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Il Federalismo «culturale» tra il Codice dei beni culturali e del paesaggio di cui al decreto 42/2004 ed il D.Lgs. 85/2010

La ristrutturazione del patrimonio culturale è perseguita mantenendo la potestà legislativa statale in ordine alla regolamentazione dell'ordinamento e dell'organizzazione amministrativa, sia dello Stato che degli altri enti pubblici nazionali, oltre a quella concorrente e residuale delle Regioni, aprendo al decentramento delle funzioni amministrative mediante attribuzione diretta dei beni culturali agli enti pubblici territoriali.

Il fine economico nel procedimento di dismissione del patrimonio pubblico immobiliare

Il concetto di valorizzazione del patrimonio pubblico immobiliare, ispirato dai più nobili principi costituzionali inerenti all'economicità, alla promozione, allo sviluppo sociale ed all'integrità territoriale, ha permesso l'attività di dismissione secondo lo schema della concertazione, senza peraltro rinunciare all'esercizio di quel potere pubblico tipico della norma di legge appositamente prevista per l'attuazione della destinazione d'uso a beneficio della collettività.

Abusi edilizi e abusi paesaggistici

Per "abuso edilizio" si intende generalmente un illecito che, a seconda dei casi, può assumere rilevanza penale o amministrativa, posto in essere da chi realizza un'opera edilizia in assenza delle prescritte autorizzazioni o su suolo non edificabile. Gli abusi paesaggistici sorgono ogniqualvolta vi sia una violazione del c.d. Codice del paesaggio.

Il procedimento di sanatoria degli abusi edilizi

Nel diritto amministrativo la sanatoria è un istituto con il quale la Pubblica Amministrazione sana l'illegittimità di un atto amministrativo mancante dei requisiti essenziali che avrebbe dovuto avere. In altre parole, tali requisiti si inseriscono successivamente e - di regola - si tratta dell'emanazione dell'atto omesso, come un'autorizzazione o un'approvazione.

Il primo condono edilizio: la legge n. 47/1985

L'art. 31 della L. 47/1985 esplica quali sono le opere con essa condonabili: si tratta delle opere ultimate entro il 1° ottobre 1983 ed eseguite senza licenza o concessione edilizia o autorizzazione a costruire prescritte da norme di legge o di regolamento, ovvero in difformità dalle stesse; in base a licenza o concessione edilizia o autorizzazione annullata, decaduta o comunque divenuta inefficace, ovvero nei cui confronti sia in corso procedimento di annullamento o di declaratoria di decadenza

Il secondo condono edilizio: la legge n. 724/1994

La legge n. 724/1994 "proroga" le disposizioni già stabilite dalla legge n. 47/1985. L'art. 39 della legge sul secondo condono afferma che le disposizioni di cui ai capi IV e V della l. 47/1985 si applicano alle opere abusive che risultino ultimate entro il 31 dicembre 1993, e che non abbiano comportato ampliamento del manufatto superiore al 30 per cento della volumetria della costruzione originaria ovvero, indipendentemente dalla volumetria iniziale, un ampliamento superiore a 750 metri cubi.

Il terzo condono edilizio disciplinato dall'art. 32 del Decreto Legge n. 269/2003

Rispetto ai precedenti, il terzo condono risulta per alcuni profili più ristretto, dal momento che, relativamente alle nuove costruzioni residenziali, pone un limite complessivo di 3.000 metri cubi ai volumi sanabili, e definisce analiticamente le tipologie di abusi condonabili, introducendo altresì alcuni nuovi limiti all'applicabilità del condono stesso, in aggiunta a quanto previsto negli artt. 32 e 33 della legge n. 47 del 1985.

L'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001

L'accertamento di conformità di cui all'art. 36 del d.P.R. n. 380/2001, a differenza del condono, è una disciplina di sanatoria "ordinaria" degli abusi edilizi; esso è un procedimento amministrativo a natura vincolata, in cui la Pubblica Amministrazione è priva di qualsivoglia discrezionalità. Ne deriva che essa dovrà limitarsi a verificare che siano rispettati i requisiti della norma per accogliere o denegare l'istanza del proprietario dell'area abusiva ovvero del responsabile dell'abuso.

Il sistema di regole che disciplinano il regime giuridico dei beni demaniali e patrimoniali pubblici

Ai sensi dell’art. 823, comma 1 c.c. i beni appartenenti al demanio pubblico, per qualità e caratteri intrinseci, non possono che essere inalienabili, inusucapibili ed imprescrittibili proprio in funzione del soddisfacimento dell’interesse superiore a cui sono protesi. L’incommerciabilità che ne deriva e la mancanza di potere di acquisto secondo i modi conosciuti dal sistema ordinamentale determinano nella “concessione” l’unica possibilità di riconoscere diritti a favore di terzi su tali beni.

Le forme di tutela dei beni pubblici: competenza e giurisdizione.

Nel panorama legislativo, sia la tutela esecutiva, come forma di difesa amministrativa, sia quella giurisdizionale, che afferma la competenza del giudice amministrativo, sono applicate conformemente sia ai beni demaniali, che a quelli appartenenti al patrimonio indisponibile, ma sono completamente disattese per quelli rientranti nel novero del patrimonio disponibile.

Il procedimento di dismissione immobiliare: la sdemanializzazione

Il concetto di dismissione del patrimonio pubblico può essere introdotto come procedimento prodromico non solo dell’attività di alienazione del bene, ma anche di tutte le altre conseguenze previste e regolarizzate dal legislatore, quali ad esempio l’espropriabilità o la sua usucapibilità, che fanno capo alla sdemanializzazione patrimoniale.

La gestione del patrimonio disponibile ed il fenomeno del "federalismo demaniale"

La gestione dei beni annoverati come disponibili è sottoposta alle regole di diritto privato, in effetti questi beni possono essere sottratti al loro impiego senza alcuna particolare procedura, in modo particolare se non sono stati destinati a specifici fini istituzionali la libertà d’impiego è caratterizzata soltanto da eventuali procedure di evidenza pubblica per ciò che concerne la scelta del contraente, altrimenti sono asserviti ai comuni contratti di locazione e comodato.

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