Trust e politiche antiriciclaggio: la sostituzione del trustee

La disciplina antiriciclaggio e la legge finanziaria 2007

Riciclare denaro significa dissimulare la provenienza illecita dello stesso per poi immetterlo nel circuito finanziario integrandolo con l’economia ufficiale.

Passi molto importanti sotto questo profilo sono stati compiuti dall’Unione Europea attraverso una serie di direttive e raccomandazioni.


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Gli obblighi antiriciclaggio sono imposti a coloro che intrattengono rapporti coni terzi e che chiedono di controllare il loro operato ai fini di antiriciclaggio.

Vi è una netta distinzione tra l soggetto che agisce e quello che controlla, e ciò lo si evince leggendo la definizione di cliente data dal D.Lgs. 231/2007, ossia «il soggetto che instaura rapporti continuativi o compie operazioni con i destinatari indicati agli articoli 11 e 14, ovvero il soggetto al quale i destinatari indicati agli articoli 11 e 13 rendono una prestazione professionale in seguito al conferimento di un incarico».


Il titolare effettivo del trust

La legge appena richiamata dal titolo del capitolo incide fortemente sulla disciplina dei trust interni, fornendo non solo delle linee guida per la definizione dei soggetti che vengono a contatto con l’istituto nel nostro ordinamento [1], anzi, imponendo degli adempimenti a carico dei professionisti che svolgono attività di costituzione e gestione di trust in Italia.

La disciplina vuole evitare che il trust venga “italianizzato” ai fini di eludere la legge, evadere i tributi, e riciclare denaro sporco proveniente da conti esteri, da reati o da società criminali.

Come già scritto, nella prassi i soggetti disponenti si affidano a delle società professionali, che si occupano della gestione di beni in trust, le c.d. trust companies .

Il disponente, in tale sede, viene chiamato “cliente” [2].

In un primo momento, il cliente (settlor) viene a contatto con un intermediario finanziario (o comunque un soggetto professionista [3]), il quale apre una breve istruttoria, al fine di verificare l’adeguatezza del cliente.


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Una volta che il trust viene costituito, il cliente esce di scena. Da questo momento in avanti il titolare effettivo dei beni posti in trust sarà identificato:


  • nei futuri beneficiari (qualora predeterminati) del 25% o più del patrimonio della società o della trust company. Qualora i beneficiari non siano stati individuati dal cliente, saranno titolari effettivi gli appartenenti alla categoria di persone nel cui interesse agisce l’entità giuridica che gestisce il trust;

  • nelle persone fisiche che esercitano un controllo pari o superiore al 25% sul patrimonio della società che gestisce il trust [8].

  • Importante è sottolineare che secondo il primo criterio la legge antiriciclaggio si riferisce ai titolari effettivi, in quanto futuri beneficiari anche se non ancora individuati, mentre il secondo criterio fa riferimento ai guardiani. Questo perché solo i soggetti che esercitano questo tipo di controllo sulla fiduciaria potranno vietare o influenzare le scelte del trustee (ossia della società stessa).


Questi criteri sono tra loro concorrenti, pertanto sono entrambi applicabili. Potrà, dunque, accadere che venga identificato più di un titolare effettivo, a seconda che siano applicabili entrambi e a seconda della specificità del trust [9].

Autorevole dottrina, sostiene che siano i titolari effettivi coloro che posseggono e controllano il cliente, dal momento che però il cliente (persona fisica) è uscito di scena al momento della costituzione del trust, deve considerarsi cliente il trust stesso [10].


Adempimenti antiriciclaggio del trustee sostituito

Vero è, come si è poc’anzi esposto, che il cliente è tecnicamente considerato il trust, tuttavia, esso necessita di un portavoce - persona fisica che conferisca il ruolo di trustee al soggetto subentrante.


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Parimenti, egli sarà tenuto ad indagare sui poteri eventualmente affidati ai beneficiari ed ai guardiani, per attestare che siano coerenti con la finalità del trust.

Qualora la legge straniera scelta come legge regolatrice non contenga le dovute cautele in materia di riciclaggio paragonabili a quella italiana, il trustee deve confermare che è stata data congrua motivazione giuridica a tale decisione.

Infine, il trustee sarà tenuto al controllo dell’operato svolto dal suo predecessore durante tutto l’arco del rapporto, e alla sua conformità con la normativa antiriciclaggio.

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Nel caso non sia possibile per il trustee eseguire l’adeguata verifica, la legge italiana impone allo stesso di interrompere il rapporto in corso con lo specifico cliente e il divieto di intraprendere nuovi rapporti con clienti per i quali non possa essere svolta l’adeguata verifica.

