La fattispecie del «favoreggiamento reale»: il bene giuridico, la condotta e l'elemento soggettivo

Il bene giuridico

L'individuazione del bene giuridico protetto dalla fattispecie di cui all'art. 379 c.p. non è mai stata attività semplice. In effetti, ancora oggi, ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... che gli appartiene, nonostante che intorno alla sua natura – nel tempo – siano state maturate molteplici e approfondite riflessioni che, però, non hanno contribuito a sottrarlo al comodo appiattimento su un più generale interesse di categoria.

La tesi più risalente del resto – quella che poggia su una interpretazione “a maglie larghe” del relativo modello legale – afferma che, seppure collocato nell'ambito  ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... turberebbe un interesse che, afferente al procedimento penale, ossia al funzionamento dell'attività della giustizia, rileva sul piano squisitamente processuale.


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La parte minoritaria – ma pur sempre autorevole – della comunità scientifica, invece, ritiene che il bene protetto dal Legislatore per il tramite della incriminazione del favoreggiamento non possa che avere natura eminentemente pubblicistica, in quanto – oltre all'esigenza repressiva di fatti penalmente rilevanti, connaturata ai principi di sovranità e tutela sociale – la condotta ausiliatrice pregiudicherebbe l'eseguibilità della confisca delle res ottenute criminosamente, in ciò consistendo – in specie – l'”attività giudiziaria” richiamata nel Capo I, Titolo III, Libro II del codice Rocco.

Orbene, ad avviso di chi scrive, per quanto non propriamente corretto, più convincente resulta il secondo orientamento. In effetti, seppure la fattispecie di cui all'art. 379 c.p. non richieda – quale suo elemento costitutivo – la confiscabilità dell'oggetto materiale della condotta (se non altro perché spesso e volentieri tale oggetto non può essere confiscato, dovendo essere restituito alla ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... (e dunque anche quelle economiche) derivanti dallo stesso, necessariamente prosegue anche dopo il completo accertamento e la definitiva repressione dell'illecito penale.

Il delitto di favoreggiamento reale quindi, col reprimere l'atto di aiutare taluno ad assicurare i proventi di un reato, mira a preservare i consociati ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... nell'eventualità che si realizzino, il potere giudiziario (anche civile, amministrativo, ecc..) ha il precipuo dovere di porre concreto rimedio.


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a) sul piano della determinatezza contribuisce a “sfilacciare/sfibrare” la tipicità della fattispecie, dal momento che – in nome del preminente interesse patrimoniale privato – potrebbe attribuire rilevanza anche a comportamenti sostanzialmente inidonei a frustrare il corso della giustizia, o comunque, in merito, dotati di un grado di lesività marginale e modesto;

b) sul piano della offensività – rilevando il favoreggiamento reale quale reato di pericolo – sempre in nome del preminente interesse patrimoniale privato, la cui compromissione dipende da quella della regolare amministrazione della giustizia, finisce per risaltare il pericolo di un pericolo, che però – come noto – si risolve in un non pericolo.

 

La condotta

Sotto un profilo eminentemente oggettivo, il favoreggiamento reale è delitto formale e a forma libera . Il nucleo essenziale della azione, infatti, è costituito dal prestare aiuto, in qualunque modo, all'autore dell'illecito presupposto, purché l'ausilio sia idoneo a far lui definitivamente conseguire il provento della sua precedente attività criminosa.


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Ai fini della integrazione della condotta tipica, poi, non è affatto necessario che in capo alla persona favorita sia conseguita la stabile acquisizione delle res furtivae. È sufficiente una obiettiva idoneità del comportamento assunto rispetto al risultato finale; e per “obiettiva” si intende una “intrinseca attitudine” della azione ad intralciare, sviare, ritardare il recupero delle predette res, ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... determini comunque un mutamento del contesto fattuale, costituente un ostacolo all'attività giudiziaria, ancorché non decisivo, non insuperabile, di tenue e breve portata.

