Responsabilità del Sindaco per la mancata conclusione della procedura espropriativa

RESPONSABILITÀ CONTABILE --> SOGGETTI --> SOGGETTI PASSIVI --> DISTINZIONE TRA POLITICI E TECNICI --> SINDACO

La legge di riforma n. 142 del 1990, che ha introdotto la fondamentale distinizione (peraltro da attuarsi in sede di statuto) tra sfera di indirizzo politico-amministrativo e sfera gestionale (art.51), ha, nel contempo (art.36, modificato dall’art.12 della l.25 n.81/1993), confermato in capo al sindaco in quanto, oltre che organo politico, anche vertice dell’apparato burocratico comunale, la funzione di vigilare e di sovrintendere sui servizi ed uffici dell’ente al fine di assicurare il necessario raccordo tra sfera politico-decisionale e sfera burocratico-gestionale, già nel precedente ordinamento disciplinata dagli artt. 142 e 151 del T.U.L.C.P. del 1915, attribuzioni poi ribadite anche nel recente testo unico approvato con d. lgs.n.267 del 2000 (art.50, comma 1).

Un sindaco che aveva firmato un’occupazione in via d’urgenza per la durata di cinque anni, aveva piena contezza dell’arco temporale entro il quale la vicenda doveva concludersi e avrebbe dovuto rispettare gli incombenti che la normativa poneva a suo carico

La competenza in materia di espropriazione per pubblica utilità, giusta leggi n. 2359 del 1865, 865 del 1971 e 1 del 1878, spettava ai sindaci competenti del territorio, dovendosi ritenere antigiuridica - direttamente in capo ad essi - la condotta omissiva dei provvedimenti conclusivi delle procedure di esproprio, a seguito dell'emanazione del decreto di occupazione. Spettava in ogni caso ad essi un generale dovere di iniziativa e vigilanza, nel senso di impartire direttive all’apparato amministrativo e di vigilare sull’esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità. Infatti il Sindaco, in virtù dell'art. 151 del T.U.L.C.P. n. 148/1915, aveva il compito di sovrintendere al funzionamento degli uffici e dei servizi, funzione da esercitare mediante direttive e adeguati atti di impulso dei procedimenti istruttori e tecnici.

La legge di riforma n.142 del 1990 ha introdotto la fondamentale distinizione tra sfera di indirizzo politico-amministrativo e sfera gestionale (art.51). Tuttavia tale legge ha, nel contempo (art. 36, modificato dall’art.12 della l.25 n.81/1993), confermato in capo al sindaco - in quanto, oltre che organo politico, anche vertice dell’apparato burocratico comunale - la funzione di vigilare e di sovrintendere sui servizi ed uffici dell’ente al fine di assicurare il necessario raccordo tra sfera politico-decisionale e sfera burocratico-gestionale, già nel precedente ordinamento disciplinata dagli artt. 142 e 151 del T.U.L.C.P. del 1915, attribuzioni poi ribadite anche nel recente testo unico approvato con d. lgs.n.267 del 2000 (art. 50, comma 1).

Sussiste l’elemento soggettivo della colpa grave sia in capo al Sindaco il quale, a dispetto della specifica conoscenza e gestione diretta della procedura espropriativa, in quanto svoltasi in costanza del suo mandato elettivo, ha - in dispregio alle norme regolatrici la materia degli espropri pubblici, e quindi con imperizia - omesso di assumere iniziative per una tempestiva conclusione della procedura espropriativa de qua e per evitare i contenziosi con l’Ente.

Nella materia delle espropriazioni di fondi altrui per l’esecuzione di opere pubbliche, le competenze attribuite al sindaco, ai fini di un efficace perfezionamento dei procedimenti connessi, hanno un rilievo pregnante rispetto a quelle proprie di altre figure presenti nell’organigramma comunale (tecnico e assessore al ramo).

Nella materia delle espropriazioni di fondi altrui per l’esecuzione di opere pubbliche, la primaria responsabilità del sindaco non cambia neanche con la sopravvenienza della legge 8 giugno 1990, n.142 sulle autonomie locali che, all'art.51, che istituisce la figura del dirigente, perché le concrete attribuzioni dei dirigenti comunali dovevano poi essere disciplinate dagli statuti e dai regolamenti degli enti (la piena attribuzione dei poteri gestionali ai dirigenti degli Enti locali troverà la sua consacrazione solo nell'anno 1997, in virtù della disposizione recata dall'art. 6, comma 2°, della legge n.127/1997).

Ove sia individuato nel Sindaco l’Organo comunale competente in ordine all’adozione degli atti relativi alla procedura ablatoria, la sua responsabilità Sindaco emerge nella sua totale evidenza, laddove solo si consideri che egli era chiamato ad adottare tempestivamente l’atto conclusivo del procedimento espropriativo di sua esclusiva competenza, e la violazione di detto compito ha comportato la verificazione del nocumento erariale .

