Giurisdizione sulle controversie relative all'importo delle royalties per l'estrazione e la valorizzazione del greggio

Estratto: «secondo costante giurisprudenza, in primo luogo della Corte di cassazione, le controversie in materia di canoni per la concessione di beni del demanio idrico, di cui fa parte come è ovvio anche il demanio lacuale per cui è causa, rientrano appunto fra quelle in materia di acque pubbliche, vuoi perché relative comunque a “diritti di utilizzazione di acque pubbliche”, vuoi perché il concetto di “corrispettivo per l'occupazione di aree del demanio lacuale” rimanda ad una “controversia avente ad oggetto natura, estensione e limiti di detto demanio”, come affermato specificamente da Cass. civ. sez. I 21 settembre 2010 n°19987.4. Tali controversie si ripartiscono poi fra il Tribunale regionale e il Tribunale superiore, e quindi fra la giurisdizione ordinaria e quella speciale, a seconda del loro concreto contenuto. In dettaglio, appartengono alla giurisdizione del Tribunale regionale tutte le “controversie sull'esistenza e sull'entità dei canoni delle concessioni di utenza di risorse idriche, nelle quali sia in contestazione il diritto soggettivo del concessionario alla corretta applicazione delle disposizioni regolanti l'indicato canone in base a elementi oggettivi e certi, secondo parametri e criteri tecnici vincolanti per l'amministrazione”. Ove invece si contestino gli atti amministrativi che della determinazione dei canoni sono presupposto, si deve distinguere: la loro illegittimità “può essere fatta valere mediante impugnativa, in via principale, davanti al giudice amministrativo (Tribunale superiore delle acque pubbliche) o, alternativamente, sollecitandone la disapplicazione da parte del giudice ordinario (nella specie, quello specializzato: Tribunale regionale acque pubbliche) nelle controversie sui diritti soggettivi che si assumano lesi da atti o provvedimenti consequenziali”. In tal senso, la citata Cass. S.U. 16798/2007, nonché Cass. civ. S.U. 29 settembre 1997 n° 9551 e S.U. 28 novembre 1994 n°10124; conforme anche Cass. sez. I 19987/2010 pure citata, con riguardo come si è detto proprio ad una controversia in tema di occupazione di beni del demanio lacuale. Sempre conformi anche Trib. sup. acque 30 settembre 2005 n°118 e 24 aprile 2009 n°73; si veda infine nella giurisprudenza di questo TAR, la sentenza 10 luglio 1998 n°699.»

Sintesi: Rientra nella giurisdizione del G.A. la controversia in cui si tratti di stabilire se possa venire in considerazione o meno una concessione per scopo di pubblico interesse ai sensi dell’art. 39 cod. nav., e, di riflesso, l'ammontare del canone demaniale marittimo.

Estratto: «4.1. L’eccezione di difetto di giurisdizione non ha pregio. Occorre, infatti, rilevare che le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale; quando, invece la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del giudice amministrativo. In quest'ultima ipotesi, infatti, la controversia ha per oggetto non soltanto la misura del canone di concessione di un bene demaniale , bensì la qualificazione giuridica o la natura intrinseca dell'atto concessorio, sicché le conseguenze patrimoniali (cioè la misura del canone ) sono meramente accessorie rispetto alla questione principale (cfr. Cons. Stato, VI, 17 febbraio 2004, n. 657). Nel caso di specie, l’oggetto principale della controversia non è la quantificazione del canone, ma, senz’altro, la qualificazione del rapporto di concessione, trattandosi di stabilire se possa venire in considerazione o meno una concessione per scopo di pubblico interesse ai sensi dell’art. 39 Cod. nav. La questione relativa alla quantificazione del canone (se quello ordinario o quello di mero riconoscimento del carattere demaniale del bene) è solo il riflesso di tale verifica che investe l’intera economia del rapporto concessorio. 4.2. Sulla base di considerazioni analoghe deve respingersi l’eccezione di inammissibilità fondata sulla natura privatistica dell’atto impugnato (l’ordine di introito del canone). In questo caso, infatti, l’eventuale natura privata dell’ordine di introito del canone non assume rilievo, perché l’oggetto principale della controversia è la qualificazione del rapporto di concessione e, in particolare, la possibilità di ricondurlo nell’art. 39 Cod. nav. Del resto, trattandosi di materia oggetto di giurisdizione esclusiva, sono senz’altro ammissibili, oltre a volte all’annullamento di atti amministrativi, anche azioni di accertamento della natura del rapporto concessorio.»

Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi, riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione del G.O. sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale; quando, invece la controversia coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull'intera economia del rapporto concessorio, la medesima è attratta nella sfera di competenza del G.A..

Sintesi: La questione relativa al computo dell’ammontare del corrispettivo spettante all’amministrazione per effetto della concessione demaniale rientra nella giurisdizione del giudice ordinario.

Estratto: «La fattispecie in esame, con la quale si contesta il diniego dello svincolo della garanzia fidejussoria prestata dalla ricorrente in relazione al canone non versato in quanto calcolato erroneamente in rapporto alla reale estensione della superficie occupata, attiene unicamente al computo dell’ammontare del canone dovuto...
[...omissis...]

Sintesi: In materia di canoni demaniali, laddove la pretesa non si rivolga avverso un provvedimento amministrativo di carattere generale, determinativo dell'obbligo di versamento del canone ma, al contrario, tale pretesa resti limitata entro l'ambito di una vicenda processuale incentrata su un singolo rapporto fondato sul binomio "obbligo/pretesa", la giurisdizione spetta al G.O..

Sintesi: La controversia avente ad oggetto la sostanziale contestazione della quantificazione del canone operata dall’amministrazione che si riduca alla qualificazione in termini di facile o difficile rimozione delle opere realizzate sulle aree in concessione e alla qualificazione in termini di pertinenze del demanio marittimo di alcuni manufatti presenti sull’area spetta alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo nei confronti dell’A.G.O.La giurisprudenza ormai sostanzialmente incontroversa ha, infatti, riportato alla giurisdizione dell’A.G.O. prevista dall’art. 5, 2° comma della l. 6 dicembre 1971, n. 1034 (oggi sostanzialmente riprodotto dall’art. 133, 1° comma lett. b) del codice del processo amministrativo), le controversie in cui non si contesti il contenuto di atti a carattere generale relativi alla determinazione del canone di concessione, ma ci si limiti, in sostanza, a prospettare l’erronea applicazione alla fattispecie concreta dei criteri di determinazione previsti dalla normativa: <<in materia di canoni demaniali, laddove la pretesa non si rivolga avverso un provvedimento amministrativo di carattere generale, determinativo dell'obbligo di versamento del canone (nel qual caso, venendo in contestazione la stessa “ragion d’essere” del potere impositivo, la giurisdizione resterebbe devoluta al Giudice amministrativo, configurandosi una contrapposizione di posizioni qualificabili come di "potere/interesse"), ma, al contrario, tale pretesa resti limitata entro l'ambito di una vicenda processuale incentrata su un singolo rapporto fondato sul binomio "obbligo/pretesa", la giurisdizione spetta al Giudice ordinario. In tal caso non si contesta, infatti, il potere impositivo in se inteso, quanto piuttosto l'esatta sussunzione del rapporto specifico nell'ambito del proprio paradigma legale al fine di tutelare il diritto soggettivo a pagare la misura di legge e non più del dovuto>> (Consiglio Stato, sez. VI, 09 aprile 2009, n. 2187; Cass. civ., sez. un., sent. 10 dicembre 1993, n. 12164; 7 marzo 2001, n. 94).Nella vicenda che ci occupa siamo proprio in presenza di una controversia che origina e si esaurisce nella sostanziale contestazione della quantificazione del canone operata dall’amministrazione, con riferimento soprattutto ai due aspetti costituiti dalla qualificazione in termini di facile o difficile rimozione delle opere realizzate sulle aree in concessione ed alla qualificazione in termini di pertinenze del demanio marittimo di alcuni manufatti presenti sull’area; con tutta evidenza, si tratta, pertanto, di controversia che non ha niente a che vedere con l’esercizio di poteri a struttura discrezionale e che si esaurisce nella corretta definizione di rapporti di obbligo/pretesa che devono essere riportati alla giurisdizione dell’A.G.O.»

