Il mutamento abusivo di destinazione d'uso

ABUSI EDILIZI --> INTERVENTI ABUSIVI, CASISTICA --> MUTAMENTO DESTINAZIONE D'USO

Gli articoli 52 e 53 della L.R. Lombardia n. 12/2005 vanno interpretati alla luce dei principi contenuti nella legge statale e, in particolare, in quelli contenuti nell'art. 32 e nell’art. 23-ter del T.U., i quali configurano come “variazioni essenziali” i mutamenti che determinano il passaggio a una diversa categoria funzionale e li rendono, dunque, sanzionabili ai sensi del precedente articolo 31.

Nella Regione Lombardia, il cambio di destinazione d’uso in questione non è punibile con la mera sanzione pecuniaria, bensì, ai sensi dell’art. 31 T.U. edilizia, con quella ripristinatoria. Residua dunque uno spazio di applicazione dell’art. 53, comma 2, L.R. n. 12/2005 per quelle fattispecie in cui il mutamento di destinazione d’uso, pur difforme dalle previsioni urbanistiche comunali, avvenga all’interno della medesima categoria funzionale.

Il mutamento di destinazione d'uso non autorizzato, attuato senza opere, comporta una c.d. variazione essenziale sanzionabile soltanto se ed in quanto comportante una sicura incidenza sui carichi urbanistici, ritenuta sussistente nel caso di afflusso (anche potenziale) generalizzato e periodico di una moltitudine di persone per ragioni di culto.

La sanatoria degli abusi consistenti nel mutamento della destinazione d’uso meramente funzionale può essere assentita solo allorquando, sulla base di elementi obiettivi, sia possibile verificare in concreto l’uso diverso da quello assentito.

In base all’art. 32, comma 1, lett. a) del d.P.R. n. 380 del 2001 il mutamento di destinazione d’uso non autorizzato comporta una cd. variazione essenziale sanzionabile se ed in quanto comportante una variazione degli standards previsti dal decreto ministeriale 2 aprile 1968. Il presupposto della mutamento di destinazione giuridicamente rilevante, ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, è dunque che l’uso diverso comporti un maggior peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

L’aggravio di servizi – quali, ad esempio: il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona; il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l’immobile rispetto a quello programmato e realizzato; l’incremento quantitativo e qualitativo dello smaltimento dei rifiuti conseguenti alla nuova attività ivi intrapresa – è l’ubi consistam del mutamento abusivo di destinazione d'uso che giustifica la repressione dell’alterazione del territorio in conseguenza dell’incremento del carico urbanistico come originariamente divisato nella pianificazione del tessuto urbano dall’amministrazione locale.

L'accertamento del mutamento di destinazione d'uso per difformità totale rispetto al titolo abilitativo dev'essere effettuato, nel caso di lavori in corso d'opera, sulla base dell'individuazione di elementi univocamente significativi, propri del diverso uso cui l'opera è destinata e non coerenti con l'originaria destinazione della medesima, posto che, giusta il disposto del D.P.R. n. 380 del 2001, art. 23-ter, la valutazione relativa alla tipologia di intervento e alla destinazione d'uso dell'immobile edificato deve rispondere al principio di cd."effettività", dovendo essere desumibile da circostanze di tipo oggettivo e non potendo discendere dai propositi soggettivi dei proprietari delle opere.

In base all'art. 23 ter DPR n. 380/2001, le categorie funzionali residenziale e rurale sono tra loro autonome e disomogenee, cosicché il passaggio dall’una all’altra, comportando un aggravio del carico urbanistico (atteso che la semplificazione delle attività edilizie voluta dal legislatore non si è spinta al punto di rendere tra loro omogenee tutte le categorie funzionali, le quali rimangono non assimilabili, a conferma della scelta già operata col d.m. n. 1444/1968), necessita del permesso di costruire ovvero della equipollente c.d. super-SCIA.