La legge di riforma sulle Autonomie Locali n. 142/1990, che distinse per la prima volta tra competenze e responsabilità degli organi politici e competenze e responsabilità degli organi amministrativi dirigenziali, non ha comunque mutato l’attribuzione al Sindaco, Organo di vertice del Comune, dell’obbligo di vigilare e sovrintendere al funzionamento degli uffici e dei servizi del Comune ed all’esecuzione di atti (tra cui la specifica materia delle espropriazioni per pubblica utilità), attribuzioni queste peraltro già presenti nel precedente ordinamento ed espressamente disciplinate dal c. d. degli artt. 142 e 151 del TULCP del 1915, più di recente riaffermate nel vigente TUEL, approvato con D.lgs. n. 267/2000, art. 50, 1° e 2° comma.

Ai sensi della normativa previgente in materia di esproprio (leggi nn. 2359/1865 e 865/1971) l’emissione dei provvedimenti espropriativi rientrava nella competenza sindacale, a cui dunque va ascritta la relativa responsabilità. Inoltre, i sindaci, soprattutto in Comuni di non rilevanti dimensioni ed in assenza di deleghe specifiche ad altri assessori, erano tenuti ad esercitare un’autonoma funzione di stimolo e di controllo almeno nei confronti delle questioni amministrative di maggior rilievo, come quelle connesse all’attività espropriativa che se non realizzata nei termini previsti dalla legge comporta effetti pregiudizievoli nei confronti dei privati incisi dalla stessa.

Il testo unico comunale e provinciale n. 383/1934 affidava al sindaco la sovrintendenza degli uffici comunali. Tale regime non ha avuto un immediato mutamento nemmeno a seguito della sopravvenienza della legge n. 142/1990, in quanto la piena attribuzione dei poteri gestionali ai dirigenti degli enti locali ha trovato la sua concreta realizzazione solo con l’entrata in vigore della legge n. 127/1997 e con la concreta adozione degli statuti e dei regolamenti comunali.

La giurisprudenza è pressoché pacifica nel ritenere che è indiscutibile il connotato antigiuridico della condotta tenuta dal Sindaco in carica nel periodo di legittima occupazione del terreno, il quale, dopo avere emanato il decreto di occupazione, abbia omesso di provvedere, ove necessario sollecitando l'assessore e gli uffici competenti in caso di inerzie e/o ritardi, all'adozione dei successivi atti della procedura espropriativa, disciplinati dalla normativa generale recata dalla legge 22 ottobre 1971 n.865, al fine di consentirne la tempestiva definizione con l'emanazione del provvedimento finale ablatorio.

I sindaci, sui quali incombeva uno specifico dovere di iniziativa e di vigilanza, rispondono della condotta omissiva rispetto al dovere (fino alla piena attribuzione dei poteri gestionali ai dirigenti avvenuta nel 1997) di impartire direttive e dare impulso all’apparato amministrativo e di vigilare sull’esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità, condotta connotata dall’elemento soggettivo della colpa grave, ove si consideri che normale diligenza li avrebbe indotti ad assumere cognizione dello stato dei procedimenti in corso e di adoperarsi, per quanto di competenza, per un sollecito perfezionamento del loro iter, entro i termini di scadenza delle occupazioni, impedendo così ai proprietari di agire giudizialmente per il ristoro dei danni subiti in conseguenza dell’irreversibile trasformazione dei terreni di loro proprietà.

Esiste in capo al sindaco, in quanto, oltre che organo politico, anche vertice dell’apparato amministrativo comunale e di questo responsabile, l’obbligo di vigilare e di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici ed all’esecuzione degli atti. Nella fattispecie il sindaco, pur essendo stato in carica in quasi tutto il periodo di legittima occupazione del terreno di cui è causa, dopo avere firmato il provvedimento che determinò le indennità di esproprio, si è poi completamente disinteressato della procedura, astenendosi dall’assumere qualsivoglia iniziativa, - in termini di impulso, sovrintendenza, direttiva - nei confronti dei dipendenti dell’ufficio che aveva istituito proprio al fine di “al fine di assicurare maggiore coordinamento ed incisività alle iniziative ed alle attività connesse sia alle procedure espropriative per P.U.”