Sintesi: Ai sensi dell'art. 133, co. 1, lett. c) le controversie sulla determinazione dell'importo delle royalties per l'estrazione e la valorizzazione del greggio appartengono alla giurisdizione del G.O..

Estratto: «L’eccezione di difetto di giurisdizione, sollevata dall’Avvocatura dello Stato, deve essere condivisa.Ed invero, il Collegio non ha ragioni per discostarsi da quanto statuito da questa Sezione in fattispecie analoghe alla presente con le recenti sentenze nn. 6075, 6079 e 6083 del 30 aprile 2010, con le quali, premesso che la materia riguarda le concessioni di beni pubblici, si è ritenuto, in conformità a pacifico orientamento giurisprudenziale, che le questioni involgenti rapporti prettamente patrimoniali, quali indennità, canoni e altri corrispettivi (nei casi esaminati, come quello oggi in esame, pagamento delle royalties, senza alcuno esercizio di poteri autoriativi della Pubblica amministrazione) rientrano nella competenza giurisdizionale del giudice ordinario, dovendo essere ricondotte all'ambito di applicazione dell'art. 5, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034 (cfr., altresì, T..R. Lazio, sez. III, 14 ottobre 2009, n. 9920.Peraltro, va osservato che analoga previsione è contenuta nell'art. 133, comma 1, lett. c), del Codice del processo amministrativo, approvato con D.Lgs. 2 luglio 2010, n. 104 (entrato il vigore il 16 settembre 2010), secondo cui sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, con esclusione di quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.»

Sintesi: La controversia relativa ai danni sofferti dall'amministrazione per il mancato introito dovuto all'inquinamento di un giacimento di salgemma è devoluta alla giurisdizione del giudice ordinario, trattandosi di vicenda strettamente collegata al corretto svolgimento del rapporto negoziale in essere a seguito della concessione del bacino minerario.

Estratto: «5) Relativamente ai ricorsi (identici) 1574/02 e 1794/02, garantito il contraddittorio sulla questione di giurisdizione in sede di udienza pubblica, il Collegio ne deve eccepire d’ufficio l’inammissibilità per difetto di giurisdizione, attenendo le controversi a vicende strettamente collegate al corretto svolgimento del rapporto negoziale in essere a seguito della concessione del bacino minerario. E infatti, quello che chiede l’Amministrazione del demanio è il pagamento di una sanzione amministrativa (tale è qualificata nella nota ministeriale 17.7.1996 n. 2044 richiamata nella nota del 3.6.2002 dell’Agenzia) per il risarcimento dei danno provocati dal mancato introito dei canoni e dei diritti ricavabili dallo sfruttamento del giacimento di salgemma, inquinato dal mercurio.Si tratta, all’evidenza, di una richiesta che accede alle prestazioni del rapporto contrattuale in essere nell’ambito della quale la ricorrente ha una posizione di diritto soggettivo pieno, essendo paritaria la posizione dell’Amministrazione. E non sarebbe neppure configurabile – secondo i principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale 204 del 2004 – una competenza riservata alla giurisdizione esclusiva del G.A. se non altro perché in materia trova applicazione il secondo comma dell’art. 5 della legge 1034 del 1971 al quale occorre fare riferimento ratione temporis.Il giudizio relativo ai due predetti ricorsi dovrà, pertanto, in applicazione della translatio iudicii che oggi trova fondamento per il processo amministrativo nell'art. 11, comma 2, del dcr.lgs.2.7.2010 n. 104, essere riproposto presso il giudice ordinario nei termini stabiliti dalla disposizione richiamata.»

Sintesi: Il difetto di giurisdizione sul ricorso avente ad oggetto una domanda attinente a profili meramente patrimoniali del rapporto concessorio non comporta la carenza di giurisdizione del G.A. sulla domanda riconvenzionale della P.A. avente ad oggetto l'accertamento della nullità dell'accordo con cui vengano modificati profili del rapporto concessorio.

Estratto: «La domanda riconvenzionale proposta in primo grado dal comune mira ad accertare l’esatta sussistenza e la stessa validità del rapporto concessorio oggetto della presente controversia.La domanda dell’amministrazione concerne, in particolare la nullità degli atti con cui il rapporto concessorio è stato ridefinito dalle parti.In questa parte, quindi, non è dubitabile che la domanda appartenga alla giurisdizione esclusiva amministrativa, in virtù della previsione dell’articolo 5 della legge n. 1034/1971.La giurisdizione esclusiva amministrativa non viene meno per la circostanza che il comune, sulla base della dedotta nullità dell’atto impugnato, abbia chiesto anche la condanna della società ricorrente al risarcimento del danno. Infatti, la pretesa patrimoniale fatta valere dall’amministrazione trova titolo proprio nella contestazione degli accordi su cui si innesta il rapporto concessorio.È appena il caso di aggiungere, poi, che la giurisdizione esclusiva amministrativa sulla domanda riconvenzionale proposta in primo grado dal comune non potrebbe essere messa in discussione per la circostanza che l’accordo contestato assuma, formalmente, la denominazione di “transazione”.Infatti, il nuovo accordo, seppure originato dall’esigenza di porre fine al contenzioso tra le parti, determina una modifica sostanziale dell’originario atto di concessione e degli accordi accessori.Pertanto, non si è in presenza di un contratto meramente privatistico, bensì di un atto che delinea i nuovi contenuti essenziali del rapporto concessorio, senza limitarsi ai profili meramente patrimoniali della vicenda.In questo quadro di riferimento, non è condivisibile l’affermazione della sentenza impugnata, secondo la quale, una volta accertato il difetto di giurisdizione amministrativa in relazione alla domanda proposta con il ricorso incidentale, anche la pretesa articolata in via riconvenzionale dal comune con il ricorso incidentale di primo grado andrebbe considerata inammissibile.Al riguardo, va osservato che l’amministrazione non si è limitata a prospettare la nullità della transazione come mera difesa, ma ha manifestato l’interesse ad una pronuncia diretta ad accertare, con efficacia di giudicato, la portata dei diritti e degli obblighi delle parti del rapporto concessorio.La pronuncia del difetto di giurisdizione sul ricorso principale, quindi, non priva il giudice del potere di cognizione e di decisione sulla domanda riconvenzionale, ritualmente proposta dal comune.»

Sintesi: Le domande caratterizzate da un contenuto meramente patrimoniale sono conosciute dal G.A. qualora la P.A., con domanda riconvenzionale, abbia contestato la validità degli atti su cui si fonda il rapporto concessorio.

