Condizioni per derogare dall'art. 5 Cod. Proc. Civ. quale legge processuale generale

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 5 C.P.C.

Sintesi: Può conservarsi la giurisdizione in capo al giudice adito, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 5 C.P.C. quale legge processuale generale, ov’essa sopravvenga dopo la proposizione della domanda giurisdizionale, quando ciò risulti funzionale a garantire comunque una possibilità di pronuncia sulla stessa.


Estratto: «I) Con riguardo all’eccepita mancanza di giurisdizione in capo al giudice adito, il Collegio ritiene invece che essa sussista in costanza del pregresso esercizio di poteri autoritativi da parte dell’Amministrazione intimata, che sottrae l’errore occorso nella concreta individuazione delle aree sottratte alla disponibilità dei privati ad una rilevanza in via di mero fatto, dalla quale discenderebbe altrimenti una giurisdizione dell’A.G.O.,– salve le precisazioni di cui al successivo punto IV.1).Infatti, prescindendo da una specificazione delle diverse porzioni interne alla particella n. 53, resa estremamente difficoltosa dalla approssimazione con cui è stata stimata l'estensione di tali aree al momento della immissione in possesso in forza delle pregresse ordinanze di occupazione n. 67016 del 19/11/1991 e 1340 del 13/01/1994, risulta comunque una “copertura” pubblicistica – in forza dei precitati atti - per n. 8.491 mq., con uno “scarto” pari, in negativo, a 1.047 mq. rispetto alle aree successivamente fatte oggetto di formali atti di espropriazione (con i decreti nn. 28945, 28517 e 28886).Poiché tuttavia l’atto introduttivo del giudizio è stato proposto in data posteriore al cadere, con efficacia retroattiva a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 281/2004, della norma attributiva della giurisdizione al giudice adito [lett. A) del primo comma dell’art. 34 del D.Lgs. n. 80/1998], e prima che essa venisse restaurata ad opera della legge n. 205/2000, per affermare la propria giurisdizione il Collegio ritiene di doversi appellare a plurimi precedenti della Suprema Corte (ex multis Cassazione Civile, Sezioni Unite, sent. 12 marzo 2008, n. 6532), con i quali essa ha ritenuto di poter conservare la giurisdizione in capo al giudice adito, anche in deroga a quanto previsto dall’art. 5 C.P.C. quale legge processuale generale, ov’essa sopravvenga dopo la proposizione della domanda giurisdizionale, quando ciò risulti funzionale a garantire comunque una possibilità di pronuncia sulla stessa. Tali circostanze ricorrendo nel caso di specie, il Collegio, ritenuta sussistente la propria giurisdizione e respinta quindi la relativa eccezione proposta dall’Amministrazione intimata, può passare a decidere sulla ulteriore questione di ordine processuale relativa alla legittimazione attiva dei ricorrenti.»

Sintesi: Qualora alla data della domanda giudiziale si è adito un giudice incompetente o privo di giurisdizione, che apparentemente è investito dei poteri cognitivi della causa da una legge venuta meno retroattivamente per effetto della successiva dichiarazione di incostituzionalità, non può più applicarsi l’art. 5 c.p.c., relativo al caso di corretta scelta iniziale del giudice adito; trova invece applicazione la regola di cui all’art. 11 delle preleggi, per la quale rilevano le modificazioni normative che intervengono in corso di causa, attribuendo al giudice adito il concreto potere che ad esso mancava al momento della domanda.

