede giurisdizionale degli atti di indizione della procedura – in considerazione della pienezza del contraddittorio - avrebbe determinato certamente un effetto caducante (e non meramente viziante) nei confronti degli atti con cui era stata disposta l’ammissione dei singoli candidati.Pertanto, la questione deve essere risolta facendo applicazione del consolidato – e qui condiviso – principio secondo cui, in presenza di vizi accertati dell'atto presupposto, deve distinguersi tra invalidità ad effetto caducante ed invalidità ad effetto viziante, nel senso che nel primo caso l'annullamento dell'atto presupposto si estende automaticamente all'atto conseguenziale anche quando quest'ultimo non è stato impugnato, mentre, nel secondo caso, l'atto conseguenziale è affetto da illegittimità derivata, ma resta efficace ove non ritualmente impugnato (in tal senso: Cons. Stato, V, 25 novembre 2010, n. 8243; id., V, 11 agosto 2010, n. 5623; id., V, 9 novembre 2005, n. 6270).Ebbene, siccome nel caso in esame l’annullamento in sede giurisdizionale dell’atto presupposto (l’indizione delle procedura) avrebbe certamente determinato (in ragione della pienezza del contraddittorio) la caducazione anche dell’atto presupponente (l’ammissione di un singolo concorrente), deve concludersi nel senso che la mancata impugnazione del secondo di tali atti non determini né l’inammissibilità, né l’improcedibilità del ricorso inizialmente proposto.»

Sintesi: L’omessa impugnazione della delibera di apposizione o di reiterazione del vincolo espropriativo non determina necessariamente l’inammissibilità dell’impugnazione della delibera di approvazione del progetto definitivo e di dichiarazione di pubblica utilità.

Estratto: «Si è in quell’occasione chiarito che “l’omessa impugnazione della delibera di apposizione o di reiterazione del vincolo espropriativo non determina necessariamente l’inammissibilità dell’impugnazione della delibera di approvazione del progetto definitivo e di dichiarazione di pubblica utilità: l’interesse a ricorrere può ravvisarsi ogni qualvolta il ricorrente pur non avendo gravato l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio, deduca avverso la dichiarazione di pubblica utilità, vizi propri della stessa e in corso di causa il vincolo si scaduto e non possa quindi più sorreggere una nuova dichiarazione di pubblica utilità, ovvero non possa più essere reiterato senza una motivazione particolarmente adeguata e rafforzata”.Il che è quanto si registra nel caso all’esame, in cui i ricorrenti censurano la delibera di approvazione del progetto definitivo e di dichiarazione di pubblica utilità in quanto attaccano la stessa nella parte in cui incorpora anche la relazione del responsabile ufficio espropri che controdeduce alle loro osservazioni. Fanno quindi valere un vizio proprio della stessa relazione e quindi della stessa delibera approvativa del progetto definitivo e recante la dichiarazione di p.u..Inoltre, essendo il vincolo espropriativo risalente al PRG approvato il 26.4.2006, in corso di causa lo stesso è scaduto il 26.4.2011 e non è dato sapere se è stato reiterato o se l’opera (molto più verosimilmente, dato il rigetto del’istanza cautelare, è stata già realizzata). In ogni caso non potrebbe essere reiterato sic et simpliciter occorrendo un’adeguata e rafforzata motivazione.»

Sintesi: L'impugnazione del titolo edilizio per violazione delle distanze dalle pareti finestrate non è inammissibile per il solo fatto che non è stato impugnato lo strumento urbanistico illegittimo per violazione dell'art. 9 d.m. 1444/1968, perché in ogni caso prevale la regola di cui al richiamato decreto ministeriale in tema di distanze.

