I terzi titolari di diritti minori nell'espropriazione per pubblica utilità

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO

La dizione letterale chiara ed univoca - a differenza di quella, molto più problematica e tale da impedire un'immediata trasponibilità della conclusione anche al regime oggi vigente, del D.P.R. 8 giugno 2001, n. 327, art. 26 - della L. del 1865, artt. 27 e 52, impone di escludere l'utile proponibilità - e finanche l'utile proseguibilità - di procedure esecutive fondate sui diritti reali parziali su beni oggetto di espropriazione per pubblica utilità e solo consente ai relativi titolari di soddisfarsi, con lo stesso rango privilegiato loro spettante, sul corrispettivo della procedura di espropriazione per pubblica utilità, vale a dire, di norma, l'indennità, ovvero, nel caso di accordo o cessione bonari, sul corrispettivo di questi.

In forza del principio di unicità della indennità di espropriazione i soggetti che vantino diritti di qualsiasi natura sul bene sia di natura personale sia di natura reale, dovranno soddisfarsi su di essa senza pretendere indennità aggiuntive.

La L. n. 865 del 1971, art. 17, ai fini del riconoscimento del diritto alla cosiddetta indennità aggiuntiva, postula che il titolare dei rapporti agrari tipici previsti dalla stessa sia costretto ad "abbandonare il terreno" oggetto del rapporto agrario in esecuzione del provvedimento ablatorio, fattispecie non sussistente in mancanza d'immissione in possesso da parte dell'Amministrazione.

Il DPR 327/2001 art. 17 ha inteso riconoscere l'indennità aggiuntiva ai soggetti, titolari di diritti personali di godimento sul suolo espropriato, che traggono i propri mezzi di sostentamento dalla coltivazione del suolo (fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante e, secondo la giurisprudenza, usufruttuario coltivatore diretto) e condiziona la concreta erogazione del beneficio all'effettiva utilizzazione agraria del terreno.

Non spetta l'indennità a chi è affittuario non coltivatore e a chi abbia coltivato di fatto il fondo, ma non in forza di uno dei rapporti indicati dall'art. 17 L. n. 865/71 (applicabile ratione temporis).

La servitù esistente su un fondo espropriato deve ritenersi estinta; ciò in quanto l'espropriazione per pubblica utilità comporta per l'espropriante l'acquisto a titolo originario dell'immobile, libero da tutti i diritti altrui da cui sia eventualmente gravato, i quali vengono senz'altro meno e sono sostituiti dal credito, verso l'espropriato, di una somma proporzionale all'indennità a costui spettante, che è commisurata alla piena proprietà del bene; deve pertanto escludersi che possano competere al titolare della servitù ripristino e risarcimento.

Qualora il rilascio del fondo debba avvenire a causa di una procedura espropriativa non trova applicazione l'art. 43 L. n. 203/1982 ma l'art. 17 l. n. 865 del 1971 (articolo abrogato dall'art. 58, d.p.r. 8 giugno 2001, n. 327, a decorrere dal 30 giugno 2003).

L'art. 17 l. n. 865 del 1971 non può trovare applicazione allorquando non risulti in atti alcun contratto di affitto di fondi agricoli; il mero detentore é privo infatti di legittimazione in ordine alla pretesa del credito indennitario.

Il diritto del conduttore, che nell'immobile eserciti un'attività economica, ad un'indennità aggiuntiva è riconosciuto solo nelle ipotesi, previste dall'art. 17, comma 2, l. 22 ottobre 1971 n. 865, del "fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante costretto ad abbandonare il terreno", mentre nelle altre ipotesi lungi dal riconoscersi ai conduttori un ulteriore, autonomo indennizzo volto a compensare il pregiudizio per le attività di fatto espletate sull'immobile ed interrotte dall'espropriazione, è attribuito, piuttosto, agli stessi la possibilità di rivolgere le proprie pretese nei confronti del proprietario espropriato, ovvero la possibilità di instaurare o partecipare al giudizio di opposizione alla stima dell'indennità spettante al proprietario.

Il DPR 27 dicembre 2001 n. 327 non stabilisce diritti a favore di quei terzi che in occasione d’un procedimento espropriativo s’assumano lesi per la perdita dell’utilizzo d’un fondo altrui oggetto d’ablazione, onde tali diritti potranno se del caso esser fatti valere nei riguardi non già del soggetto espropriante, bensì del titolare dell’immobile.

Secondo un'interpretazione dottrinaria, per terzo non proprietario deve intendersi non solo il terzo titolare di diritto reale ma, innovativamente rispetto al passato, anche il terzo avente diritto personale di godimento.

