La lottizzazione abusiva: sanzioni penali (art. 44 lett c) D.P.R. 380/2001)

L'art. 44 lett. c) D.P.R. 380/2001: la lottizzazione abusiva

La lottizzazione abusiva: inquadramento

L’art. 44, co. 1, lett. c), T.U. punisce con l’arresto fino a due anni e con l’ammenda da 15.493 euro a 51.645 euro la lottizzazione abusiva dei terreni a scopo edilizio, come previsto dal primo comma dell’articolo 30 T.U.

Quest’ultimo, al comma 1, definisce il fenomeno in esame, specificando che esso si verifica "quando vengono iniziate opere che comportino trasformazione urbanistica od edilizia dei terreni stessi in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, vigenti o adottati, o comunque stabilite dalle leggi statali o regionali o senza la prescritta autorizzazione; nonché quando tale trasformazione venga predisposta attraverso il frazionamento e la vendita, o atti equivalenti, del terreno in lotti che, per le loro caratteristiche quali la dimensione in relazione alla natura del terreno e alla sua destinazione secondo gli strumenti urbanistici, il numero, l'ubicazione o la eventuale previsione di opere di urbanizzazione ed in rapporto ad elementi riferiti agli acquirenti, denuncino in modo non equivoco la destinazione a scopo edificatorio".

Il bene giuridico tutelato dalla noma è dato dall’ordinata pianificazione urbanistica, dall’uso corretto del territorio e dal controllo effettivo dello stesso da parte dell’amministrazione comunale titolare della funzione di pianificazione, cui è demandato il compito di vigilare sul rispetto delle prescrizioni urbanistiche [1].

In tal modo, si è voluti anticipare il momento di rilevanza penale del fenomeno, al fine di evitare che lo stesso possa incidere irrimediabilmente sull’assetto del territorio. Infatti, perché si configuri il reato è sufficiente che l’agente compia attività rivolte alla trasformazione di terreni, con inizio di opere o di urbanizzazione, oppure anche soltanto attraverso il compimento di atti giuridici indirizzati a realizzare l’edificazione, in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici. Al riguardo, è stato specificato che "per aversi lottizzazione abusiva è sufficiente il solo fatto che le opere o il frazionamento fondiario siano stati realizzati in assenza di uno strumento urbanistico attuativo o di un piano di lottizzazione convenzionato" [2].

Non occorre, invece, che la volontà dell’agente sia diretta a violare le suddette finalità di tutela.

L’art. 30, co. 1, T.U. disciplina due distinte ipotesi di lottizzazione: materiale e negoziale.

Il reato, infatti, può essere perpetrato sia con attività materiali di trasformazione del territorio, sia con attività negoziali di vendita, finalizzate alla realizzazione di un nuovo insediamento urbano.

Più precisamente, la prima tipologia si attua attraverso l’inizio non autorizzato di opere finalizzate alla trasformazione urbanistica e/o edilizia dei terreni in zona non adeguatamente urbanizzata e in violazione delle prescrizioni degli strumenti urbanistici, ritenendosi che tale condotta [Omissis - versione integrale presente nel testo].

I giudici amministrativi considerano indice dell’illecito in questione "quell’attività materiale, posta in essere per la realizzazione di opere di urbanizzazione, che sfoci in un’alterazione urbanistica, durevole nel tempo, di una copiosa percentuale di territorio, che induca a valutare la costruzione posta in essere in termini di globalità e che sia atta a segnare profondamente l’assetto del territorio così da stravolgerlo e, per l’effetto, apportare alla riserva pubblica di programmazione territoriale limiti e condizionamenti" [3].

Dunque, anche uno scavo, una recinzione, o un picchettamento non precari possono configurare il reato in commento [4].