La sola trasformazione di un capannone, ubicato in zona destinata dagli strumenti di pianificazione urbanistica all'attività produttiva-artigianale, in luogo di culto non legittima l'adozione da parte del comune di un'ordinanza di chiusura dell'immobile e di ripristino dello stato dei luoghi: il mutamento di destinazione d'uso non autorizzato, attuato senza opere, comporta una c.d. variazione essenziale sanzionabile soltanto se ed in quanto comportante una variazione dei carichi urbanistici, ritenuta sussistente nel caso di afflusso (anche potenziale) generalizzato e periodico di una moltitudine di persone per ragioni di culto.

Anche il mutamento della destinazione d’uso senza opere non autorizzato, allorquando sia tale da determinare la realizzazione di un organismo edilizio integralmente diverso per caratteristiche di utilizzazione da quello oggetto del permesso, può giustificare la misura ripristinatoria che, beninteso, non implica la demolizione materiale dell’edificio, ma solo la sua riconduzione all’utilizzo conforme al titolo.

Il mutamento di destinazione di uso in una categoria funzionale diversa rispetto a quella originaria deve essere previamente assentito mediante il rilascio di permesso di costruire, in assenza del quale l’ordinanza demolitoria-acquisitiva di cui all’art. 31-32 D.P.R. n. 380/2001 risulta legittima in quanto coerente con la natura giuridica dell’abuso sanzionato.

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all'ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con la conseguenza che il mutamento non autorizzato che alteri il carico urbanistico integra una situazione di illiceità a vario titolo.

Il mutamento della destinazione d'uso da turistico-alberghiera a residenziale delle unità di un complesso ricettivo è senza dubbio rilevante trattandosi di categorie non omogenee (ex art. 23 ter c. 1, TU edilizia); pertanto in caso di alterazione della unitaria destinazione d’uso dell’immobile, con creazione di struttura edilizia completamente diversa da quella assentita (difformità totale) ed ammissibile in zona, consegue la piena legittimità della sanzione ripristinatoria.

La trasformazione abusiva dell’immobile destinato a magazzino e deposito in unità abitativa (appartamento residenziale) è un mutamento rilevante urbanisticamente perché intervenuto tra categorie urbanistiche diverse, essendo la destinazione a deposito e magazzino assimilabile a quella produttiva artigianale o, altrimenti, a quella commerciale, non certo a quella residenziale.

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile deve considerarsi urbanisticamente rilevante e, come tale, soggetto di per sé all'ottenimento di un titolo edilizio abilitativo, con la conseguenza che il mutamento non autorizzato che alteri il carico urbanistico, integra una situazione di illiceità a vario titolo.

Il presupposto del mutamento di destinazione d’uso giuridicamente rilevante ai fini della adozione della sanzione ripristinatoria è che l’uso diverso, ancorché senza opere, comporti un carico urbanistico effettivamente maggiore.

L'organizzazione del territorio comunale e la gestione dello stesso vengono realizzate attraverso il coordinamento delle varie destinazioni d'uso in tutte le loro possibili relazioni e le modifiche non consentite di queste incidono negativamente sull'organizzazione dei servizi, alterando appunto il complessivo assetto territoriale.

Per andare esenti da responsabilità penale non è sufficiente dimostrare che il mutamento della destinazione d'uso sia stato eseguito in assenza di opere edilizie interne, ma occorre dimostrare che il cambio della destinazione presenti il requisito dell'omogeneità, nel senso che sia intervenuto tra categorie urbanistiche omogenee perché il cambio, allorquando investe categorie urbanistiche disomogenee di utilizzazione, determina, come nella specie, un aggravamento del carico urbanistico esistente.

Sussiste il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, comma 1, lett. a) laddove l'attività di elaborazione dati relativi all'attività di giochi e scommesse, che le fonti comunali ammettono solo nelle zone produttive, sia svolta in un locale ubicato in una via non ricompresa nella zona produttiva, che era stato autorizzato per attività ad uso negozio.

I mutamenti di destinazione d’uso senza opere sono da considerarsi irrilevanti se intervenuti prima dell’entrata in vigore della legge n. 47/1985 (art. 25), in mancanza di una disposizione di legge regionale di segno contrario.

Gli abusi consistono non solo nel mutamento di destinazione bensì con l’abusivo incremento volumetrico di un immobile ricadente in zona vincolata all’interno della quale la disciplina urbanistica preclude aumenti volumetrici.