La condotta del Sindaco che si è reso responsabile di una condotta omissiva rispetto al dovere di impartire direttive all’apparato amministrativo e di vigilare sulla esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità, è connotata perlomeno dall’elemento soggettivo della colpa grave, ove si consideri che normale diligenza lo avrebbe indotto ad assumere cognizione dello stato dei procedimenti in corso e di adoperarsi, per quanto di competenza, per un sollecito perfezionamento del loro iter, entro i termini di scadenza delle occupazioni, impedendo così ai proprietari di agire giudizialmente per il ristoro dei danni subiti in conseguenza della irreversibile trasformazione dei terreni di loro proprietà.

La condotta del Sindaco, che non abbia esperito alcuna attività neppure di impulso all’ufficio tecnico affinché fossero predisposti gli atti necessari per la tempestiva definizione della procedura ablatoria entro il termine di scadenza del periodo di occupazione legittima, è connotata da colpa grave, non potendo ravvisarsi una qualche esimente nella circostanza che i successivi amministratori abbiano definito transattivamente la vicenda. Sul punto si osserva che le funzioni pubbliche impongono al soggetto che riveste tali funzioni di adoperarsi affinché sia assicurata la massima tempestiva tutela alle ragioni erariali.

La legislazione nazionale e regionale intesta proprio al sindaco specifiche competenze per l’adozione dei provvedimenti finalizzati al perfezionamento dell’esproprio per pubblica utilità; e ciò tanto più è da condividere ove la vicenda espropriativa si sia dipanata in un periodo a cavallo con l’entrata in vigore della legge n. 142 del 1990 recante il nuovo ordinamento delle autonomie locali.

E' responsabile del danno conseguente alla mancata conclusione del procedimento il Sindaco che, in carica nel periodo in cui erano in corso i lavori, non ha esperito alcuna attività, neppure di impulso all’ufficio tecnico affinché fossero predisposti gli atti necessari (quali, la determinazione dell’indennità di esproprio), per la tempestiva definizione della procedura ablatoria entro il termine di scadenza del periodo di occupazione legittima.

Nel caso di mancato compimento e perfezionamento delle procedure espropriative, il sindaco si rende inadempiente rispetto ad un dovere normativamente previsto e, quindi, sussiste la responsabilità amministrativa del vertice dell’Ente locale territoriale che, in violazione degli artt. 13 della l. 2359/1985 e 20 della l. 865 del 1971 abbia fatto decorrere inutilmente i termini dell’occupazione temporanea, facendo divenire illegittima la procedura espropriativa. Ovviamente la responsabilità dovrebbe essere esclusa ove risulti che il sindaco abbia fattivamente operato affinché l’iter espropriativo si compisse entro i termini previsti dalla legge e ove risulti che il danno sia la conseguenza di altre circostanze che si siano frapposte al buon esito della procedura.

L’individuazione ex lege della competenza del sindaco non implica che questi debba provvedere ad incombenze istruttorie che richiedono anche il possesso di cognizioni tecniche e che debba materialmente predisporre gli atti di esproprio. Ciò non elide, peraltro, la responsabilità del sindaco la cui iniziativa non sia andata al di là di una mera individuazione di competenze amministrative operata con provvedimenti di carattere generale, essendo per il resto gli atti di causa del tutto silenti su specifiche iniziative volte a dare impulso all’ufficio affinché fossero predisposti gli atti necessari per la tempestiva definizione delle procedure ablatori.

Il Sindaco che sia rimasto del tutto inerte, nell’ambito del procedimento espropriativo e con con inescusabile trascuratezza, non abbia vigilato sul corretto svolgimento della procedura, omettendo di esercitare la necessaria attività d’impulso nei confronti degli uffici, né impartendo direttive all’apparato amministrativo preposto ai rami di competenze cui sono connessi detti procedimenti, è responsabile della condotta illecita che ha determinato la mancata adozione, nei termini di legge, del decreto di esproprio.

E' connotata da colpa grave la condotta del Sindaco che, dopo l’emissione del provvedimento di stima da parte della Commissione Provinciale, non abbia tempestivamente avviato la procedura per il riconoscimento del debito fuori bilancio, al fine di reperire le risorse finanziarie necessarie per il pagamento della prevista indennità a beneficio dei proprietari del terreno, oppure non si sia attivato affinché l’Amministrazione comunale si opponesse alla menzionata stima.

Le competenze dalla legge attribuite al sindaco ai fini di una efficace ed efficiente perfezionamento dei procedimenti connessi hanno un rilievo senz’altro pregnante rispetto a quelle delle altre figure che possono pure avere rilevanza nel settore tecnico e dei lavori pubblici (tecnico, assessore al ramo), con l’effetto che in caso di danno indiretto, anche se dovuto ad una illegittima occupazione di fondi, ben può configurarsi il nesso di causalità tra condotta omissiva del sindaco e il pregiudizio patrimoniale patito dall’ente.