Estratto: «4. Sono infondati anche gli altri motivi, sostenuti in entrambi gli appelli, con i quali si sostiene la erroneità della sentenza impugnata perché: a) il PRG vigente all’epoca dei fatti faceva unicamente riferimento ai limiti di altezza e non di distanze; b) era ammessa la deroga di cui al secondo comma dell’art. 9 su menzionato; c)la delibera comunale avrebbe natura di piano particolareggiato e non di mero studio urbanistico, travisando dalla intitolazione.Infatti, ad opinione del Collegio nella suddetta materia deve ritenersi che in tema di distanze tra costruzioni, applicabile, come detto, anche alle sopraelevazioni, l’adozione da parte dei Comuni di strumenti urbanistici contenenti disposizioni illegittime perché contrastanti con la norma di superiore livello dell’art. 9 DM 2 aprile 1968 n.1444 – che fissa in dieci metri la distanza minima assoluta tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti – comporta l’obbligo per il giudice di applicare, in sostituzione delle disposizioni illegittime, quelle dello stesso strumento urbanistico, nella formulazione derivate, però, dalla inserzione in esso della regola sulla distanza fissata nel decreto ministeriale (così Cassazione civile, II, 27 marzo 2001, n.4413 su richiamata; così anche Consiglio di Stato, IV, 12 giugno 2007, n.3094).La disposizione di cui all'art. 9, comma 1, n. 2, d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, essendo tassativa ed inderogabile, impone al proprietario dell'area confinante col muro finestrato altrui di costruire il proprio edificio ad almeno dieci metri da quello, senza alcuna deroga, neppure per il caso in cui la nuova costruzione sia destinata ad essere mantenuta ad una quota inferiore a quella dalle finestre antistanti e a distanza dalla soglia di queste conforme alle previsioni dell'art. 907 comma 3, c.c. Le prescrizioni di cui al d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 integrano con efficacia precettiva il regime delle distanze nelle costruzioni, sicché l'inderogabile distanza di 10 m. tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti vincola anche i comuni in sede di formazione o revisione degli strumenti urbanistici.Conseguentemente, ogni previsione regolamentare in contrasto con l'anzidetto limite minimo è illegittima e va annullata ove oggetto di impugnazione, o comunque disapplicata, stante la sua automatica sostituzione con la clausola legale dettata dalla fonte sovraordinata. L'art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444, che detta disposizioni in tema di distanze tra costruzioni, stante la natura di norma primaria, sostituisce eventuali disposizioni contrarie contenute nelle norme tecniche di attuazione. La prescrizione di cui all'art. 9 d.m. 2 aprile 1968 n. 1444 relativa alla distanza minima di 10 m. tra pareti finestrate e pareti di edifici antistanti è volta non alla tutela del diritto alla riservatezza, bensì alla salvaguardia di imprescindibili esigenze igienico-sanitarie, ed è, dunque, tassativa ed inderogabile (per tali principi consolidati, ex plurimis, Consiglio Stato, sez. IV, 12 giugno 2007 , n. 3094).Sulla base dei su richiamati principi, ne deriva che, a differenza di quanto sostenuto con i motivi di appello: a) non rileva la mancata impugnazione dello strumento urbanistico vigente perché in ogni caso prevale la regola di cui al richiamato decreto ministeriale in tema di distanze; b) non rileva in tal senso né la asserita vincolatività della circolare regionale del 1972, né la eventuale natura di strumento urbanistico, piuttosto che di mero studio, della delibera regionale del 1974, in quanto, anche laddove si fosse trattato di uno strumento urbanistico, in ogni caso esso non sarebbe stato in grado di prevalere sulla regola di cui al richiamato decreto ministeriale in tema di distanze, in virtù della inderogabilità della regola e dell’effetto di sostituzione o disapplicazione richiamato sistematicamente dalla giurisprudenza.»

Sintesi: Se il momento invalidante dell’iter procedurale di rilascio del titolo ad aedificandum è dato dal contrasto del permesso di costruire con le prescrizioni dettate da una pregressa, sovrastante delibera consiliare, il ricorrente non ha alcun interesse a rimuovere tale provvedimento, per cui l'impugnazione del titolo edilizio non è inammissibile per omessa impugnazione della citata delibera.