Estratto: «Non possono trovare applicazione, nella presente vicenda processuale, i principi espressi dalla giurisprudenza amministrativa, con riguardo al rapporto tra il ricorso principale e il ricorso incidentale.Infatti, tali regole assumono rilevanza nell’ambito dei soli giudizi impugnatori.Di contro, nell’ambito della giurisdizione esclusiva ,operano i principi e le regole riguardanti la domanda riconvenzionale nel processo civile.In questa prospettiva, secondo il pacifico indirizzo espresso dalla Cassazione, “la domanda riconvenzionale, atteso il suo carattere autonomo - di controdomanda volta ad ottenere un provvedimento positivo favorevole nei confronti dell'attore e non il mero rigetto delle di lui pretese, come invece nel caso dell'eccezione riconvenzionale - deve essere esaminata e decisa anche se sia dichiarata inammissibile la domanda principale (Cassazione civile, sez. II, 29 gennaio 2004, n. 1666; Cassazione civile , sez. lav., 26 settembre 1991 , n. 10043).Una volta affermata, quindi, l’ammissibilità della domanda riconvenzionale proposta dal comune di Bolzano e la sua appartenenza alla giurisdizione esclusiva amministrativa, occorre verificare quali conseguenze si determino sulla domanda proposta dal ricorrente di primo grado, che la sentenza di impugnata ha giudicato estranea alla giurisdizione amministrativa.Al riguardo, deve essere osservato, in primo luogo, che il capo della sentenza relativo al difetto di giurisdizione è stato impugnato dall’interessato con l’appello incidentale: pertanto, su tale specifico punto non si è formato alcun giudicato – esplicito o implicito – sulla giurisdizione.Ciò chiarito, le domande proposte dal ricorrente di primo grado, benché caratterizzate da un contenuto essenzialmente patrimoniale, perché riferite al pagamento di canoni ed accessori, si basano proprio sugli stessi titoli contestati dall’amministrazione con la domanda di nullità.»

Sintesi: In materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi riservate alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere d'intervento riservato alla P.A. per la tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo.

Estratto: «CONSIDERATO in via preliminare che, secondo il prevalente orientamento giurisprudenziale (ex multis, Cass. Civ., Sez. Un., 12 gennaio 2007, n. 411) in materia di concessioni amministrative, le controversie concernenti indennità, canoni o altri corrispettivi riservate alla giurisdizione del giudice ordinario sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra P.A. concedente e concessionario del bene o del servizio pubblico, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio “obbligo-pretesa”, senza che assuma rilievo un potere d'intervento riservato alla P.A. per la tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia esula da tali limiti e coinvolge la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sull’intera economia del rapporto concessorio, il conflitto tra P.A. e concessionario si configura secondo il binomio “potere-interesse” e viene attratto nella sfera della competenza giurisdizionale del giudice amministrativo;»

Sintesi: Ai fini della corretta applicazione della richiamata disposizione dell’articolo 1, co. 251, legge 296/2006, l’Amministrazione comunale deve limitarsi a classificare il bene demaniale e ad applicare i criteri di determinazione del canone demaniale analiticamente previsti dalla disposizione in esame, nonché le percentuali di riduzione ivi indicate, perché tale disposizione non attribuisce all’Amministrazione stessa alcun potere discrezionale nella determinazione del canone demaniale: pertanto le controversie inerenti l’entità del canone determinato in applicazione di tale norma sono di giurisdizione del G.O., salvo quelle in cui la P.A. si sia determinata nel senso di estendere, in via analogica, la disciplina ivi prevista nei confronti di soggetti titolari (non già di concessioni demaniali marittima, ma) di autorizzazioni provvisorie per l’occupazione del demanio marittimo.

Estratto: «CONSIDERATO che - essendo le censure dedotte dalla società ricorrente essenzialmente incentrate sulla mancata applicazione dei criteri di calcolo dei canoni annui relativi a concessioni demaniali marittime, previsti dall'articolo 1, comma 251, della legge n. 296/2006 - il ricorso risulta inammissibile per difetto giurisdizione del Giudice amministrativo. Infatti, come rilevato da questa Sezione in altra occasione (T.A.R. Campania, Napoli, Sez. VII, 18 gennaio 2010, n. 177):- ai fini della corretta applicazione della richiamata disposizione dell’articolo 1, comma 251, della legge n. 296/2006, l’Amministrazione comunale deve limitarsi a classificare il bene demaniale e ad applicare i criteri di determinazione del canone demaniale analiticamente previsti dalla disposizione in esame, nonché le percentuali di riduzione ivi indicate, perché tale disposizione non attribuisce all’Amministrazione stessa alcun potere discrezionale nella determinazione del canone demaniale;- sulla scorta di tali considerazioni, la prevalente giurisprudenza (T.A.R. Abruzzo, Pescara, 20 novembre 2008, n. 919; T.A.R. Veneto, Sez. I, 26 agosto 2009, n. 2344) ritiene che per le controversie inerenti l’entità del canone determinato in applicazione dell’articolo 1, comma 251, della legge n. 296/2006, sussista la giurisdizione del giudice ordinario, perché il concessionario fa valere in giudizio il suo diritto soggettivo a non essere assoggettato al pagamento di una somma di denaro maggiore di quella fissata direttamente da una norma di legge;- tale giurisprudenza è confortata altresì dalla circostanza che la sussistenza della giurisdizione del giudice amministrativo sulle controversie derivanti dall’applicazione dell’articolo 1, comma 251, della legge n. 296/2006 è stata sinora affermata soltanto nell’ipotesi in cui l’Amministrazione concedente si sia determinata nel senso di estendere, in via analogica, la disciplina ivi prevista nei confronti di soggetti titolari (non già di concessioni demaniali marittima, ma) di autorizzazioni provvisorie per l’occupazione del demanio marittimo (si veda in tal senso Cons. Stato, Sez. VI, 9 febbraio 2009, n. 735, richiamata dalla parte ricorrente nella memoria depositata in data 2 luglio 2010), ossia a fattispecie non direttamente contemplate dall’articolo 1, comma 251, della legge n. 296/2006 e, perciò, implicanti una valutazione discrezionale della P.A. medesima;»

Sintesi: La controversia avente ad oggetto l'impugnazione dell'atto con cui il Comune delibera di escutere una fideiussione rientra nella giurisdizione del G.O..

Estratto: «Considerato che il petitum e la causa petendi del presente giudizio attengono più propriamente alla validità ed efficacia del contratto di garanzia atteso che il Collegio è chiamato a dirimere una controversia sull'esecuzione del contratto di garanzia autonoma e, quindi, sarebbe tenuto ad un prodromico accertamento, con valore di giudicato, del contenuto di un negozio di fideiussione stipulato tra un'impresa e il relativo garante; accertamento che, peraltro, presupporrebbe la necessaria estensione del contraddittorio al fideiussore, e che, comunque, esula dall'alveo della giurisdizione amministrativa;Considerato, infatti, che l'impugnazione dell’atto attraverso il quale il beneficiario ha inteso escutere la fideiussione nei confronti della società garante, rientra nella cognizione del giudice ordinario, giacché, quale che sia lo scopo per il quale questa sia stata prestata, l'escussione della fideiussione costituisce espressione di un diritto potestativo fondato su un rapporto civilistico, dal quale è assente ogni carattere autoritativo pubblicistico (T.A.R. Lazio Roma sez. III 08 novembre 2005 n. 10758 e Cons. Stato Sez. VI 23/2/04 n. 709);»

Sintesi: Le controversie sull'adeguamento del canone di concessione di aree pubbliche da adibire a parcheggio appartengono alla giurisdizione del G.O., anche quando esso sia predeterminato nel disciplinare della concessione.