Laddove i titoli edilizi rilasciati siano coerenti con la destinazione urbanistica di zona, a fronte del mutamento di destinazione d’uso operato dai privati non vi è necessità alcuna di procedere al loro ritiro in autotutela, risultando gli stessi legittimi.

Sussiste un mutamento di destinazione d’uso nell'apposizione di macchinari in zona agricola se l’attività svolta con i predetti macchinari non è riconducibile ad una attività agricola, né ad una attività ad essa connessa.

La sanzione demolitoria è comunque prevista nel caso in cui il mutamento di destinazione venga a costituire una variazione essenziale rispetto al progetto approvato.

Il fatto che un immobile abbia ottenuto una concessione edilizia illegittima (nella specie per violazione delle altezze minime) non obbliga l'amministrazione a commettere ulteriori illegittimità, autorizzando un cambio di destinazione d'uso parimenti non consentito.

Il mutamento di destinazione d’uso in contrasto con il PRG determina una violazione dello strumento urbanistico che consente di ordinare la demolizione, in deroga alla regola generale di applicazione della sola sanzione pecuniaria agli illeciti commessi in relazione ad interventi sottoponili a DIA/SCIA ex art. 37, comma 1, d.P.R. n. 380/2001.

Il cambiamento di destinazione d’uso da un bene precedentemente autorizzato a locale agricolo adibito alla coltivazione dei funghi, in quanto tale interrato e, dunque, privo di volumetria calcolabile, a locale commerciale, sviluppa necessariamente nuova superficie utile e cubatura, determinando già solo per tale motivo la qualificazione dell’abuso come rientrante nel punto n. 1 della tabella allegata alla L. 47/1985.

Presupposto del mutamento di destinazione d’uso - giuridicamente rilevante ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito - è che l’uso diverso, ovviamente attuato senza opere a ciò preordinate, comporti un maggior peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

L’aggravio di servizi — quali, ad esempio, il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona; il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l'immobile - è l’ubi consistam del mutamento di destinazione che giustifica la repressione dell’alterazione del territorio in conseguenza dell’incremento del carico urbanistico come originariamente divisato, nella pianificazione del tessuto urbano, dall’Amministrazione locale.

Se in linea generale è esatto l’avviso secondo il quale il mutamento di destinazione d’uso senza opere non soggiace alla sanzione demolitoria (fatto salvo il ripristino dello stato dei luoghi) e l’esercizio di attività agrituristica in particolare non comporta cambio di destinazione d’uso degli edifici rurali, è doveroso precisare che ciò è predicabile relativamente ad immobili connotati di legittimità urbanistica originaria. Non può essere invece il cennato principio esteso ad interventi che accedano ad opere che siano già illegittime dal punto di vista urbanistico e per le quali penda ancora domanda di condono edilizio inesitata.

L'abuso commesso dal proprietario di un immobile, che destina a scopi commerciali una parte di esso con destinazione industriale, non vale in alcun caso ad imprimere allo stesso una destinazione formale diversa da quella risultante cartolarmente da atti amministrativi pubblici, di carattere urbanistico o catastale.

In tema di reati edilizi, il mutamento di destinazione d'uso senza opere è assoggettato a S.C.I.A., purché intervenga nell'ambito della stessa categoria urbanistica, mentre è richiesto il permesso di costruire per le modifiche di destinazione che comportino il passaggio di categoria o, se il cambio d'uso sia eseguito nei centri storici, anche all'interno di una stessa categoria omogenea.

Le sanzioni previste per il cambio di destinazione d'uso prive del titolo edilizio per esse previsto risultano giustificate dall'esigenza di scongiurare il pericolo di compromissione degli equilibri prefigurati dagli strumenti urbanistici in relazione al corretto e ordinato assetto del territorio.

Il mutamento di destinazione d'uso abusivo può essere punito con sanzione pecuniaria anziché con demolizione nel presupposto che la nuova destinazione d’uso sia compatibile con le previsioni urbanistiche di zona.

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44.

