Modalità di attuazione del prelievo dell'I.R.P.E.F. a seguito di esproprio per pubblica utilità

Modalità di attuazione del prelievo fiscale

Il 2° comma dell’art. 35 dispone letteralmente «Il soggetto che corrisponde la somma opera la ritenuta nella misura del venti per cento, a titolo di imposta. Con la dichiarazione dei redditi, il contribuente può optare per la tassazione ordinaria, col computo della ritenuta a titolo di acconto».

Dalla citata disposizione emerge chiaramente un obbligo in capo all’ente espropriante e una facoltà in capo al soggetto espropriato.


Obbligo in capo all’ente espropriante

L’ente espropriante che eroga l’indennità di esproprio è tenuto senza alcun margine di discrezionalità [1] ad operare, sull’intera somma così come liquidata [2], la ritenuta nella misura del 20%, che dovrà poi versare all’Erario, in qualità di sostituto d’imposta. L’ente espropriante, come tutti i sostituiti d’imposta, deve quindi inviare, entro il 28 febbraio dell’anno successivo, al soggetto espropriato una certificazione attestante l’ammontare dell’indennità corrisposta, l’importo della ritenuta operata e l’avvenuto versamento della stessa.

Il soggetto che effettua il pagamento, e che assume quindi il ruolo di sostituto d’imposta, può anche non essere l’ente espropriante, nei casi in cui quest’ultimo abbia depositato la somma presso la Cassa Depositi e Prestiti. In tale circostanza sarà la Cassa stessa che, al momento di corrispondere la somma, dovrà trattenere l’importo della ritenuta eventualmente applicabile, come è stato chiarito dal Consiglio di Stato, sez. III, con parere del 16 febbraio 1993, n. 59, e successivamente confermato dal Ministero delle Finanze con Risoluzione 14 dicembre 1994, n. 5/865.

Risulta, al riguardo...


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Precisa, ancora, il Consiglio di Stato che l’«indefettibile riconoscimento della qualifica di sostituto d’imposta in capo al depositario determina come conseguenza che spettino a questo non solo l’obbligo del versamento del 20% all’erario, ma altresì gli obblighi preliminari, previsti sempre dalle norme tributarie in capo ai sostituti, di accertare l’identità del soggetto avente diritto alla erogazione e quindi titolare della qualifica di soggetto d’imposta».


Facoltà in capo al soggetto espropriato

Una volta che l’ente espropriante o, come sopra descritto, la Cassa Depositi e Prestiti, all’atto della corresponsione della somma, abbiano operato, in qualità di sostituti d’imposta, la trattenuta con le modalità delle ritenute alla fonte a titolo d’imposta, il contribuente è esonerato da qualsiasi ulteriore obbligo tributario.

Tuttavia, in sede di dichiarazione dei redditi, è facoltà del contribuente, insindacabile dall’amministrazione finanziaria [3], optare per la tassazione ordinaria, considerando, quindi, la ritenuta effettuata a titolo di acconto, con la conseguenza che egli dovrà cumulare «l’indennità nei redditi percepiti, dichiarandola e scomputando l’acconto subìto» [4].

Pertanto, il soggetto che percepisce un’indennità di esproprio assoggettata alla ritenuta del 20%, può scegliere fra due forme di imposizione tra loro alternative:

a) la prima, più ricorrente, consiste nel considerare la ritenuta d’imposta subita, a titolo definitivo dell’IRPEF dovuta sull’intera indennità di esproprio che, pertanto, non dovrà essere dichiarata nel modello unico;

b) la seconda, consiste nel qualificare la ritenuta subita, a titolo d’acconto dell’IRPEF dovuta sulla plusvalenza dell’esproprio, la quale sarà sottoposta a tassazione in sede di dichiarazione dei redditi alla stregua di un corrispettivo percepito per la cessione di un terreno edificabile, optando quindi per il regime di tassazione ordinaria (o separata).


Precisa, il Ministero delle Finanze, con la Circolare 24 luglio 1998, n. 194/E, che solo in quest’ultimo caso (sub b), di esercizio di opzione, il contribuente dovrà procedere al calcolo della plusvalenza secondo i criteri indicati dall’art. 82 del T.U.I.R. (opzione, peraltro, che sarà tanto più vantaggiosa quanto più è esigua la differenza tra l’indennità di esproprio ed il costo di acquisto del terreno espropriato): il calcolo della plusvalenza...