L'indennità di espropriazione è, di regola, "unica" (come si evince anche dalla lettura dell'art. 25, comma 3 TU) e va corrisposta al proprietario (o all'enfiteuta nel possesso del bene o al titolare di altro diritto "reale" minore espropriato), nonostante la molteplicità di soggetti ammessi a soddisfarsi sull'indennità stessa, i quali hanno possibilità di partecipare al procedimento espropriativo (art. 26 e 28) e di opporsi alla stima o ad intervenire nel relativo giudizio (art. 34, 4° comma), con le regole dell'art. 54.

Hanno diritto ad un'indennità aggiuntiva rispetto a quella "unica" soltanto il fittavolo, il mezzadro ed il compartecipante, nei limiti indicati nell'art. 42 DPR 327/2001; gli altri terzi possono soddisfarsi soltanto sull'unica indennità complessiva spettante al titolare e in rapporto con lo stesso non con l'espropriante.

Va affermata l'impossibilità per il comodatario, il conduttore anche se svolga attività commerciale, l'affittuario o l'imprenditore agricolo o titolare di altro diritto personale di godimento, pur se privato dell'attività ivi svolta, di pretendere una liquidazione diversa o aggiuntiva rispetto all'indennità spettante al proprietario, restando i loro diritti eventualmente da soddisfare sull'indennizzo corrisposto al titolare; la loro posizione è, pertanto, subordinata alla liquidazione dell'unica indennità in favore dell'(unico) avente diritto.

Il sistema di cui alla L. n. 2359/1865, lungi dal riconoscere ai "conduttori" un ulteriore, autonomo indennizzo rivolto a compensare il pregiudizio per le attività di fatto espletate sull'immobile ed interrotte dall'espropriazione, attribuisce piuttosto agli stessi il diritto di pretendere dal proprietario già indennizzato la corresponsione della parte dell'indennità loro spettante, come previsto (peraltro) anche dall'art. 1638 c.c., nonché il diritto, in via alternativa, di agire con opposizione avverso la stima dell'indennità medesima (qualora ritengano che l'indennità determinata in sede amministrativa non comprenda l'intero ammontare dovuto) ovvero di intervenire nell'analogo giudizio promosso dal proprietario espropriato.

Nel sistema di cui alla legge fondamentale 25 giugno 1865, n. 2359 essendo unica l'indennità che l'espropriante deve depositare, su di essa deve trovare soddisfazione la pretesa di coloro che, già titolari di un diritto di godimento sul bene espropriato, vengono a risentire un pregiudizio per effetto dell'estinzione di quel diritto, pure provocata dall'espropriazione, laddove, per altro verso, essendo l'indennità in parola destinata a tener luogo del bene espropriato, non può superare il valore che esso presenta, in considerazione della sua concreta destinazione, ovvero, della L. n. 2359/1865, ex art. 39.

In ipotesi di occupazione e successiva restituzione di aree non utilizzate, l'eventuale danno da occupazione sino alla riconsegna è dovuta al soggetto avente la gestione ed il godimento dei beni medesimi e non al proprietario e l’usufruttuario di tali terreni che non hanno subito alcun pregiudizio per detta occupazione.

Con riferimenti a diritti di terzi (specificatamente individuati e fra i quali non è compreso il comodatario del bene), il legislatore (L. n. 2359 del 1865, artt. 27 e 52), attribuisce ai relativi titolari soltanto la parte di indennità corrispondente ai frutti del fondo non percepiti ed al mancato raccolto oltre agli eventuali miglioramenti allo stesso apportati e non anche un'ulteriore autonomo indennizzo rivolto a compensare il pregiudizio per le attività di fatto espletate sull'immobile ed interrotte dall'espropriazione, e men che mai il diritto di proseguirla in base ai titoli negoziali intercorsi con il precedente proprietario di questo.

Alla luce dell'art. 3 del DPR 327/2001, è soggetto passivo della procedura espropriativa unicamente il «soggetto che risulti proprietario secondo i registri catastali», ovvero l’«eventuale diverso proprietario effettivo»; la normativa sopra riferita non è tale da fondare eventuali diritti di terzi che, in occasione di una procedura espropriativa, si assumano lesi per la perdita della possibilità di utilizzare il fondo altrui oggetto di un procedimento di esproprio.