Estratto: «Il denunciato mezzo di gravame, in relazione all’assunto difensivo posto a suo sostegno, si appalesa infondato. Invero, parte appellante muove i suoi rilievi da un presupposto giuridico, del tutto errato, quello di ritenere che la Società Moby Dick avesse l’interesse e l’onere di contestare e ottenere la rimozione delle determinazioni assunte con la deliberazione consiliare n.19/09.Al contrario, la questione si pone in termini diversi, esattamente in quelli per cui in base al thema decidendum e alla causa petendi e come correttamente posto in evidenza dal primo giudice, la delibera in questione si pone come fase amministrativa procedurale e sostanziale cui confrontare la valutazione della legittimità del titolo ad aedificandum e non già come disciplina ( eventualmente ) illegittima sottesa al sottostante atto autorizzatorio. Più specificatamente ciò che qui viene in rilievo è la mancata osservanza della prescrizione recata dal punto 5 della delibera citata , lì dove è stato previsto che “l’esecuzione dell’intervento è condizionata al rilascio di regolare permesso di costruire se acquisiti i pareri favorevoli dell’ANAS e del Settore Urbanistico della Provincia”, avuto riguardo al fatto che il Comune di Guardiagrele, come peraltro pacificamente ammesso in causa, ha avuto cura di trasmettere alla Provincia di Chieti la delibera n.19/2007 ( oltreché copia del nulla osta rilasciato dall’ANAS ) , senza che però sia intervenuto o acquisito il parere favorevole del suindicato Ente locale. Se così è, se cioè il momento invalidante dell’iter procedurale di rilascio del titolo ad aedificandum è dato dal contrasto del permesso di costruire con le prescrizioni dettate con la pregressa , sovrastante delibera consiliare, non vi era alcun interesse da parte dell’appellata a rimuovere tale provvedimento proprio perché lo stesso non può essere considerato nella prospettiva ( errata ) dell’appellante quale atto presupposto da ( necessariamente ) rimuovere.Del pari, neppure può parlarsi di inammissibilità dei motivi aggiunti per mancata e/o tardiva impugnazione della delibera n.19/07, dal momento che, come sopra evidenziato l’atto che concretamente incide sulla posizione giuridica soggettiva della ricorrente di primo grado, con riferimento agli elementi costitutivi del thema decidendum introdotto, è il permesso di costruire, non già la variante approvata.»

Sintesi: L'omessa o tardiva impugnazione dell'atto presupposto (dichiarazione di pubblica utilità) rende inammissibile il ricorso giurisdizionale proposto contro l'atto consequenziale (il decreto di esproprio).

Sintesi: La giurisprudenza amministrativa ammette la possibilità di proporre censure avverso il solo atto presupponente, a condizione però che le stesse siano concettualmente slegate dal contenuto degli atti presupposti non impugnati. Ciò non si verifica qualora venga chiesto l'annullamento del decreto di esproprio (atto presupponente o consequenziale) sull'esclusivo presupposto di una illegittimità (derivata) che discenderebbe direttamente dall'atto presupposto non impugnato (id est autorizzazione/dichiarazione di pubblica utilità).

Estratto: «Come già chiarito dalla giurisprudenza amministrativa, infatti, il provvedimento con il quale viene dichiarata la pubblica utilità è atto immediatamente lesivo: come tale, pertanto, deve essere impugnato autonomamente rispetto al conseguente decreto di esproprio...
[...omissis...]

Sintesi: L'ordinanza di rilascio non è il momento esecutivo di una precedente comunicazione se reca una più ampia considerazione dei presupposti che ne costituiscono il fondamento ed ha chiaro tenore provvedimentale, che non aveva invece la precedente comunicazione.

Estratto: «2. Le eccezioni della difesa comunale sono infondate.Quanto alla giurisdizione, va osservato che è lo stesso provvedimento impugnato a contenere considerazioni che presuppongono l’esercizio di un potere pubblicistico e come tali atte a radicare la competenza del giudice amministrativo.
[...omissis...]

Sintesi: L'impugnazione della variante urbanistica che rende edificabile l'area già destinata a verde pubblico non è tardiva solo perché non è stata impugnata l'inclusione dell’area nel piano comunale di dismissioni immobiliari e la stessa vendita del bene a terzi, dal momento che questi atti non avrebbero comunque arrecato ai ricorrenti alcun pregiudizio concreto fintantoché il bene avesse conservato la propria destinazione a verde pubblico: è soltanto il mutamento di destinazione urbanistica ad aver reso attuale e concreto il pregiudizio per i ricorrenti, rendendo differenziata la loro posizione giuridica e facendo sorgere negli stessi la legittimazione e l’interesse a ricorrere.

