Il reato di stalking esteso al condominio

Il termine inglese stalking [1] è ormai invalso nel linguaggio giuridico corrente ad indicare ciò che il legislatore ha tipizzato nel reato di atti persecutori di cui all’art. 612 bis c.p [2] ed, invero, l’anglicismo è perfettamente traducibile col termine persecuzione.

Nella scelta terminologica di tale reato è riassunta la dinamica attuativa dello stesso. Infatti, la condotta di stalking si sostanzia in una serie di comportamenti di minacce e molestie reiterate, perpetrati nonostante l’opposizione del destinatario ed inseriti in un più profondo disegno persecutorio.

Si tratta, dunque, di una fattispecie complessa che ricomprende…



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Per una corretta individuazione del reato in questione il discrimine con le molestie semplici è rappresentato oltre che dal susseguirsi iterato delle medesime condotte, dalla produzione di una serie di effetti pregiudizievoli per la vittima, di natura psichica, anche combinati a riflessi somatici quali depressione, insonnia, stati d’ansia, stati fobici e ossessioni, che possono tradursi in un vero e proprio danno psichico o in quello che la scienza medica definisce danno post-traumatico da stress [4].

Il danno occorso alla vittima dev’essere direttamente consequenziale alle minacce e molestie poste in essere dallo stalker, non risultando in caso contrario alcuna imputazione a titolo di atti persecutori. Non pare, dunque, sufficiente la mera idoneità lesiva delle condotte moleste, anche alla luce della gravità della risposta sanzionatoria giustificata, bensì, dall’accertamento di un’effettiva lesione [5].

Il fenomeno dello stalking è stato preso in considerazione a partire dagli anni ‘80, anche se limitatamente ai casi di molestie assillanti aventi come vittime le celebrità dello spettacolo e dello sport (il c.d. star-stalking).

Negli anni successivi ha conosciuto una crescita esponenziale…



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Tale dato è indice rivelatore di un allarmante quadro sociale riflesso e prodotto di un substrato culturale che fatica a dissolversi: l’eredità di una cultura patriarcale che ha trasmesso alla mentalità comune l’idea di una donna asservita all’uomo e confezionata in un ruolo sociale irrifiutabile.

Al di fuori del contesto affettivo/familiare, le categorie più esposte sono quelle dei professionisti che svolgono un’attività di assistenza come medici, psicologi, operatori sociali, avvocati e magistrati e che sono maggiormente a contatto con realtà difficili e soggetti pericolosi, destabilizzati o semplicemente più deboli.

Questi caratteri possono essere considerati alcuni dei segni particolari della figura dello stalker, anche se risulta impossibile tracciare un identikit tipizzante e universale a causa della disomogeneità connaturata allo stesso fenomeno.

Lo spettro di comportamenti che connotano una dinamica persecutoria è assai variegato e comprende: appostamenti, pedinamenti, tentativi di comunicazione e contatto ossessivi tramite lettere, sms, e-mail, telefonate, ma anche condotte più gravi come minacce alla vittima o a suoi prossimi congiunti, diffusione di informazioni oltraggiose a carico della vittima, fino a sfociare talvolta e purtroppo nei delitti di lesioni o omicidio.

La letteratura scientifica ha tentato di enucleare alcune caratteristiche ricorrenti della figura dello stalker , individuando cinque tipologie in base ai bisogni e desideri che fanno da motore motivazionale alle singole condotte [6]:


  • «Il risentito»: il soggetto che lo incarna è sospinto dal desiderio di vendetta per un torto subito che lo rafforza nel convincimento di agire giustamente.

  • «Il bisognoso d’affetto»: lo stalker, in tal caso, è alla ricerca spasmodica di una relazione d’amicizia o d’affetto e indirizza i suoi bisogni e le sue richieste su di un partner idealizzato. Il rifiuto della vittima è interpretato come una tattica per stimolare il corteggiamento ed è per questo che lo stalker continua ad insistere ad oltranza, sino all’ossessione.


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  • «Il predatore»: si tratta di una categoria che racchiude i molestatori desiderosi di avere un rapporto sessuale con la vittima e che trovano eccitazione nella costruzione del programma persecutorio e nella paura dimostrata dal loro bersaglio.


C’è da dire che non tutti gli autori di stalking sono previamente individuabili, anzi il più delle volte si presentano come persone normalissime, senza precedenti penali e privi di disturbi psichici visibili. La congiuntura di plurime situazioni critiche e frustranti possono rappresentare per chiunque la stura per abbandonarsi ad atti persecutori.

Come anticipato, il quid proprii di tale figura delittuosa è rappresentato dal carattere ripetuto e reiterato delle condotte che sia tale da conferire all’atteggiamento dello stalker una nota di abitualità e alle offese subite dalla vittima natura seriale.

Il legislatore non ha, però, specificato il numero minimo di atti necessari ad integrare una condotta persecutoria, lasciando pertanto all’apprezzamento del giudice la determinazione di tale fondamentale requisito.

Inoltre, lo stillicidio delle condotte assillanti dev’essere scientemente e volontariamente diretto a produrre uno degli effetti previsti dalla norma: in alternativa, «un perdurante e grave stato d’ansia o di paura, un fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona legata da una relazione affettiva, una costrizione ad alterare le proprie abitudini di vita».

Il notevole allarme sociale generato da tale fenomeno e le insistenti richieste di maggiore sicurezza…



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Un’altra modifica di rilievo che tutela la vittima da se stessa e dalle sue paure è l’introduzione dell’irrevocabilità della querela per i casi di reato aggravato ai sensi del secondo comma, mentre nelle altre ipotesi la querela può essere rimessa solo processualmente, dinanzi all’autorità giudiziaria.