E' connotata da colpa grave la condotta del Sindaco che, adottato il decreto di occupazione, abbia omesso di impartire precise direttive all’Ufficio tecnico e di vigilare sul rispetto dei termini per la definizione dell'esproprio in un quadro di disorganizzazione, di ritardi e di inadempienze, situazione aggravata (nel caso di specie), anche dall'assenza di delega, agli assessori in carica, delle specifiche competenze con non coinvolgimento degli stessi nella gestione amministrativa dello specifico settore tecnico.

La condotta del Sindaco che, durante il periodo in cui ha ricoperto la carica, violando tutte le disposizioni di legge che impongono il perfezionamento della procedura ablativa, non abbia assunto alcuna iniziativa in tal senso, nonostante la prevedibilità di una futura condanna al risarcimento del danno nei confronti dell’espropriato, i cui relativi oneri sarebbero stati inevitabilmente addossati al comune, è manifestazione di grave trascuratezza e noncuranza ed ancora di un disinteresse totale degli obblighi e dei doveri istituzionali incombenti su di lui.

La giurisprudenza è pressoché pacifica nel ritenere che nella fattispecie di danno indiretto derivante da c.d. accessione invertita, è indiscutibile il connotato antigiuridico della condotta tenuta dal Sindaco in carica nel periodo di legittima occupazione del terreno il quale, dopo avere emanato il decreto di occupazione, abbia omesso di provvedere, ove necessario sollecitando l'assessore e gli uffici competenti in caso di inerzie e/o ritardi, all'adozione dei successivi atti della procedura espropriativa, disciplinati dalla normativa generale recata dalla legge 22 ottobre 1971 n.865 (applicabile ratione temporis), al fine di consentirne la tempestiva definizione con l'emanazione del provvedimento finale ablatorio.

La condotta dei Sindaci, omissiva rispetto al dovere di impartire direttive all’apparato amministrativo e di vigilare sulla esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità, è connotata perlomeno dall’elemento soggettivo della colpa grave, ove si consideri che normale diligenza li avrebbe indotti ad assumere cognizione dello stato dei procedimenti in corso e di adoperarsi, per quanto di competenza, per un sollecito perfezionamento del loro iter.

La responsabilità del Sindaco conseguente alla mancata conclusione del procedimento, non rimane certamente elisa dalla vigenza del nuovo criterio di riparto delle competenze, permanendo in capo a questi, ex art. 36 (sia pure modificato poi dall’art. 12 della L .25 marzo 1993 n. 81), il ruolo di vertice dell’apparato amministrativo comunale con l’obbligo di vigilare e di sovrintendere al funzionamento dei servizi e degli uffici e all’esecuzione degli atti (attribuzioni già nel precedente ordinamento disciplinate dal combinato disposto degli art.142 e 151 del T.U.L.C.P. del 1915 ed ancora riaffermata nel vigente Testo Unico dell’ordinamento degli enti locali approvato con D.lgvo n.267 del 2000 all’art.50, commi 1 e 2).

Il sindaco è responsabile del danno ingiusto sopportato dal Comune pari alle somme pagate a titolo di indennità e di spese di giudizio per la mancata restituzione della porzione di terreno di proprietà privata che, pur essendo stata oggetto di occupazione d’urgenza, è rimasta poi inutilizzata. Infatti, anche dopo l’introduzione della L. n. 142/1990, al Sindaco spettano compiti di vigilanza sul funzionamento dei servizi e degli uffici e, quindi, specifici compiti di sollecitazione ed impulso per il regolare svolgimento dell’attività amministrativa.

La condotta del Sindaco che si sia reso responsabile di una condotta omissiva rispetto al dovere di impartire direttive all’apparato amministrativo e di vigilare sull'esecuzione dei singoli adempimenti connessi alla procedura acquisitiva di pubblica utilità, è connotata perlomeno dall’elemento soggettivo della colpa grave ove si consideri che normale diligenza lo avrebbe indotto ad assumere cognizione dello stato dei procedimenti in corso e di adoperarsi, per quanto di competenza, per un sollecito perfezionamento del loro iter entro i termini di scadenza delle occupazioni, impedendo così ai proprietari di agire giudizialmente per il ristoro dei danni subiti in conseguenza dell'irreversibile trasformazione dei terreni di loro proprietà.

In ipotesi di mancata conclusione del procedimento, è indiscutibile il connotato antigiuridico della condotta ...
Il presente articolo è un'aggregazione di sintesi di pronunce giudiziali estratte da un nostro codice o repertorio, nel quale le sintesi qui visibili sono associate agli estremi e agli estratti originali delle pronunce a cui si riferiscono (vedasi il sampler del prodotto). Possono essere presenti sintesi ripetitive o similari, derivanti da pronunce di contenuto ripetitivo o similare.