Evoluzione della giurisprudenza della Corte costituzionale in materia di indennità di espropriazione

1.1. La giurisprudenza del serio ristoro; difficoltà di porre un limite alla discrezionalità del legislatore; i criteri indennitari mediati


Fino alla introduzione del criterio del valore agricolo medio ad opera della L. 865 del 1971 (successivamente modificata dalla L. 10 del 1977) il quadro della legislazione in materia di indennità di espropriazione era caratterizzato dalla vigenza del criterio del valore venale che solo in casi specifici e particolari veniva derogato dal legislatore attraverso la previsione di diverse modalità di indennizzo.

È in questo contesto che si forma la giurisprudenza del “serio ristoro”.

La Corte Costituzionale fin dal 1957 affermò, infatti, che l’indennizzo assicurato all’espropriato dall’art. 42, comma terzo, Cost., non deve costituire una integrale riparazione della perdita subita - in quanto occorre coordinare il diritto del privato con l’interess... _OMISSIS_ ...uo;espropriazione mira a realizzare. Esso, tuttavia non può essere fissato in una misura irrisoria o meramente simbolica ma deve rappresentare un serio ristoro, costituendo il massimo di contributo e di riparazione che, nell’ambito degli scopi di generale interesse, la Pubblica Amministrazione può garantire all’interessato.

Nella prima giurisprudenza della Corte il valore venale del bene veniva quindi preso in considerazione solo come elemento negativo al fine di stabilire che l’indennizzo ben poteva essere ad esso inferiore ma non in positivo, in quanto i criteri che il legislatore aveva la facoltà di prevedere ben potevano attestarsi su valori del tutto diversi con il solo limite della irrisorietà e simbolicità[1].

Il legislatore dell’epoca non abusò dell’ampia delega che la Corte gli aveva concesso ai fini della determinazione dell’indennità di espropriazione.

Non ne abusò in due se... _OMISSIS_ ...uogo perché la fissazione di criteri di indennizzo che derogavano alla regola del valore venale fu generalmente prevista nell’ambito di leggi che introducevano grandi riforme economico sociali[2]; e, in secondo luogo, perché, in ogni caso, i criteri indennitari prescelti dal legislatore mantenevano un solido aggancio con il valore di mercato dei beni espropriati.

Il legislatore del tempo, infatti, fece largo uso dei cd. “criteri indennitari mediati” consistenti in formule nelle quali il valore venale del bene figurava come uno dei fattori per il computo dell’indennizzo insieme ad altri parametri. Il più noto e risalente di tali criteri fu quello previsto dalla legge 2892 del 1885 per il risanamento della città di Napoli che mediava fra valore venale e fitti coacervati dell’ultimo decennio.

La Corte considerò legittima la previsione di tali criteri affermando che il legislatore può contemperare il criterio del v... _OMISSIS_ ...n meccanismi conformativi dell’indennizzo a diverso criterio, purché l’ammontare così determinabile non scenda sotto il livello di congruità (sentenza n. 231 del 1984)[3]. Ed, anzi, nella giurisprudenza della Consulta la previsione di criteri mediati si trasformò nel tempo da oggetto a parametro del sindacato di costituzionalità in quanto essi consentivano di conservare un aggancio fra indennizzo e valore venale del bene senza, tuttavia, parificare i due valori[4].




1.2. L’introduzione del VAM e la sua parziale incostituzionalità




Il punto di rottura rispetto a tale situazione furono le leggi 865 del 1971 e 10 del 1977 con le quali il legislatore introdusse prima il VAM e poi ne rese generale l’applicazione considerandolo come criterio indennitario generale valevole per tutte le tipologie di espropriazione e per tutti i terreni espropriati indipendentemente dal... _OMISSIS_ ...edificatoria o agricola.

La svolta fu duplice.

In precedenza il criterio del valore venale stabilito dall’art. 39 della legge fondamentale assumeva rango generale ed era applicabile tutte le volte in cui il legislatore non lo avesse esplicitamente derogato con provvedimenti che rispondevano a speciali finalità di pubblico interesse (che, spesso, come si è detto, si inquadravano in provvedimenti di riforma economico sociale o, comunque, di rilevanza generale per lo sviluppo dell’intero paese).

