La responsabilità contabile nel procedimento espropriativo

La giurisdizione della Corte dei Conti

La Corte dei Conti ha giurisdizione in materia di giudizi di responsabilità contabile in materia di contabilità pubblica riguardanti i tesorieri e gli altri agenti contabili, gli amministratori e i funzionari e agenti dello Stato, della regione, delle province, dei comuni e degli altri enti locali e regionali.

La responsabilità amministrativa è caratterizzata:
  • da un rapporto di dipendenza o di servizio nei confronti dello Stato e degli enti locali che comprende anche i funzionari onorari ed i ministri;

  • da un comportamento anche solo colposo, derivante da negligenza o dalla mancata applicazione della legge, che trova esimente solo nella forza maggiore, quale, ad esempio, la carenza organizzativa o l’organico insufficiente;

  • da un danno erariale patrimoniale derivante all’amministrazione che sia direttamente riconducibile all’evento. Deve in altre parole sussistere il nesso di causalità tra la condotta omissiva dell’amministratore e/o del funzionario e il pregiudizio patrimoniale sofferto dall’ente. (Corte dei Conti, Sez. Calabria, 20 febbraio 2006, n. 241).

Il principio della personalità della responsabilità amministrativo contabile comporta la necessità di valutare in concreto la condotta produttiva di danno, la cui adeguatezza deve essere giudicata in relazione al contesto organizzativo nel quale il soggetto si trova ad operare, tenuto conto delle esigenze di funzionalità dell’ente pubblico .

La giurisprudenza ha riconosciuto la responsabilità contabile qualora un comportamento colposo nella gestione del procedimento ablatorio provochi un danno all’amministrazione.

L’orientamento giurisprudenziale della Corte, in materia di occupazione acquisitiva (o appropriativa o di accessione invertita) conseguente ad omessa definizione nei tempi prestabiliti dalla procedura di espropriazione, riconosce la responsabilità degli amministratori e funzionari comunali ed in particolare del sindaco per i danni conseguenti alla mancata adozione del provvedimento di espropriazione di un bene già oggetto di occupazione d’urgenza.

Ciò in quanto le omissioni in campo delle procedure ablative configurano colpa grave stante la loro particolare delicatezza che richiede il più assoluto rispetto delle condizioni formali e sostanziali imposte dalla legge.( Corte Conti Sez. Riun., 4 febbraio 1998, n. 6).

Secondo i giudici va considerato ingiusto e quindi risarcibile il maggior onere sostenuto inutilmente dall’ente locale a seguito del contenzioso instaurato dal proprietario danneggiato.

L’azione risarcitoria da parte del procuratore regionale della Corte dei Conti è obbligatoria qualora una delibera comunale riconosca il debito dell’amministrazione da parte di un privato e la stessa sia segnalata al magistrato contabile.

Ci si potrebbe chiedere: in carenza di segnalazione - che non è obbligatoria - come fa il magistrato contabile ad esercitare l’azione?

Tale azione può essere originata dal riconoscimento di un danno derivante da occupazione d’urgenza a seguito di un giudizio amministrativo che ne accerti la illegittimità.

Le due azioni non sono peraltro teoricamente subordinate poiché i rapporti fra giudizio amministrativo e giudizio contabile sono di assoluta autonomia, in quanto non sono previste né preclusioni né precedenze.

Da un punto di vista pratico è praticamente impossibile che una amministrazione riconosca una richiesta di risarcimento del danno senza costringere il ricorrente ad un processo che acclari le eventuali responsabilità dell’ente.


Gli esoneri alla responsabilità

La dottrina ha rilevato gli scarsi effetti di tale azione che trova troppi esoneri alla responsabilità.

L’art. 3, l. 20 dicembre 1996, n. 639, precisa che la responsabilità dei soggetti sottoposti alla giurisdizione della Corte dei Conti in materia di contabilità pubblica è personale e limitata ai fatti e alle omissioni commessi con dolo o colpa grave. E’ indubbio che la complicazione del procedimento tende a giustificare delle omissioni che altrimenti sarebbero inammissibili.

La dottrina ha rilevato che, anche in caso di soccombenza della pubblica amministrazione, la responsabilità del sindaco per il mancato perfezionamento della procedura o, in generale, dei funzionari preposti è stata talora ritenuta insussistente, per assenza di colpevolezza, in ragione della complessità e delle dimensioni dell’intervento che si sta realizzando (Caringella F. e De Marzo G. Indennità di esproprio ed occupazione appropriativa, 1997, 185).