Il presupposto della mutamento di destinazione giuridicamente rilevante, ai fini dell’eventuale adozione della sanzione interdittiva del cambio di destinazione non consentito, è che l’uso diverso – ovviamente attuato senza opere a ciò preordinate – comporti un maggior peso urbanistico effettivamente incidente sul tessuto urbano.

L’aggravio di servizi – quali, ad esempio: il pregiudizio alla viabilità ed al traffico ordinario nella zona; il maggior numero di parcheggi nelle aree antistanti o prossime l’immobile rispetto a quello programmato e realizzato; l’incremento quantitativo e qualitativo dello smaltimento dei rifiuti conseguenti alla nuova attività ivi intrapresa – è l’ubi consistam del mutamento di destinazione d'uso che giustifica la repressione dell’alterazione del territorio in conseguenza dell’incremento del carico urbanistico come originariamente divisato nella pianificazione del tessuto urbano dall’amministrazione locale.

In tema di reati edilizi, per individuare il mutamento di destinazione d'uso (ad es. da bosco a parcheggio), ciò che rileva è la destinazione urbanistica dell'area, non essendo rilevante la destinazione di fatto.

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione in esso di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44 essendo irrilevanti le modifiche apportate dal D.L. n. 133 del 2014, art. 17 convertito in legge con modificazioni con L. n. 164 del 2014, al citato D.P.R. n. 380, art. 3 che, nell'estendere la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria al frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere, se comportante variazione di superficie o del carico urbanistico, richiede comunque che rimangano immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d'uso.

In tema di reati edilizi, la modifica di destinazione d'uso è integrata anche dalla realizzazione di sole opere interne anche perché le cosiddette "opere interne" non sono più previste nel D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, come categoria autonoma di intervento edilizio sugli edifici esistenti, e rientrano negli interventi di ristrutturazione edilizia quando comportino aumento di unità immobiliari o modifiche dei volumi, dei prospetti e delle superfici ovvero mutamento di destinazione d'uso.

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile attuato attraverso l'esecuzione di opere edilizie e realizzato dopo la sua ultimazione configura un'ipotesi di ristrutturazione edilizia che integra il reato di esecuzione di lavori in assenza di permesso di costruire (D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, art. 44, lett. b), in quanto l'esecuzione di lavori, anche se di modesta entità, porta alla creazione di un organismo edilizio in tutto o in parte diverso dal precedente.

La trasformazione di un sottotetto in mansarda, che è caratterizzata per sua naturale destinazione ad abitazione, costituisce mutamento della destinazione d'uso dell'immobile per il quale è necessario il rilascio del permesso di costruire, in assenza della quale il fatto integra l'ipotesi di reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, lett. b).

Il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, salva la possibilità di una verifica, in concreto di rispetto dei limiti della nuova progettazione presentata alla P.A. ai fini del rilascio del permesso in sanatoria.

In tema di reati urbanistici, il mutamento di destinazione d'uso di un immobile previa esecuzione di opere edilizie, senza il preventivo rilascio del permesso di costruire, integra il reato di cui al D.P.R. n. 380 del 2001, art. 44, essendo irrilevanti le modifiche apportate dall'art. 17 del D.L. n. 133 del 2014 (conv. in L. n. 164 del 2014) all'art. 3 al citato D.P.R. che, nell'estendere la categoria degli interventi di manutenzione straordinaria al frazionamento o accorpamento di unità immobiliari con esecuzione di opere, se comportante variazione di superficie o del carico urbanistico, richiede comunque che rimangano immutate la volumetria complessiva e la originaria destinazione d'uso.

Il mutamento della destinazione d’uso, con o senza opere a tanto preordinate, laddove non autorizzato integra una situazione di irregolarità che deve essere rilevata dall'amministrazione nell'esercizio del suo potere di vigilanza.

L'accertamento dell'illecito mutamento di destinazione d'uso può effettuarsi anche in corso d'opera sulla base della individuazione di elementi univocamente significativi, propri del diverso uso cui è destinata l'opera e non coerenti con la destinazione originaria.

Nei casi in cui si proceda al mutamento di destinazione d'uso di taluni immobili mediante l'esecuzione di opere il cui scopo è quello di renderle utilizzabili per finalità diverse da quelle origina...
Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.