Anche la mera modifica della destinazione d’uso di edifici già esistenti, da cui scaturisca la necessità di effettuare ulteriori opere di urbanizzazione primaria o secondaria, è idonea a configurare il reato di lottizzazione abusiva (come nel caso di cambio di destinazione d’uso di una struttura da alberghiera a residenziale, quando il complesso alberghiero sia stato realizzato in conformità a previsioni urbanistico-edilizie derogatorie non estensibili ad immobili residenziale; oppure quando l’uso residenziale richieda la necessità di incrementare gli standards richiesti per l’edificazione alberghiera ed essi non risultino reperiti o reperibili in concreto) [5].

La giurisprudenza ha inoltre chiarito che il reato de quo, nella declinazione materiale, è configurabile non soltanto ogni qualvolta si sia in presenza di un intervento sul territorio capace di incidere sulla definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata per cui esiste la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale, attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche dell’intervento di nuova realizzazione, ma anche quando tale intervento non potrebbe comunque essere effettuato, poiché, date le sue caratteristiche obiettive, si porrebbe in contrasto con le previsioni di zonizzazione e/o localizzazione dello strumento generale di pianificazione, che non possono essere mutate da piani urbanistici attuativi [6].

Ai fini della configurabilità dell’illecito, dunque, non è richiesto che le opere siano realizzate in assenza del prescritto titolo abilitativo o in difformità da esso, essendo sufficiente che siano effettuate in assenza di uno strumento urbanistico attuativo [7].

Il reato è escluso soltanto ove vi sia una completa e razionale edificazione della zona che renda superfluo un piano attuativo.

Quanto alla seconda tipologia di lottizzazione, ovvero negoziale o formale, essa si verifica quando, nonostante non sia ancora avvenuta una trasformazione lottizzatoria di carattere materiale, se ne sono integrati i presupposti con il frazionamento o la vendita, o altri atti equiparati, del terreno in lotti che, per le specifiche caratteristiche, quali la dimensione, la natura del terreno, la destinazione urbanistica, l’ubicazione e la previsione di opere urbanistiche, e per altri elementi riferiti agli acquirenti, manifestino inequivocabilmente la destinazione ad uso edificatorio [8].

Con tale previsione è stata introdotta una sensibile anticipazione della tutela del bene giuridico protetto dalla norma, ritenendo integrato l’illecito anche in presenza di un’attività giuridica potenzialmente preordinata alla manomissione del territorio [9].

L’orientamento giurisprudenziale prevalente, infatti, è concorde nel considerare sufficiente ai fini della configurabilità del reato in questione anche che la mera trasformazione urbanistica del terreno avvenga attraverso il frazionamento dello stesso, la vendita dei suoli, oppure atti equivalenti a quest’ultima [10].

Non è quindi necessaria un’iniziativa di tipo edificatorio, quanto, piuttosto, la sussistenza di indici sintomatici, e dettagliatamente elencati in maniera non tassativa, dell’intento lottizzatorio.

Il fine vietato dalla norma può essere perseguito anche attraverso contratti, stipulati in forma pubblica o privata, relativi a diritti reali, ed aventi ad oggetto il loro trasferimento o la costituzione di diritti di usufrutto, uso, abitazione ed enfiteusi.

Gli estremi del reato sono configurabili anche nel caso di contratto preliminare di compravendita relativo ad un appezzamento di terreno. Sul punto, la Suprema Corte ha chiarito che, tenuto conto della tutela anticipata quale ratio a fondamento della norma e del significato atecnico del concetto di frazionamento, tra gli "atti equivalenti" ad esso e alla vendita "possono ricomprendersi anche contratti preliminari di alienazione dei singoli lotti, allorché gli stessi si collochino in un contesto indiziario atto a rivelare in modo non equivoco le finalità edificatorie" [11].

Un’ipotesi in cui è espressamente esclusa dal legislatore la configurazione della contravvenzione di lottizzazione negoziale, è quella della divisione ereditaria. Tuttavia, ciò non vale in via assoluta, volendosi solo stabilire che agli effetti giuridici summenzionati non sono applicabili gli indici sintomatici della lottizzazione, nonché le disposizioni che impongono l’allegazione del certificato di destinazione urbanistica o il deposito del frazionamento catastale nel Comune e, quindi, le sanzioni civili che ne conseguono. Difatti, il reato è da ritenersi integrato quando la divisibilità è consentita e non è incomoda, purché sussista, oltre al semplice frazionamento, un quid pluris che sia espressione dell’effettivo intento lottizzatorio sotteso [12].