A tal proposito, l’art. 28 comma 7 ter [13] del D.Lgs. 21 novembre 2007 n. 231 impone ai professionisti un obbligo di astensione, qualora vengano a proporsi rapporti con società fiduciarie, trust, società anonime o controllate, attraverso azioni al portatore avente sede in paesi contenuti nella c.d. Black List [14].


Conservazione dei documenti nella disciplina antiriciclaggio

L’obbligo alla tenuta delle scritture contabili è imposto, oltre che dalla normativa tributaria, anche dall’art. 36 del D.Lgs. 21 novembre 2007 n.231.

La norma sopra citata prevede che i professionisti conservino obbligatoriamente i documenti e le informazioni che hanno acquisito durante l’indagine ai fini dell’adeguata verifica della clientela.

Lo scopo di tale norma è quello di rendere questi dati disponibili all’Autorità Giudiziaria, perché possa svolgere indagini su operazioni sospettate di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo o per corrispondenti analisi effettuate dall’UIF o altra Autorità competente [19].

Invero, i professionisti sono tenuti a conservare, per la durata di anni dieci dalla fine della prestazione professionale, tutti i dati concernenti l’adeguata verifica del cliente.

Per quanto riguarda, invece, tutte le operazioni e le prestazioni professionali, il professionista conserva le scritture e le registrazioni (o copie aventi efficacia probatoria analoga nei procedimenti giudiziari) per dieci anni dall’esecuzione dell’operazione o dalla prestazione professionale [20].


Comportamenti sospettati di riciclaggio

La Banca d’Italia, tramite l’Unità di Informazione Finanziaria (UIF), ha emesso un Comunicato il 2 dicembre 2013, al fine di mettere a fuoco i possibili comportamenti anomali che possono interessare i trust, particolarmente quelli interni.

Il Comunicato è rivolto, dunque, ai professionisti, i quali devono prestare la massima attenzione alla finalità dei trust che gestiscono, avendo il massimo riguardo per le operazioni che sono svolte all’interno del rapporto, di modo da individuare subito comportamenti sospettati di avere finalità elusive o di riciclaggio.

Il Comunicato dell’UIF descrive due tipi di anomalie, una di tipo soggettivo e una di tipo oggettivo.

Possono ritenersi comportamenti sospetti di riciclaggio sotto il profilo soggettivo:
  • la costituzione di un trust da parte di soggetti che versano in una situazione economica di difficoltà o prossima all’insolvenza, oppure sono stati in passato sottoposti a procedure fallimentari o analoghe, ovvero hanno un debito ingente nei confronti dell’Amministrazione Finanziaria;

  • la presenza nel trust di soggetti che sono sottoposti ad indagini;

  • la figura di un trustee il quale, dalle risultanze assunte in sede di adeguata verifica, si presenta palesemente inadeguato allo svolgimento dell’attività prevista nel trust;

  • la reticenza del trustee in merito al rendere documentazioni ed indicare i titolari effettivi, nonché lo scopo del trust medesimo;

  • coincidenza, rapporti di parentela, nonché di lavoro subordinato tra disponente e trustee, ovvero tra disponente e protector;

  • frequenza di rilascio, da parte del trustee, di deleghe ad operare in favore del disponente o di soggetti a lui prossimi;

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  • finalità del trust incongrue rispetto ai rapporti personali o economici intercorrenti tra il disponente e beneficiari;

  • presenza del disponente tra i beneficiari del capitale, ovvero unico beneficiario, specie se non è chiara la causa effettiva del trust;

  • dal punto di vista oggettivo, invece, potrebbe esservi un’anomalia qualora:

  • l’istituzione del trust sia stata fatta mediante scrittura privata autenticata o atto pubblico e, in un brevissimo lasso temporale, sia stato modificato l’atto istitutivo adottando una forma diversa;

  • la costituzione del trust sia avvenuta in un paese con il quale non vi è lo scambio di informazioni (i paesi contenuti nella c.d. Black List), soprattutto se il disponente o un beneficiario sono residenti in Italia o se il trust fund sia composto da un patrimonio immobiliare sito nel territorio nazionale;

  • il trust si trovi all’apice di una complessa catena partecipativa, specie se con diramazioni nei paesi presenti nella c.d. Black List;

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  • vi siano beni di dubbia provenienza specie nei trust opachi;

  • figurino aziende nel trust fund con indicazioni estremamente generiche sull’oggetto della loro attività;

  • vengano poste in essere delle operazioni finanziarie dal trustee non coerenti con lo scopo previsto nell’atto istitutivo del trust;

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  • siano elargite al guardiano delle somme non previste dell’atto costitutivo o cespiti da enti parte del trust fund.