Tutela civilistica alle molestie condominiali: l’inibitoria, il ricorso d’urgenza e l’azione di manutenzione

Passiamo ora a trattare dei rimedi giurisdizionali cui si deve, in definitiva, ricorrere qualora siano risultati vani gli espedienti stragiudiziali (richiami verbali, diffide dell’amministratore o del legale, esposti ecc..) che, come raccomandato, devono precedere le azioni giudiziali purtroppo deleterie per rapporti già incrinati.

Qualora si decida di adire l’autorità giudiziaria si devono innanzitutto mettere in conto…



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A tal proposito giova premunirsi con registrazioni (in caso di immissioni rumorose) e testimoni che attestino la veridicità delle molestie subite. Altrettanto importante è assicurarsi un intervento delle forze dell’ordine, contestuale ai rumori, il cui verbale che può essere allegato all’atto introduttivo dell’eventuale giudizio rappresenterà un primo indizio corroborante l’attendibilità dei fatti oggetto di doglianza.

In sede civile il parametro di valutazione delle immissioni –lo si ripete- è quello della normale tollerabilità ex art. 844 c.c., la quale, rappresentando il presupposto per l’inibitoria, [1] sarà oggetto di un previo accertamento in giudizio.

Pertanto, il condomino che vuole intentare una causa contro il vicino molesto…



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In caso di esito negativo sarebbe avventato procedere legalmente, non potendo esitarne alcun beneficio.

Il condomino molestato dalle immissioni ha a disposizione due distinte azioni [2]:


  • l’azione inibitoria ex art. 844 c.c. che rientra tra le azioni negatorie a tutela della proprietà ai sensi dell’art. 949 c.c. [3] e mira, previo accertamento dell’intollerabilità, a far cessare le altrui molestie o turbative che diminuiscono l’uso o il godimento del bene.


Tale norma, dapprima considerata esclusivamente quale baluardo del diritto di proprietà, è stata poi oggetto di una lettura costituzionalmente orientata che ne ha permesso l’applicazione analogica per la tutela del fondamentale diritto alla salute, ricomprendente il diritto alla qualità della vita e alla salubrità dell’ambiente.


  • L’azione risarcitoria per la riparazione di tutti i danni subiti e subendi.


Più precisamente, attraverso la generale azione di responsabilità aquiliana ex art. 2043 c.c., in combinato disposto con l’art. 32 Cost., è possibile ottenere la tutela risarcitoria in relazione al danno biologico eventualmente patito.

Tale danno si concretizza nella lesione del diritto alla salute, inteso come diritto all’integrità e al benessere psico-fisico dell’individuo.

Di recente…



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Attraverso l’art. 2059 c.c. è, invece, possibile ottenere il risarcimento dell’altro danno non patrimoniale, sub specie di danno morale soggettivo (il c.d. pretium doloris), purché il bene leso sia costituzionalmente tutelato.

Ad esempio, non è stato riconosciuto il diritto al risarcimento del danno morale per il condomino leso nella propria tranquillità domestica dai rumori provenienti da un ristorante attiguo alla sua abitazione.

Il giudicante, pur riconoscendo una tutela inibitoria per le immissioni ritenute intollerabili, ha però escluso il risarcimento del danno non patrimoniale perché, proprio in presenza di una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 2059 c.c., non è possibile individuare un diritto della persona alla tranquillità domestica. [5]

In un diverso caso due coniugi si sono visti citare in giudizio dai condomini residenti al piano sottostante, poiché le continue e prolungate esercitazioni al pianoforte delle due figlie, iscritte entrambe al conservatorio, erano per i vicini motivo di grande disagio e disturbo.

Gli attori avevano chiesto la condanna dei convenuti ad eseguire opere di insonorizzazione, a cessare dall’uso del pianoforte o a limitarlo a determinate ore del giorno ed a risarcire i danni biologici e morali, oltreché patrimoniali causati al capofamiglia, un professionista che aveva adibito a studio alcune stanze dell’appartamento.

I giudici della Suprema Corte hanno, in tal caso, ritenuto legittimo il risarcimento dei danni morali…



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Il tribunale di Firenze [8] ha, ad esempio, riconosciuto il risarcimento del danno esistenziale (sub specie di danno non patrimoniale) ad una condomina che ha subito, per oltre cinque anni, infiltrazioni di acqua piovana all’interno dell’immobile di sua proprietà, nonostante le numerose richieste e diffide inoltrate sia all’amministratore, che agli altri condomini, per ottenere lavori di manutenzione e impermeabilizzazione del tetto.

Ottenuta tale riparazione, attraverso un provvedimento d’urgenza, parte attrice chiedeva il risarcimento dei danni patrimoniali e non (morali, biologici, ed esistenziali) derivanti dalla vicenda.