Per concludere la trattazione delle diverse tipologie di lottizzazione è necessario citare anche quelle di origine pretoria: la lottizzazione c.d. mista e quella di fatto, indiretta o occulta.

La prima presuppone un intreccio di atti materiali e giuridici finalizzati a realizzare una trasformazione urbanistica o edilizia dei terreni non autorizzata, oppure violativa della pianificazione vigente. Ciò si verifica quando "sia stato eseguito sul territorio un intervento implicante una nuova definizione dell’assetto preesistente in zona non urbanizzata o non sufficientemente urbanizzata, per cui esisteva la necessità di attuare le previsioni dello strumento urbanistico generale attraverso la redazione di un piano esecutivo e la stipula di una convenzione lottizzatoria adeguata alle caratteristiche delle nuove realizzazioni" [13].

È il caso della costruzione di edifici o di realizzazione di opere di urbanizzazione lungo un ampio arco di tempo, nel quale si sono susseguiti atti di vendita ed interventi edilizi di un piano lottizzatorio [14].

La lottizzazione di fatto, indiretta o occulta si verifica, invece, nel caso in cui, anziché procedere separatamente ed in momenti diversi alla lottizzazione tipica e alla successiva edificazione del suolo da parte di una pluralità di soggetti, venga proposta da parte di uno solo di questi o di più, una serie di domande di permesso di costruire per diversi edifici, cosicché il risultato della successiva edificazione determina una modificazione irreversibile dell’assetto urbanistico della zona.

Da ultimo, giova affrontare il tema della configurabilità del reato di cui all’art. 44, co. 1, lett. c), T.U., nel caso di difformità totale o parziale rispetto a quanto previsto nel permesso di costruire.

Nel primo caso, ovvero quando la lottizzazione si discosta sostanzialmente dall’autorizzazione, tanto da comportare la realizzazione di opere del tutto difformi da quelle assentite col titolo abilitativo, si deve ricorrere certamente alla sanzione prevista per l’ipotesi di lottizzazione senza la prescritta autorizzazione.

A conclusioni opposte si deve giungere nel caso di opere effettuate in parziale difformità dall’autorizzazione, atteso che l’intento della previsione è di impedire che siano vanificati il controllo preventivo e il consenso dell’autorità comunale, tenuto conto che le difformità in questione, e le non rilevanti violazioni della procedura, restano sanzionabili ai sensi dell’art. 44, co. 1, lett. a), T.U. [15].

Tanto è stato recentemente confermato dalla Suprema Corte, che ha ribadito il principio secondo cui "è configurabile il reato di lottizzazione abusiva quando la trasformazione edilizia o urbanistica dei terreni sia realizzata con difformità tipologiche, volumetriche, strutturali e di destinazione tanto rilevanti e diffuse su tutta l'area, rispetto al progetto approvato dall'autorità amministrativa, da far ritenere l'opera non più riferibile a quella pianificata e, quindi, senza autorizzazione (vedi Cass., Sez. III, 9.8.2006, n. 28683, Saggese ed altri; 6.3.1996, n. 2408, Antonioli ed altro; 17.9.1991, n. 9633, Le Pira ed altro).

Deve trattarsi, dunque, di una difformità totale rispetto all'autorizzazione, mentre irrilevanti devono considerarsi le ipotesi di difformità parziale, poiché si vuole impedire che siano vanificati il preventivo controllo ed il consenso dell'autorità comunale che la legge intende assicurare, laddove le piccole difformità e le non rilevanti violazioni dell’iter procedurale potranno essere eventualmente sanzionate ai sensi dell'art. 44, lett. a), del T.U. n. 380/2001" [16].