Con la legge 865 del 1971 (modificata poi dalla L. 10/77) 1977 il valore venale cessò, invece, di avere portata generale e venne sostituito per tutte (o quasi) le espropriazioni dal VAM.

Ma ancora più rilevante fu il fatto che la predetta legge, diversamente da quelle precedenti che si erano ispirate ai cd. criteri mediati, introdusse un criterio di indennizzo completamente sganciato dal valore venale della sing... _OMISSIS_ ...riata e basato su valori medi che, per definizione, non potevano tenere in considerazione le peculiarità di ogni singolo fondo espropriato.

Il risultato fu estremamente negativo soprattutto per i proprietari delle aree edificabili che perdevano ogni possibilità di ottenere il ristoro relativo alla parte più rilevante della perdita economica da essi subita a causa della espropriazione del loro terreno.

Come è noto il legislatore si indusse a compiere tale passo sulla base dell’idea che lo ius aedificandi fosse una qualità non connaturata in via originaria al diritto di proprietà ma semplicemente “concessa” a taluni proprietari sulla base di scelte discrezionali della pubblica amministrazione. Non trattandosi di una qualità inerente il diritto dominicale non sussisteva nemmeno un diritto all’indennizzo per la sua perdita. Indi per cui tutti i terreni avrebbero dovuto essere indennizzati a valore agricolo (per giunta me... _OMISSIS_ ...RLF| La Corte Costituzionale, una volta spazzato via tale presupposto, e ristabilito il normale rapporto fra proprietà e diritto di costruire, ebbe buon gioco nel dichiarare l’incostituzionalità anche del VAM come criterio di indennizzo per l’espropriazione di aree edificabili (sentenza n. 5 del 1980).

In quella occasione la Consulta ribadì il concetto secondo cui affinché l’indennizzo non assuma misura irrisoria o meramente simbolica, occorre che il criterio con cui si perviene alla sua determinazione tenga conto, fra gli altri elementi, delle caratteristiche essenziali del bene espropriato fatte palesi dalla sua potenziale utilizzazione economica secondo la legge.

Sulla base di tale assunto la Corte dichiarò incostituzionale il criterio del VAM in quanto basato su elementi di valutazione del tutto astratti e non corrispondenti alle caratteristiche essenziali dei terreni destinati ad insediamenti edilizi la cui es... _OMISSIS_ ... non dipende in alcun modo dalle colture praticate nella zona.

La Corte non si pronunciò sulla idoneità del VAM a rappresentare un serio ristoro anche per l’espropriazione dei terreni agricoli. Ma la successiva giurisprudenza della Cassazione e della stessa Corte Costituzionale (sentenze 231/84 e n. 355/1985) ritenne, tuttavia, che la dichiarazione di incostituzionalità riguardasse i soli suoli edificatori. Sicché il VAM continuò incontrastatamente ad applicarsi ai terreni agricoli.

La parziale operatività della dichiarazione di incostituzionalità del VAM (riferita ai soli suoli edificatori) veniva tuttavia temperata dal criterio discretivo che la Cassazione usava allora per distinguere i suoli edificabili da quelli agricoli che era basato sulla edificabilità di fatto. Essendo molto elastici i criteri per stabilire la vocazione edificatoria di un’area, nella pratica, erano tutto sommato contenuti i casi in cui l’edifica... _OMISSIS_ ...rsquo;essere negata (autostrade in mezzo alla campagna e simili).




1.3. Il primo vaglio di costituzionalità sull’art. 5-bis della L. 352 del 1992: le sentenze 283 del 1993 e 261 del 1997




La combinata applicazione della sentenza 5/80 della Consulta e del criterio della vocazione edificatoria per distinguere fra suoli edificabili e agricoli determinò, quindi, una congiuntura molto favorevole per i proprietari espropriati che, tuttavia, terminò bruscamente con l’entrata in vigore dell’art. 5 bis della L. 359 del 1992.

Fu questa una norma estremamente penalizzante per i proprietari espropriati per una serie di ragioni.