E’ stata riconosciuta dalla giurisprudenza l’esenzione dalla responsabilità dell’incaricato per il danno provocato se questo è dovuto alla disorganizzazione degli uffici.

Deve essere esclusa la responsabilità dell’assessore comunale delegato alla materia delle espropriazioni per il danno erariale conseguente al protrarsi di occupazione di urgenza oltre i termini di legge, qualora tale situazione di illegittimità dipenda essenzialmente dall’incuria degli uffici amministrativi nel tenere aggiornate e nel segnalare le scadenze connesse all’occupazione medesima. (Corte Conti, sez. II, 20.5.1993, n. 126, RCC, 1993, 105).

Del pari, è stata riconosciuta dalla giurisprudenza l’esenzione dalla responsabilità del sindaco in carica per i danni verificatisi nel corso di vari avvicendamenti nella carica stessa.

Posto che il periodo di occupazione d’urgenza può protrarsi sino al limite massimo di cinque anni, non può essere addebitata ai sindaci rimasti in carica per tale periodo la responsabilità per i danni, emersi in sede giudiziaria civile, derivati dal mancato perfezionamento nei termini anzidetti della procedura espropriativa, ove non si provi, attraverso l’acquisizione degli atti della procedura, una colpevole inerzia a carico dei sindaci stessi. (Corte Conti Sicilia, sez. giur., 1 luglio 1993, n. 61, in Giust. Amm. Sic., 1993, 566).

Il procuratore della Corte ha quindi l’onere di dimostrare il dolo ossia che vi sia l’intendimento di danneggiare l’amministrazione al fine di fare acquistare al soggetto che viene espropriato un diritto al risarcimento maggiore di quanto gli sarebbe spettato per legge o la colpa grave nella gestione del procedimento amministrativo.

Poiché la responsabilità, nella fattispecie, non crea un illecito arricchimento agli eredi del dante causa essa non si estende agli eredi stessi.

I tempi stretti della prescrizione, infine, limitano ulteriormente il diritto al risarcimento del danno che decade in ogni caso dopo cinque anni.

La giurisprudenza ha, infatti, precisato che il termine di prescrizione dell’azione di responsabilità contabile decorre dal momento in cui la p.a. è posta obiettivamente nelle condizioni di accertare l’esistenza del danno (Corte Conti, sez. I, 06 marzo 2006, n. 68, in Dir. e giust., 2006, 28, 83).

Nel caso di danno erariale conseguente al risarcimento a privati per l’accessione invertita di un immobile, non più espropriabile per esaurimento del periodo legale dell’occupazione, la giurisprudenza ha precisato che il termine iniziale per la prescrizione della relativa azione contabile non decorre da tale data ma, quantomeno, da quella in cui la sentenza del giudice ordinario ha definito il “quantum debeatur” del Comune nei confronti del privato, per tale accessione.

Ciò sia perché trattasi di danno indiretto sia perché un’eventuale transazione per una somma non superiore all’indennità espropriativa in ipotesi spettante od una sentenza di condanna al pagamento di somma nell’analogo limite massimo avrebbero escluso “in radice” il formarsi di un danno. (Corte Conti , sez. II, 11 febbraio 2002, n. 44, in Foro amm. CDS, 2002, 508).


Le fattispecie

I casi di responsabilità più evidenti sono quelli nei quali il procedimento di occupazione non è stato seguito da un rituale procedimento di esproprio.

La giurisprudenza ha ravvisato che la mancata conversione in espropriazione di un provvedimento di occupazione d’urgenza di un suolo da parte di amministratori e funzionari, con conseguente maggior erogazione di somme a titolo di svalutazione monetaria, interessi e spese legali, costituisce danno patrimoniale risarcibile che deve essere posto a carico al soggetto che responsabilmente ha causato il ritardo e la conseguente illegittimità della procedura.

In ipotesi di occupazione acquisitiva verificatasi per mancata emissione entro i termini di legge del decreto di espropriazione, costituiscono danno i maggiori oneri sostenuti dall’ente pubblico per il pagamento della rivalutazione monetaria e degli interessi e non anche quelli relativi al valore di mercato dei beni illegittimamente appresi, quando l’omissione si sia dispiegata nel periodo in cui - in virtù delle sentenze della Corte costituzionale n. 5 del 1980 e n. 223 del 1983 - trovava applicazione la norma generale recata dall’art. 39, l. 2359 del 1865 secondo cui l’indennità dovuta per l’esproprio consiste nel giusto prezzo che l’immobile avrebbe avuto in una libera contrattazione di compravendita. (Corte Conti reg. Toscana, sez. giurisd., 11 aprile 2000, n. 630, in Riv. Corte Conti, 2000, f. 2, 125).