La lottizzazione abusiva: sanzioni

Ai sensi dell’art. 30, co. 7 ss., T.U., una volta accertata la perpetrazione del reato di lottizzazione di terreni a scopo edificatorio senza la prescritta autorizzazione, il dirigente o il responsabile dell’ufficio dispone la sospensione, con ordinanza da notificare ai proprietari delle aree ed agli altri soggetti indicati dall’art. 20, co. 2, T.U.

Il provvedimento determina l’immediata interruzione degli interventi in corso, e il divieto di disporre dei suoli e delle opere con atti tra vivi. A tal fine, esso deve essere trascritto nei registri immobiliari.

Trascorsi novanta giorni senza che sia intervenuta la revoca del provvedimento stesso, le aree lottizzate sono acquisite di diritto al patrimonio disponibile del comune, il cui dirigente o responsabile dell’ufficio competente deve provvedere alla demolizione delle opere. In caso di inerzia si applicano le previsioni di cui all’art. 31, co. 8, T.U.

Gli atti aventi ad oggetto i lotti di terreno cui si riferisce il provvedimento di sospensione sono nulli e non possono essere stipulati, né in forma pubblica, né privata, dopo la trascrizione e prima della sua eventuale cancellazione o della sopravvenuta inefficacia del provvedimento in questione.

Le disposizioni di cui sopra si applicano agli atti stipulati ed ai frazionamenti presentati ai competenti uffici del catasto dopo il 17 marzo 1985, e non si applicano comunque alle divisioni ereditarie, alle donazioni fra coniugi e fra parenti in linea retta ed ai testamenti, nonché agli atti costitutivi, modificativi od estintivi di diritti reali di garanzia e di servitù [17].

L’ulteriore sanzione conseguente alla commissione del reato in esame, è la c.d. confisca urbanistica.

Ai sensi dell’art. 44, co. 2, T.U., infatti, "la sentenza definitiva del giudice penale che accerta che vi è stata lottizzazione abusiva, dispone la confisca dei terreni, abusivamente lottizzati e delle opere abusivamente costruite. Per effetto della confisca i terreni sono acquisiti di diritto e gratuitamente al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione. La sentenza definitiva è titolo per la immediata trascrizione nei registri immobiliari".

La lettura combinata della suddetta norma con l’art. 31, co. 9, T.U., consente di considerare che la demolizione delle opere costituenti lottizzazione abusiva presuppone la condanna, mentre per la confisca di queste è sufficiente l’effettiva esistenza della lottizzazione.

L’istituto in commento è stato oggetto, negli ultimi due anni, di una significativa evoluzione giurisprudenziale, che ne ha fornito un’interpretazione costituzionalmente orientata, e ha messo in discussione il tradizionale indirizzo della giurisprudenza di legittimità.

In particolare, si è discusso sulla natura della confisca, come sanzione amministrativa, oppure come pena, nonché sui presupposti che generano l’obbligo in capo al giudice penale di disporla.

L’interpretazione adottata in passato da parte della giurisprudenza, è stata quella [Omissis - versione integrale presente nel testo].

Le conseguenze pratiche a cui portava tale indirizzo sono state ritenute di dubbia legittimità, soprattutto quanto al profilo dell’applicabilità ai terzi acquirenti di buona fede e all’imputato prosciolto per difetto dell’elemento soggettivo.

Al contrario, secondo il consolidato orientamento, oggi vigente e affermatosi a partire dal 1990, la confisca deve qualificarsi come sanzione amministrativa [20] irrogata dal giudice penale in funzione di supplenza della p.a.: tramite questo, l’autorità giudiziaria persegue il medesimo interesse pubblico della tutela dell'ordinato assetto del territorio curato dall’amministrazione.

Lo scopo della confisca è stato individuato tanto nell’esigenza di evitare che gli immobili costruiti e i terreni abusivamente lottizzati potessero essere immessi sul mercato, tanto nel prevenire la commissione di altri reati e eventuali pressioni sugli amministratori locali affinché regolarizzino la situazione.