Estratto: «La deliberazione prende in esame la convenzione stipulata con la ricorrente nel 1987, il successivo adeguamento delle tariffe e dei corrispettivi dei servizi pubblici del 1991, la previsione della convenzione per la quale il corrispettivo a favore del Comune andava variato proporzionalmente al variare delle tariffe, il futuro assetto della regolamentazione della sosta nel centro cittadino genovese, l’aumento degli oneri a carico dell’amministrazione per la manutenzione della segnaletica stradale, l’opportunità, infine, che una quota delle tariffe dipende direttamente accreditata nelle casse cittadine; per questo in conclusione si stabilisce la rideterminazione dei corrispettivi mensili dovuti dalla Società cooperativa La Ligure Facchini a titolo di canone di concessione delle aree pubbliche, con diverse modalità di versamento e differenti mutazioni in capitoli di bilancio delle somme in questione.E’ del tutto evidente che la controversia investe un adeguamento del canone al tempo predeterminato nel disciplinare di concessione e che quindi la causa può essere conosciuta dal giudice ordinario in virtù dell’art. 5 co. 2 L. 1034/71 nel testo vigente, in quanto la questione a contenuto meramente patrimoniale, né investe di potere della P.A. nel governo di interessi generali, né la verifica del corretto uso dei suoi poteri autoritativi (Cass. SS.UU. 18 novembre 2008 n. 27333). Il richiamo generico agli obblighi di mantenere in buono stato di conservazione la segnaletica orizzontale relativa alle aree di sosta e di dotarle di appositi dispositivi per l'esazione delle tariffe non muta in ogni caso la natura del provvedimento.»

Sintesi: L'art. 1 legge 296/2006 non ha cambiato nulla in ordine alla automaticità dei criteri di determinazione dei canoni demaniali marittimi: pertanto la giurisdizione sulla controversia relativa all'adeguamento dei canoni in applicazione di tali norme appartiene alla giurisdizione del G.O..

Sintesi: La domanda incidentale di accertare il tipo della concessione già esistente con esame del provvedimento che la contiene per poter rilevare le tariffe da applicare, distintamente disciplinate dalla legge in rapporto ai diversi tipi di concessione, non modifica la giurisdizione del G.O. sulle controversie meramente patrimoniali ex art. 5 legge 1034/1971.

Estratto: «2. Il presente regolamento oltre che ammissibile è anche fondato, dovendosi dichiarare la giurisdizione del giudice ordinario adito nel processo principale, come chiesto dalla società attrice con il ricorso introduttivo del presente giudizio incidentale. Invero, alla data della domanda di determinazione dei conguagli dovuti a titolo di canone per la concessione delle aree del Demanio marittimo per cui è causa (18 luglio 2008), ai sensi della L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5 e del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80, art. 33, come modificato dalla L. 21 luglio 2000, n. 205, art. 7 e integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale 6 luglio 2004 n. 204, su tale tipo di controversia la giurisdizione spetta al giudice ordinario, sempre che non assumano in essa rilievo prevalente provvedimenti autoritativi della P.A., di cui si chieda in via principale la valutazione al giudice adito, per la loro eventuale disapplicazione ovvero l'annullamento di essi.Nel caso concreto, la società ricorrente nel processo principale chiede invece di esaminare le sole condotte dell'amministrazione, cioè la richiesta e messa in mora di cui alla missiva relativa ai conguagli oggetto di causa, tutti determinabili automaticamente in base alle misure dei canoni predeterminate per legge, ai sensi del D.L. 5 ottobre 1993, n. 400, contenente disposizioni per la determinazione dei canoni dovuti per le concessioni demaniali marittime, come modificato, in ordine ai criteri di liquidazione dei canoni stessi, dalla L. 27 febbraio 2006, n. 296, art. 1, comma 251, (Finanziaria del 2007), che nulla cambia in ordine alla automaticità dei criteri suddetti e all'assenza per essi di poteri autoritativi della P.A. per determinarne la misura che è fissata dalle norme, cui è data attuazione dalla missiva che la ricorrente contesta nel merito. Nessuna disapplicazione o annullamento dei atti della P.A. è chiesta nel merito, per cui la controversia ha natura meramente patrimoniale (S.l). 11 giugno 2001 n. 7861) e si risolve con l'applicazione dei criteri automatici di cui alle norme di legge citate, non modificando la giurisdizione la richiesta di natura incidentale e preliminare, di accertare il tipo della concessione già esistente con esame del provvedimento che la contiene, comunque definitivo e non impugnabile, per potere, in relazione ad esso e al concreto "tipo" di atto concessorio, rilevare le tariffe da applicare, distintamente disciplinate dalla legge in rapporto ai diversi tipi di concessione, da delibare in via meramente incidentale e al solo fine di liquidare correttamente quanto preteso dalla concedente (S.U. 25 marzo 2010 n. 7160, 3 aprile 2009 n. 8113, ord. 6 marzo 2009 n. 5465, ord. 16 luglio 2008 n. 19511, 19 maggio 2008 n. 12640).Nell'indagine preliminare e incidentale di cui sopra, non vi è la "globale" contestazione, cui fa riferimento il giudice adito, degli atti e provvedimenti della P.A., che anzi si presumono definitivi e irrevocabili, ma solo la richiesta dell'esame previo della concessione a base del rapporto tra le parti, necessario per identificare le tariffe applicabili come predisposte per legge, in misura prefissata ma diversa nei distinti tipi di concessione del Demanio marittimo, affermando la ricorrente di fruire soltanto di aree demaniali e deducendosi, nella missiva della Capitaneria del Porto di Bari, causa petendi della domanda a base del processo principale, l'esistenza di concessione di pertinenze o manufatti su aree demaniali.L'accertamento richiesto insieme con la domanda principale di determinazione dei conguagli è, ai sensi dell'art. 34 c.p.c., incidentale e di mero fatto e in esso non sono controversi i poteri eventualmente anche autoritativi della P.A. espressi nella concessione a base del rapporto patrimoniale da accertare, della quale si chiede solo la lettura, per chiarire la natura del provvedimento concessorio e non una sentenza che lo modifichi o lo annulli o lo disapplichi.»

Sintesi: La giurisdizione del G.O. in ordine alle controversie in materia di indennità, canoni e altri corrispettivi aventi un contenuto meramente patrimoniale sussiste nelle ipotesi in cui non venga in rilievo un potere d'intervento della P.A. a tutela di interessi generali. Allorquando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della P.A. che concerne l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del G.A..

Sintesi: Le controversie in materia di indennità, canoni e altri corrispettivi aventi un contenuto meramente patrimoniale rientra nella giurisdizione del G.A. se, nell'ambito del petitum sostanziale del ricorso, e non sulla base della mera prospettazione di parte, sia richiesto o meno per la risoluzione della controversia un sindacato sui poteri esercitati dall'Amministrazione in seno al rapporto concessorio, precluso al giudice ordinario. Laddove non vengano in discussione tali poteri, ma si controverta solo in ordine alla individuazione di quale sia la disciplina di determinazione del canone in relazione allo specifico atto di concessione, il giudice è chiamato ad un'attività meramente accertativa del presupposto del canone, rientrante, come tale, nell'orbita di giurisdizione del G.O..