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Resta ferma, in entrambe le ipotesi sub a) e b), la possibilità da parte del soggetto espropriato di inoltrare istanza di rimborso all’Ufficio Finanziario competente, ove ritenga di aver subito erroneamente la ritenuta. Al riguardo, si richiama la sentenza della Cass. civ., sez. trib., 26 febbraio 2009, n. 4592, secondo la quale le ritenute IRPEF trattenute sulla liquidazione dell’indennità di espropriazione costituiscono «versamento diretto» e non «ritenuta diretta» e quindi ai fini del rimborso di quanto indebitamente trattenuto si deve far riferimento all’art. 38 [5] e non all’art. 37 [6] del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602. Precisamente, con tale sentenza, la Corte afferma: «in tema di rimborso delle imposte, il termine di decadenza previsto dal D.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, art. 38 ha portata generale, riferendosi a qualsiasi ipotesi di indebito correlato all’adempimento dell’obbligazione tributaria, qualunque sia la ragione per cui il versamento è in tutto o in parte non dovuto, e quindi ad errori tanto connessi ai versamenti quanto riferibili all’an o al quantum del tributo, mentre il termine ordinario di cui al D.P.R. n. 602 del 1973, art. 37 è applicabile alle sole ipotesi di ritenuta diretta operata dalle Amministrazioni dello Stato nei confronti dei propri dipendenti».

La sezione tributaria della Cassazione con la sentenza 4 agosto 2011, n. 16978, ha, inoltre, precisato...


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Principio di cassa

Infine, in tale ambito, inerente le modalità di attuazione del prelievo fiscale, è importante precisare, come chiarito dal Ministero delle Finanze, che ai fini della tassazione occorre fare riferimento al c.d. «principio di cassa» e non a quello di «competenza», per cui deve aversi riguardo al giorno di riscossione delle somme a prescindere dalla data di adozione degli atti che le hanno generate [7].


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Precisava, pertanto, il Ministero, che solo in tal caso l’imponibilità era soggetta alla duplice condizione che tanto la percezione della somma che gli atti che ad essa davano titolo fossero di data successiva al 31 dicembre 1988. Le somme corrisposte a decorrere dal 1° gennaio 1992 avrebbero dovuto, invece, essere assoggettate a ritenuta a prescindere dalla data del provvedimento che le avesse generate (e quindi anche in relazione ad atti emessi prima del 31 dicembre 1988), in quanto il presupposto dell’obbligazione tributaria è costituito dalla percezione della somma, secondo il principio di cassa che domina l’imposizione di tutti i redditi diversi dai redditi d’impresa.

In linea con quanto affermato dal Ministero delle Finanze, anche la giurisprudenza, in più occasioni, ha ribadito che non deve trarre in inganno la disciplina transitoria che era stata prevista dal 9° comma dell’art. 11 della L. 413/1991...


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La validità del principio generale di cassa sotto il profilo impositivo è stata ribadita anche dal più recente orientamento giurisprudenziale [10], il quale ha, tuttavia, introdotto un’eccezione con riferimento alla peculiare situazione conseguita dall’ingiustificato ritardo da parte della Pubblica Amministrazione nella corresponsione dell’indennità di esproprio rispetto alla formazione del titolo di liquidazione, circostanza per la quale la plusvalenza va considerata non imponibile. Si riporta, al riguardo, il passo più significativo della pronuncia della Corte di Cassazione n. 1429 del 22 gennaio 2013, che ha originato il citato nuovo orientamento: «Questa Corte non intende rimettere in discussione il principio generale di cassa […], sotto il profilo impositivo, in quanto momento rilevante è quello della percezione della plusvalenza ed il diverso trattamento costituisce un effetto tipico della disciplina della successione delle leggi nel tempo.

Trattasi, invece, di verificare se tale principio generale, di natura giurisprudenziale, possa soffrire eccezioni, con riferimento a peculiari situazioni in cui, a seguito di un ingiustificato ritardo da parte della Pubblica Amministrazione nel corrispondere l'indennità di esproprio o il corrispettivo pattuito, il soggetto possa avere subito un danno a seguito della modifica normativa nel frattempo intervenuta e che non avrebbe subito ove il pagamento fosse avvenuto nel termine "ragionevole" di definizione dei procedimenti amministrativi...


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Llo Stato va considerato quale apparato unitario che dal punto di vista internazionale ha "un solo volto" (raggruppando l'insieme di autorità cui l'ordinamento attribuisce il potere di emanare e di applicare le norme e i comandi con i quali lo stato fa valere la sua supremazia) e che, dunque, ha il dovere di non vulnerare il diritto di proprietà e quello alla giustizia del processo per come tutelati dall'art. 6 CEDU e art. 1 Prot. n. 1 annesso alla CEDU - dir. proprietà».


Sintesi

Ai sensi dell’art. 35 del T.U.E., si applica una ritenuta fiscale del 20% sull’indennità in caso di espropriazione di un terreno per la realizzazione di un’opera pubblica, di un intervento di edilizia residenziale pubblica o di una infrastruttura urbana all’interno delle zone omogenee di tipo A, B, C e D.


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Sono sottoposti a ritenuta, oltre all’indennità di esproprio, il corrispettivo per cessione volontaria, il risarcimento del danno per acquisizione coattiva, l’indennità di occupazione e gli interessi. Non si ritengono sottoposti a ritenuta emolumenti corrisposti ad altro titolo, privi di relazione con il controvalore del bene espropriato.

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