Estratto: «La difesa del controinteressato - e, da ultimo, anche quella del Comune – hanno eccepito la tardività della predetta censura in quanto diretta a contestare l’inclusione dell’area di via Asti nel piano comunale di alienazioni e valorizzazioni immobiliari: inclusione già decisa dal Comune con la delibera consiliare n. 15 del 18 febbraio 2010, non impugnata dai ricorrenti nel termine di legge.Osserva il collegio che l’eccezione non può essere condivisa, dal momento che la lesione della posizione giuridica soggettiva dei ricorrenti è divenuta attuale solo in conseguenza dell’approvazione della variante n. 10 del P.R.G.C., per effetto della quale l’area in questione, già destinata a verde pubblico, è stata resa in gran parte edificabile: la semplice inclusione dell’area nel piano comunale di dismissioni immobiliari e la stessa vendita del bene a terzi (benché illegittimi, secondo la prospettazione dei ricorrenti, perché aventi ad oggetto un bene insuscettibile di dismissione in quanto strumentale all’esercizio delle funzioni istituzionali dell’ente civico), non avrebbero comunque arrecato ai ricorrenti alcun pregiudizio concreto fintantoché il bene avesse conservato la propria destinazione a verde pubblico; è soltanto il mutamento di destinazione urbanistica ad aver reso attuale e concreto il pregiudizio per i ricorrenti, rendendo differenziata la loro posizione giuridica e facendo sorgere negli stessi la legittimazione e l’interesse a ricorrere.»

Sintesi: Le scelte progettuali non possono essere contestate in sede di impugnazione del decreto di occupazione; l’occupazione d’urgenza non esprime infatti alcuna scelta discrezionale in ordine alla collocazione dell’opera, né esprime valutazione tecniche di tipo progettuale, che restano riservate ai provvedimenti tramite i quali l’amministrazione sviluppa i diversi livelli della progettazione dell’opera.

Estratto: «4) Con il quarto e ultimo dei motivi proposti, la ricorrente contesta le scelte progettuali dell’amministrazione, lamentando la collocazione del sedime stradale a ridosso dell’accesso del manufatto esistente sulle aree occupate.La doglianza è inammissibile, come esattamente eccepito dall’amministrazione resistente.Invero, la ricorrente ha impugnato, con il ricorso in esame, solo il provvedimento di occupazione d’urgenza e il successivo atto di immissione in possesso, senza contestare gli atti presupposti della procedura espropriativa, quali l’apposizione del vincolo preordinato all’esproprio e i provvedimenti di approvazione dei progetti con effetto di dichiarazione di pubblica utilità.Questi ultimi integrano dei provvedimenti immediatamente lesivi, che devono essere tempestivamente impugnati, ma che non sono mai stati contestati nel caso di specie.Del resto, la ricorrente con memoria depositata in data 28 marzo 2011 ha ribadito che l’impugnazione ha ad oggetto il provvedimento che ha disposto l’occupazione d’urgenza, che viene censurato per “vizi propri”.Tuttavia, l’occupazione d’urgenza non esprime alcuna scelta discrezionale in ordine alla collocazione dell’opera, né esprime valutazione tecniche di tipo progettuale, che restano riservate ai provvedimenti tramite i quali l’amministrazione sviluppa i diversi livelli della progettazione dell’opera.»

Sintesi: Non è consentito mettere in discussione la legittimità degli atti presupposti divenuti inoppugnabili, sia perché non è consentita la disapplicazione incidentale dell'atto presupposto non avente natura normativa, sia perché nessuna utilità sarebbe ritraibile dall'accoglimento delle doglianze attinenti a vizi degli atti presupposti medesimi, stante la loro perdurante efficacia resa intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione

Estratto: «Premesso che il presente giudizio può essere definito con "sentenza in forma semplificata”, ai sensi degli artt. 60 e 74 del codice del processo amministrativo, sussistendo i prescritti presupposti di legge, e che il difensore dei ricorrenti è stato avvisato di tale possibilità, rileva il Collegio che, con il ricorso in esame, i coniugi Tilotta Giovanni e Siracusa Maria hanno impugnato l’ingiunzione di demolizione n. 13 del 30 giugno 2010 e l’ordinanza n. 1 del 18 febbraio 2011 di acquisizione al patrimonio indisponibile del Comune di Castelvetrano di due fabbricati abusivamente realizzati in località Triscina di Selinunte.Quanto all’impugnativa dell’ordinanza di demolizione, da parte del Tilotta, il ricorso è irricevibile per tardività, essendo stato notificato il 12 aprile 2011, mentre tale ordinanza gli era stata notificata a mezzo raccomandata il 13 luglio 2010.Di consequenza, inammissibile si appalesa la censura dedotta con il primo motivo d’impugnazione, in quanto è noto che l’atto di acquisizione gratuita delle opere abusive deve considerarsi consequenziale e connesso all'ordine di demolizione delle opere e ripristino dello stato primitivo dei luoghi, per cui la mancata impugnativa nei termini dell’ingiunzione a demolire determina l’inammissibilità del ricorso proposto avverso l’acquisizione al patrimonio indisponibile comunale (cfr., da ultimo, T.A.R. Sicilia, sez. II, 9 settembre 2008, n. 1155, 29 aprile 2009, n. 806). Non è consentito, infatti, mettere in discussione la legittimità degli atti presupposti divenuti inoppugnabili, sia perché non è consentita la disapplicazione incidentale dell'atto presupposto non avente natura normativa, sia perché nessuna utilità sarebbe ritraibile dall'accoglimento delle doglianze attinenti a vizi degli atti presupposti medesimi, stante la loro perdurante efficacia resa intangibile dalla mancata tempestiva impugnazione (in tal senso, T.A.R. Toscana, sez. III, 29 luglio 2008, n. 1832; T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 01 agosto 2008 , n. 7802; T.A.R. Sicilia, sez. II, 25 settembre 2009, n. 1511).E’ vero che la rilevata tardività non può riferirsi alla sig.ra Siracusa, alla quale non risulta notificata la predetta ordinanza di demolizione; ma non può farsi a meno di evidenziare come nel ricorso non si muovano censure specifiche avverso questo provvedimento, tranne quella della sua omessa notifica alla ricorrente medesima. Tale omissione, tuttavia, non può inficiare la validità di detta ordinanza, rilevando esclusivamente come causa ostativa alla completa ed esatta conoscenza del contenuto del provvedimento ai fini della sua eventuale impugnazione (in tal senso, Cons. Stato, sez. IV, 27 ottobre 2005, n. 6051).»

Sintesi: Qualora il bando di gara contenga una clausola che riproduca esattamente una norma del piano comunale di utilizzo delle aree demaniali marittime, il soggetto che intende contestare la validità di questa clausola deve impugnare non solo il bando, ma anche lo strumento di pianificazione.

Estratto: «L’associazione Anffas Onlus Martinsicuro propone opposizione di terzo avverso la sentenza con la quale il Tribunale amministrativo dell’Abruzzo ha accolto il ricorso proposto dalla Piccola cooperativa Golden Star avverso il bando emanato dal Comune di Martinsicuro per l’assegnazione di una concessione demaniale marittima...
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Sintesi: Il decreto di occupazione d’urgenza non svolge una funzione approvativa o di conferma implicita degli atti pregressi, per cui non è applicabile, a tale tipologia di procedura, la soluzione processuale propria degli atti delle procedure concorsuali, in relazione alle quali, talora, può essere sufficiente l'impugnazione tempestiva dell'atto di finale approvazione della graduatoria, per riproporre validamente, in termini di invalidità derivata, i vizi degli atti preparatori della sequenza "a monte" degli atti della procedura selettiva; viceversa il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera è autonomamente impugnabile.

Estratto: «I ricorrenti precisano di aver pure svolto le relative osservazioni al riguardo, inviate con lettera A.R. del 24.11.2005, sicché il gravame, proposto con atto notificato in data 24.3.2006 a seguito della notifica del finale decreto di occupazione d’urgenza, rende irrimediabilmente tardiva ogni contestazione inerente il contenuto dei precitati provvedimenti di approvazione dell’opera pubblica, atteso che il decreto di occupazione d’urgenza non svolge una funzione approvativa o di conferma implicita degli atti pregressi, per cui non è applicabile, a tale tipologia di procedura, la soluzione processuale propria degli atti delle procedure concorsuali, in relazione alle quali, talora, può essere sufficiente l'impugnazione tempestiva dell'atto di finale approvazione della graduatoria, per riproporre validamente, in termini di invalidità derivata, i vizi degli atti preparatori della sequenza "a monte" degli atti della procedura selettiva.Pertanto, l’eccezione di inammissibilità è fondata, essendo il provvedimento dichiarativo della pubblica utilità dell’opera autonomamente impugnabile.»