In primo luogo, per quanto riguarda i suoli edificabili, la norma sostituì il criterio indennitario del valore venale con quello della media fra valore venale e reddito dominicale dell’ultimo decennio ridotta del 40%... _OMISSIS_ ...zione dell’indennizzo offerto dalla p.a.).

In secondo luogo essa estese oltremodo i casi in cui doveva essere applicato il VAM sancendo che l’indennizzo dovesse calcolarsi con tale criterio non solo per i suoli privi di vocazione edificatoria ma anche per tutti quelli legalmente non edificabili, intendendosi per tali quelli su cui gravasse un vincolo urbanistico conformativo di inedificabilità.

In tal modo vennero fatte rientrare nel sistema del VAM anche tipologie di aree che, in precedenza, la Cassazione aveva ritenuto indennizzabili in base al loro valore venale come quelle dotate di vocazione edificatoria di fatto ma non legalmente edificabili o quelle appartenenti al cd tertium genus e cioè, non edificabili, ma suscettibili di sfruttamento economico diverso da quello agricolo.

Entrambi i profili della norma furono tacciati di incostituzionalità e portati innanzi alla Consulta.

In primo luogo fu... _OMISSIS_ ...costituzionalità del criterio di indennizzo previsto per i suoli edificabili in ragione dell’enorme divario fra valore effettivo del bene e indennità calcolata in base alla media fra esso ed il reddito dominicale ridotta del 40%.

L’applicazione del 5 bis comportava, infatti, la liquidazione di indennizzi pari ad una percentuale che variava dal 30 al 50% del valore effettivo del bene.

Sotto questo profilo la Corte (sentenza n. 283 del 1993) respinse le censure di incostituzionalità richiamandosi alla propria giurisprudenza dei criteri mediati.

La Corte ribadì, infatti, che è legittima la combinazione di più criteri purché almeno uno sia agganciato al valore venale e che pertanto risulta compatibile con la garanzia dell’art. 42, comma 3, Cost. la previsione di un criterio “mediato”. Il rischio dell’«astrattezza» del criterio di quantificazione dell’indennità di espro... _OMISSIS_ ...fatti, scongiurato quando uno dei parametri che concorrono sia ancorato al valore venale.

Con la predetta sentenza la Corte stabilì altresì che l’individuazione del criterio di temperamento del valore venale è rimessa alla discrezionalità del legislatore e può variare a seconda delle priorità politiche e della contingente situazione finanziaria propria di ciascun momento storico.

Sicché l’art. 5 bis, secondo la Corte, doveva ritenersi costituzionalmente legittimo da un lato perché prevedeva che l’indennizzo dovesse essere ragguagliato al valore venale del bene e dall’altro perché la riduzione (pesante) della misura del valore commerciale era giustificata dalle difficoltà economiche e finanziarie che a quel tempo il paese doveva affrontare.

La costituzionalità dell’art. 5 bis fu altresì messa in discussione nella parte in cui la norma assoggettava al VAM anche i terreni che, p... _OMISSIS_ ...do qualità edificatorie di diritto o di fatto, non potevano considerarsi semplicemente come agricoli in quanto suscettibili di utilizzazioni economiche diverse e più redditizie rispetto a quella rurale come, ad esempio, esposizioni commerciali all’aperto, aree di stoccaggio, campeggi etc.

Taluni giudici di merito ritennero che, con riferimento a questi casi, il VAM non potesse rappresentare un serio ristoro per l’espropriazione del terreno poiché facendo esclusivamente riferimento alle colture effettivamente praticate sul fondo o a quelle più diffuse nella relativa zona agraria, peccava di “astrattezza” non consentendo di tenere conto delle caratteristiche essenziali dei beni suscettibili di utilizzazioni extra agricole.

La Corte Costituzionale, come una motivazione assai stringata, dichiarò tuttavia infondata la questione in quanto, a suo dire, il sistema previsto dagli artt. 16 e seguenti della L. 865 del 1961 ... _OMISSIS_ ...enere in considerazione le caratteristiche essenziali delle aree non edificabili attraverso la previsione di “meccanismi differenziati che a loro volta tengono conto di una serie di elementi” (sentenza n. 261 del 1997) della cui errata applicazione il proprietario avrebbe potuto, comunque dolersi, in sede giurisdizionale impugnando gli atti delle Commi...