Il prelievo dell'IRPEF negli espropri per pubblica utilità: deprezzamento del bene ed indennizzo

Deprezzamento beni parzialmente o non espropriati

Nonostante, ai sensi dell’articolo 33 del TUE, il valore della parte espropriata debba essere determinato tenendo conto del deprezzamento della proprietà residua, è ragionevole ritenere che la ritenuta fiscale si applichi solo alla parte dell’indennità riconducibile al valore del bene ablato e non alla parte dell’indennità riconducibile al deprezzamento della proprietà residua. [35]

Al fine di illustrare le ragioni dell’esclusione dalla ritenuta delle somme versate a tale titolo, occorre partire dalla considerazione di fondo, più volte evidenziata e ribadita dal Ministero delle Finanze ...


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Sul piano pratico, si noti, tra l’altro, che essendo – in caso di esproprio parziale - il deprezzamento dei fabbricati non espropriati una delle ipotesi più ricorrenti, sarebbe assurdo considerare assoggettato a ritenuta il mero deprezzamento, quando non lo sarebbe (come si è visto) il loro indennizzo diretto.

Per le stesse ragioni testé esposte, si ritiene esente anche l’indennizzo previsto dall’articolo 44 del TUE a favore del proprietario del fondo che, dalla esecuzione dell’opera pubblica o di pubblica utilità, subisca una permanente diminuzione di valore per la perdita o la ridotta possibilità di esercizio del diritto di proprietà.


Ristoro di danni vari derivanti da atto lecito (inerenti beni mobili, manufatti, traslochi, ecc.)

In ordine a tali voci di indennizzo, oltre a richiamare il principio riportato nei punti precedenti, per cui sostanzialmente si possono ritenere non assoggettabili alla ritenuta somme che non costituiscono il prezzo del passaggio in capo all’espropriante del diritto dominicale sull’immobile, si ribadisce che la norma prevede l’assoggettamento a tassazione del «risarcimento del danno per acquisizione coattiva» [1]: si tratta di un richiamo all’istituto dell’occupazione appropriativa od acquisitiva ovvero dell’acquisizione coattiva sanante [2], e quindi a situazioni di illegittimità, solamente rispetto alle quali è corretto riferire la nozione di «risarcimento».

Per quanto attiene ai danni da atto lecito è, infatti, appropriata la qualifica di indennizzo ed è quindi possibile ritenere esclusa l’estensibilità agli stessi della tassazione.


Indennizzo da reiterazione del vincolo preordinato all’esproprio


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Opere incluse ed opere escluse

Conclusa l’analisi del primo dei presupposti di natura oggettiva, per passare al successivo, citato alla lettera sub b), inerente l’ambito applicativo, ovvero alla tipologia di opera realizzata ed alla sua collocazione nell’ambito della zonizzazione urbanistica, si evidenzia, quale condizione di tassazione, il fatto che il terreno interessato dall’esproprio deve essere destinato alla realizzazione di «un’opera pubblica, un intervento di edilizia residenziale pubblica o una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D, come definite dagli strumenti urbanistici».

 

È da rilevarsi, quindi, innanzitutto, che non tutte le opere realizzate dall’Ente espropriante fanno sorgere in capo a quest’ultimo l’obbligo di applicare la ritenuta del 20%: deve, infatti, trattarsi di opere pubbliche [4], di interventi di edilizia residenziale pubblica o di infrastrutture urbane.

Non ci si può in questa sede inoltrare nell’analisi delle problematiche definitorie e classificatorie delle opere pubbliche o di pubblica utilità, ma non ci si può nemmeno esimere da prendere una posizione dogmatica sul punto per proseguire nella trattazione.

Dovendo dunque dare una definizione...


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In altri termini, la Cassazione ha affermato l’assoggettamento alla ritenuta di opere pubbliche o di interesse pubblico realizzate da soggetti pubblici o privati (rientranti nella sopra riportata nozione di opera pubblica o di pubblica utilità), senza pronunciarsi esplicitamente con riguardo alle opere di interesse pubblico destinate a diventare di proprietà privata (rientranti nella sopra riportata nozione di opera privata di interesse pubblico).

