L'articolo 5 bis del DL 333/1992: le limitazioni alla proprietà privata

Nel nostro paese, alla diffusa mancanza di rispetto per la cosa pubblica, fa da contraltare, sottotraccia, una sfiducia di sistema nei confronti della proprietà privata, il “terribile diritto” come l’ha definita Stefano Rodotà, che si cerca di imbrigliare in tutti i modi.

Secondo la definizione dell’articolo 832 del codice civile, la proprietà è il diritto che consente al suo titolare «di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento». L’articolo 42 comma 2 della Costituzione dispone che «la proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurarne la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti».

L’articolo 43 della Costituzione consente al legislatore di riservare originariamente o trasfe... _OMISSIS_ ..., ad enti pubblici o a comunità di lavoratori determinate imprese o categorie di imprese relative a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio con carattere di preminente interesse generale. L’articolo 44 comma 1 della Costituzione stabilisce che «al fine di conseguire il razionale sfruttamento del suolo e di stabilire equi rapporti sociali, la legge impone obblighi e vincoli alla proprietà terriera privata, fissa limiti alla sua estensione secondo le regioni e le zone agrarie, promuove ed impone la bonifica delle terre, la trasformazione del latifondo e la ricostituzione delle unità produttive; aiuta la piccola e la media proprietà.» [1].

Fin da queste disposizioni fondamentali del nostro ordinamento, e in particolare dal fraseggio costituzionale, frutto del superamento della «visione pre-moderna di uno Stato mediatore tra interessi proprietari, di per sé collocati fuori dalla sua portata» ... _OMISSIS_ ...e constatare come la possibilità del proprietario di disporre e godere del bene non sia illimitata, bensì assoggettata a limiti e obblighi di vario genere individuati allo scopo di conseguire un equilibrio tra i contrapposti interessi dell’individuo e della comunità, nel segno del primato del principio dell’uguaglianza sostanziale su quello della libertà individuale.

Il XX secolo è stato segnato dalla limitazione inarrestabile della proprietà privata [3], dalla progressiva espansione e sofisticazione dei vincoli, in una prospettiva nuova rispetto alla precedente tradizione liberale concentrata sull’individuo, a sua volta radicalmente sovvertitrice, in chiave rivoluzionaria e libertaria, della concezione pre-illuministica della proprietà privata come diritto del suddito concorrente con una pluralità di altri diritti e vincoli insistenti sulle medesime risorse [4]: si ponga mente al fatto che l’articolo 436 del codice civile ... _OMISSIS_ ...65, ricalcato sulla formula dell’articolo 544 del Code Napoléon del 1804, definiva la proprietà come « il diritto di godere e di disporre delle cose nella maniera più assoluta, purché non se ne faccia un uso vietato dalle leggi o dai regolamenti ».

Dunque prima del 1942, anno in cui fu approvato il codice civile attuale, si ragionava in termini di assolutezza della proprietà, i cui limiti erano considerati eccezionali e inestensibili per analogia; dopo il 1942 prevalse la tendenza ad imbrigliare la proprietà in una fitta maglia di limiti, estensibili per analogia [5]; prima era solamente richiesto al proprietario di non violare le leggi; poi al proprietario furono imposti obblighi positivi.

Sull’onda della “funzione sociale” della proprietà, si è giunti persino a teorizzarne la “funzionalizzazione” agli interessi della collettività fino al punto di disconoscerne la natura di diritto personale... _OMISSIS_ ...e il ruolo di mero strumento di politica economica e sociale, dovendosi ammettere il godimento del bene solo entro i limiti del socialmente utile [6].

Il diritto vivente ha però ripudiato le teorie estreme, continuando ad attribuire alla proprietà privata un contenuto di utilità o valore, di uso o di scambio [7], come è ben ravvisabile nella giurisprudenza della Corte Costituzionale, ad esempio in ordine alla necessità dell’indennizzo in conseguenza dell’imposizione di vincoli di inedificabilità tali da comportare una espropriazione sostanziale di valore del bene, dovendosi ritenere che lo ius aedificandi continui ad inerire alla proprietà fondiaria.

In particolare in materia di proprietà fondiaria, il diritto positivo degli ultimi decenni è andato accentuando la tendenza a condizionare in modo sempre più stringente lo sfruttamento del suolo e delle risorse ambientali, valorizzando le esigenze della collettività, irriducibili... _OMISSIS_ ...ttative personali del singolo, nel tentativo di porre un freno a quell’individualismo sfrenato e irresponsabile che ha inferto in vaste zone del paese gravi ferite al territorio sotto il profilo urbanistico e ambientale.

Lo statuto del suolo è oggi da noi, almeno sulla carta, fortemente condizionato da scelte sociali di tutela ambientale e pianificazione territoriale (si pensi al compromesso tra esigenze individuali e sociali raggiunto in tema di reiterazione dei vincoli compressivi dello ius aedificandi, reiterazione possibile purché soggetta a indennizzo); queste scelte sono stabilite dalla legge, dalle pubbliche amministrazioni preposte al governo del territorio, dagli stessi proprietari in sede di autoregolamentazione mediante piani attuativi ad iniziativa privata [8].