Il perfezionamento della cosiddetta occupazione acquisitiva non costituisce interruzione del nesso causale in caso di danno erariale derivante da ritardata emissione del decreto espropriativo. (Corte Conti, Puglia, sez. giurisd., 12 febbraio 1997, n. 8, Riv. Corte Conti, 1997, fasc. 1, 124).

Di tale illecito debbono essere chiamati a rispondere gli amministratori per le omissioni di cui sono responsabili connesse alla mancata osservanza del termine quinquennale di durata dell’occupazione d’urgenza.

Secondo quanto dispone l’art. 151, t.u. comunale e provinciale (r.d. n. 148 del 1915) il sindaco è tenuto a sovrintendere a tutti gli uffici ed istituti comunali. Egli ha il compito di stimolo e di impulso degli organi di governo locali. È soggetto preposto all’emanazione del decreto di esproprio. Sussiste pertanto la responsabilità erariale a titolo di colpa grave del sindaco - sia pure in concorso con altri soggetti appartenenti all’ente locale - che, come nella specie, incaricato con delibera apposita di emanare il decreto di occupazione d’urgenza, non ottemperi al dovere di concludere la procedura nei termini prescritti. (Corte Conti, sez. II, 2 maggio 2005, n. 141/A, in Dir. Giust., 2005, f. 27, 100).

E’ stato riconosciuto l’obbligo del sindaco di dirigere ed indirizzare i diversi uffici ed istituti comunali, anche attraverso un’attività di programmazione efficiente ed economica, a salvaguardia e garanzia del corretto operato della macchina amministrativa. Egli, in ragione della sua posizione di organo che presiede al regolare andamento dei servizi della municipalità, deve adottare le opportune iniziative per evitare il rischio di danni finanziari.

L’art. 50, comma 1, d. lg. n. 267/2000, ha ribadito che egli “è responsabile dell’amministrazione” e che sovrintende “al funzionamento degli uffici e dei servizi e all’esecuzione degli atti”; il sindaco deve, perciò, adoperarsi per eliminare tutti quegli eventuali impedimenti che rendano difficoltoso il raggiungimento delle finalità dell’Ente.

La giurisprudenza ha ravvisato il nesso di causalità della condotta tenuta dal sindaco il quale durante i periodi in cui sono stati esercitati i suoi mandati, oltre a dare avvio ad una illegale occupazione conclusasi con la sola immissione in possesso nel bene privato senza che si sia provveduto all’adozione di alcun solenne titolo che ne fissi i contenuti e i termini di durata finalizzati all’esproprio, tenendo quindi un comportamento omissivo e contrario alla disciplina giuridica vigente, trascuri di provvedere ai doverosi e necessari adempimenti, al fine di definire la procedura con l’emanazione del decreto di esproprio quali la formale offerta ai privati e, in caso di mancata accettazione, il deposito presso la Cassa DD.PP. (Corte Conti, Sez. Calabria, 19 ottobre 2006, n. 858).

Del pari è stata affermata la responsabilità contabile dei tecnici comunali incaricati alle procedure ablatorie.

Deve essere affermata la responsabilità amministrativa del tecnico comunale che non abbia portato a termine il procedimento di espropriazione, omettendo la predisposizione degli indispensabili atti amministrativi e causando in tal modo un danno erariale conseguente al risarcimento civile dovuto ai proprietari ablati. (Corte Conti, reg. Sicilia, sez. giurisd., 16 giugno 2000, n. 79, in Riv. Corte Conti, 2000, f. 4, 84).

La responsabilità contabile può ravvisarsi anche qualora la procedura sia legittima, ma il calcolo dell’indennità risulti superiore ai parametri previsti dalla legge.

Integra un’ipotesi di danno erariale la liquidazione dell’indennità di espropriazione per un’area acquisita da parte del comune in misura superiore a quella ritenuta congrua dall’ufficio tecnico erariale e disattendendo, senza motivo, le indicazioni dell’UTE stesso relative ai criteri di calcolo. (Corte Conti, reg. Molise, sez. giurisd., 15 ottobre 1997, n. 484, in Riv. Corte Conti, 1997, fasc. 6, 174).


La corresponsabilità

Nella attribuzione dell’addebito la Corte dei Conti deve considerare la responsabilità concorrente con altri soggetti pubblici anche qualora non siano chiamati in giudizio di responsabilità perciò nella determinazione dell’addebito.