Estratto: «A tale data vigeva il dettato dell’art. 34 D. Lgs. 80/98 nel suo testo anteriore alle sentenze della Corte costituzionale 6 luglio 2004, n. 204, e 28 luglio 2004, n. 281, con le quali è stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’articolo 34 del D. Lgs. 80/98, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie aventi per oggetto «gli atti, i provvedimenti e i comportamenti» anziché «gli atti e i provvedimenti» delle pubbliche amministrazioni e dei soggetti alle stesse equiparati, in materia urbanistica ed edilizia (sentenza 204/04) e nella parte in cui «istituisce una giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di edilizia e urbanistica, anziché limitarsi ad estendere in tale materia la giurisdizione del giudice amministrativo alle controversie aventi ad oggetto diritti patrimoniali consequenziali, ivi comprese quelle relative al risarcimento del danno» (sentenza 281/04).Con la successiva sentenza 11 maggio 2006, n. 191, la Corte costituzionale ha dichiarato la illegittimità dell’art. 53, comma 1, del D. Lgs. 321/07 «nella parte in cui, devolvendo alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie relative ai comportamenti delle pubbliche amministrazioni, non esclude i comportamenti non riconducibili neppure mediatamente, all’esercizio del pubblico potere».In seguito all’intervento della Corte Costituzionale, rientrano nella giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo le controversie in tema di espropriazione aventi per oggetto i comportamenti che risultano riconducibili all’esercizio di un pubblico potere (Cons. Stato, AA. PP. 30 luglio 2007, n. 9 e 22 ottobre 2007, n. 12; CGARS, 6 marzo 2008, n. 188; TAR Sicilia - Catania, Sez. II, 25 giugno 2008, n. 1230; Tar Sicilia - Catania, Sez. II, 3 aprile 2008 n. 611; Tar Campania – Napoli, Sez. V, 4 marzo 2008 n. 1095).Recentemente, in tema di individuazione del giudice munito di giurisdizione nel caso di successione nel tempo di norme attributive della giurisdizione, l’ordinanza della Corte di Cassazione 16 aprile 2009, n. 8999, ha precisato i rapporti intercorrenti fra il principio della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. ed il contrario principio tempus regit actum, di cui all’art. 11 delle preleggi. Con tale ordinanza, la Corte di Cassazione ha stabilito che l’art. 5 c.p.c., in base al quale la giurisdizione e la competenza si determinano con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda, e non hanno rilevanza rispetto ad esse i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo, si applica al caso in cui il giudice adito con la domanda iniziale fosse, al momento, effettivamente dotato di giurisdizione; qualora invece «… alla data della domanda si è invece adito un giudice incompetente o privo di giurisdizione, che apparentemente è investito dei poteri cognitivi della causa da una legge venuta meno retroattivamente per effetto della successiva dichiarazione di incostituzionalità del giudice delle leggi, non può più applicarsi la norma eccezionale dell'art. 5 c.p.c., relativa al caso di corretta scelta iniziale del giudice adito, ma trova invece applicazione la citata regola delle preleggi; per quest'ultima rilevano le modificazioni normative che intervengono in corso di causa, attribuendo al giudice adito il concreto potere che ad esso mancava al momento della domanda, come accaduto nel caso con l'art. 7, comma 1, della L. n. 205 del 2000, che ha sostituito l'art. 34 del D.Lgs. n. 80 del 1998 e ha riconosciuto, nella materia edilizia e urbanistica, la giurisdizione esclusiva ai giudici amministrativi…»; viene quindi riconfermato l’orientamento prevalente in giurisprudenza (sul punto, Corte costituzionale 77/07), secondo cui la retroattività delle pronunce della Corte costituzionale debba prevalere sul contrario principio della perpetuatio jurisdictionis di cui all’art. 5 c.p.c. (conformemente, Cons. Stato, Sez. V, 24 agosto 2007, n. 4497).»

Sintesi: Alla luce dei principi dell'art. 111 Cost. e della circostanza che il legislatore ordinario deve assicurare la ragionevole durata del processo, allorché la causa sia iniziata dinanzi a giudice privo di giurisdizione, in seguito attribuitagli nel corso del processo da una legge sopravvenuta, questa deve trovare applicazione e regolare il procedimento, riconoscendosi, per la novella, la cognizione sulla domanda del giudice adito.