Il quadro della disciplina dei suoli si presenta polverizzato in una caleidoscopica varietà di statuti differenziati quante sono le possibili destinazioni urbanist... _OMISSIS_ ...quo;conformativi” cui è sottoposto il bene: in questo contesto i limiti alla proprietà fondiaria appaiono talmente numerosi, eterogenei e in fieri, che farne opera di catalogazione è impresa ardua o comunque di dubbia utilità: è stato osservato come, essendo il diritto di proprietà strumento di utilizzazione dei beni, l’autonomia del proprietario trova di volta in volta il proprio contenuto concreto nella specifica disciplina del bene utilizzato, fungendo l’interesse tutelato dal legislatore da principio di individuazione dell’istituto [9].

Dunque non esiste uno statuto della proprietà, se non per larghe linee: l’ordinamento giuridico, specialmente in materia urbanistica, ha plasmato un insieme complesso di situazioni soggettive tutelate e allo stesso tempo vincolate, di facoltà concesse e negate, di regole minuziose (persino sull’inclinazione dei tetti e il colore degli edifici), di talché si può affermare che la... _OMISSIS_ ...bene costituisce ormai solo una delle molte condizioni che debbono sussistere per poter edificare, e lo ius aedificandi è divenuto una rara eccezione: la regola è, oramai, l’inedificabilità.

Non è ovviamente questa la sede per una comparazione dei vari ordinamenti europei, ma non vi è dubbio che la suggestione illuminista della proprietà fondiaria come luogo destinato all’illimitato esercizio della libertà dell’individuo, abbia trovato una minor ostilità all’estero, mentre in Italia affermazioni tanto nette quanto irreali, secondo cui «la facoltà di godimento del proprietario comprende tutte le possibili forme di utilizzazione delle cose» [10], sono, nei fatti, relegate ai libri: la proprietà fondiaria è da noi assoggettata ad un tale coacervo di vincoli e condizionamenti, che è più facile dire cosa si può fare in un determinato terreno, anziché cosa non si può fare, e la tradizionale definizione dominium est ius utendi... _OMISSIS_ ... sua è del tutto fuori luogo nel nostro ordinamento: è stato esattamente osservato che oramai i limiti non restringono, ma definiscono il contenuto della proprietà [11].

I limiti alla proprietà nell’interesse pubblico [12] regolano i rapporti fra il proprietario e la generalità degli altri individui, e consistono in una demarcazione delle facoltà di godimento della cosa spettanti al proprietario al fine di mediarle con i bisogni della collettività.

In questa categoria va naturalmente annoverata l’espropriazione per pubblica utilità [13].

In un tale contesto di forte limitazione alla proprietà privata, indice di una irrisolta conflittualità tra pubblico e privato, l’espropriazione, come si è detto, è tendenzialmente considerata come una sorta di rivalsa del pubblico sul privato, ove le ragioni sociali sottostanti alla realizzazione dell’opera pubblica giustificano la necessità di un particolar... _OMISSIS_ ...rdquo; del proprietario in termini di suo specifico depauperamento a vantaggio della collettività, e ciò servirebbe addirittura secondo la Corte Costituzionale, come si è visto (sentenza 283/1993), a dare effettiva incidenza allo scopo pubblico dell’opera

Ora, il fatto che il valore venale è stato il criterio che ha tranquillamente governato l’indennità di esproprio dal 1865 al 1971, e dal 1983 al 1992 – senza drammi sociali né alle finanze pubbliche – è la riprova che dell’abbattimento rispetto al valore venale non vi è necessità né giuridica né pratica, ma si tratta, quando non giustificato da contingenti situazioni di emergenza o di carattere eccezionale, di una scelta politica di pura e semplice aggressione alla proprietà privata.

E anche volendo aderire al concetto che chi ha la proprietà di un terreno è per ciò stesso obbligato al “contributo” sociale, non si capisce, sotto il profilo de... _OMISSIS_ ... dei proprietari, come sia possibile incidere esclusivamente sui proprietari di aree edificabili, prevedendo, viceversa, sempre maggiori indennità per i proprietari di aree agricole, andando ben oltre, in molti casi, allo stesso valore di mercato (con buona pace delle tanto evocate difficoltà delle finanze pubbliche): si pensi al fatto che il TUE ha introdotto nuove indennità aggiuntive, prima sconosciute, all’art. 37.9 e all’art. 40.4. Quest’ultima indennità, poi, ha un significato particolare, perché va ad aggiungere in sede di determinazione definitiva (art. 45.2.d) un ulteriore VAM a chi già beneficia del valore agricolo effettivo, comprensivo del danno all’azienda agricola, che ne racchiude e compendia il lavoro.

Autore

Loro, Paolo

Laureato in giurisprudenza, direttore e coordinatore scientifico della rivista Esproprionline, direttore del network di riviste tecnico-giuridiche Territorio.it, consulente e operatore in materia di espropriazione per pubblica utilità, direttore dei notiziari bimestrali di giurisprudenza Esproprionline, Urbium, Patrimoniopubblico, curatore di repertori e massimari giurisprudenziali, autore e curatore di varie pubblicazioni, docente in numerosi corsi di formazione, già capo ufficio espropriazioni del Comune di Padova.