Questa impostazione ha sul piano pratico un’importante conseguenza, perché se detto interesse pubblico viene già perseguito dalla p.a. con un suo provvedimento, la confisca diventa inutile, e deve essere revocata se l’area oggetto di lottizzazione abusiva viene «recuperata» ad opera della stessa p.a. [21]. Ciò accade, ad esempio, quando la lottizzazione venga autorizzata ex post, oppure quando venga adottato un piano di recupero urbanistico dell’area interessata, senza che peraltro ciò abbia effetti estintivi del reato.

La confisca, seguendo questa impostazione, ha ad oggetto l’intera area interessata dalla lottizzazione abusiva, inclusi i lotti non ancora edificati, e deve essere disposta ogniqualvolta venga accertata dal giudice penale la perpetrazione del reato in questione, anche se la sentenza che egli pronuncia è di proscioglimento, purché con formula diversa da quella per “insussistenza del fatto”.

Ciò comporta che la misura prevista dall'art. 44, co. 2, T.U. deve essere disposta non solo nei confronti del condannato, ma anche dell'imputato prosciolto per difetto dell'elemento soggettivo del reato, per prescrizione del reato, o per altra causa di estinzione del reato, e addirittura nei confronti del terzo acquirente in buona fede dell’area, a cui non resta altro rimedio se non quello civilistico del risarcimento del danno [22].

Dalla qualificazione della confisca come sanzione amministrativa, discende la sua applicazione anche nell’ipotesi di patteggiamento, nonché in sede esecutiva, se erroneamente pretermessa, su istanza di parte e in contraddittorio, ma non d’ufficio.

La natura amministrativa dell’istituto in esame, tuttavia, non ne esclude il carattere sanzionatorio, con la conseguente necessità di tener conto dei principi generali che regolano l’applicazione anche delle sanzioni amministrative.

Requisito essenziale, a tal fine, è la l’esistenza di una condotta che risponda ai requisiti soggettivi della coscienza e volontà dell’agente, e che sia caratterizzata almeno dall’elemento psicologico della colpa. Non vi è dubbio che debbano escludersi criteri di responsabilità oggettiva o solidale [23].

Neppure nel caso in cui l’autorità amministrativa competente rilasci la prescritta autorizzazione, un eventuale provvedimento sanante sarebbe idoneo ad estinguere il reato. Tuttavia, quest’ultimo non può essere impedito da una sanzione amministrativa con esso incompatibile, poiché il giudice penale non può sottrarre alla p.a. poteri attribuitele dalla legge. Ne consegue che, ove la confisca risulti incompatibile con un provvedimento adottato dall’amministrazione competente, essa deve essere revocata dallo stesso giudice che l’ha ordinata.

Quanto all’incompatibilità con eventuali provvedimenti dell’amministrazione, e agli elementi distintivi tra la sanzione in esame e la misura di sicurezza di cui all’art. 240 c.p., è particolarmente chiara la pronuncia della Suprema Corte, sezione terza, n. 35219 dell’11 aprile 2007 con cui ribadisce che "la confisca prevista dalla L. n. 47 del 1985, richiamato art. 19, ed ora dal D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, comma 2:
  • configura una sanzione amministrativa speciale che il giudice penale deve irrogare in funzione di supplenza della pubblica amministrazione, ogni volta che accerta l'esistenza di una lottizzazione abusiva (v. Cass. Sez. III, n. 12471 del 16. Novembre 1995, P.G. in proc. Besana, rv. 203276);

  • a differenza della confisca prevista in via generale dall'art. 240 c.p., che produce la devoluzione dei beni confiscati a favore dell'erario statale, ha per effetto l'acquisizione gratuita e di diritto dei terreni confiscati al patrimonio del comune nel cui territorio è avvenuta la lottizzazione abusiva (art. 19, comma 2, e art. 44, comma 2, citati).