Estratto: « 3. La relazione si fonda su un principio enunciato da questa Corte a sezioni unite, in relazione a cause iniziate dinanzi a giudici ordinari prima dell'entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 e nell'apparente vigenza del D.Lgs. n. 80 del 1998, con riferimento solo a sentenze della Corte d'appello impugnate per difetto di giurisdizione: in tali casi, si è affermato che "le domande di risarcimento del danno da occupazione appropriativa, proposte nel lasso di tempo tra l'entrata in vigore del D.Lgs. 31 marzo 1998, n. 80 e l'entrata in vigore della L. 21 luglio 2000, n. 2000, cioè prima del 10 agosto 2000, inerendo a lesioni di diritti soggettivi per le quali la Corte Costituzionale, con sentenza n. 281 del 2004, ha dichiarato l'illegittimità del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34 per eccesso di delega, nella parte in cui ha creato una nuova ipotesi di giurisdizione esclusiva in materia urbanistica, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario" (così, tra altre, Cass. S.U. 8 aprile 2008 n. 9040, 19 aprile 2007 n. 9321, ord. 27 giugno 2007 n. 14974, 13 febbraio 2007 n. 3042, 9 giugno 2006 n. 13432, 4 maggio 2006 n, 10222, ord. 21 aprile 2006 n, 9343, 20 aprile 2005 n. 8294).Da dette decisioni risulta applicato il principio della c.d. perpetuatio jurisdictionis, di cui all'art. 5 c.p.c., per il quale giurisdizione e competenza si determinano con riguardo alla legge vigente alla data della proposizione della domanda e su di esse non rilevano i successivi mutamenti normativi, in deroga alla regola dell'art. 11 disp. gen. tempus reqit actum.Allorchè, come nella nostra fattispecie, alla data della domanda si è invece adito un giudice incompetente o privo di giurisdizione, che apparentemente è investito dei poteri cognitivi della causa da una legge venuta meno retroattivamente per effetto della successiva dichiarazione di incostituzionalità dal giudice delle leggi, non può più applicarsi la norma eccezionale dell'art. 5 c.p.c., relativa al caso di corretta scelta iniziale del giudice adito, ma trova invece applicazione la citata regola delle preleggi; per quest'ultima rilevano le modificazioni normative che intervengono in corso di causa, attribuendo al giudice adito il concreto potere che ad esso mancava al momento della domanda, come accaduto nel caso con la L. n. 205 del 2000, art. 7, comma 1, che ha sostituito il D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34 e ha riconosciuto, nella materia edilizia e urbanistica, la giurisdizione esclusiva ai giudici amministrativi che inizialmente erano stati erroneamente aditi, lasciando a quella ordinaria le sole controversie in materia di determinazione delle indennità per effetto dell'adozione di atti di natura espropriativa.Deve pertanto respingersi il ricorso per manifesta infondatezza, perché la Corte non può che uniformarsi al seguente indirizzo ermeneutico più volte enunciato da queste stesse sezioni unite, a rettifica e integrazione di quello sopra riportato su cui esclusivamente si sono fondate la relazione e l'impugnazione; "il principio sancito dall'art. 5 c.p.c., alla stregua del quale la giurisdizione si determina "con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda", trova la sua ragion d'essere in esigenze di economia processuale e riceve applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto comporti l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo", dovendosi in questo caso confermare la giurisdizione di esso (così, tra altre, S.U. 12 marzo 2008 n. 6532, ord. 20 settembre 2006 n. 20315, 28 novembre 2005 n. 25031 e 29 luglio 2005 n. 15916).In effetti, prima che con la L. 26 novembre 1990, n. 353 fosse prevista l'irrilevanza dei mutamenti anche legislativi sulla competenza e sulla giurisdizione individuate alla data della domanda, le novelle normative che modificavano i poteri dei giudici erano rilevanti anche nei casi dell'art. 5 c.p.c. e non davano luogo a perpetuatio jurisdictionis ma alla modifica in corso di causa del giudice competente o avente giurisdizione, applicandosi sempre la regola generale di cui all'art. 11 preleggi per la quale le norme non hanno effetto retroattivo e incidono sui giudizi pendenti, per il principio ermeneutico di cui alle disposizioni sulla legge in generale tempus regit actum.Tale regola ritrova piena attuazione nel caso sia adito un giudice al momento della domanda privo di giurisdizione, anche se apparentemente ne è dotato, qualora, nel corso della controversia, una norma immediatamente applicabile gli abbia attribuito i poteri cognitivi di cui originariamente egli era mancante.Alla luce dei principi dell'art. 111 Cost. e della circostanza che il legislatore ordinario deve assicurare la ragionevole durata del processo, allorché la causa sia iniziata dinanzi a giudice privo di giurisdizione, in seguito attribuitagli nel corso del processo da una legge sopravvenuta, questa deve trovare applicazione e regolare il procedimento, riconoscendosi per la novella la cognizione sulla domanda del giudice adito. Nel caso, sulla domanda proposta allorché apparentemente sussisteva la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, venuta meno con effetto retroattivo in conseguenza della sentenza n. 281 del 2004 della Corte costituzionale e poi nuovamente attribuita, nella pendenza del giudizio, alla cognizione esclusiva di detto giudice, quest'ultima deve essere confermata, in ragione della vigenza della L. n. 205 del 2000, art. 7 e dell'efficacia di tale norma che attribuisce tale competenza al giudice amministrativo nel presente processo e alla data della pronuncia oggetto di ricorso. Pertanto, l'azione di risarcimento del danno a tutela del diritto di proprietà illecitamente leso dalla occupazione di terreni per costruire opere pubbliche, introdotta con ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente per territorio, depositato nel periodo di applicabilità apparente del D.Lgs. n. 80 del 1998, se ancora pendente al 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della L. n. 205 del 2000, che ha attribuito ai giudici amministrativi la giurisdizione esclusiva su detta domanda, non può che essere decisa dallo stesso giudice amministrativo adito, dotato al momento della pronuncia, dalla nuova legge, del potere di decidere sulla domanda.»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 5 C.P.C. --> DECLARATORIA DI INCOSTITUZIONALITÀ