Estratto: «Risulta fondata l’eccezione di difetto di giurisdizione formulata dai resistenti in relazione a quanto risulta dalla recente sentenza di questo tribunale n. 2210/2010 ed alla giurisprudenza con la stessa richiamata.In particolare la suddetta sentenza osserva che ai sensi dell'art. 5 della L. 6 dicembre 1971 n. 1034 come da ultimo sostituito dall'art. 7 della L. 21 luglio 2000 n. 205, "sono devoluti alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni pubblici", restando peraltro "salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi".La più recente giurisprudenza delle Sezioni Unite della Cassazione e del Consiglio di Stato afferma la giurisdizione del giudice ordinario in ordine alle controversie in materia di indennità, canoni e altri corrispettivi aventi un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della p.a. a tutela di interessi generali. Allorquando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa dell'Amministrazione che concerne l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo (fra le tante, Cass. Civ., SS.UU., 12 gennaio 2007 , n. 411; Cass. Civ. SS.UU., 23 ottobre 2006 , n. 22661; Cd S., VI, 24 ottobre 2008, n. 5294; C.d S., 27 giugno 2006, n. 4090).In altri termini, la controversia rientra nella giurisdizione del giudice amministrativo se, nell'ambito del petitum sostanziale del ricorso, e non sulla base della mera prospettazione di parte, sia richiesto o meno per la risoluzione della controversia un sindacato sui poteri esercitati dall'Amministrazione in seno al rapporto concessorio, precluso al giudice ordinario. Laddove non vengano in discussione tali poteri, ma si controverta solo in ordine alla individuazione di quale sia la disciplina di determinazione del canone in relazione allo specifico atto di concessione, il giudice è chiamato ad un'attività meramente accertativa del presupposto del canone, rientrante, come tale, nell'orbita di giurisdizione del giudice ordinario.Nel caso di specie l’amministrazione, sulla base della concessione demaniale in essere, si è limitata a rideterminare il canone per l'anno 2007, 2008, 2009 e 2010 in dichiarata applicazione dell'art. 1, commi 250-257 della legge 27 dicembre 2006, n. 296.Né in contrario rileva la circostanza che l’aggiornamento del canone riguarda anche le pertinenze demaniali marittime di cui all'art. 1, commi 250-257 della legge 27 dicembre 2006, n. 296, in quanto anche in questo caso si tratta di applicazione criteri predeterminati dalla legge senza modifica della concessione originaria.Di conseguenza, ritiene il Collegio che la controversia sfugga alla sua giurisdizione per rientrare in quella del giudice ordinario, per quanto concerne il canone richiesto e del giudice tributario per quanto riguarda l’imposta regionale sulle concessioni.»

Sintesi: La controversia in cui il concessionario contesta la richiesta di pagamento di canoni arretrati non rientra nella giurisdizione del G.O..

Estratto: «Va, inoltre, dichiarata inammissibile, per difetto d’interesse, l’impugnazione dell’atto sub f), atteso che – per costante giurisprudenza – la comunicazione di avvio del procedimento, in quanto atto endoprocedimentale e non autonomamente lesivo, non è di per sé impugnabile (così, da ultimo, CdS, VI, 534/2010), salvi casi del tutto eccezionali, tra cui non rientra quello di specie, in cui la semplice comunicazione di avvio del procedimento è di per sé idonea a determinare un pregiudizio (Tar Campania, Napoli, I, 19697/2004; 16223/2004).Va, infine, dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo per quanto concerne l’impugnazione dell’atto sub a), nella parte in cui si contesta la richiesta di pagamento dei canoni arretrati. Infatti, ogni contestazione in merito all'entità dell'ammontare dovuto a titolo di canoni arretrati rientra nella giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria, ai sensi dell’art. 5 l. Tar (Tar Liguria, II, 1468/2007) sostanzialmente ritornato in vigore all’esito dell’intervento “ortopedico” operato dalla Corte costituzionale con la nota sentenza n. 204/2004; e giova precisare che, nel caso di specie, non è contestata l’esistenza di un rapporto concessorio.»

Sintesi: Le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, dall'art. 5, co. 2, legge 1034/1971 alla giurisdizione del G.O. sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della P.A. a tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della P.A. sul rapporto concessorio, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del G.A..

Sintesi: Qualora il titolare di una concessione per l'attività estrattiva nel contestare la determinazione del corrispettivo per l'estrazione del materiale lamenti che la P.A. non ha preso in considerazione determinate spese da lui sostenute, la giurisdizione sulla controversia è del G.O.

Estratto: «L’eccezione va condivisa.La sentenza n. 204 del 2004 della Corte Costituzionale ha ricondotto nell'alveo della giurisdizione ordinaria le controversie "concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi" (art. 5 co. 2, l. n. 1034 del 1971), qualora non si faccia questione della legittimità degli atti autoritativi che li regolano ma della loro quantificazione e qualora la posizione fatta valere sia di diritto soggettivo.In linea con tale pronuncia, la Corte regolatrice della giurisdizione ha precisato che le controversie concernenti indennità, canoni od altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, dall'art. 5, comma 2, della legge 6 dicembre 1971 n. 1034, alla giurisdizione del giudice ordinario sono solo quelle con un contenuto meramente patrimoniale, senza che assuma rilievo un potere di intervento della Pubblica amministrazione a tutela di interessi generali. Quando, invece, la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della Pubblica amministrazione sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum), la medesima è attratta nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo ( cfr.Cass. civ., SS.UU., 23 ottobre 2006 n. 22661; 18 novembre 2008, n.27333).Il Consiglio di Stato ha conformemente affermato che le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi riservate, in materia di concessioni amministrative, alla giurisdizione dell’A.G.O. sono quelle contrassegnate da un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra p.a. concedente e concessionario del bene, contenuto in ordine al quale la contrapposizione tra le parti si presta ad essere schematizzata secondo il binomio "obbligo-pretesa", senza che assuma rilievo un potere di intervento riservato alla p.a. per la tutela di interessi generali. Qualora, invece, la controversia esuli da tali limiti, coinvolgendo la verifica di come l'amministrazione ha esercitato i suoi poteri autoritativi incidendo sul rapporto concessorio, il conflitto tra p.a. e concessionario si configura secondo il binomio "potere-interesse" e viene attratto nella sfera di competenza giurisdizionale del giudice amministrativo ( Cons. Stato, sez.VI, 03 febbraio 2009, n.586 ).Ciò posto, va osservato che nella specie costituisce oggetto della controversia la richiesta di pagamento, da parte dell’amministrazione regionale concedente, alla Impregilo s.p.a., della somma ( il 17/04/1997 ) di £ 1.259.700.000 “a titolo di corrispettivo quale valore del materiale di cava estratto in località “ Garrasia “ del Demanio Forestale di Mazzarino “ ( v. nota prot. n.3059 del 17/04/1997 ) . Richiesta poi ribadita con la nota prot. n.5622 del 18/07/1997, oggetto di impugnativa.L’atto di convenzione stipulato il 18/02/1992 tra l’Azienda Foreste Demaniali della Regione Siciliana e la GIROLA s.p.a prevedeva, nelle premesse, che il corrispettivo dovesse determinarsi sulla base del prezzo di mercato del materiale, la cui valutazione avrebbe dovuto essere sottoposta al vaglio del competente U.T.E. All’art.6 di detta convenzione era poi stabilito : “ La società concessionaria accetta fin d’ora con la sottoscrizione del presente atto la quantificazione del corrispettivo secondo le modalità stabilite in premessa, nonché forme e termini di pagamento che verranno indicate dall’Azienda concedente “.Col proposto ricorso la Impregilo s.p.a non contesta il criterio generale adottato ( che condivide ) ma la “ sua concreta applicazione atteso che la parte resistente per sua stessa ammissione non ha preso in esame le spese sostenute per la frantumazione e vagliatura di circa 470.000 m.c. (v.pagg.13-14).Si tratta con tutta evidenza di questione che ha un contenuto meramente patrimoniale, attinente al rapporto interno tra p.a. concedente e concessionario del bene demaniale, nella quale l’Amministrazione non interviene nell’esercizio di poteri autoritativi, bensì in posizione paritaria per fare valere un diritto soggettivo di credito che ha fonte diretta nel contratto stipulato con la ricorrente.Di conseguenza, alla stregua del surriportato, consolidato, orientamento giurisprudenziale, dal quale il Collegio non ha motivo di discostarsi, la controversia esula dalla giurisdizione di questo T.A.R., rientrando in quella del Giudice ordinario.»