Per conseguenza non può ravvisarsi alcuna incompatibilità tra il provvedimento giurisdizionale della confisca e il provvedimento amministrativo con cui l'ente comunale accerti che, trascorsi novanta giorni dalla notifica dell'ordinanza di sospensione dell'attività lottizzatoria, si è verificata l'acquisizione ex lege dei terreni lottizzati al patrimonio disponibile del comune (L. n. 47 del 1985, art. 18, commi 7 e 8, ora D.P.R. n. 380 del 2001, art. 30, commi 7 e 8). Si tratta infatti di due provvedimenti, che - benché provenienti da organi diversi - hanno lo stesso effetto ablatorio in danno dei proprietari privati e a favore del patrimonio comunale.

La confisca di cui trattasi, invece, dovrà essere revocata solo quando l'amministrazione comunale adotti provvedimenti realmente incompatibili con l'effetto ablatorio in danno dei proprietari lottizzanti, come per esempio una successiva autorizzazione a lottizzare o un piano di recupero urbanistico dell'area interessata".

Giova sottolineare anche che i terreni oggetto di lottizzazione abusiva costituiscono reati non per se stessi, ma in quanto sono privi di autorizzazione o sono in contrasto con le prescrizioni degli strumenti urbanistici.

Dunque, l’obbligo di disporne la confisca prescinde dalla condanna, poiché il suo unico presupposto è l’accertamento giurisdizionale del reato [24]. Come anticipato, però, è anche necessaria l’esistenza dell’ulteriore condizione prevista dalla Corte di Strasburgo in relazione all’elemento soggettivo del reato del necessario riscontro quantomeno del profilo della colpa nella condotta dei soggetti sul cui patrimonio incide la misura.

La ratio di tale orientamento deve essere rintracciata nell’esigenza di evitare che la sanzione possa essere in concreto non applicata o non eseguita, in seguito a pressione esercitate sugli amministratori locali da parte dei destinatari della stessa, affinché vengano assunti, ex post, provvedimenti di sanatoria, col rischio di distorsioni delle politiche di gestione del territorio, con pregiudizio delle correttezza dell’azione amministrativa [25].

Di recente, anche la Corte Costituzionale si è occupata del tema della confisca urbanistica, con particolare riferimento a due profili: da un lato, il fondamento costituzionale ed i limiti del sindacato diffuso di costituzionalità esercitabile dal giudice che denuncia l’incompatibilità di una norma di diritto interno con un principio fissato dalla CEDU, individuato dall’art. 1171 Cost.; dall’altro, l’impossibilità per la Corte di affrontare il tema della questione di costituzionalità dell’art. 44, co. 2, T.U., che impone la confisca dei terreni e delle aree abusivamente lottizzate, sollevata dal giudice a quo in relazione agli artt. 3, 25 co. 2 , 27 co. 1 Cost., senza prima tentare di risolvere il problema in via interpretativa da parte del giudice rimettente [26].

La questione di legittimità è stata sollevata dalla Corte di appello di Bari, che non riteneva di condividere l’inquadramento della confisca come sanzione amministrativa, anziché penale. Le ragioni di tale orientamento risiedevano sia nel fatto che, in tal modo, si sarebbe riconosciuto al giudice penale un potere suppletivo non fondato su una specifica disposizione legislativa, sia sull’inserimento dell’art. 44 T.U. sotto la rubrica dedicata alle sanzioni penali.

Inoltre, la Corte remittente richiamava il concorde orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, la quale pure si era espressa nello stesso senso, rinvenendo nella qualificazione della confisca come sanzione amministrativa, una violazione dell’art. 7 della Convenzione.

La Corte europea nella decisione sulla ricevibilità del ricorso aveva già riconosciuto la natura sostanzialmente penale della confisca di cui all’art. 44 del T.U., in ragione della stretta connessione con l’illecito penale che la fonda, del tipo di autorità decidente (il giudice penale), del contenuto spiccatamente punitivo della misura (nonostante la compresenza di scopi preventivi), ed anche della collocazione sistematica della misura nel T.U. (sotto la rubrica «sanzioni penali»).