Sintesi: Il principio enunciato dall'art. 5 c.p.c., a norma del quale la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non opera quando la norma che detta i criteri determinativi della giurisdizione è successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima, in quanto l'efficacia retroattiva che assiste tale tipo di pronunce della Corte Costituzionale preclude che la norma dichiarata illegittima possa essere assunta a canone di valutazione di situazioni o di rapporti anteriori alla pubblicazione della pronuncia di incostituzionalità, ma non ancora esauriti al momento della pubblicazione della sentenza.

Estratto: «4) In via preliminare il Collegio rileva il difetto di giurisdizione del giudice amministrativo.5) Osserva che con sentenza n. 204 del 6.7.2004 la Corte Costituzionale nel pronunciarsi sulla legittimità costituzionale dell’art. 33 del d.lgs n. 80/98 (come modificato dall’art. 7 della L. 205/2000) ha dichiarato, tra l'altro:- l'illegittimità del primo comma, nella parte in cui prevede che sono devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo «tutte le controversie in materia di pubblici servizi, ivi compresi quelli» anziché «le controversie in materia di pubblici servizi relative a concessioni di pubblici servizi, escluse quelle concernenti indennità, canoni ed altri corrispettivi, ovvero relative a provvedimenti adottati dalla pubblica amministrazione o dal gestore di un pubblico servizio in un procedimento amministrativo disciplinato dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, ovvero ancora relative all'affidamento di un pubblico servizio, ed alla vigilanza e controllo nei confronti del gestore, nonché»;- l’illegittimità dell’intero secondo comma in cui era ricompresa la previsione di cui alla lett. f) (accorpata nella lettera e) dalla L. 205/2000).6) Pertanto, successivamente alla sentenza del Tribunale di Cassino, ma precedentemente alla instaurazione del presente giudizio, per effetto della citata sentenza della Corte Costiuzionale è stato drasticamente ridotto l’ambito della giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia di pubblici servizi.7) la Corte ha infatti statuito che "la materia dei pubblici servizi può essere oggetto di giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo se in essa la pubblica amministrazione agisce esercitando il suo potere autoritativo", così assumendo, quale criterio di verifica della giurisdizione amministrativa esclusiva in questa materia, il fatto che nella controversia la pubblica amministrazione abbia veste di autorità ovvero, in altre parole, che il giudizio verta sull'esercizio da parte dell'amministrazione del potere di cui è attributaria e, dunque, sullo svolgimento della pubblica funzione.Il precedente assetto del riparto giurisdizionale in tema di "indennità, canoni ed altri corrispettivi" relativi a servizi pubblici ne risulta in conseguenza mutato, di modo che attualmente la giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo in materia non comprende più le controversie, riguardanti diritti di credito, nelle quali la pubblica amministrazione non sia coinvolta come autorità (cfr. cfr. Cons. Stato Sez. V 7.10.2008 n. 4842; Cons. Stato Sez. V 10.1.2005 n. 27).8) Peraltro, il principio enunciato dall'art. 5 Cod. prov. civ., a norma del quale la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente al momento della proposizione della domanda, non opera quando la norma che detta i criteri determinativi della giurisdizione è successivamente dichiarata costituzionalmente illegittima, in quanto l'efficacia retroattiva che assiste tale tipo di pronunce della Corte Costituzionale preclude che la norma dichiarata illegittima possa essere assunta a canone di valutazione di situazioni o di rapporti anteriori alla pubblicazione della pronuncia di incostituzionalità, ma non ancora esauriti al momento della pubblicazione della sentenza (cfr. ex multisCass. Civ., SS.UU., 6 maggio 2002, n. 6487; Cons. Stato, sez. V, 9 ottobre 2007, n. 5249; Cons. Stato, sez. V, 10 gennaio 2005, n. 27).9) Nel presente giudizio il Comune di Rocca d’Evandro agisce per ottenere il pagamento di somme che assume spettanti in virtù della disciplina di cui all’art. 15 della L. 36/94, per cui il reale oggetto del giudizio non è l'esercizio di un potere da parte dell'Amministrazione, ma soltanto il rapporto di credito e debito intercorrente tra le parti e le relative e reciproche posizioni di diritto soggettivo e di obbligo»

GIUDIZIO --> GIURISDIZIONE E COMPETENZA --> ART. 5 C.P.C. --> MOMENTO DELLA DOMANDA

Sintesi: L'art. 5 c.p.c. dispone che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e che non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.