Sintesi: È inammissibile il ricorso contro la revoca della concessione demaniale qualora non sia impugnato anche l'ordinanza sulla base della quale è adottato il provvedimento di revoca.

Estratto: «Il ricorso sarebbe sicuramente inammissibile per omessa impugnazione di atto presupposto dato che, come esattamente osservato dal Comune di Lignano, la revoca della concessione era atto dovuto in esecuzione della succitata ordinanza regolamentare n. 14 che imponeva la revoca delle concessioni in essere che risultavano in contrasto con la nuova normativa dalla stessa introdotta. Nessun dubbio può sussistere in ordine al suddetto contrasto dato che la nuova normativa imponeva per l’occupazione di “un’area limitrofa a quella prospiciente l’attività” la produzione dell’assenso scritto non solo del proprietario dell’area ma anche del titolare dell’attività prospiciente l’area richiesta. Nel caso di specie la documentazione in atti dimostra che l’area in precedenza concessa si estendeva a spazi prospicienti altre attività e, lungi dall’aver prodotto il consenso dei rispettivi titolari, il Comune aveva in atti addirittura la richiesta di uno dei titolari di non autorizzare alcuna occupazione sull’area prospiciente la propria attività.La revoca era quindi atto dovuto.In ogni caso il ricorso è anche infondato per le stesse ragioni che sono state sopra esaminate, avendo l’amministrazione fatto regolare applicazione delle previsioni dell’ordinanza n. 14 – esecutiva ed inoppugnabile – alla situazione di fatto caratterizzante la concessione temporanea di spazi ed aree pubbliche/private n. 54 del 29.10.2009 di cui parte ricorrente era titolare. Nessun rilievo viziante ha poi la irregolarità procedimentale dedotta con la prima censura, tanto più che è risultato palese che il ricorrente ha potuto esaustivamente partecipare al procedimento e che, come già accennato, trattasi di atto dovuto per cui dovrebbero trovare in ogni caso applicazione le previsioni cui all’art. 21 octies l. 241/90.»

Sintesi: Nel caso di atti appartenenti alla medesima serie procedimentale ed oggettivamente collegati, quando un provvedimento è diretta attuazione dei precedenti, questo non è autonomamente impugnabile, perché è al complesso degli atti che sono riconducibili gli effetti giuridici che si intendono perseguire con l’atto attuativo.

Sintesi: La delibera di affidamento della gestione del servizio idrico integrato non può essere impugnata se non sono stati impugnati i precedenti provvedimenti appartenenti alla medesima serie procedimentale.

Estratto: «Tanto premesso, rileva il Collegio come la successiva impugnativa di detta delibera di appalesi inammissibile.Come evidenziato, infatti, il Comune non solo non ha mai contestato tutta la variegata serie di atti da cui è scaturita la delibera odiernamente impugnata, ma ha addirittura votato favorevolmente le richiamate delibere conferenziali n. 9/2008, n. 5/2009 e n. 7/2009.E tali delibere, atteso il loro contenuto, costituiscono oggettivamente l’indefettibile presupposto sia logico che giuridico della contestata delibera n. 9/2009, con cui costituiscono un “unicum” nel complesso ed articolato procedimento oggetto dell’odierna controversia. L’impugnativa unicamente di quest’ultima delibera pertanto si appalesa inammissibile, atteso che nel caso di atti appartenenti alla medesima serie procedimentale ed oggettivamente collegati, quando un provvedimento è diretta attuazione dei precedenti, questo non è autonomamente impugnabile, perché è al complesso degli atti che sono riconducibili gli effetti giuridici che si intendono perseguire con l’atto attuativo.»

Sintesi: È inammissibile il ricorso volto all'annullamento di un atto applicativo, che si assume o si prospetti come viziato da invalidità derivata quando non risulti impugnato l'atto presupposto.

Estratto: «Come noto, la dichiarazione di pubblica utilità ha come effetto quello di sottoporre il bene al regime di espropriabilità, ponendosi come presupposto dell'espropriazione.Essa, pertanto, incidendo direttamente sulla sfera giuridica del proprietario, è immediatamente lesiva e, come tale, è autonomamente impugnabile.
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Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.