Sintesi: L'utilizzo da parte della P.A. di un parametro diverso da quello convenuto per il calcolo del canone concessorio non implica automaticamente la volontà del soggetto pubblico di mutare autoritativamente detto parametro, ma ben può consistere nella applicazione materiale del medesimo, da censurare, ove dal contesto del provvedimento non risulti trattarsi di atto autoritativo, ex art. 5, co. 2, L. 1034/1971 di fronte al G.O..

Estratto: «7.1. La questione è stata prospettata, nel senso affermativo della giurisdizione amministrativa, dalla stessa società ricorrente, la quale sia nel ricorso introduttivo che nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito, ha tenuto a precisare che la controversia in questione...
[...omissis...]

Sintesi: In materia concessoria tutte le controversie che sono espressione di pubbliche potestà rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; così pure, quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa dell'Amministrazione sull'intera economia del rapporto sottostante, ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali.

Estratto: «7. Il Collegio d’ufficio rileva che non sussiste, nel caso di specie, la giurisdizione del Giudice Amministrativo, essendo la presente controversia devolvibile alla giurisdizione dell’A.G.O.7.1. La questione è stata prospettata, nel senso affermativo della giurisdizione amministrativa, dalla stessa società ricorrente, la quale sia nel ricorso introduttivo che nella memoria depositata in vista dell’udienza di merito, ha tenuto a precisare che la controversia in questione non rientra tra quelle devolute all’A.G.O. ex art. 5 comma 2 della legge 1034 del 1971, disposizione secondo la quale “resta salva la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …”.Secondo la EniMed S.p.a., infatti, “nel caso di specie non è in contestazione il quantum e l’an debeatur del canone dovuto” ma sono contestati “ i criteri attraverso i quali è stato determinato il corrispettivo in denaro delle royalties da corrispondere alla regione Siciliana”.Pertanto, attinendo la controversia all’esercizio del potere discrezionale di determinazione del canone da parte della p.a., sia pure nel rispetto dei criteri astrattamente fissati dalla legge, la giurisdizione sarebbe devoluta alla giurisdizione del g.a. 7.2. La prospettazione della ricorrente non può essere condivisa, avuto riguardo al tenore del citato art. 5 comma 2 della Legge Tar, alla giurisprudenza in argomento nonché al concreto contenuto del provvedimento impugnato.La materia è quella delle concessioni di beni pubblici, disciplinate dall’art. 5 della legge Tar, che prevede la devoluzione delle relative controversie alla giurisdizione del giudice amministrativo (comma 1), fatta eccezione (comma 2) per le questioni involgenti rapporti prettamente patrimoniali (indennità, canoni e altri corrispettivi).La ragione di questa netta separazione in ordine al regime giurisdizionale cui sono assoggettate, in materia concessoria, le controversie patrimoniali rispetto a tutte le altre è frutto di una scelta del legislatore, che ha inteso escludere un gruppo di controversie dalla devoluzione della materia in questione alla giurisdizione “esclusiva” del giudice amministrativo: in base al comma 1, infatti, a quest’ultimo compete il giudizio anche sulle posizioni di diritto soggettivo scaturenti dal contratto “accessivo” alla concessione, con l’unica eccezione delle controversie di tipo “patrimoniale” (comma 2).Pertanto, secondo la giurisprudenza costante, in materia concessoria tutte le controversie che sono espressione di pubbliche potestà (ad esempio individuazione delle risorse, definizione dei criteri e delle modalità di gestione del bene pubblico), rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo; così pure, quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa dell'Amministrazione sull'intera economia del rapporto sottostante, ovvero investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum) (Cons. St., sez. VI, 15 dicembre 200 , n. 7942).Allorquando invece le controversie concernano le pretese di carattere economico avanzate dalla p.a. o dai privati, esse esulano dalla giurisdizione amministrativa e devono essere dunque ricondotte all'ambito di applicazione dell'art. 5 comma 2, l. 6 dicembre 1971 n. 1034 (in questo senso, da ultimo, T.A.R. Lazio Roma, sez. III, 14 ottobre 2009 , n. 9920).7.3. Nel caso oggetto del presente giudizio, la tesi prospettata dalla società ricorrente è, per l’appunto, che con il provvedimento impugnato l’Amministrazione abbia operato una scelta discrezionale in ordine ai criteri di determinazione delle royalties da corrispondere alla Regione, a partire dall’aprile 1994, ossia da quando la Staffetta Petrolifera ha comunicato che non avrebbe più pubblicato l’originario prezzo di riferimento (“SIF SIVA ex Raffineria”), sì da indurre l’Amministrazione a decidere di utilizzare, per la liquidazione dei suddetti canoni, un parametro di calcolo diverso (prezzo dell’olio combustibile “SIVA per pagamento a trenta giorni”) più elevato, in quanto comprensivo di oneri accessori e dell’imposta di fabbricazione.In ragione di ciò, la presente controversia è stata devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, non vertendo semplicemente sulla contestazione del quantum dei canoni richiesti, bensì sulla stessa determinazione – a monte – del criterio di liquidazione dei medesimi.7.4. A parere del collegio, tale prospettazione non è corretta, avuto riguardo al contenuto del provvedimento impugnato.In primo luogo, esso è espressamente denominato “ liquidazione finale del canone dovuto alla Regione Siciliana per la produzione di idrocarburi conseguita nell’anno 1996” ed è seguito da una allegata relazione di calcolo denominata “ calcolo della liquidazione definitiva del canone royalty in denaro sull’olio greggio e sul gas naturale prodotti nei campi minerari della concessione nell’anno 1996”.Per quanto l’elemento formale del titolo non sia di per sé sufficiente al fine della qualificazione finale di un provvedimento, esso è comunque significativo del concreto contenuto del medesimo quale mera liquidazione, scevra dalla presenza di elementi discrezionali.In secondo luogo, anche nei contenuti esso corrisponde effettivamente al calcolo del canone annuo dovuto dalla società concessionaria per il greggio estratto, tenuto conto dell’atto aggiuntivo al disciplinare originario della concessione “Gela – Agip” approvato con D.A. 1099/96, e quindi “sulla base dei valori massimi e minimi riportati settimanalmente sulla rivista Staffetta Quotidiana Petrolifera al netto di IVA e di imposta di fabbricazione”.Pertanto, esso non contiene alcuna valutazione discrezionale in ordine a una possibile scelta di un nuovo criterio liquidativo, bensì si limita a dare atto del criterio utilizzato e a provvedere al calcolo delle royalties, sulla base di indicazioni già esistenti e del contenuto dell’atto aggiuntivo all’originario Disciplinare di concessione. Anche ammesso che altrove detta scelta sia stata esplicitata dall’ente preposto, il provvedimento che eventualmente la contenga non è oggetto del presente ricorso, ed il suo contenuto non può riferirsi al contenuto del provvedimento impugnato, che si limita semplicemente ad una mera operazione matematica.Ne consegue che la doglianza relativa al criterio utilizzato per pervenire alla somma liquidata costituisce, in realtà, una contestazione relativa all’ammontare di detta somma, che rientra a pieno titolo tra le controversie “concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi” ed è soggetta alla giurisdizione del giudice ordinario, così come lo sarebbe qualora venisse censurato non l’errato utilizzo del criterio liquidativo ma il mero errore di calcolo.La giurisprudenza citata dalla ricorrente, in linea con quella sopra menzionata, non contraddice tale soluzione, posto che essa ribadisce la devoluzione al giudice ordinario delle controversie in materia di canoni con un contenuto “meramente patrimoniale”, senza che assuma rilievo un potere d'intervento della p.a. a tutela di interessi generali, e, per contro, la giurisdizione amministrativa quando la controversia coinvolga la verifica dell'azione autoritativa della p.a. sul rapporto concessorio sottostante, ovvero quando investa l'esercizio di poteri discrezionali-valutativi nella determinazione del canone e non semplicemente di accertamento tecnico dei presupposti fattuali economico-aziendali (sia sull'an che sul quantum) (Cass. sez un.., 4 luglio 2006, n. 15217; Cass. sez. un., 23 ottobre 2006 n. 22661).Orbene, nel presente giudizio non si sta discutendo della correttezza o meno del criterio adottato nel disciplinare di concessione, né tanto meno dell’esercizio della discrezionalità amministrativa in ordine alla rideterminazione dello stesso, bensì si sta contestando e censurando come non corretta l’applicazione di un criterio che l’Amministrazione stessa ha dato per stabilito e determinato a monte in base all’accordo delle parti.In sostanza, a parere del Collegio, la ricorrente confonde la manifestazione della volontà dell’Amministrazione di cambiare il criterio liquidativo (la cui censura sarebbe assoggettata alla giurisdizione del giudice amministrativo ex art. 5 comma 1 L. Tar) con l’errata applicazione di un criterio liquidativo sul quale l’Amministrazione si è già pronunciata e che – nel provvedimento impugnato - non ha dichiarato di voler cambiare, né esplicitamente (di ciò ne è prova il contenuto del provvedimento stesso) né tacitamente, posto che l’asserita scelta, quale base di calcolo, di un parametro di liquidazione diverso da quello concordato, lungi dal significare univocamente la volontà del soggetto pubblico di mutare autoritativamente detto parametro, ben può consistere nella applicazione materiale del medesimo, la cui eventuale erroneità deve essere oggetto di censura non davanti al giudice amministrativo ma all’unico giudice munito di giurisdizione sul punto, che è il giudice ordinario.Infatti, per concludere, oggetto del contendere non è la scelta dell’Amministrazione di mutare unilateralmente il parametro liquidativo, posto che dal contenuto concreto del provvedimento di tale scelta non vi è alcuna traccia, bensì la correttezza del concreto operato dell’Amministrazione nell’utilizzare come base di calcolo un valore del greggio ancorato a quotazioni differenti e asseritamente non corrispondenti a quelle contenute nell’atto accessivo al Disciplinare di concessione, pur se pubblicate con la medesima cadenza sulla stessa rivista di riferimento.8. Per le ragioni sopra esposte la controversia si ritiene devoluta alla giurisdizione dell’autorità giudiziaria ordinaria ex art. 5 comma 2 della legge 1034/1971.»

