Il criterio della «rilevanza del contesto tipico di fattispecie»

La risoluzione del conflitto apparente di norme

L'interazione tra riciclaggio e favoreggiamento reale esprime molto bene questo attrito relazionale: entrambi i distinti moduli descrittivi, per come li abbiamo funditus analizzati, non possono porsi ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... neutra condotta decettiva – rendono inutile, al fine di individuare la norma prevalente, operare qualsivoglia confronto tra i due fatti-di fattispecie, le cui “dimensioni” sono inconciliabili sotto il profilo dell'unitarietà spazio-temporale.


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In effetti, analizzata sul piano della valenza etimologica, e quindi metapositiva, specialità non indica più un concetto di relazione che si spiega e si definisce per opposizione a generalità, bensì identifica nel proprio corredo cromosomico la precisa azione del “vedere”, dell'”osservare” [3]; e invero non di un “vedere” o di un “osservare” qualunque, ma di un “vedere” o di un “osservare” nell'ottica (nella determinata prospettiva) di chi vede od osserva. [4] Speciale, in altre parole, richiama alla mente l'immagine di un “guardare inevitabilmente interessato” e, applicato ad una certa realtà, trasforma quest'ultima nell'oggetto di una osservazione interessata.

Ora, considerato che in generale le norme incriminatrici – e dunque anche i delitti contemplati dagli artt. 648-bis e 379 c.p. – strutturano dei veri e propri quadri della realtà esterna, vale a dire fotografano circoscritti ed eterogenei accadimenti del fenomenico, le cui paradigmatiche morfologie disvaloriali si apprezzano in forza della loro capacità di incidenza nei relativi contesti tipici di verificazione, [5] nelle situazioni di ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... che interessa l'indagine dell'interprete, che rappresenta la posizione percettiva dalla quale l'interprete trasforma in realtà di coscienza dati assolutamente neutri ed anonimi nella propria descrittività e attorno al quale l'interprete focalizza la portata offensiva della condotta.

Il contesto tipico sotteso al contenuto normativo della fattispecie incriminatrice, e nel quale viene ad inserirsi l'accadimento del fatto da essa incriminato, resulta – in questo senso – una sorta di dispositivo che regola il flusso delle informazioni dal testo della medesima fattispecie al lettore: una specie di valvola o di rubinetto.

La successione degli elementi linguistici che compongono la norma, infatti, potrebbe essere fatta coincidere con il percorso di un “occhio che cammina” ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... fornisce una immagine del fatto sanzionato (una fisionomia della offesa) diversa da quella che sarebbe ricavabile con un'altra contestualizzazione.


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Tale significatività contestuale – a ben vedere – è a fortiori implicita in una norma incriminatrice, dal momento che questa, nel ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... : ecco perché, solo qualora il disvalore da lui percepito – in punto di incidenza su un dato sfondo fenomenico – in ordine alla dinamica di un certo fatto umano sia per intero riprodotto nel disvalore che una fattispecie penale imprime ad un sintetico schema di agire, contestualizzato su quel medesimo sfondo, l'interprete potrà effettivamente “giustiziare” quello stesso fatto umano e giustiziarlo secondo quella sola fattispecie.


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I contesti tipici delle fattispecie di riciclaggio e favoreggiamento reale, per il tramite del proprio significato valutativo, possiedono una capacità di canalizzazione su se stessi di classi omogenee (sotto il profilo della illiceità) di condotte umane, le quali – pur potendosi manifestare con indefinite e svariate componenti empiriche – vengono poi riassunte, attraverso un apprezzamento delle loro somiglianze [8] e di un loro costante ripetersi, in una precisa successione di elementi linguistici, che le fa tutte ruotare intorno all'oggettività giuridica tutelata ed enucleata dal valore sociale espresso dallo scenario di accadimento.

Il contesto tipico di fattispecie, in buona sostanza, consente all'interprete di saggiare la correttezza del proprio punto di vista in ordine alla portata di illiceità di un dato fatto storico, ossia la correttezza di immagine dello sfondo naturalistico nel quale questo si sarebbe concretizzato; una immagine formatasi più o meno inconsciamente da un continuo confronto con la descrizione del modo in cui il fatto si sarebbe verificato.

