L'allontanamento cautelare e l'imputabilità dello stalker

La misura dell’allontanamento cautelare dello stalker

Un valido strumento che consente di tutelare la vittima durante il processo è rappresentato dall’applicazione della misura cautelare dell’allontanamento dello stalker dalla propria abitazione (ex art. 282-bis c.p.p. [1]), che si traduce in un vero e proprio sfratto, sola o congiunta al divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla vittima (ex art. 282-ter c.p.p.) [2]

Non risulta applicabile, invece, il divieto e obbligo di…



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Al riguardo il Tribunale di Milano [4] ha precisato che «la prescrizione di non dimorare in un determinato luogo e di non accedervi senza l’autorizzazione è preordinata a vietare all’indagato di dimorare in un determinato luogo, inteso come territorio del comune di dimora abituale al fine di assicurare un controllo più efficace nel territorio di una frazione del comune o nel territorio di un comune viciniore. Ne deriva che è illegittimo il provvedimento che applichi la misura di cui all’art. 283 c.p.p. al fine di vietare all’indagato di accedere in alcuni specifici edifici».

Non si comprenderebbe altrimenti l’introduzione dell’art. 282-bis che prevede prescrizioni più specifiche di allontanamento dalla casa familiare e divieto di avvicinamento in luoghi determinati.

Per una corretta distinzione tra le misure applicabili, quella di cui all’art. 282-bis e quella del successivo art. 282-ter, sovviene una recente pronuncia della Suprema Corte [5] che ha precisato come «la misura cautelare in analisi (art. 282-ter), per effetto del d.l. n. 11/2009, ha assunto una dimensione articolata in più fattispecie applicative, graduate in base alle esigenze di cautela del caso concreto.…



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...la vittima in qualsiasi luogo in cui la stessa si trovi, è prevista la possibilità di individuare la stessa persona offesa, e non i luoghi da essa frequentati, come riferimento centrale del divieto di avvicinamento».

Vediamo alcuni esempi:

L’ufficio gip del tribunale di Milano [6] ha disposto la misura dell’allontanamento dall’abitazione (ex art. 282-bis) per una condomina indagata del delitto di cui all’art. 612-bis perché ogni notte provocava rumori molesti, urlando e martellando su ogni superficie, spostando mobili, gettando oggetti dalla finestra.

A ciò aggiungeva…



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In un altro caso il Tribunale di Padova [7] ordinava il divieto di avvicinamento alle vittime ex art. 282-ter (con prescrizione di mantenere una distanza di almeno 500 m dai luoghi frequentati dai denuncianti) per un condomino che persisteva nell’attuare condotte recanti molestia e disturbo al riposo dei vicini, tenendo lo stereo ad alto volume, urlando, spostando mobili, rompendo oggetti, il tutto specie di notte, e offendendo e minacciando di morte i condomini che incontrava.

La cronaca è ricca di casi analoghi e la consultazione di testate giornalistiche cartacee o online o la visione di telegiornali possono darci contessa della diffusività del fenomeno.

Di recente, in provincia di Matera, vi è stata un’applicazione congiunta delle misure di cui agli artt. 282-bis e 282-ter a carico di una coppia di condomini che da anni avevano vessato due anziani coniugi residenti nello stesso stabile con ingiurie, minacce, percosse e lesioni e con dispetti di vario genere, procurando loro stati ansiogeni e attacchi di panico e costringendoli a cambiare casa per alcuni periodi.

O si può fare riferimento al caso di un 49enne padovano affetto da disturbi psichici che molestava tutti i condomini dello stabile con minacce, urla e scritte inneggianti all’odio razziale.



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In tutti questi episodi l’applicazione della misura cautelare è legittimata dalla presenza, oltreché di un quadro gravemente indiziario che consente di imputare il fatto al soggetto con un grado di qualificata probabilità, anche di quelle esigenze cautelari che legittimano la compressione della libertà di movimento del presunto stalker.

In particolare, ricorre l’esigenza di difesa della collettività prevista dall’art. 274 lett. c) c.p.p. e consistente nel fondato pericolo che la libertà consenta al soggetto la reiterazione del delitto.

Infine, come già detto, la riforma del…



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Le misure cautelari previamente descritte possono, infatti, essere violate e, in tale evenienza, è sempre bene avvisare immediatamente le forze di polizia. La violazione delle prescrizioni comporta, infatti, una conversione della misura nella specie più grave.


Stalking e imputabilità

Un limite alla risposta sanzionatoria dello Stato contro l’autore del delitto di stalking è rappresentato dal requisito soggettivo dell’imputabilità, per la quale il codice penale prevede alcune cause di esclusione.

In particolare, l’imputabilità è definita come «capacità di intendere e di volere», ossia l’idoneità del soggetto agente ad autodeterminarsi nella consapevole percezione del significato delle proprie azioni e delle relative conseguenze. Tale capacità può essere esclusa o grandemente scemata al ricorrere di determinate condizioni espressamente codificate, con conseguente assoluzione dell’imputato o diminuzione della misura di pena applicabile [8].

Le cause di esclusione o diminuzione della capacità suddetta, che ci interessano per l’argomento trattato, sono indicate negli artt. 88 e 89 c.p. [9], rispettivamente disciplinanti il vizio di mente totale e parziale. Tali stati possono compromettere la capacità naturale del soggetto azzerandola o diminuendola.

Accade sovente che chi pone in essere condotte persecutorie sia affetto da sindromi maniacali e ossessive, che possono risultare da compromissioni della sfera psichica, incidenti in diversa misura sulla capacità di autodeterminarsi.

Ci si è chiesti che cosa debba intendersi con il concetto di infermità utilizzato nella descrizione normativa dello stato mentale viziato, se cioè la stessa ricomprenda le sole malattie mentali clinicamente accertabili, ovvero debba riferirsi a qualsiasi alterazione del quadro psichico anche se non nosograficamente inquadrabile, come i gravi disturbi della personalità, purché idonei a compromettere la capacità di intendere e volere.

Le Sezioni Unite hanno risolto tale enigma chiarendo che…



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Ne consegue che nessun rilievo, ai fini dell’imputabilità, deve essere dato ad altre anomalie caratteriali o alterazioni e disarmonie della personalità che non presentino i caratteri sopra indicati, nonché agli stati emotivi e passionali, salvo che questi ultimi non si inseriscano, eccezionalmente, in un quadro più ampio di “infermità”». [10]

Tale dato impone, dunque, all’interprete di verificare, nel giudizio sulla colpevolezza, eventuali vizi che abbiano inciso sulla capacità di autodeterminazione responsabile del soggetto al momento della commissione del fatto di reato, non conferendo, però, alcun rilievo agli stati emotivi e passionali, laddove non…



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Nella determinazione del trattamento penale occorre distinguere:


  • il vizio totale di mente consente il proscioglimento dell’imputato che, se considerato socialmente pericoloso [11] a seguito di specifico accertamento, è sottoposto alla misura di sicurezza dell’ospedale psichiatrico giudiziario.

  • il vizio parziale di mente, invece, non escludendo del tutto l’imputabilità, importa solo una diminuzione della pena cui si aggiunge, sempre in caso di accertamento della pericolosità sociale, la misura di sicurezza dell’assegnazione ad una casa di cura e custodia, che si esegue una volta scontata la pena.