Sintesi: Sussiste la giurisdizione ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi dovuti per l'occupazione di area demaniale.

Estratto: «Ha già avuto modo di osservare la Sezione, in fattispecie del tutto analoghe alla presente ( v. sentenze n.1846 del 12 febbraio 2010 e n. 1845 del 5 febbraio 2010 ) che dopo la sentenza della Corte Costituzionale n. 204 del 2004 nessun dubbio può esservi sulla sussistenza della giurisdizione ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi. Infatti, con tale pronuncia il giudice delle leggi ha dichiarato, tra l'altro, l'illegittimità costituzionale del comma 1 dell'art. 33, d.lg. n. 80 del 1998 nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla l. 7 agosto 1990 n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore ...».( Cons. Stato , sez. VI, 21 maggio 2009 , n. 3122; Sez. VI, 9 aprile 2009, n.2187; nel medesimo senso, cfr., di questa Sezione, 20 novembre 2009, n. 1822; 22 gennaio 2004, n.172; sez. I, 28 febbraio 2006, n. 485 ).»

Sintesi: Rientrano nella sfera di cognizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria le controversie relative a rapporti paritetici, nelle quali l’Amministrazione concedente ed il concessionario deducono situazioni di diritto ed obbligo, definite da norme sovraordinate in termini tali da escludere l’esercizio, da parte dell’Amministrazione, di facoltà discrezionali.

Estratto: «La giurisprudenza ha da tempo chiarito che rientrano nella sfera di cognizione dell’Autorità giudiziaria ordinaria le controversie relative a rapporti paritetici, nelle quali l’Amministrazione concedente ed il concessionario deducono situazioni di diritto ed obbligo, definite da norme sovraordinate in termini tali da escludere l’esercizio, da parte dell’Amministrazione, di facoltà discrezionali.Nel caso ora sottoposto all’esame del Collegio, l’Amministrazione ha individuato ed esercitato una potestà discrezionale.»

Sintesi: L'atto a contenuto generale costituisce esercizio di potestà ed ha per sua natura contenuto discrezionale: le situazioni soggettive dei suoi destinatari di conseguenza hanno sempre natura di interessi legittimi, anche quando l’atto regolamenti l’esercizio dei poteri dell’Amministrazione nell’ambito della gestione delle concessioni che abbia conferito a terzi.

Estratto: «ritiene il Collegio che la controversia rientri nell’ambito della giurisdizione esclusiva di cui all’art. 5, primo comma, della legge 6 dicembre 1971, n. 1034.La controversia ha infatti per oggetto un atto a contenuto generale, e quindi un atto che costituisce esercizio di potestà ed ha per sua natura contenuto discrezionale.Le situazioni soggettive dei suoi destinatari di conseguenza hanno sempre natura di interessi legittimi, anche quando l’atto regolamenti l’esercizio dei poteri dell’Amministrazione nell’ambito della gestione delle concessioni che abbia conferito a terzi (in termini C. di S., V, 4 agosto 2009, n. 4886; Cass., SS.UU., 10 dicembre 2001, n. 15603).»

Sintesi: Gli aggiornamenti del canone per l'occupazione di alloggi di servizio sono meramente ricognitivi di norme legislative, senza che in capo alla P.A. sussista alcun potere discrezionale sulla qualificazione del rapporto concessorio: di conseguenza le controversie sono di cognizione del G.O..