Estratto: «Passando all'esame della questione attinente alla giurisdizione il Collegio osserva che con ordinanza n. 14794 del 27.6.2007, resa a sezioni unite, questa Suprema Corte ha affermato che, mentre le controversie risarcitorie per il danno da occupazione appropriativa, iniziate in periodo antecedente al 1 luglio 1998, rientrano nella giurisdizione del giudice ordinario, secondo l'antico criterio di riparto diritti soggettivi - interesi legittimi, e cosi anche le stesse controversie, se iniziate nel periodo dal 1 luglio 1998 al 10 agosto 2000, data di entrata in vigore della L. n. 205 del 2000, restano attribuite al giudice ordinario, per effetto della sentenza n. 281 del 2004 della Corte Costituzionale, che ravvisando nell'art. 34 D.Lgs., anteriormente alla riscrittura con la L. n. 2005, art. 7, un eccesso di delega, ha dichiarato ricostituzionalità delle nuove ipotesi di giurisdizione esclusiva, sono attribuite alla giurisdizione del giudice amministrativo le controversie per l'occupazione appropriativa iniziate a partire dal 10 agosto 2000, data di entrata in vigore del D.Lgs. n. 80 del 1998, art. 34, come riformulato dalla L. n. 205 del 2000, art. 7, non già perché la dichiarazione di pubblica utilità sia di per sé inidonea ad affievolire il diritto di proprietà (l'occupazione e la trasformazione del suolo in assenza di decreto di espropriazione comporta lesione del diritto soggettivo), ma perché ricomprese nella giurisdizione esclusiva in materia urbanistico - edilizia, mentre la detta giurisdizione è attribuita dal D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 53 se la dichiarazione di pubblica utilità sia intervenuta a partire dal 1 luglio 2003, data di entrata in vigore del t.u. espropriazioni.Nel caso che ne occupa la controversia in esame è stata introdotta dalla L. dinanzi al Tribunale di Taranto con citazione notificata in data 25 e 26 agosto 1999. L'art. 5 c.p.c. dispone che la giurisdizione si determina con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda e che non hanno rilevanza rispetto ad essa i successivi mutamenti della legge o dello stato medesimo.Siccome al fine della determinazione della giurisdizione rileva il momento della presentazione della domanda e questa è stata proposta in data in cui, alla luce del riportato orientamento giurisprudenziale delle Sezioni Unite la giurisdizione va determinata secondo l'antico criterio di riparto diritti soggettivi - interessi legittimi, la presente controversia, sia che si debba qualificare la fattispecie in esame come occupazione usurpativa sia che la si debba qualificare come occupazione acquisitiva, rientra nell'ambito della giurisdizione del giudice ordinario, venendo in considerazione in entrambe le ipotesi la violazione del diritto soggettivo di proprietà»

Sintesi: Ai sensi dell’art. 5 c.p.c. giurisdizione e competenza si determinano con riguardo alla legge vigente alla data della proposizione della domanda e su di esse non rilevano i successivi mutamenti normativi, in deroga alla regola dell'art. 11 disp. gen. : “ tempus regit actum “.

Estratto: «Ai sensi dell’art. 5 c.p.c. giurisdizione e competenza si determinano con riguardo alla legge vigente alla data della proposizione della domanda e su di esse non rilevano i successivi mutamenti normativi, in deroga alla regola dell'art. 11 disp. gen. : “ tempus regit actum “.
[...omissis...]

Sintesi: Il principio sancito dall'art. 5 c.p.c., alla stregua del quale la giurisdizione si determina "con riguardo alla legge vigente e allo stato di fatto esistente al momento della proposizione della domanda", trova la sua ragion d'essere in esigenze di economia processuale e riceve applicazione solo nel caso di sopravvenuta carenza della giurisdizione del giudice adito e non anche quando il mutamento dello stato di fatto e di diritto comporti l'attribuzione della giurisdizione al giudice che ne era inizialmente privo, dovendosi in questo caso confermare la giurisdizione di esso.

Estratto: « 3. La relazione si fonda su un principio enunciato da questa Corte a sezioni unite, in relazione a cause iniziate dinanzi a giudici ordinari prima dell'entrata in vigore della L. n. 205 del 2000 e nell'apparente vigenza del D.Lgs. n. 80 del 1998, con riferimento solo a sentenze della Corte d'appello...
[...omissis: vedi sopra...]

Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.