I diritti, reali o personali, reclamati da soggetti diversi dal proprietario espropriato, non possono farsi valere nei confronti dell’espropriante, ma trovano il loro fondamento nell’esistenza di un eventuale titolo negoziale (mezzadria, colonia, affitto a coltivatore diretto o altro contratto agrario), intercorso con il proprietario concedente, successivamente espropriato, ed in forza del quale era stata loro conferita la facoltà di utilizzazione del fondo oggetto di procedura ablativa.

Ogni pretesa patrimoniale, di carattere indennitario o risarcitoria, rivendicata dai soggetti titolari di diritti reali o personali, diversi dal proprietario espropriato (nel caso di specie in forza di contratto agrario), non può essere fatte valere nei confronti dell’espropriante, né essere portata in detrazione alla somma spettante al proprietario espropriato a titolo di indennità di esproprio, ma sarà dovuta unicamente nei confronti del proprietario espropriato in forza del rapporto privatistico intercorrente con quest’ultimo.

Sulle somme depositate a titolo di indennità di espropriazione, tutti i terzi aventi diritto possono esercitare le loro azioni e pretendere quanto a loro spetta.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> ASSEGNATARIO

Rimangono estranei al giudizio avente ad oggetto l'illecita ed abusiva occupazione di un immobile di proprietà privata, le eventuali ditte private assegnatarie dell'immobile, atteso che la responsabilità risarcitoria ricade sul titolare dei poteri espropriativi non correttamente esercitati, e non già sul soggetto privato beneficiario della procedura, a meno che non si ravvisi la collaborazione di quest’ultimo, mediante una condotta che deve presentare tutti i requisiti del fatto illecito, non essendo sufficiente la mera fruizione, a posteriori, dell'immobile abusivamente realizzato sul terreno occupato.

Gli assegnatari di terreni ai sensi della L.R. Sicilia n. 104 del 1950, art. 1 non hanno diritto a percepire l'indennità di espropriazione, qualora, alla data del decreto di esproprio, gli stessi non abbiano ancora conseguito la proprietà del bene, per essersi il riscatto perfezionato solo in data successiva. Il provvedimento concessorio di cui tali soggetti sono titolari non conferisce, infatti, il diritto a percepire l'indennità - provvisoria o definitiva - di espropriazione, spettando questa esclusivamente al soggetto che alla data del decreto di esproprio ne sia titolare e nei cui confronti sia stato pronunciato il decreto ablativo.

E' da escludersi la legittimazione della società mera assegnataria di aree comprese in un PIP successivamente espropriate, a richiedere all'amministrazione espropriante la corresponsione dell'indennizzo per la perdita coattiva dell'immobile, la quale invece compete esclusivamente al proprietario.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> COLONO

I "miglioramenti" previsti nella colonia, come nell'affitto ad meliorandum devono tendere a incrementare il valore del fondo mediante opere radicali di trasformazione del fondo stesso, e devono essere contrattualmente previsti come un obbligo posto a carico del conduttore.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> COLONO --> PROVA

La qualità di colono può essere comprovata dalle scritture private intercorse con i proprietari dei terreni, dalla certificazione INPS, nonché dalla documentazione proveniente dalla stessa autorità espropriante quali le risultanze degli stati di consistenza; non assume viceversa rilevanza, anche alla luce della previsione di cui all’art. 4 della L. n. 203/1983, concernente la possibilità di una rinnovazione tacita del contratto, l’assenza di un contratto stipulato per iscritto.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> COMODATARIO

Il terzo detentore a titolo di comodato del fondo espropriato è privo di legittimazione a richiedere alcuna indennità né nei confronti dell'espropriante né del concedente, atteso che l'art. 17 della legge n. 865 del 1971 si riferisce soltanto al "fittavolo, mezzadro, colono o compartecipante" che per effetto della procedura ablativa sia costretto ad abbandonare il fondo, senza che il comodatario possa rientrare in alcuna della categorie tassativamente indicate dalla legge.

Il comodatario del fondo soggetto a espropriazione non ha titolo ad alcuna indennità, né nei confronti dell'espropriante né del concedente.

L'art. 17 della legge 865/71 non si estende al comodatario, tanto più se società non qualificabile coltivatore diretto.

Il comodatario non è incluso fra i destinatari dell'art. 27 della legge del 1865 che soltanto "al conduttore" del fondo attribuiva le facoltà evidenziate a proposito della posizione dell'usufruttuario.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> CONDUTTORI

Nel caso in cui un fondo destinato a cava venga espropriato, legittimato ad ottenere l’indennizzo è solo chi in quel momento ne abbia la proprietà in quanto il provvedimento ablativo incide, appunto, sulla proprietà del bene. All’eventuale gestore dell’attività estrattiva, che è terzo nella procedura di esproprio, potrà spettare, se del caso, solo un’azione di regresso nei confronti del proprietario volta ad ottenere, ove ne ricorrano i presupposti, il risarcimento di eventuali danni emergenti.