Si riporta a tal proposito il seguente estratto, ove l’opera in questione era un pip: «Invero, la disposizione di cui all’art. 11, comma 5, della L. n. 413 del 1991, sembra necessariamente far riferimento ad una nozione ampia di “opera pubblica”. (omissis) non avrebbe senso che la tassazione delle plusvalenze realizzate mediante la percezione delle “indennità di esproprio” fosse limitata solo ad alcune ipotesi, distinguendo le diverse procedure di espropriazione a seconda delle finalità cui ogni procedura è funzionale. Infatti, la plusvalenza realizzata mediante la percezione di una indennità di esproprio” non muta natura in relazione alle differenti finalità cui sia in concreto orientata la singola procedura di espropriazione, né, in riferimento a tali finalità, può modificarsi (o addirittura annullarsi) la “capacità contributiva” del soggetto espropriato.


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Anzi potrebbe, semmai, sembrare ragionevole escludere dalla tassazione proprio le plusvalenze relative alle indennità percepite a seguito di procedure espropriative finalizzate all’esecuzione di “opere pubbliche”, “infrastrutture urbane” e “interventi di edilizia residenziale pubblica ed economica e popolare”, allo scopo di favorire ancor più tali procedimenti in considerazione del maggior spessore di rilevanza sociale degli obiettivi perseguiti. Sicché, una lettura della norma di cui all’art. 11, comma 5, della L. n. 413 del 1991, che possa dirsi costituzionalmente corretta sembra imporne una interpretazione “ampia”, nel senso che si devono ritenere sottoposte a tassazione le plusvalenze realizzate mediante la percezione della “indennità di esproprio” a seguito di una procedura di espropriazione per pubblica utilità di terreni fabbricabili (o, il che è lo stesso, a seguito di “cessione volontaria”), quale che sia la finalità concreta - realizzazione di un’opera pubblica o di un’opera di pubblica utilità - cui la medesima procedura sia preordinata» [6].

Si ritiene non incompatibile con questo orientamento l’indicazione per cui vanno soggette a ritenuta le opere - come sopra definite - pubbliche o di pubblica utilità (cioè a realizzazione pubblica o privata su terreni destinati a confluire nel demanio o nel patrimonio pubblico in relazione alla funzione dell’opera, e per i quali si renda necessario l’esproprio o comunque il trasferimento del diritto dominicale), mentre vanno escluse le opere come sopra definite private di pubblico interesse (cioè a realizzazione privata su terreni destinati a non confluire nel demanio o nel patrimonio pubblico in relazione alla funzione dell’opera).


Le zone omogenee

Le suddette opere, e quindi l’area oggetto di esproprio occorrente per la realizzazione delle stesse, devono essere collocate all’interno delle zone omogenee di tipo «A» (centro storico), «B» (di completamento), «C» (di espansione) e «D» (industriale), di cui al D.M. 2.4.1968 [7], «come definite dagli strumenti urbanistici» [8].


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Si riporta, a titolo esemplificativo, un estratto della sentenza della Corte di Cassazione, sez. V, 18 gennaio 2012, n. 652, secondo la quale la «L. n. 413 del 1991, art. 11, comma 5) attribuisce rilevanza unicamente all’essere la plusvalenza conseguente alla percezione di indennità o risarcimenti relativi “a terreni destinati ad opere pubbliche o ad infrastrutture urbane all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D di cui al D.M. 2 aprile 1968 (..) definite dagli strumenti urbanistici (..)”. Tanto prescinde - come già da questa Corte affermato (tra le tante Cass. n. 15845/2004) - dalla classificazione risultante dal locale piano regolatore (viceversa assunta a base del motivo), con riguardo a zone (ivi per esempio indicate come di tipo H) non comprese nella classificazione formale del predetto D.M. In sostanza, le previsioni di uno strumento urbanistico locale, quand’anche legittimamente adottate, sono del tutto irrilevanti ai fini specifici, perché non considerate affatto dalla normativa nazionale.