Nella decisione definitiva della seconda sezione, la Corte europea ha sostanzialmente confermato la natura essenzialmente penale della confisca urbanistica. In particolare, con riguardo alla violazione dell’art. 7 CEDU, condividendo la ricostruzione del ricorrente e richiamando la giurisprudenza sulla diposizione de qua, un peso determinante era stato attribuito alla circostanza che la stessa Corte di Cassazione italiana aveva assolto gli imputati perché il fatto non costituiva reato, a causa di un errore di diritto scusabile ed inevitabile in cui questi versavano, derivante da alcuni elementi sia legali, come la normativa confusa e contrasti giurisprudenziali in materia, sia fattuali, come il rilascio delle concessioni edilizie e le rassicurazioni da parte delle autorità competenti [27].

Tuttavia, nonostante adita, la Corte Costituzionale ha ritenuto di non prendere posizione, ma, piuttosto, tempo, per attendere la formazione di un orientamento consolidato in materia, rinviando esplicitamente ad un pronunciamento in futuro "solo ove l’adeguamento interpretativo, che appaia necessitato, risulti impossibile o l’eventuale diritto vivente che si formi in materia faccia sorgere dubbi sulla legittimità costituzionale". Solo in tale caso "questa Corte potrà essere chiamata ad affrontare il problema della asserita incostituzionalità delle disposizioni di legge [28]".

Da ultimo, occorre soffermarsi sulla fattispecie in cui l’iter criminoso contenga in sé anche l’attività edificatoria. In tal caso, essa non rileva per sé sola, ma solo come indice sintomatico delle trasformazione urbanistica o edilizia a scopo edificatorio. Tanto trova conferma nelle disposizioni dell’art. 30 T.U., dove la trasformazione suddetta si ricollega non alla fine, ma all’inizio dei lavori.

Ne consegue che deve escludersi [Omissis - versione integrale presente nel testo].

Il reato può essere escluso solo se sussiste una situazione di pressoché completa e razionale edificazione della zona, tale da rendere superfluo un piano attuativo.

Recentemente, la Suprema Corte ha affermato che l’illecito in esame, poiché avente carattere progressivo nell’evento, sussiste anche quando l’attività posta in essere sia successiva agli atti di frazionamento o alle opere già eseguite, non esaurendo tali iniziali attività il percorso criminoso, e protraendosi esso attraverso gli interventi successivi incidenti sull’assetto urbanistico [29].

La misura ablativa prevista dall’art. 44, co. 2, T.U., limitatamente ai casi di lottizzazione abusiva, non può essere estesa agli interventi previsti dal successivo comma 2 bis, ovvero a quelli suscettibili di realizzazione mediante denuncia di inizio attività ai sensi dell’art. 22, co. 3, T.U., eseguiti in assenza o in totale difformità dalla stessa.

In conclusione, traendo le somme da tutto quanto sopra, è possibile affermare che, secondo l’attuale prevalente orientamento giurisprudenziale, la lottizzazione abusiva si presenta come una contravvenzione dolosa, a consumazione alternativa, con carattere progressivo nell’evento, nel quale il correo può aderire in qualsiasi fase. L’oggetto del dolo può riguardare anche solo gli elementi costitutivi del reato.

L’acquisizione gratuita dei terreni abusivamente lottizzati consegue obbligatoriamente all’oggettivo accertamento del reato indipendentemente dalla pronuncia di condanna.

La confisca, qualificabile come sanziona amministrativa, quindi, può non essere disposta solo quando l’imputato venga assolto perché il fatto non sussiste. L’obbligo di ordinarla sui terreni e sulle opere eventualmente realizzate sugli stessi è però limitata all’accertamento del reati di lottizzazione abusiva e non può essere esteso agli interventi realizzati mediante d.i.a. (oggi s.c.i.a.) [30].

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