Il giudicante, pur ricomprendendo il danno esistenziale nella più ampia categoria del danno non patrimoniale, in ossequio al diktat delle Sezioni Unite del 2008, nella famosa sentenza San Martino, [9] ne ha riconosciuto la risarcibilità (in assenza di un danno all’integrità psico-fisica) nella lesione del diritto di proprietà, inteso quale diritto fondamentale della persona in base all’art. 1 del primo protocollo aggiuntivo alla CEDU.

Tale lettura è resa possibile dalla stessa citata pronuncia delle Sezioni Unite…



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Analogamente, in una sentenza recente, il Tribunale di Monza [10] ha dovuto pronunciarsi sul risarcimento dei danni non patrimoniali per la muffa causata da infiltrazioni provenienti dalle pareti perimetrali comuni.

Anche in questo caso è stata riconosciuta la risarcibilità del danno esistenziale, sub specie di danno non patrimoniale, per il peggioramento dello stile di vita dovuto all’inadeguatezza dell’appartamento a funzione abitativa, a causa delle infiltrazioni.

Col medesimo ragionamento esposto dal Tribunale di Firenze, nella sentenza innanzi esaminata, il Tribunale di Monza riconosce dignità di diritto fondamentale alla proprietà che va tutelata ogniqualvolta un danno ingiusto (rappresentato, in tal caso, dalle infiltrazioni) crei un non trascurabile disagio nel godimento del bene.

Le due azioni (inibitoria e risarcitoria) sono distinte, ma ciononostante cumulabili tra loro.

L’interessato deve rivolgersi al Giudice di pace (art. 7 c.p.c.) per ottenere il rispetto dell’art. 844 c.c. senza che sia necessaria l’assistenza di un patrocinatore legale. In questa materia il G.d.P è competente qualsiasi sia il valore della controversia. [11]

Il giudizio è attivato attraverso la proposizione…



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In via istruttoria, si può avanzare richiesta di ammissione di una consulenza tecnica d’ufficio che svolga i necessari rilievi.

Accanto all’azione ordinaria vi è una via alternativa o contestuale che consente di tutelare più rapidamente i propri interessi.

Contemplata nell’art. 700 c.p.c. [13], tale azione consiste nel presentare un ricorso d’urgenza al Tribunale contro le molestie intollerabili, in presenza di esigenze indifferibili di tutela della salute che, quale bene primario irriducibile, riveste un ruolo fondamentale nella tematica in questione.

Attraverso tale rimedio è possibile ottenere, nell’immediato, provvedimenti provvisori di inibitoria, nell’attesa dei lunghi tempi del processo. Ma dopo la riforma del 2005 [14] il provvedimento d’urgenza conserva efficacia anche laddove non sia stato coltivato il giudizio o non si sia giunti ad una sentenza di merito. Per questo motivo tale strumento è utilizzato sempre più frequentemente.

A tale rimedio, ad esempio, hanno fatto ricorso un gruppo di condomini di un palazzo ubicato vicino ad una parrocchia, lamentando l’intollerabilità del suono delle campane e dei rumori provenienti dall’oratorio.

Il tribunale di Roma adito ha emesso un provvedimento d’urgenza in favore dei condomini richiedenti, disponendo un’inibitoria negativa, consistente nella limitazione delle emissioni sonore delle campane e degli orari di utilizzo dei locali parrocchiali.

In un altro caso riguardante le immissioni di odori…



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Il tribunale designato, accertata l’entità delle lamentate immissioni tramite relazione del c.t.u., ordinava in via d’urgenza la chiusura dei locali del ristorante, fino all’apprestamento delle misure necessarie all’abbattimento delle immissioni.

Infine, un’ultima azione da considerare è quella di manutenzione - contemplata nell’art. 1170 c.c [15]. - che ha una larga applicazione nella materia condominiale e consente, al pari del ricorso d’urgenza, di raggiungere più celermente una misura rimediale di contrasto alla turbativa in atto.

Si tratta di un’azione posta a difesa del possesso contro molestie e turbative che rendono più gravoso il godimento del bene.

Il suo esercizio è subordinato al ricorso di due presupposti fondamentali:


  • la molestia che può consistere, tanto in un’attività materiale quanto in un’attività giuridica;

  • l’animus turbandi, ossia la volontà di compiere un atto che arrechi pregiudizio al possesso altrui.


La molestia che legittima il ricorso a questa forma di tutela può, dunque, essere di diritto o di fatto.