Il giudice deve in particolare considerare il diverso periodo di permanenza nella carica dei sindaci che si sono succeduti nelle more del procedimento.

La Corte, nel caso di specie non ha ritenuto che in un comune un fatto eclatante quale l’occupazione di un terreno di un privato per l’effettuazione di lavori pubblici non sia venuto a conoscenza del capo dell’amministrazione comunale per tutto il suo periodo di permanenza nella carica.

Al sindaco che succeda nella carica può ascriversi, parimenti, una condotta colpevolmente inerte che ha avuto incidenza causale sull’evento finale anche se questo si è concretizzato molti anni dopo.

Chi subentra nella carica ha, parimenti a chi l’ha iniziata, l’obbligo di trovare una congrua soluzione al privato affinché cessi l’arbitraria occupazione.

Nel caso di una corretta azione amministrativa nessun danno il Comune avrebbe subito (Corte Conti, Sez. III Giurisd., 4 maggio 2007, n. 114).

La giurisprudenza è costante nel ritenere la responsabilità nel comportamento persistentemente inerte del sindaco nel perfezionamento del procedimento di espropriazione trattandosi di una condotta omissiva di obbligo legislativamente previsto.

Il giudice può comunque accogliere le eventuali eccezioni circa la sussistenza di corresponsabilità di soggetti terzi non evocati in giudizio e procedere alla riduzione del risarcimento. (Corte Conti, Sez. II, 12 novembre 2002, n. 340).

Nel caso di specie la Corte ha ritenuto corresponsabile anche l’assessore ai lavori pubblici, che proprio in ragione del peculiare settore da lui diretto, aveva il compito di amministrare e coordinare le funzioni finalizzate alla realizzazione delle opere pubbliche indicate nel programma operativo preventivamente deliberato dall’Amministrazione. Sono stati ritenuti sussistenti quegli elementi di colpa grave espressione di una grave imperizia, negligenza ed imprudenza che, avendo valenza oggettiva, deve essere correlata alla fattispecie dannosa ed inserita nel contesto gestionale in cui il soggetto abbia operato.

L’assessore nella sua qualità di responsabile dell’apparato burocratico relativo al settore delle opere pubbliche aveva il preciso obbligo di conoscere lo stato dei procedimenti espropriativi diretti all’esecuzione delle stesse al fine di riferire e comunicare al Sindaco le eventuali questioni che ne potessero ostacolare la definizione.

Non è sostenibile che gli assessori ai lavori pubblici siano estranei alla materia espropriativa, posto che essi sono investiti del ramo che più di qualunque altro è toccato dalle problematiche afferenti tale materia (Corte Conti, Sez. II Centrale, 3 marzo 2003 n.64).

La giurisprudenza ritiene inoltre che al responsabile dell’ufficio tecnico, anche prima della distinzione normativa tra il vertice politico ed il vertice amministrativo, debba comunque spettare tutta quell’attività gestionale che comprende anche la proposizione di atti istruttori utili per la successiva deliberazione di espropriazione.

In detti casi di corresponsabilità il giudice contabile ripartisce il risarcimento in sentenza del danno economico subito dall’amministrazione fra i soggetti ritenuti corresponsabili. (Corte Conti, Sez. Calabria, 19 ottobre 2006, n. 858).


L’acquisizione di beni senza titolo

L’art. 43, d.p.r. 327/2001, consente che nel caso di utilizzazione di un bene senza titolo la pubblica amministrazione possa acquisirlo direttamente o indirettamente facendo apposita istanza nel corso di un giudizio volto alla restituzione del bene non ritualmente espropriato.

Se la amministrazione emana essa stessa l’atto di acquisizione è detto atto che sancisce la responsabilità contabile.

Se invece il privato agisce presso il giudice amministrativo con una azione di restituzione, è la istanza dell’amministrazione in sede giudiziale di richiesta, in caso di fondatezza del ricorso, di essere condannata a risarcire il danno ingiusto che sancisce la responsabilità contabile sempre che sussistano i requisiti visti sopra della colpa o del dolo.

Il tal caso sussiste la responsabilità contabile degli amministratori o dei funzionari comunali poiché il bene è acquisito non con le indennità previste dal t.u espr. ma ad un valore pari a quello venale del bene.

Ne consegue che la differenza tra i due valori è il danno che subisce la pubblica amministrazione.

Il magistrato contabile deve imputare a chi ha la responsabilità politica o amministrativa del procedimento il risarcimento di detto danno.

Autore

Centofanti, Nicola

Avvocato in Cremona