Estratto: «Sul piano logico giuridico precedono ogni altra questione quelle preliminari di rito di tardività del gravame in parte qua e dell’inammissibilità per quella residua, prospettate dall’amministrazione resistente rispettivamente sui rilievi che fin dal 1990 la concessione dell’alloggio è stata qualificata da specifici atti non impugnati nei termini come onerosa e che l’aggiornamento del canone, involgente questione di mera quantificazione, sortisce da atti normativi senza che residui in capo all’amministrazione concedente alcuna discrezionalità.Entrambe le eccezioni sono fondate.Nell’ordine.Il bando per la concessione d’alloggio del 2.10.89 nonché il conseguente atto d’assegnazione operavano il rinvio recettizio alla disciplina normativa della concessione onerosa degli alloggi di servizio.Lo stesso ricorrente del resto presentò la domanda d’assegnazione, poi accolta, attingendo alla medesima normativa, ossia al d.P.R. 782/85 e d.m. 6 agosto 1986 che espressamente disciplinano per il personale della pubblica sicurezza la “concessione onerosa d’alloggio per esigenze dell’agente e della sua famiglia” (cfr. artt. 51 e 52 d.P.R cit).La questione definita da provvedimenti amministrativi tipici e nominati, di cui l’uno (bando di gara) qualificabile come lex specialis del rapporto concessorio e l’altro (assegnazione) come fonte autoritativa del titolo, non essendo stati impugnati nei termini, non possono essere rimessi in discussione con un gravame proposto quasi un ventennio dopo l’adozione.Del resto, sotto altro ma cospirante profilo, il ricorrente ha prestato acquiescenza alla qualificazione onerosa della concessione corrispondendo i canoni di locazione a decorrere dall’esecuzione della trattenuta dei relativi importi sullo stipendio operata retroattivamente dell’amministrazione dal 1995.Quanto al gravame sull’aggiornamento del canone, va ribadito e data continuità all’indirizzo giurisprudenziale in difetto di argomenti che possano condurre ad una sua rimeditazone, a mente del quale le controversie concernenti indennità e canoni od altri corrispettivi sono riservate ai sensi dell’art. 5, comma, 2 l 6 dicembre 1971 n. 1073 alla giurisdizione del giudice ordinario in quanto aventi natura meramente patrimoniale (da ultimo, Tar Lazio, Roma, sez. II, 4 novembre 208 n. 9565).Nel caso in esame, agli aggiornamenti via via adottati per gli anni 2008 e 2009 con effetto retroattivo sono meramente ricognitivi di norme legislative (in primis l. n. 146/98) senza che l’amministrazione eserciti alcuna potestà discrezionale sulla qualificazione del rapporto concessorio, sicché sono riservati alla cognizione del giudice civile (cfr. Tar Lazio, Roma, sez. I, 9 marzo 2007 n. 2254).»

Sintesi: È devoluta alla giurisdizione del G.O. la controversia sulla legittimità della revoca della concessione relativa ad un posto vendita situato in un mercato sulla base del mancato pagamento dei canoni per l’occupazione dello spazio predetto.

Estratto: «2. La questione all’esame del Collegio riguarda l’atto di revoca della concessione relativa ad un posto vendita situato nel Mercato Ittico all’Ingrosso di Milano sulla base del mancato pagamento sia dei canoni per l’occupazione dello spazio predetto, che del debito pregresso che la società ricorrente si era accollata in seguito alla successione nel posto vendita in precedenza occupato dalla dante causa Gadopesca s.r.l.2.1. Anche se si tratta di una controversia attinente ad una concessione amministrativa, come evidenziato dalla giurisprudenza, tenendo conto della “parziale illegittimità costituzionale del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 33, come modificato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, dichiarata dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 204 del 2004 (rilevante, anche nella specie, per la naturale retroattività delle sentenze di accoglimento della Corte costituzionale), le controversie relative a concessioni di pubblici servizi sono devolute alla giurisdizione amministrativa esclusiva, eccezion fatta però per quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, secondo un criterio di riparto della giurisdizione già presente nella L. 6 dicembre 1971, n. 1034, art. 5, prima delle modifiche apportate con il suddetto art. 33 (in tal senso, tra le altre, Sez. un. 6 luglio 2005, n. 14198). Tal che una vertenza avente ad oggetto il corrispettivo spettante ad [o da] un’impresa concessionaria […], certamente esula dalla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo e ricade in quella del giudice ordinario” (Cassazione, SS.UU., sentenza 3 aprile 2009, n. 8113).Difatti, pur essendo necessario, per poter decidere una siffatta questione, procedere all’interpretazione del contratto accessivo alla concessione e, in definitiva, esaminare il contenuto delle prescrizioni del predetto ultimo provvedimento, ciò non si risolve in una valutazione sul modo in cui la pubblica amministrazione abbia esercitato il proprio potere autoritativo e deciso di regolamentare gli interessi pubblici. Ne consegue che, con riguardo alle controversie aventi ad oggetto la debenza e la misura del corrispettivo dovuto nell’ambito di un rapporto di concessione, la giurisdizione spetta al giudice ordinario (Cassazione, SS.UU., sentenza 3 aprile 2009, n. 8113; Consiglio di Stato, V, 4 agosto 2009, n. 4886; IV, 20 luglio 2009, n. 4577; IV, 20 luglio 2009, n. 4561).2.2. Tale ragionamento sembra confermato anche dalla circostanza che, nel provvedimento del 12 maggio 2009 (prot. n. 489), pure impugnato, riguardante l’avvio del procedimento di revoca dell’assegnazione del punto vendita, si fa riferimento a due giudizi incardinati presso il giudice ordinario da parte dell’Associazione dei Grossisti e Commissionari dei prodotti ittici (punti I e II della seconda premessa), aventi l’obiettivo di ottenere l’esatta quantificazione del canone e degli altri oneri dovuti alla resistente SO.GE.MI. s.p.a., con l’eventuale ripetizione delle somme indebitamente percepite.2.3. Sulla scorta delle suesposte considerazioni va dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.»

Sintesi: Rientra nella giurisdizione del G.O. la controversia avente ad oggetto la richiesta di pagamento del canone dovuto per l'occupazione abusiva di un'area demaniale, trattandosi di questione che investe la quantificazione dell'indennizzo preteso dalla P.A. per l'occupazione sine titulo del bene e in cui è assente qualsiasi profilo di esercizio autoritativo del potere della P.A..

Estratto: «Considerato che l'art. 5 della L. n. 1034/1971 dopo aver devoluto alla competenza dei tribunali amministrativi regionali i ricorsi contro atti e provvedimenti relativi a rapporti di concessione di beni o di servizi pubblici fa salva - al comma 2 - "la giurisdizione dell'autorità giudiziaria ordinaria per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi …";Ritenuto che - per giurisprudenza costante - rientra nella giurisdizione del g.o. la controversia avente ad oggetto la richiesta di pagamento del canone dovuto per l'occupazione abusiva di un'area demaniale, trattandosi di questione che investe la quantificazione dell'indennizzo preteso dalla p.a. per l'occupazione "sine titulo" del bene e in cui è assente qualsiasi profilo di esercizio autoritativo del potere della p.a. (T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 04 novembre 2008 , n. 9569; T.A.R. Abruzzo Pescara, sez. I, 16 dicembre 2008 , n. 1045);»

Sintesi: La giurisdizione sulla controversia relativa all'ammontare del canone demaniale lacuale è del G.O. qualora l'importo dipenda da un mero accertamento di fatto, come l'esatta individuazione dello zero idrometrico.

Estratto: «L’art. 5 L.103471 riserva al giudice ordinario la giurisdizione per le controversie concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi.Nel caso di specie ci troviamo proprio dinanzi ad una richiesta di tal fatta da parte della ricorrente; non è in discussione, infatti, un qualsiasi aspetto della concessione demaniale, ma solo il quantum del corrispettivo in relazione alla circostanza di fatto dell’esatta individuazione dello zero idrometrico e cioè del livello ordinario delle acque del lago; è evidente che se lo zero idrometrico è posto ad un livello più alto diminuisce la superficie data in concessione e viceversa.Si tratta, quindi, di un accertamento di fatto da cui dipende la determinazione dell’esatto canone concessorio che spetta al giudice ordinario verificare.Va dichiarata l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione, appartenendo la stessa al giudice ordinario.»

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.