Il delitto di favoreggiamento reale dunque, come il delitto di riciclaggio, è anch'esso un reato di pericolo (concreto), solo eventualmente di danno ed eventualmente permanente; il suo inserimento all'interno di tale tipologia di illeciti penali, quindi, postula l'operatività dell'art. 56 c.p., non essendo certo la “consustanzialità” tra condotta (aiuto) ed evento (sempre aiuto) a rendere impossibile la scissione tra momento consumativo e tentativo di delitto.

Infine, per quel che concerne la configurabilità o meno della fattispecie in commento mediante una condotta di tipo omissivo, non sono condivisibili le ragioni prospettate da certa dottrina a sostegno della tesi radicalmente negativa. Infatti, al di là ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... 40, comma 2 c.p.: l'errore, a giudizio di chi scrive, sta nel considerare “autonoma” quest'ultima disposizione, anziché coordinarla – nell'ottica di una interpretazione sistematica, che sempre deve accompagnare l'esegesi giuridica – con il primo comma che, riferendosi a qualsivoglia reato, ivi compresi gli illeciti penali che una lunga tradizione dottrinale definisce – appunto – di “mera condotta”, dimostra invece come nell'economia normativa l'evento costituisca un requisito che caratterizza sempre ogni reato (e dunque come in realtà i reati siano sempre, tutti, materiali).


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Il problema, semmai, ruota intorno alla posizione di garanzia e al conseguente obbligo giuridico di impedire l'evento: orbene, sul punto, dopo che è stato commesso il reato principale, è a dire che chi sia estraneo alle istituzioni della giustizia penale (a meno che non sia un pubblico ufficiale, incaricato di pubblico servizio, esercente un servizio di pubblica necessità) può benissimo rimanere “inerte”, nella consapevolezza che il proprio comportamento agevolerà l'acquisizione definitiva del provento in capo all'autore del reato (qui, il facere quod debetur assume una accezione puramente morale), mentre la medesima situazione riferita a chi sia un intraneo costituisce – ad avviso di chi scrive – favoreggiamento reale (qui, il facere quod debetur assume una accezione precipuamente giuridica).

Se invece l'”inerzia/la non collaborazione/la reticenza/il silenzio” si concretizzano in sede di dichiarazioni da rendersi dinanzi al Pubblico Ministero, che espleta l'atto a fini di indagini, ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... e punito dall'art. 371-bis c.p..


L'elemento soggettivo

Dottrina e giurisprudenza, pressoché unanimi, sostengono che l'elemento soggettivo richiesto dalla fattispecie incriminatrice di favoreggiamento reale sia il dolo generico. È sufficiente, cioè, che l'agente abbia coscienza e volontà di porre in essere un comportamento che – obiettivamente – costituisca un aiuto per l'artefice di un precedente reato, nella consapevolezza della possibilità che dall'ausilio prestato consegua per quest'ultimo l'assicurazione delle res furtivae.


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Erra, dunque, chi – ai fini della integrazione, ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... in effetti, pretende di elevare al rango di “categoria dogmatica di diritto sostanziale” ciò che invece rileva come mero “contenuto significativo del volere”; o meglio, pretende di soggettivizzare una condotta che – nella sua accezione (grammaticale, ancor prima che logica) di collaborazione alla realizzazione di interessi altrui, prima che propri – esprime in sé il carattere di una direzione obiettiva verso un vantaggio da arrecare ad un terzo.

Bisogna infatti porre nella dovuta evidenza la necessità che l'autore del delitto in commento operi con la coscienza e volontà di assecondare taluno nella intenzione di rendere stabile la precedente acquisizione delle res furtivae, non essendo sufficiente – ai fini della configurazione del reato – la coscienza e volontà di un comportamento che, di fatto, ... [Omissis - Versione integrale presente nel testo] ... non soltanto sul piano della fisionomia esteriore della condotta, ma anche – si potrebbe dire, trattandosi di delitto doloso – su quello della suitas della medesima.

In realtà, dietro l'affermazione della necessaria presenza di un dolo specifico si cela una tesi diversa: si tende a sottolineare l'importanza dell'accertamento di un ben preciso elemento soggettivo, ossia il dolo diretto, così escludendo che basti il semplice dolo eventuale, in effetti ontologicamente – prima ancora che giuridicamente – non configurabile.