Mentre quel che conta è il criterio che, ai sensi dell’art. 11, comma 5, Legge cit., sottopone a tassazione...


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Le zone “F” [12] (così come le zone “E”) fuoriescono dall’ambito di applicazione della ritenuta fiscale in quanto non rientrano nell’elenco delle zone precisate dal primo comma dell’articolo 35 (e dall’articolo 1 comma 444 della legge 266/2005 per quanto riguarda l’indennità di occupazione), ma non è sempre stato così: le zone “F” erano state incluse tra le zone interessate dall’imposizione in risalenti decreti legge del 1992 [13], mai convertiti, ma i cui effetti sono stati fatti salvi dalla L. 24 marzo 1993, n. 75, art. 1, comma 2, per cui la ritenuta sui pagamenti effettuati ne periodo di vigenza dei suddetti decreti (tra il 28 febbraio 1992 ed il 27 agosto 1992) è stata operata legittimamente, come confermato in giurisprudenza [14] e dal Ministero delle Finanze [15], rimanendo escluso l’effetto retroattivo [16] dei suddetti decreti legge.

Sulle zone “F”, tuttavia, occorre segnalare che esiste un (isolato) orientamento della Cassazione [17] in base al quale negli espropri per opere pubbliche si applica la ritenuta fiscale anche in zona F, in quanto, sulla base del disposto di cui all’art. 11 comma 5 l. n. 413/1991, il requisito della collocazione in determinate zone (A,B,C,D di cui al d.m. 2 aprile 1968), ai fini dell’applicazione della ritenuta IRPEF, riguarderebbe soltanto gli espropri per infrastrutture urbane e non anche per opere pubbliche. Questo orientamento poggia su una lettura testuale del comma 5 dell’articolo 11 cit. [18], collegando la frase «all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C, D» esclusivamente alla frase immediatamente precedente «ad infrastrutture urbane», con la conseguenza che ciò che sta prima della particella (ritenuta) disgiuntiva “o” – e cioè le opere pubbliche – e dopo l’”ovvero” – e cioè gli interventi peep – sarebbe soggetto a imposizione in qualunque zona omogenea essi si trovino.

La stessa lettura potrebbe essere data oggi all’art. 35 del D.P.R. 327/2001 che sul punto riproduce fedelmente l’art. 11.

L’interpretazione letterale suddetta è possibile, ma non è l’unica, né (ad avviso degli scriventi) la preferibile, non è stata avallata dal Ministero delle Finanze, né è stata quella che ha ispirato il legislatore quando ha voluto reintrodurre esplicitamente l’imposizione sulle zone F, con i due decreti sopra menzionati (dei quali non vi sarebbe stato bisogno, qualora il legislatore avesse inteso aderire a tale impostazione), circostanza che induce ad escludere la zona F dalla voluntas legis.

Per quanto concerne l’individuazione del momento di collocazione del terreno nelle zone omogenee citate, da considerare al fine di stabilire l’assoggettabilità o meno a tassazione dell’indennità di esproprio, il Ministero delle Finanze con la Circolare 24 luglio 1998, n. 194/E, ha precisato che «si deve far riferimento non all’emissione del decreto di esproprio, bensì all’inizio della procedura esecutiva (ad es. occupazione di pubblica utilità etc.)».

La citata Circolare sottolinea, peraltro, che nel caso in cui un terreno venga espropriato a seguito dell’approvazione di una variante urbanistica, si deve fare riferimento alla nuova situazione del terreno stesso e non alla condizione precedente l’approvazione di detta variante, altrimenti il fine della disposizione risulterebbe facilmente eluso.

Inoltre, poiché la Corte Costituzionale...


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In sostanza, si ritiene debba farsi riferimento alla zonizzazione esistente al momento della variante finalizzata all’apposizione del vincolo urbanistico necessario per la realizzazione dell’opera pubblica.

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