La molestia di fatto si concretizza in un’attività materiale di disturbo dell’altrui possesso che determina un mutamento esteriore del preesistente stato di fatto. Ne sono un esempio le innovazioni vietate, lo scarico di liquami e rifiuti e le immissioni di fumo.

La molestia di diritto, invece, consiste in una dichiarazione contenuta in un atto giudiziale o stragiudiziale volta a contestare l’altrui possesso.

La legittimazione attiva spetta solo al possessore che può chiedere la manutenzione del possesso medesimo entro l’anno dalla turbativa, a pena di decadenza.

L’azione di manutenzione si articola in due fasi: la prima di natura sommaria avente ad oggetto l’emanazione di provvedimenti immediati, e la seconda intesa ad attuare in via definitiva la tutela possessoria richiesta.

Vediamo qualche esempio.

Accade spesso che alcuni condomini realizzino di propria iniziativa opere che rappresentano delle…



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Nel caso sottoposto all’attenzione del Tribunale di Lamezia Terme un condominio aveva proposto azione di manutenzione avverso due condomine, l’una per avere collocato delle inferriate al primo piano dell’appartamento di sua proprietà e l’altra per aver abbattuto la parete che separava la porta d’ingresso della propria abitazione dalla finestra, con conseguente ampliamento delle superfici vetrate e creazione di un unico corpo porta-finestra.

All’esito della fase interdittale il giudice emetteva apposita ordinanza in cui accoglieva la domanda proposta, qualificata come azione di manutenzione, disponendo il ripristino dello stato dei luoghi mediante rimozione delle opere realizzate.

Nel merito il Tribunale confermava la natura molesta delle condotte poste in essere dalle due condomine, perché «le facciate ed il relativo decoro architettonico costituiscono un modo di essere dell’immobile e, conseguentemente, un elemento del modo di godimento da parte dei loro possessori».

Pertanto, «la modifica della facciata, implicando un’interferenza nel godimento medesimo, può determinare un’indebita molestia, suscettibile di salvaguardia possessoria» quando, come nel caso di specie, incida in modo rilevante sull’aspetto dell’edificio compromettendolo, con conseguente danno estetico. [16]

Costituisce turbativa del possesso sia il comportamento del compossessore che ponga in essere una innovazione della cosa comune comportante una limitazione nelle facoltà di godimento altrui, sia l’attività del compossessore che turbi il godimento altrui rendendone più gravose le modalità di esercizio.



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Argomentando nel merito (con limitato riferimento al vano scale ancora occupato) il giudicante ha stabilito che il pianerottolo è componente essenziale delle scale comuni, avendo esso funzionale destinazione al migliore godimento dell’immobile da parte di tutti i condomini, e non soltanto dell’occupante l’unità abitativa che vi si affaccia. Per tale ragione può essere trasformato dal proprietario dell’appartamento prospiciente in una pertinenza di fatto del medesimo [17].

Per la tutela possessoria da immissioni si può fare riferimento alla recente sentenza del Tribunale di Taranto, [18] che ha deciso in merito all’azione di manutenzione esercitata da alcuni condomini a fronte della molestia costituita dalle immissioni di fumo, per loro pregiudizievoli, provenienti dalla canna fumaria del locale di ristorazione sito a piano terra.

Secondo i giudici di merito, i ricorrenti hanno agito correttamente ex art. 1170 c.c., dal momento che il mancato rispetto delle prescrizioni regolamentari in tema di distanze dei camini ed opere simili dalle abitazioni, al fine di preservarle da ogni danno alla solidità, salubrità e sicurezza, può integrare una molestia possessoria. Da qui l’accoglimento della domanda in ordine all’eliminazione della sezione finale di sfiato della cappa.

Legittimati attivi alla proposizione dell’azione civile sono tanto i titolari del diritto di proprietà, quanto i facultati a vario titolo al godimento del bene immesso [19].

Più difficile da ammettere è stata la legittimazione dei titolari dei diritti personali di godimento, data la natura reale dell’azione in questione. La Suprema Corte [20] ha, però, osservato che il secondo comma dell’art. 1585 c.c. attribuisce al conduttore la facoltà di agire in nome proprio contro i terzi che, senza pretendere di avere diritti sul bene, arrecandogli molestie, gli diminuiscono l’uso o il godimento della cosa.

A fortiori la medesima Corte ha sottolineato che «non può esservi diritto di godimento…



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Qualora, infatti, si richieda in giudizio un’inibitoria negativa, volta cioè solamente a far cessare la turbativa, nulla questio.

Nell’ipotesi di inibitoria positiva, invece, che imponga un facere comportante una rilevante trasformazione dell’immobile, eseguibile solo dal proprietario, quest’ultimo concorrerà in giudizio col suo avente causa [21].