Certo, “contestualizzare” in un modo piuttosto che in un altro una determinata condotta da disciplinare può sembrare – e probabilmente lo è – un criterio di valore con il quale, inopinatamente e programmaticamente, l'interprete si attribuisce il compito (in ciò surrogandosi al Legislatore, legittimato ex art. 25, comma 2 Cost.) di tradurre un “disvalore” in termini di “fatti tipici” realizzati. [9] Tuttavia:


a) il principio della “rilevanza del contesto tipico di fattispecie” – come si è visto – rimane comunque condizionato, in modo verificabile, da indici univocamente deducibili dal precetto;

b) anche chi fa dipendere la natura apparente del conflitto di norme soltanto da un confronto rigorosamente formale (rectius, astratto) ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo];

c) bisogna pure tenere conto che l'atto interpretativo costituisce sempre un processo di valorizzazione e che l'interprete di norme, non avendo una diretta conoscenza sensoriale – ma puramente descrittiva – della storicità fenomenica da sussumere nelle fattispecie astratte, inevitabilmente instaura con il modulo di descrizione, prima ancora di chiamare in causa possibili schemi qualificativi, una continua relazione dialogica fino a preformarsi nella coscienza una immagine del contesto nel quale si è verificato il fatto.


È questa immagine – a ben vedere – che struttura il punto di vista con il quale egli leggerà poi il testo delle disposizioni astrattamente applicabili, cercando tra esse quella che meglio la riproduce attraverso lo sviluppo articolato del proprio precetto e conseguentemente scartando quelle nelle quali non avverte un'intima congruenza con quanto prefiguratosi.


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Il buon giurista, allora, non è e non può essere il puro tecnico delle leggi, non può e non deve applicare la norma con la stessa freddezza, la stessa implacabile inesorabilità di un teorema geometrico nelle cui giunture logiche è giocoforza si spenga qualunque palpito della coscienza individuale; piuttosto, per quanto consapevole di essere chiamato ad operare dentro una struttura linguistica ed una tradizione preesistente (che fissa e circoscrive i limiti della sua opera innovativa), [13] egli deve comunque saturare il ragionevole spettro semantico delle parole che formano il testo legislativo [14] ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... dovuto ad uno spasmodico feticismo positivistico, [15] ossia un fenomeno alimentato dal credere nella completezza funzionale della legalità in punto di disciplina dei fatti [16], senza alcuna considerazione per istanze di giustizia sostanziale; istanze – le medesime – che invero si annidano nel contesto di accadimento dei fatti e che ben potrebbero essere raccolte per trarsi d'impiccio da situazioni giuridicamente “ambigue” e irresolubili alla lettera della legge.


I rischi di una decontestualizzazione del fatto storico

L'importante ruolo ricoperto dal contesto tipico di fattispecie, ai fini di una possibile risoluzione del conflitto apparente di norme tra riciclaggio e favoreggiamento reale, rimanda – a ben vedere – ad una nozione propriamente assiologica di “tipicità penale”; una nozione – questa – che traccia l'idea del precetto incriminatore non come mero “schema di raccordo” tra stereotipo naturalistico del fatto e definizione del reato, bensì quale “sapiente ritaglio”, nell'indistinto fluire della realtà esterna, di molteplici modalità di agire offensivo connotate da una sostanziale omogeneità di disvalore. [17]


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D'altronde, decontestualizzare una concreta condotta decettiva di “aiuto” (art. 379 c.p.) o di “compimento di altre operazioni” (art. 648-bis c.p.) vorrebbe dire aprirsi ad un suo significato di perfetta, ambivalente illiceità che la semplice morfologia naturale dell'azione ben può attivare ciecamente, e ciò perché – nella loro omologa dimensione empirica – l'una ben può trascinare il fatto che realizza nella situazione di contesto dell'altra (e viceversa), così lasciando apparire una moltiplicazione di fattispecie convergenti sulla stessa materia e difficilmente coordinabili nella loro similarità.

Invero, la norma incriminatrice in generale – e quindi anche le disposizioni che puniscono il riciclaggio e il favoreggiamento reale ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... generale di accadimento che assorbe – in una linea di omogeneità – le variabili di verificazione dello stesso fatto, cementandole poi in un unitario scenario di fondo.


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A quel punto, formatosi un proprio punto di osservazione sul senso di quel fatto e dunque creatasi nella propria coscienza l'idea del “substrato organico” sul quale poggia lo stesso, egli dovrebbe rinvenire in una sola delle norme convergenti (art. 648-bis c.p. e art. 379 c.p.) la formulazione precettiva che più ricalca la predetta sintesi e che quindi contestualizza l'evento nel medesimo modo, evidentemente inglobandone la peculiare storicità in una classe omogenea di accadimenti.

Ma se l'interprete non coglie o quantomeno non si sforza di cogliere – nell'atto di conoscenza meramente descrittiva di un fatto da normare – i profili empirici che in modo più pregnante ne connotano la forma di verificazione, egli polarizza solo un significato ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... proprio per i molteplici scenari di incidenza a quel punto attivabili da ogni sua componente di storicità – al fenomeno del conflitto apparente di norme.