I conduttori del bene espropriato diversi dai fittavoli di cui all'art. 17 della legge 865/71, non sono titolari nei confronti del beneficiario dell'esproprio di un autonomo diritto ad un indennizzo rivolto a compensare il pregiudizio da essi subito, ma possono rivolgere le proprie pretese nei confronti del proprietario espropriato, ovvero possono instaurare o partecipare al giudizio di opposizione alla stima dell'indennità spettante al proprietario.

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> CREDITORE IPOTECARIO

Anche a volere equiparare alla surrogazione reale ex art. 2742 c.c., la costituzione del privilegio accordato sull'indennità al titolare della garanzia ipotecaria sul bene oggetto di procedura di espropriazione per pubblica utilità, deve allora coerentemente escludersi che, pure quando quest'ultima si sia conclusa con accordo bonario, vi sia una successione del titolare dell'ipoteca al diritto a percepire quanto spettante al soggetto sottoposto alla procedura di espropriazione per pubblica utilità in dipendenza della conclusione in suo danno di questa. La chiara lettera della norma (artt. 27 e 52 L. n. 2359/1865 applicabile ratione temporis), costituisce in capo al creditore ipotecario il diritto di far valere il suo privilegio sull'indennità, ma non opera alcuna sostituzione nell'individuazione dei soggetti cui corrispondere quest'ultima.

Il creditore ipotecario, potendo far valere il privilegio in suo favore nascente dall'ipoteca soltanto sulle somme che siano state corrisposte o siano ancora da corrispondere all'originario suo debitore, perché assoggettato alla procedura di espropriazione per pubblica utilità, non potrà né conseguire alcuna condanna in proprio favore nei confronti dell'espropriante, né tanto meno procedere in executivis contro di lui. Al contrario, il creditore ipotecario potrà pignorare, in luogo de bene già oggetto dell'ipoteca, soltanto le somme o i crediti che costituiscono il corrispettivo del provvedimento conclusivo - autoritativo o negoziale poco importa - della procedura di espropriazione per pubblica utilità; e certamente tanto non potrà fare in danno dell'espropriante e giammai con le forme dell'espropriazione immobiliare - e neppure ai sensi dell'art. 602 cod. proc. civ. e segg. - sull'immobile già oggetto dell'ipoteca, ma ormai legittimamente reso estraneo al patrimonio del debitore e sottratto alla pignorabilità dipendente dal diritto di sequela.

Il creditore ipotecario può pignorare, in luogo de bene già oggetto dell'ipoteca, soltanto le somme o i crediti che costituiscono il corrispettivo del provvedimento conclusivo - autoritativo o negoziale poco importa - della procedura di espropriazione per pubblica utilità; e certamente tanto non potrà fare in danno dell'espropriante (che, ove possa configurarsi un suo residuo credito diretto di corresponsione del residuo - credito escluso in caso di indennità e provvedimento autoritativo, ma possibile in caso di cessione volontaria - ed a tutto concedere, potrà assumere la qualità di terzo pignorato).

SOGGETTI --> TERZI AVENTI DIRITTO --> ENFITEUTA

L'art. 963 cod. civ. sancisce la piena autonomia dei due diritti reali in considerazione (proprietà ed enfiteusi) ed in applicazione di essa la Corte di Cassazione ha, da tempo, chiarito che la regola secondo cui l'"indennità di esproprio" va ripartita tra il concedente e l'enfiteuta in proporzione del valore dei rispettivi diritti, costituisce un principio generale applicabile anche al fine della ripartizione, fra detti soggetti, del "risarcimento del danno".

E' certamente vero che a norma dell'art. 965 cod. civ. l'enfiteuta ha la piena disponibilità giuridica del solo diritto enfiteutico e non può, pertanto, trasferire ad altri un diritto diverso come quello di proprietà del fondo (che rimane ella disponibilità negoziale del concedente), ma, sotto il profilo del procedimento espropriativo e del diritto all'indennità di esproprio, la norma considera l'enfiteuta sullo stesso piano del concedenteproprietario, col quale è destinato a concorrere alla percezione dell'indennità in ragione del valore attribuibile ai relativi diritti.

Le disposizioni di cui agli artt. 16, 27 comma 2, 52 commi 1 e 2 della L. n. 2359/1865 (applicabile ratione tempor...
Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.